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Autore: Vedra    06/06/2012    8 recensioni
Una piccola one-shot in cui Oscar esprime tutto il suo disgusto verso la corte più scnadalosa dell'Europa settecentesca. Sono principalmente i suoi pensieri, che condivide con l'immancabile Andrè. Spero che vi piaccia.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Oscar era appoggiata a una colonna di marmo e, con un calice di vino rosso tra le mani, osservava il lento progredire di quel ballo. La confusione  e il chiasso la infastidivano, ma non poteva sottrarsi al suo dovere: la principessa Maria Antonietta era sotto la sua protezione, e lei non poteva concedersi il lusso di abbandonare la sala. Faceva ondeggiare lentamente il bicchiere e il liquido al suo interno scintillava di mille sfumature diverse. Andrè, al suo fianco, faceva saltare lo sguardo da un gruppo di dame all’altro, ignorando gli sguardi maliziosi e libidinosi che la maggior parte delle donne gli lanciava. Oscar bevve un sorso, lasciando che il liquido vermiglio scivolasse nella sua gola. Osservò, piena di sdegno, l’entrata di una donna al braccio del proprio marito. Era letteralmente coperta di gioielli, sfavillanti sotto la luce dei lampadari di cristallo che pendevano dal soffitto. Era la prima festa alla quale partecipava in qualità di Capitano della Guardia Reale e già quel mondo dorato la stava irritando.
Detestava quelle donne svenevoli, ricoperte di stoffe preziose e pizzi, grondanti di diamanti, che si riparavano dietro i ventagli  per mettere in pratica i loro intrighi.
Detestava quegli uomini libidinosi, che ridevano sguaiatamente e non esitavano a trascinare dietro di sé giovani donne insoddisfatte, pronte a concedersi, per una notte, a chiunque lo chiedesse loro.
Detestava l’odore di cipria che premeava in quegli ambienti, mischiandosi all’odore della polvere che incrostava gli angoli. Detestava la mancanza di pudore di quei nobili sfacciati, che non esitavano a dare sfogo ai loro istinti più bassi, prendendo le cameriere e le stesse nobili in un angolo o appena fuori dalla sala.
Detestava quei giovani ubriachi, che picchiavano le serve senza motivo, e che vomitavano tranquillamente sul pavimento. Detestava quelle ragazze che, a soli quattordici anni, già sbattevano le ciglia e lanciavano messaggi inequivocabili a uomini molto più grandi di loro, solo perché, magari, questi ultimi detenevano posizioni o incarichi di prestigio.
Detestava i mille pettegolezzi che volavano da una parte all’altra della reggia, di bocca in bocca, più rapidi di una folata di vento, unico passatempo delle ricche nobildonne, che oziavano nei salotti pensando solo al proprio piacere e alla propria posizione sociale, vivendo alle spalle della povera gente.
Detestava il luccichio di tutti quei gioielli, che sfavillavano sotto il sole e nella notte, quei gioielli che sembravano l’unica ragione di vita delle donne di Versailles.
Detestava il cinismo con cui i nobili, senza farsi alcuno scrupolo, lasciavano morire uomini e donne solo per raggiungere il proprio scopo, trattandoli come se non fossero nulla più che merci di scambio e non ponendosi nessun problema a sacrificarli, versando il sangue delle loro vene e del loro cuore, per soddisfare i propri capricci.
Detestava la falsità dalla quale era avvolta e alla quale non poteva sottrarsi, quell’universo fatto di finti sorrisi e continue adulazioni, quel mondo fatto di cristallo, chiuso e modellato da rigidissime regole, in cui la cosa più importante era il potere, e la fama, e la posizione sociale.
Provava pietà per coloro che sarebbero vissuti in quella gabbia dorata chiamata Versailles, che non avrebbero mai conosciuto la vera felicità, ma solo stoffe preziose, diamanti, potere e falsità.

-Andiamo via, Andrè-

L’uomo si volse a fissarla, interrogativo, poi annuì e seguì la giovane fuori dalla sala. Le candele accese spandevano la loro luce dorata per tutto il corridoio, deserto. Gli alti stivali neri del Capitano delle guardie Reali ticchettavano sul marmo del pavimento, squarciando il silenzi con il loro rumore intermittente. Giunsero finalmente fuori dalla reggia e una folata d’aria fresca agitò le loro chiome. Oscar si fermò un attimo, chiudendo gli occhi e assaporando quella sensazione di libertà che solo il vento sapeva donarle. Andrè si volse e rimase folgorato: la sua Oscar era bellissima. La luce argentata della luna la investiva, donando ai suoi capelli color dell’oro riflessi platinati e facendo risplendere come gemme i suoi occhi azzurri. La pelle rifulgeva candida sotto quella luce ultraterrena e le spille d’argento brillavano come stelle sulla giacca bianca. Il rosso della fascia che la cingeva in vita aveva perso intensità e appariva quasi impolverata. Gli stivali neri, lucidi, si confondevano con il colore del terreno e gli speroni scintillavano come diamanti sul manto nero della Notte. Andrè deglutì e si volse

-Andiamo, Oscar- la ragazza salì agile a cavallo, infilando i piedi nelle staffe. Un colpo di talloni e già galoppava libera nel vento. Quando giunsero in vista della villa fecero rallentare i cavalli

-Oscar…- Esordì il ragazzo, ma la donna scosse il capo

-Com’è possibile che la Francia sia governata da quei nobili? Com’è possibile che il destino e la sopravvivenza di un intero Paese siano nelle loro mani- Tirò le redini e Caesar  si fermò. Volse lo sguardo, incontrando quello di Andrè

-Come possono governare migliaia di persone, se non sanno governare nemmeno se stessi?- la ragazza lo fissava in attesa di una risposta. I corti capelli biondi che ondeggiavano pigramente sulle ali di quella brezza notturna

-Non possono, Oscar- Rispose stancamente il ragazzo, puntando i propri occhi in quelli della giovane, che replicò, con voce intrisa di sdegno

-Oh, eppure lo fanno- Il ragazzo volse lo sguardo al disco lunare, restando in silenzio. Come poteva dirle che proprio per questo la Francia sarebbe caduta, prima o poi? Come poteva dirle che gli errori della classe dirigente stavano portando al collasso la loro patria? Che la nobiltà non era in grado di governare? Che la famiglia reale, alla quale lei aveva giurato fedeltà, era un’accozzaglia di incompetenti? La ragazza colpì leggermente i fianchi del cavallo e questi riprese ad avanzare. Il silenzio scese tra loro fin quando lei, all’improvviso, commentò, quasi sovrappensiero

-Tutto questo è disgustoso- Il ragazzo la fissò a lungo

-Tutto questo, Oscar, è Versailles-  


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Probabilmente chi ha visto il film di sofia Coppola 'Maria Antonietta' ha compreso che l'ultima frase è tratta da questo film. Che dire? Nulla. Che questa one-shot è nata, e finita, in mezz'ora. Che l'ho scritta dopo parecchio tempo che ci pensavo. Che l'ho scritta perchè ero parecchio arrabbiata con la mia prof di italiano (non chiedetemi che collegamento c'è)
In ogni caso aspetto le vostre recensioni ;)
LadySaphira
   
 
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