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Autore: Il_Genio_del_Male    08/06/2012    8 recensioni
L'avventura dell'allegra famigliola Watson-Holmes continua.
[Sequel di 'Imprevisti']
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Harriet Watson, John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Mpreg
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- Questa storia fa parte della serie ''We're not a couple'. 'Yes you are'.'
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NOTE: Promessa mantenuta, stavolta ho aggiornato puntualmente (che poi, quella dell’essere in ritardo è un’ansia esclusivamente mia; so benissimo che per voi un giorno o due non fa alcuna differenza, quindi annuite e fingete di assecondarmi).

John e Sherlock alle prese con Lady Caroline, seconda parte. Che altro succederà?

Buona lettura e a risentirci alla fine!

 

 

 

 

 

Ora di pranzo.

“Allora, come sta andando l’incontro con la temibile suocera? Pensi di riuscire a sopravvivervi?” lo raggiunse la voce, venata di preoccupazione, di Harriet.

“Ti dirò, ero preparato al peggio”, rispose John tamburellando con le dita sul cellulare, “e invece non avrei potuto sperare in una signora più affabile e cordiale”.

“No, giura!”

“Croce sul cuore. Davvero, Harry, è completamente diversa dalla squilibrata descritta da Sherlock. E’ un filino eccentrica, non lo nego, ma tutti abbiamo le nostre piccole stranezze. I suoi figli sono molto più difficili da gestire, a mio parere” sospirò il dottore, lanciando un’occhiata all’acquaforte (un Goya originale, se non andava errato) che faceva bella mostra di sé appesa alla parete di fronte a lui.

“Beh, meglio così, no?” commentò la sorella, incoraggiante. “Ai bambini sta simpatica?”

“La adorando almeno quanto adorano te”.

“Un successo su tutti i fronti, insomma” esclamò lei, per niente gelosa. “Ti confesso che muoio dalla voglia di conoscerla, questa superdonna”.

“La incontrerai al matrimonio, se riesco a distrarre Sherlock il tempo sufficiente per consegnarle l’invito. Però ti impedisco sin da ora di flirtare con lei” la ammonì John.

“Oh, ti prego” protestò. “Avrà almeno una sessantina d’anni, giusto? Troppo matura per i miei gusti, se ti può tranquillizzare. Mi piace la carne fresca”.

“Potresti anche cambiare idea” la canzonò. “Sai quanto l’ago della mia bussola sia orientato su Sherlock, eppure non ho potuto astenermi dal fare il cascamorto con Caroline”.

“Ah, Caroline? Vi date già del tu? Entro la fine della vostra visita sarete diventate ottime amiche” Harriet scoppiò in una risata argentina.

“Scema” ridacchiò di rimando lui. “A proposito, c’è un cambio di programma. Siamo stati invitati a fermarci per il tè e ho faticato non poco per costringere Sherlock ad accettare, sicché non riusciremo a tornare in tempo per cena”.

“Ok, non c’è problema. Tra mezzora stacco e faccio un salto a casa per pranzo; avviserò Mrs. Hudson del vostro ritardo”.

“Grazie, Harry, e scusaci. Mi dispiace che tu debba trascorrere la serata da sola a Baker Street” mormorò, contrito.

“Va tutto bene, Johnny Boy” lo rassicurò lei. “Anzi, mi sa che ne approfitterò per prendermi la serata libera. Molly ha promesso di farmi provare la cucina thailandese, conosce un ristorantino che-”

“Molly?” la interruppe il fratello un po’ bruscamente.

“Molly Hooper, sì. Qualcosa non va?” il tono di voce di Harry si fece perplesso.

“Molly Hooper, la patologa nonché ginecologa che lavora al St Bart’s?” incalzò.

“Precisamente. Quante Molly Hooper pensi che esistano a Londra, Johnny Boy?”

“E come l’hai conosciuta, se mi è lecito saperlo?”

“Quando ho preso appuntamento per il Pap test, circa un mesetto fa. Lei stava concludendo il tirocinio e faceva da assistente al primario del reparto di ginecologia. Mi ha riconosciuta -a quanto pare Sherlock le aveva parlato di me, va’ a capire perché- e abbiamo cominciato a chiacchierare” spiegò disinvoltamente, noncurante. Anche troppo.

“Harriet. C’è niente che devi dirmi al riguardo?” si insospettì John.

“Affatto, fratellino. Saresti il primo a saperlo, se ci fosse qualcosa da annunciare” si affrettò a replicare.

“Uhm” mugugnò. “Per stavolta fingerò di non aver mangiato la foglia. Ti chiedo solo di trattarla bene, intesi? Vacci piano. Molly è una ragazza dolcissima e con il cuore spezzato da un genio del crimine e da quel sociopatico del mio uomo, perciò… cautela” si raccomandò.

“Fidati di me, Johnny. Mi prenderò cura di lei” promise Harriet.

“Bene”, tossicchiò un filino a disagio lui, “è ora che riattacchi. Ho lasciato abbastanza a lungo Sherlock nelle amorevoli grinfie della madre e aspettano me per servire il dessert. Ti mando un sms quando abbiamo finito qui”.

“D’accordo. Salutami la famigliola e da’ un bacio ai cuccioli da parte mia”.

“Sarà fatto. Divertiti con Molly” le augurò John prima di chiudere la telefonata.

Uscito che fu dalla stanza si ritrovò nel lunghissimo corridoio del piano terra della villa, ripassò mentalmente il percorso fatto all’andata e infine si diresse a colpo sicuro verso la sesta porta a sinistra. La prodigiosa memoria visiva di Sherlock -pensò distrattamente- doveva essergli stata fondamentale per imparare ad orientarsi in una casa (magione) con venticinque camere da letto, una decina di bagni e addirittura una sala del telefono, dove per l’appunto Caroline aveva gentilmente invitato John ad appartarsi quando gli era squillato a tradimento il cellulare tra una portata e l’altra.

Bussò, poi abbassò la maniglia. “Perdonate l’attesa, mia sorella aveva urgenza di parlarmi” esordì, constatando con sollievo di aver scelto la porta giusta.

“Niente di grave, mi auguro” si accigliò Caroline, porgendo il dito indice ad Hamish perché lo succhiasse.

“Fortunatamente no. Le manda i suoi saluti, comunque, e un bacio ai nipotini”.

Così dicendo John si chinò a baciare sul capo Boswell, accomodato sul seggiolone, ed i gemelli, rispettivamente in braccio alla nonna e al babbo.

“Che zia affettuosa” chiocciò Caroline in segno di approvazione. “Se ti somiglia anche solo la metà di quanto immagino, deve essere una donna deliziosa”.

“Lo è. Le voglio molto bene” ammise il dottore, stringendosi nelle spalle.

“Spero di conoscerla presto” continuò la nobildonna, alzatasi per riporre un assonnato Hamish nella carrozzina.

“E’ proprio questo lo scopo della nostra visita, Caroline” la assecondò allegramente.

“Oh. Ed io che mi illudevo che non vedessi l’ora di conoscermi, John caro” scherzò a sua volta.

“Anche” ridacchiò lui, guardando di sottecchi Sherlock.

Il detective, intuite le intenzioni dell’altro, si affrettò ad adagiare delicatamente Irene nella carrozzina e gli si affiancò. “John” mormorò, posandogli una mano sulla spalla.

“Andiamo, Sherlock. Comunica a tua madre la lieta novella” lo esortò in risposta l’altro con il suo sorriso più smagliante.

“Quale novella? Mycroft non mi ha anticipato nulla” cascò dalle nuvole Lady Spencer.

“Perché l’avevo pregato di tenere la bocca cucita” borbottò Sherlock, incupitosi. “Almeno lui sembra aver rispettato il mio desiderio” fissò truce il compagno.

“Su, non fare il bambino” fu la risposta divertita dell’altro.

“Non ho con me l’invito, John” mormorò a denti stretti. “L’ho dimenticato”.

“Per tua fortuna, tesoro, avevo previsto che te ne saresti casualmente scordato, così ci ho pensato io! Sono o non sono la tua ancora di salvezza?” esclamò gioviale, sventolando una busta di pesante carta color crema. “Considerala una piccola vendetta per non avermi detto nulla dei tuoi sordidi traffici per far mettere insieme mia sorella e Molly; so che ci sei tu dietro” sibilò senza vero rancore.

“Ragazzi, non vi seguo” disse Caroline, confusa da quello scambio di battute.

“Per lei” John le porse la busta.

Le mani di lei tremarono un poco nell’aprirla.  “Non sarà…” si interruppe, per leggere le poche righe vergate sul cartoncino. Trattenne il fiato. Posò lo sguardo sui due uomini di fronte a lei. Un braccio di Sherlock era possessivamente allacciato alla vita di John, che dal canto suo aveva appoggiato la testa sulla sua spalla in un gesto di fiducia e abbandono totale. Entrambi erano radiosi.

“Mamma” il figlio non riuscì a trattenersi dal sorriderle. “Mamma, John ed io ci sposiamo” disse.

“Oh, mio Dio” singhiozzò Caroline mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. “Ragazzi, non avreste potuto farmi una sorpresa più gradita. Venite qui, lasciatevi abbracciare!” trillò e, senza permettere ai promessi sposi di reagire in alcun modo, andò loro incontro e li strinse in un abbraccio energico.

John ricambiò con altrettanto entusiasmo, seppure leggermente imbarazzato dal fatto che anche la suocera fosse più alta di lui. Sherlock, apparentemente più distaccato, dovette riconoscere che non era poi così male cedere alle effusioni di sua madre.

“Cari, cari ragazzi” ripeté la donna, commossa. “Sono così orgogliosa di voi. La fortuna mi ha arriso. Non solo ho messo al mondo due figli intelligenti, tsundere e pieni di fascino, ma ho fatto in tempo a vederli gay ed accasati –e addirittura con prole, nel caso di Sherly! Certo, se anche Mycroft ed il suo amabilissimo marito riuscissero a figliare la mia felicità di fangirl e di madre sarebbe completa” sospirò sognante.

Fangirl? John cominciò ad inquietarsi. Ma poi, per quieto vivere, decise che preferiva non approfondire.

“Quanto a questo, mamma, credo che verrai presto accontentata” ghignò Sherlock, sibillino.

 

 

 

 

Note dell’autrice: il Pap test esiste davvero (http://it.wikipedia.org/wiki/Test_di_Papanicolaou) ed è un esame di routine per le donne che hanno almeno venticinque anni.

La definizione di tsundere, nel caso vi stiate chiedendo cosa significhi, la trovate qui (http://it.wikipedia.org/wiki/Tsundere).

Questa, se vi interessa, è la mia pagina autore su Facebook, per seguire in diretta i miei scleri (http://www.facebook.com/pages/Il-Genio-del-Male-EFP/152349598213950).

Buon finesettimana e a risentirci presto. Un bacione a tutti!

   
 
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