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Autore: LaniePaciock    07/06/2012    9 recensioni
Rick e Kate finalmente c’è l’hanno fatta, ma a che prezzo? Le dimissioni, la rottura tra Esposito e Ryan… Kate pensava di smettere, di essere in salvo, ma se venisse assassinato Smith? Se fosse di nuovo in pericolo? Ma soprattutto, cosa succederebbe se l’uomo misterioso di nome Smith non fosse stato l’unico a ricevere i fascicoli sul caso Beckett da Montgomery?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rick's dad'
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Cap.5 John Doe

Era passata una settimana dal rientro al distretto di Beckett ed Esposito. Dieci giorni da quando lei si era presentata all’appartamento di Castle, fradicia d’acqua e sicura di quello che provava come mai lo era stata nella sua vita. Dopo i primi giorni di scartoffie al distretto, Kate si era accorta che l’unica cosa che voleva davvero, dopo una giornata del genere, era rivedere il suo scrittore. Ormai ogni sera era da lui. Non era solo una questione di sesso. Strano a dirsi, avevano anche solo dormito in un paio di quelle notti, ma rigorosamente abbracciati. Perché era questo che amava di più. Tornare a casa e sentire il calore di una persona che la faceva ridere, che la ascoltava, che la amava, che la stringeva a sé e che la coccolava senza che lei dovesse chiedere niente. Non perché si sentisse obbligata a farlo dal fatto che stavano insieme. Semplicemente per istinto, voglia e bisogno uno dell’altro. Era tanto che Kate non si sentiva così bene. Aveva visto Lanie e avevano chiacchierato per più di mezza giornata. Rick invece aveva riscosso il suo giro di birra all’Old Haunt dai suoi due fratelli, Kevin e Javier. Avevano sentito Alexis e Martha ed entrambe gli avevano fatto le congratulazioni. La ragazza non era riuscita a nascondere la lieta notizia della loro unione alla nonna, quando Rick si era fatto beccare nel cambiamento d’umore anche dalla madre. Inoltre avevano annunciato a tutti che Castle non sarebbe tornato al distretto. Le reazioni erano state differenti. Ryan ed Esposito si erano intristiti, ma comprendevano la decisione. Lanie aveva commentato con un sospiro che le sarebbero mancate le battute di Writer Boy e i suoi battibecchi con Kate. Il capitano Gates aveva avuto la stessa espressione del giorno in cui Beckett era rientrata come detective: scocciata, ma compiaciuta. Lo voleva fuori dai piedi da quando era entrata, ma aveva capito anche lei che spesso lo scrittore era stato d’aiuto, sebbene non l’avrebbe mai ammesso. Dagli Hamptons, Alexis si era a malapena trattenuta dal lanciare un urlo di gioia, ma aveva ringraziato sinceramente Kate per la sua comprensione. Martha aveva ringraziato il cielo, sollevata.
Kate aveva anche chiamato suo padre. Alla fine gli aveva raccontato cosa le era successo e della sua decisione. Jim Beckett fu contrariato dal fatto che lei non gli avesse detto niente, ma fu anche felice nel sentire che ora la figlia era davvero serena. Gli aveva anche detto che ora stava con Richard Castle. Non credeva che il padre andasse a spifferarlo in giro. L’uomo se lo aspettava. Aveva visto gli occhi della sua bambina quando parlava dello scrittore. Kate era felice. Stava lentamente riprendendo possesso della sua vita. E quella mattina del decimo giorno, al distretto, la donna seppe che tutto stava tornando alla normalità.
Il cellulare di Ryan squillò. Un uomo trovato morto vicino al pilastro di un ponte. Il detective stava per alzarsi e telefonare a Karpowski per andare a controllare, sotto gli sguardi invidiosi di Beckett ed Esposito inchiodati alle scrivanie, quando il capitano Gates lo richiamò.
“Detective Ryan!” L’uomo si girò stupito.
“Signore?”
“Credo sia caso che si porti dietro i detective Beckett ed Esposito questa volta” disse tranquillamente, indicandoli con un piccolo cenno con il capo. I due alle scrivanie si guardarono stupiti ed estasiati. Il loro confino era finito. Potevano riprendere a lavorare sul campo. Ryan annuì con un sorriso e aspettò che i due prendessero le giacche per seguirlo. “Ah, Beckett” chiamò ancora la Gates. La donna si bloccò con la giacca infilata a metà.
“Sì signore?”
“Si ricordi ciò di cui abbiamo parlato” dichiarò solo, lanciandole un’occhiata piena di significato. Kate non abbassò gli occhi e annuì sicura, sotto lo sguardo confuso degli altri due detective. “Molto bene. Ora andate. C’è un cadavere che vi aspetta” continuò la donna facendo un cenno sbrigativo con la mano all’ascensore e tornando nel suo ufficio. Beckett poté giurare di aver visto un sorrisetto sul volto del capitano.
 
I tre arrivarono sul posto dieci minuti dopo, chiacchierando lungo tutto il tragitto eccitati come bambini. O almeno i due uomini, troppo felici di poter lavorare di nuovo insieme. Con un sospiro, Beckett pensò a Castle. Le mancava non avere accanto il suo partner, ma ora era sicuramente più tranquilla sapendolo lontano dal mirino dei proiettili. Per avere qualche teoria azzardata e piena di alieni avrebbe dovuto aspettare fino a sera, quando l’avrebbe rivisto. Scosse la testa, scacciandolo dai suoi pensieri prima che finissero su un territorio pericoloso che il più delle volte comprendeva un letto. Poco lontano davanti a loro videro Lanie rannicchiata a terra contornata dagli uomini della scientifica. Erano tutti sparsi vicino alle fondamenta del ponte. Dando una rapida occhiata da lontano, mentre passavano sotto la linea gialla che teneva lontani gli intrusi, Kate poté già prevedere che non avrebbero trovato molte tracce. Quel punto nascosto era sicuramente spesso un luogo in cui molti senzatetto passavano la notte. Era buio e non facilmente individuabile dalla strada, nonostante fosse a non più di dieci metri di distanza. C’erano rifiuti ovunque e un odore acre e pesante permeava completamente l’aria circostante. Era un misto di bruciato, muffa, spazzatura e cadavere. Gli fecero infilare delle mascherine prima di raggiungere la dottoressa. Disteso a terra c’era un uomo. La testa era contornata da una macchia di sangue non molto estesa che gli creava un curioso effetto alone. Aveva gli occhi azzurro chiaro, quasi grigi, spalancati, la bocca semiaperta e i corti capelli grigio-bianchi disordinati. Le braccia erano aperte, ma uno aveva una posizione anormale, con uno strano angolo. Le gambe invece erano distese. Era vestito elegantemente. Raffinate scarpe marroni, giacca e pantaloni beige, camicia azzurra e cravatta a righe dello stesso colore. Ma il tutto era molto sporco e stropicciato. La camicia era fuori dai pantaloni e la cravatta allentata. Beckett si accovacciò accanto alla dottoressa e spostò la protezione per parlare più liberamente. Trattenne a stento una smorfia di disgusto per l’odore. Non sopportava quella puzza, ma sopportava ancora meno parlare con la mascherina in faccia.
“Ciao Lanie, che mi sai dire?” domandò Kate per farsi notare dalla dottoressa, impegnata a rilevare la temperatura corporea dell’uomo. Lanie si girò e le sorrise, mentre anche lei si sfilava la mascherina.
“Detective Kate Beckett! Chi non muore si rivede, eh?” replicò la donna ridacchiando. Kate scosse la testa divertita. Umorismo da poliziotti e medici legali. “È bello rivederti su una scena del crimine” continuò poi sinceramente.
“Grazie Lanie. Comunque non sono l’unica, anche qualcun altro è rientrato” disse Beckett con un sorrisetto malizioso, facendo un cenno con il pollice alle sue spalle. Esposito era poco lontano da loro insieme a Ryan a parlare con un agente della scientifica. Lanie fece un gesto di noncuranza con la mano blu guantata e un mezzo sbuffo. Poi tornarono più serie. “Allora che mi puoi dire?” chiese di nuovo la detective indicando il morto con un cenno della testa.
“Uomo, bianco, probabilmente sui 60-70 anni. È quasi certo che il colpo mortale sia questo. Un proiettile in testa, presumibilmente calibro 38” disse spostando leggermente la testa e indicando un foro alla tempia. C’erano segni di bruciatura tutt’intorno alla ferita. “Gli hanno sparato a bruciapelo” continuò la donna. Kate inclinò appena la testa per osservare il foro. Sembra quasi un’esecuzione... rifletté. “Dalla temperatura posso dirti che la morte dovrebbe risalire a ieri sera, tra le 6 e le 10, ma al solito saprò dirtelo con certezza solo dopo l’autopsia.” Beckett annuì pensierosa. Quattro ore di arco temporale erano tante. “Ci sono anche dei segni sulle dita” continuò alzando una mano del morto per mostrarla alla detective. C’erano dei graffi e le unghie erano sporche. “E c’è anche un’altra cosa…” Lanie spostò la cravatta, aprì la camicia dell’uomo e ne mostrò il torso nudo. Beckett trattenne per un momento il respiro. Il petto bianco era ricoperto da tracce scure di bruciature, tagli e lividi.
“È stato torturato…” mormorò la detective turbata, le sopracciglia aggrottate. Lanie annuì.
“Non so ancora dirti con cosa purtroppo. Anche per questo dovrai aspettare l’autopsia. Ma sembra siano stati usati diversi oggetti.” Beckett osservò meglio i segni e in effetti sembravano causati da metodi di tortura differenti. Alcune bruciature ad esempio, piccole e tonde, sembrava da sigaretta, mentre altre, lunghe alcuni centimetri e strette, non avrebbe saputo dire a quale diavoleria appartenessero. I lividi erano larghi e coprivano ampie zone del torace. I tagli non si contavano. “Inoltre alcune di queste lesioni sono vecchie di qualche giorno. Non è stata una cosa rapida. Chiunque sia il responsabile l’ha fatto soffrire per diverso tempo.”
“Doveva avere nascosto qualcosa di ben prezioso se l’hanno ridotto in questo modo” commentò Beckett. In quel momento si avvicinarono Ryan ed Esposito. Entrambi fecero una faccia disgustata per l’odore quando tolsero la mascherina. Il primo salutò Lanie come al solito, mentre Esposito le lanciò un sorriso malizioso e uno sguardo d’intesa. La detective si schiarì la gola per riportare detective e dottoressa al presente, mentre Ryan ridacchiava.
“Sapete qualcosa?” domandò ai due.
“Sul morto ancora no. Non aveva documenti né telefono e al momento stiamo cercando di risalire a lui dalle impronte digitali” rispose Ryan. In quel momento l’uomo vide i segni delle torture e rimase per un attimo turbato.
“L’ha trovato stamattina quel senzatetto laggiù” proseguì Esposito per il partner, indicando un uomo ad una decina di metri da loro sorvegliato da sue agenti. Indossava vestiti laceri e usurati sotto un grande giaccone marrone scuro. In testa aveva un berretto a righe blu e bianche. La barba cespugliosa spuntava da una grande sciarpa rossa avvolta sul collo nonostante la giornata mite. Gli occhi erano infossati e scuri. Le mani non smettevano un momento di aprirsi e chiudersi in un tic nervoso e sembrava tremassero. Probabilmente si drogava e stava entrando in astinenza. “Dice di chiamarsi Will Underbridge. Viene qui quando lo cacciano dall’altro lato del ponte. Stamattina l’hanno beccato, così è venuto da questa parte, ma ha trovato il suo posto già occupato.”
“Ha provato a svegliarlo, ma non c’è riuscito. Poi si è accorto del sangue e del foro e si è spaventato. È scappato in strada e ha trovato una cabina telefonica da dove ha chiamato la polizia. Dice di non aver visto nessuno quando è arrivato” continuò Ryan. Beckett annuì in risposta.
“Altro?” chiese.
“No. Inoltre la zona è altamente contaminata. Sarà difficile trovare qualcosa di utile” rispose Esposito dando un’occhiata scettica in giro. Beckett si voltò di nuovo a guardare la vittima.
“Probabilmente non troveranno niente anche perché non è stato ucciso qui” dichiarò la detective.
“Come lo sai?” domandò Ryan. Kate fece un cenno alla testa della vittima.
“Troppo poco sangue intorno alla ferita. L’hanno ucciso da un’altra parte e poi l’hanno scaricato qui.” Beckett si fece pensierosa. “Esposito voglio che mi verifichi tutti gli avvisi di persone scomparse delle ultime tre settimane. Vedi se c’è ne qualcuno che somiglia alla nostra vittima.” Il detective annuì. “Ryan tu invece controlla se qui intorno ci sono delle telecamere che hanno inquadrato qualcosa, da ieri sera fino a stamattina.”
 
Beckett si mise ad aggiornare la sua fidata lavagna bianca con orari e foto della vittima. Aveva appena fatto un rapporto completo alla Gates, cosa che sperava le facesse riguadagnare qualche punto-fiducia nei suoi confronti, ma la vedeva dura. Appese lo scatto con il volto dello sconosciuto vicino a quello integrale del suo corpo a terra e a quelli delle inquadrature ravvicinate di ferite e bruciature fatte da Lanie. Non avendo ancora un nome, Kate scrisse ‘John Doe’ sopra l’immagine della vittima, appellativo con il quale si indicava ogni cadavere sconosciuto. Tracciò la linea temporale e segnò in modo più evidente l’arco tra le 6 e le 10pm datole indicativamente dal medico legale come ora della morte. Annotò quindi alcuni particolari della conversazione della mattinata. Segnò ‘Esecuzione?’ come ipotesi vicino alla foto con il volto della vittima e il calibro dell’arma. Scrisse ‘Causa torture??’ accanto a un’altra immagine e così via. Quando finì, la lavagna non era neanche lontanamente piena, ma le informazioni in loro possesso erano scarne. Sperò che Lanie, Esposito o Ryan, appena rientrato con i filmati di alcune telecamere, le dessero presto qualcosa in più su cui lavorare. Fece un sospiro. Ora le mancavano le teorie di Castle davanti a un buon caffè caldo. Sentì il bisogno di prepararsene uno, così si alzò e si diresse verso la sala relax. Stava cercando una tazza, quando un profumo le invase le narici. Caffè! pensò istantaneamente. Ma non un caffè qualsiasi. Bensì il suo preferito, quello con un pizzico di vaniglia. E solo una persona poteva essere lì in quel momento, dietro di lei, con quella delizia in mano. Sorrise senza girarsi.
“Buongiorno detective” esclamò una voce calda alle sue spalle a pochi passi da lei. Si morse il labbro inferiore e si voltò. Due occhi blu la stavano osservando con una piccola luce negli occhi.
“Buongiorno a te scrittore” mormorò Kate. Rick avanzò e le passò uno dei due caffè. Poi si diede una veloce occhiata intorno e fulmineo le lasciò un piccolo bacio sulla bocca. La donna rimase stupita per un attimo. Poi lo rimproverò sottovoce. “Castle! Siamo al distretto! Qualcuno potrebbe vederci!” L’uomo fece un leggero sbuffo divertito, ma per precauzione fece un paio di passi all’indietro. “Allora cosa fai qui?” domandò poi più teneramente Kate allo scrittore, sorpresa. Pensava fosse a casa a scrivere. Rick alzò le spalle.
“Ho già completato quattro capitoli del nuovo libro in questi giorni. Così mi sono preso una pausa, ma mi annoiavo a casa solo soletto. Perciò ho pensato di venire a fare un saluto e di portarti il caffè” rispose con una faccia da cucciolo. Kate ridacchiò.
“Già mi mancava davvero molto il caffè! Grazie mille per avermelo portato” replicò andando verso la sua scrivania con un sorriso malefico. Castle la guardò scandalizzato.
“Ma come?? Il mio caffè ti manca, ma la mia fantastica e irresistibile persona no??” La donna non riuscì a trattenersi dal ridere nel vedere la faccia sconvolta dello scrittore. Poi lo vide avvicinarsi pericolosamente a lei con un sorrisetto furbo in volto. “Dovrai farti perdonare per questa gigantesca bugia detective…” le sussurrò provocante in un orecchio. Il suo respiro caldo sul collo la face rabbrividire. “Potrei farti rimangiare tutto subito, ma ci sono troppi testimoni e non vorrei essere arrestato per atti osceni in distretto di polizia… Perciò per il momento sei salva. Ma solo per adesso…” Quindi si allontanò di un paio di passi da lei come se nulla fosse. Kate rimase immobile sul posto per qualche secondo stringendo il caffè, le guance in fiamme. Stavano insieme già da diversi giorni. Avevano fatto l’amore ben più di una volta. Ma quando si avvicinava e le sussurrava in quel modo aveva ancora il potere di farle perdere la testa. Prese un respiro profondo e si voltò verso di lui cercando una risposta tagliente, ma lo vide fissare serio la lavagna. Gli si avvicinò e gli si mise accanto. “Hai ricominciato a seguire i casi” constatò Castle, notando che la scrittura alla lavagna era quella della sua musa. Kate annuì. “Chi è? Che gli hanno fatto?” chiese con uno sguardo inorridito alle ferite sul corpo dell’uomo.
“Ancora non si sa. Stiamo verificando. Sembra che lo abbiano torturato in diversi modi, probabilmente per estorcergli qualche informazione, anche se non sappiamo ancora bene cosa abbiano usato” rispose Beckett. Rick annuì piano. Poi socchiuse un poco gli occhi e inclinò appena la testa.
“Sai, credo che queste bruciature lunghe siano state lasciate da un Taser…” disse indicando con un dito uno dei segni sulla foto. Beckett alzò un sopracciglio e lo guardò scettica.
“Come lo sai?” Castle si voltò e le sorrise.
“Nikki Heat” rispose semplicemente. “Per Heat Rise avevo fatto ricerche sulle bruciature causate da armi elettriche e simili. Alla fine ho optato per torture con il TENS, ma solo perché era più adatto all’ambientazione bondage.” Kate si ricordò che in effetti la vittima del libro, un prete, era stata torturata con l’elettrostimolatore TENS dentro una camera per la dominazione e sottomissione. Era un particolare che aveva portato alla risoluzione anche di un altro caso in cui erano stati riscontrati gli stessi segni di bruciatura.
“Ok, chiederò a Lanie di controllare se per caso quel tipo di bruciature corrispondono a quelle lasciate da un Taser” accordò alla fine Beckett con un sospiro. Rick le sorrise, felice di poter essere stato d’aiuto ancora una volta. Si girò di nuovo verso la lavagna e stavolta si fermò su un’altra immagine: il volto della vittima. Aggrottò le sopracciglia.
“Kate… io… io credo di conoscerlo…” mormorò lo scrittore concentrato su quel singolo scatto. Beckett si rizzò subito.
“Cosa? Sai chi è?” domandò stupita. Dopo qualche secondo l’uomo scosse la testa.
“Sono sicuro di averlo già visto, ma non mi ricordo dove…” Kate gli si avvicinò e gli prese delicatamente il viso fra le mani. Lo scrittore legò i suoi occhi blu con quelli verde-marrone della donna.
“Rick prova a concentrarti. Dove ti sembra di averlo visto? Ogni minimo particolare può essere importante” gli disse Beckett pressante. A volte bastava un’inezia per tirare fuori qualcosa di più grande.
“Lo so…” mugolò frustrato Castle. Dove aveva già visto quell’uomo? Pensa Rick! Vanti una memoria fotografica che però fa cilecca proprio quando serve! pensò abbattuto. Ho in mente a malapena il volto... Sono certo di averlo incrociato, ma dove?? Perché diavolo non riesco a ricord… Rick si bloccò nel bel mezzo delle sue riflessioni, colpito, e spalancò gli occhi. Era immobile, il respiro pesante, la bocca semiaperta per lo stupore e le sopracciglia aggrottate. Beckett gli lasciò il viso, turbata dall’improvviso cambiamento dello scrittore. Ricordare! Kate! Ricordare!! “Ricordare!! Kate!!” esclamò l’uomo inchiodando i suoi occhi blu in quelli di lei e prendendola per le spalle. Certo ora tutto aveva un senso. Ma non per la detective che lo guardava quasi fosse impazzito.
“Rick, ma che stai…?”
“So dove l’ho visto!” disse velocemente. “Ricordi quando un anno fa ti ho portato i fiori in ospedale? Quando mi hai detto che non ricordavi?” Beckett non capì dove volesse arrivare e annuì semplicemente, confusa. “Beh, mentre venivo da te, quest’uomo…” Indicò la foto della vittima. “…mi è passato accanto vestito da ospedale! È un medico, Kate!” La donna lo fissò per un secondo, stupita, poi si girò velocemente verso la scrivania di Esposito, dove l’uomo era da un’ora intento a setacciare tutti le segnalazioni di scomparsa delle ultime settimane.
“Esposito!” lo chiamò. “Controlla prima se ci sono medici tra gli scomparsi.” L’uomo annuì e fece la ricerca al computer, mentre Beckett e Castle si avvicinavano alla sua scrivania.
“Ecco qua. Ci sono tre medici scomparsi.” Cliccò sul risultato e i volti dei tre uomini apparvero sullo schermo.
“Eccolo! È lui!” gridò Rick agitato indicando la foto nel mezzo. Era davvero lui, il loro John Doe. Il detective cliccò di nuovo, l’immagine si ingrandì e apparvero le informazioni sull’uomo.
“Jonathan Smith, 63 anni, residente a New York, medico primario al Roosevelt Hospital. Secondo la scheda, la moglie, Margaret Smith, ne ha denunciato la scomparsa 8 giorni fa” lesse Esposito.
“È il nostro uomo” dichiarò la detective. “Esposito cerca tutto quello che puoi su di lui, tabulati telefonici, conti bancari, tutto. Scopri se nascondeva qualcosa. Appena Ryan ha finito con i filmati andate a parlare con la moglie e vedete se riesce a dirvi qualcosa di più.” In quel momento apparve proprio Ryan da una saletta laterale.
“Ehi, ho controllato tutti i nastri, ma nessuna punta sotto il ponte. Passano diverse auto da lì, ma sembra che nessuna si sia fermata. Comunque ho preso i numeri di targa di tutte le macchine circolate da ieri sera a stamattina.”
“Ottimo lavoro Ryan. Nel caso potremo fare un riscontro” replicò Beckett. I due detective quindi si diressero verso l’uscita per andare a parlare con la moglie della vittima.
“Lui ottimo lavoro e io niente? E dire che a quanto pare sono utile anche quando non partecipo alle indagini…” si lamentò a mezza voce lo scrittore da dietro le spalle di Kate, le braccia incrociate e un broncio offeso. Kate sorrise e scosse la testa.
“Anche tu sei stato bravissimo Castle. Ora però vai a casa. Ti ringrazierò più tardi per l’aiuto che ci hai dato” gli mormorò la donna all’orecchio con voce provocante. Vide lo scrittore deglutire a fatica e ridacchiò internamente. Anche lei aveva ancora molto potere su di lui. Oh, sì. Quando Rick fu uscito, Beckett aggiornò la lavagna e il capitano Gates, quindi scese da Lanie per sapere se aveva qualcosa di nuovo.
“Oh, bene, stavo giusto per chiamarti Kate” esclamò Lanie quando la detective entrò. “Ho appena finito l’autopsia.” La dottoressa si tolse i guanti sporchi di sangue e li gettò nel cestino. Quindi recuperò la cartelletta della vittima. Prima di cominciare, Beckett le riferì che avevano trovato il nome della vittima e le chiese di verificare se per caso alcuni dei segni sul corpo di Smith fossero stati lasciati da un Taser. “Beh, in realtà ho già controllato” le comunicò l’omopatologa, lasciando stupita Kate. “Ma andiamo con ordine. Allora posso confermarti che la causa della morte è il colpo alla testa sparato da una calibro 38. L’ora del decesso si può collocare tra le 8 e le 9 di ieri sera. Veniamo ora alle torture” continuò Lanie. Le fece cenno di avvicinarsi al tavolo dove aveva appena effettuato l’autopsia e scoprì parte del cadavere. “Nel sangue non ho riscontrato nulla di anormale, quindi era ben sveglio mentre lo seviziavano. Ho cercato dei riscontri delle ferite prima di iniziare l’autopsia e ora posso dirti cosa gli hanno fatto e come. Allora le bruciature piccole e tonde sono da sigaretta e sono le più vecchie, almeno 7-8 giorni.”
“Quindi dal giorno della sparizione” commentò Beckett. Chiunque fosse stato non aveva perso tempo. Lanie annuì.
“Già. Ha anche un braccio rotto che risale allo stesso periodo. Dopo questi ci sono le botte. I lividi sono di poco più recenti delle bruciature. A quel punto si passa ai tagli. Sono fatti con molta precisione e con un coltello da caccia o militare. Abbastanza profondi, ma mai mortali” disse indicando i vari punti interessati sul petto della vittima. “Quindi i segni del Taser. Avevo già dei dubbi sulla natura di quelle bruciature e mi sono ricordata di averne visti di uguali in un altro caso. Uno che si divertiva a torturare le sue vittime con quell’aggeggio fino a farle morire. L’ultima cosa che hanno provato è stato tentare di affogarlo. Nei polmoni c’era molta acqua” concluse. Lanie quindi ricoprì il cadavere e alzò gli occhi su Kate. “Non so cosa nascondesse, ma era un tipo davvero tenace per aver resistito a tutto questo. Ogni giorno cambiavano supplizio. È una tecnica di tortura anche questa, poiché non sai mai a cosa andrai incontro e a quale tipo di dolore. Se si sono fermati vuol dire che probabilmente hanno scoperto quello che volevano sapere.”
 
Il caso continuava a vorticarle in testa, mentre si dirigeva all’appartamento di Castle. Era quasi sera e non era tardi, ma Beckett aveva staccato prima con l’intenzione di portarsi parte del lavoro a casa. Non era ancora pronta a rinunciare del tutto al supporto del suo partner. Aveva sentito Ryan mezz’ora prima. Lui ed Esposito avevano quasi finito con la moglie di Smith, perché aveva avuto una crisi quando le avevano comunicato del ritrovamento del corpo. Al momento comunque non avevano ancora scoperto nulla, tranne che era dal giorno prima della denuncia di scomparsa che non vedeva il marito e non sapeva se dovesse partire. Così aveva avvertito lo scrittore che sarebbe tornata un po’ prima e si era messa al volante della sua auto. Aveva appena parcheggiato quando le arrivò un messaggio. Rick.
Kate ho dimenticato di comprare la pasta. Non è che potresti passare un momento al negozio vicino casa mia a prenderne un po’? Grazie!! Ti aspetto presto a casa!
Kate scosse la testa divertita. Dimenticava sempre qualcosa. Gli rispose con un Ok e si avviò a piedi al piccolo supermercato una decina di metri più in là. Era a metà strada quando il cellulare squillò.
“Beckett”
“Ehi, detective, ti sei persa? Pensavo tornassi prima” esclamò Castle divertito. La donna sbuffò.
“Spiritoso. Prima mi mandi a prendere le cose che ti sei dimenticato di comprare e poi mi chiedi se sto arrivando?” Ci fu un secondo di silenzio.
“Kate che stai dicendo? Io non ti ho mandato a prendere proprio niente…” replicò Rick con una nota preoccupata e allarmata nella voce.
“Cosa? Ma se mi hai mandato un messaggio poco fa!” ribatté Beckett confusa.
“Kate io non ti ho mandato niente” rispose lo scrittore, agitato. “Ho un brutto presentimento. Torna qui immediatamente!” Ora il cattivo presagio l’aveva anche la donna. Si bloccò in mezzo al marciapiede, il respiro accelerato. Chi le aveva mandato il messaggio? Stava per girarsi e tornare di corsa al palazzo dell’uomo, quando un forte colpo alla schiena la fece cadere in avanti. Lanciò un gemito e perse il telefono a terra. Sentì comunque lo scrittore gridare il suo nome dall’apparecchio. Si tirò su appena in tempo per evitare che un calcio le sfiorasse la faccia. Si girò rabbiosa, pronta a dar battaglia, ma si immobilizzò appena vide il suo assalitore. Seppe di trovarsi di nuovo in un incubo. Cole Maddox, l’uomo che per ben due volte aveva tentato di assassinarla, era in piedi di fronte a lei con un sorrisetto strafottente. L’uomo approfittò della distrazione di Kate, incredula dell’apparizione, e le sferrò un calcio allo stomaco, subito seguito da uno alla faccia. La donna crollò a terra e batté violentemente la testa. Percepì a malapena il sangue colarle sul viso. La vista era annebbiata e si sentiva senza forze. Dolorante, non riuscì ad alzarsi, ma solo a voltarsi verso Maddox tirandosi appena su con le braccia.
“Questa volta non mi sfuggirai Kate. Avevo promesso che ti avrei fatto mettere tre metri sotto terra. E io mantengo sempre le promesse” disse con tono suadente e sarcastico, mentre lentamente tirava fuori una pistola, la caricava e gliela puntava addosso. Kate era gelata dalla paura. Non aveva con sé la pistola, rimasta nel cassetto di casa sua da dove era passata poco prima a cambiarsi. Sentì qualcuno che la chiamava in lontananza e Maddox sorrise beffardo. “Oh, bene, sta arrivando anche il tuo caro scrittore. Ottimo, così vi eliminerò entrambi velocemente… e la cosa romantica è che lui ti guarderà morire di nuovo.” Kate non aveva la forza per gridare. La botta alla testa era stata forte e sentiva che stava per svenire. Tutte le sue forze servivano per mantenerla sveglia. Ma voleva solo che Rick non arrivasse mai.
“No Rick… Vattene…” riuscì a malapena a mormorare. Alzò gli occhi, che sentiva sempre più pesanti, e vide la canna della pistola davanti a sé. La voce di Castle era sempre più vicina.
“KATE” sentì urlare lo scrittore. Ormai doveva essere a non molti metri da loro.
“Rick… No…” sussurrò Kate con le lacrime agli occhi. Guardò Maddox che sorrideva.
“Addio Kate” disse calmo. Poi ci fu lo sparo. La donna però non sentì dolore. Fece appena in tempo a chiedersi se fosse morta sul colpo, quando Maddox crollò a terra in una pozza di sangue. Con le ultime forze che le rimanevano Kate voltò la testa. L’ultima cosa che vide, un momento prima di svenire, fu la pistola dell’uomo che aveva appena sparato al killer che aveva tentato di ucciderla ormai per ben tre volte. E dietro di essa, due profondi occhi blu.

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Xiao!! :D
Come state?? Io non troppo bene, quindi scusatemi se la revisione non è venuta granché...
Allora finalmente si movimentano un po' le cose eh? X) Ah, quanto mi mancavano i finali a effetto... XD
Smith è morto eh, sì... Kate invece è tornata al lavoro sul campo da un giorno e già rischia la vita! Per fortuna c'è il suo salvatore! (volete provare a indovinare chi è?)
Il caro Rick poi è tornato a far visita al distretto e subito è d'aiuto!! :D
Ok guys, detto questo, vi lascio prima che mi lanciate qualcosa contro!!
Grazie a chi continua a recensire!!! Per favore anche un minimo commentino (good or not) è sempre ben accetto!!! :)
Al prossimo capitolo! ;)
Lanie
  
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