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Autore: Vitani    26/12/2006    3 recensioni
Una creatura centenaria, una creatura vecchia di cinque secoli, una creatura che può narrare la realtà dei fatti, come andarono allora. Lo racconterebbe, se qualcuno lo ascoltasse, lo racconterebbe se il suo potere gliene desse il tempo, lui che racchiude una memoria e una forza necessarie, necessarie per concludere il viaggio verso Ovest. A chi parlarne? A quel se stesso di cui non ha memoria? O a quel volto dai capelli dorati che è l'unica costante dei suoi ricordi? Lo ascolterebbero? Goku potrebbe mai riavere il suo potere, la sua forza, la sua memoria? Sanzo accetterebbe i sentimenti della creatura a cui tiene di più al mondo e quelli della creatura che non può abbandonare? Il Seiten troverebbe la possibilità di uscire alla luce senza perdere il controllo e divenire il mostro? Essere accettati... l'unica cosa che desiderano... dagli altri e soprattutto da se stessi. E Sanzo? Riuscirà a superare il passato? Riuscirà a superare lo spettro dei suoi crimini passati e del suo orgoglio? Che cosa vedrà nello specchio? Ipse Dixit.
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Genjo Sanzo Hoshi, Son Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I suoi occhi d’ametista s’aprirono che già il chiarore dell’alba rischiarava la stanza.

Fu battendo stancamente le palpebre che si sedette, tenendosi la testa con una mano. Le sue iridi vagarono verso le pareti, verso il soffitto, verso il pavimento.

E quello che trovò fu il corpo di un ragazzo, vicino alla porta, sulle nude mattonelle di quel suolo.

Non poteva, non poteva essere accaduto di nuovo!

In fretta e furia s’alzò, quasi inciampando, corse da lui e lo prese tra le braccia, voltandolo in modo da potergli guardare il viso. Era pallido, ma non aveva il pallore della morte.

Goku!!” urlò.

Ma Goku non rispose.

Non rispose né a quell’appello né ai successivi.

Ma Sanzo sapeva che era vivo… era vivo… anche se gli restava inerme fra le braccia come un guscio vuoto…

Non lo lasciò. Sapeva di dover fare qualcosa, ma non poteva muoversi. Non osava farlo.

Poteva solo restare a guardarlo, ancora stringendolo forte. Incerto se la sua fosse vita o fosse morte.

Possibile che davvero se ne fosse… andato? Possibile che quella creatura arrogante, irritante ma disperatamente sensibile l’avesse davvero lasciato?

E… se era così… il Goku che stava dormendo…?

Finalmente s’alzò, rapidamente avvolgendolo con una coperta e portandolo via.

Stava per aprire la porta quando sentì un lieve, quasi impercettibile colpo di tosse.

Goku!” lo chiamò, ancora.

Vide il ragazzo fra le sue braccia aprire gli occhi, stancamente, roteando appena il volto per guardarsi attorno e rendersi conto di dove si trovava.

“San… zo…”

Riuscì a sorridere. Goku riusciva a sorridergli ancora, nonostante fosse in quelle condizioni.

Fu lui che non riuscì a farlo. Rifiutò anche solo di pensare di farlo. Vedeva chiaramente quanto fosse debole, chiaramente! A malapena aveva la forza di parlare.

“Che ti succede?” gli chiese, distogliendo lo sguardo. Il coraggio per guardarlo in viso, per guardare il suo decadimento, lui non l’aveva.

Anche Goku distolse lo sguardo, puntando stancamente le iridi sulle pareti.

“Non… non lo so…” riuscì a dire infine “non… non… sento quasi più nulla…”

“Che vuoi dire?”

Oh, in realtà aveva un’idea, seppur vaga, di ciò che voleva dire. Sperò solo, Sanzo, che il suo intuito stesse sbagliando.

“Una volta… sentivo… intorno a me, le voci… di tutto… del vento, della… della terra… e ora… ora sento poco… tutto…” chiuse gli occhi, il giovane demone, lasciando che una stanca lacrima solitaria gli percorresse la guancia “mi… stanno abbandonando…”

Sanzo vide ancora quel sorriso rassegnato sul suo volto, un sorriso che in altre circostanze gli avrebbe volentieri tolto dalla faccia a suon di schiaffi. Ma non quella volta.

“Mi sembra di averti già detto e ripetuto che io non ti abbandonerò.”

Un sospiro sfuggì dalle labbra di Goku, ma quell’odioso sorriso non se ne andava. Quasi che Sanzo avesse voluto prenderlo in giro, quasi che gli stesse mentendo, quasi che le sue fossero state solo parole.

Goku contrasse i muscoli nel tentativo di alzarsi, ma Sanzo lo sentì irrigidirsi e annaspare fra le sue braccia, preda di uno spasmo doloroso che lo lasciò ancora più debole e tremante.

“Sembra… che il… problema… si stia… risolvendo da solo… eh?”

La risposta di Sanzo non fu altro se non un ringhio rabbioso, e impotente: “Sta’ zitto! Non azzardarti a dire cose del genere!”

Vide un debole scintillio divertito percorrere quegli occhi di miele. Nonostante tutto, irritarlo era ancora la sua specialità…

Goku sbatté le palpebre due volte, prima di parlare ancora, con un sorriso tranquillo e fiducioso ad increspargli le belle labbra.

“Scusa…” disse al monaco “…io… non avrei voluto essere così… debole da… chiedere il tuo aiuto…”

Non parlò più, ma volse verso di lui gli occhi velati di una vacua lucentezza. E di fiducia, e di tenerezza. Lo guardò fisso, e Sanzo non poté fare altro se non rientrare in camera sua stendendolo sul suo letto.

Lo sentì sospirare, lo vide arricciare le labbra in una malcelata smorfia di dolore. Vide come tentava di ignorarlo, e scelse di rispettarlo ignorandolo a sua volta.

Anche se il suo cuore stava morendo.

Gli si stese accanto, e rimase immobile. Senza guardarlo.

“Troverò Hyaris…” gli disse “è l’unico che può aiutarti.”

“Lascia stare,” si sentì rispondere “lo sai… che non… servirà a nulla. Lui… lo devi… trovare, ma… non per salvarmi.”

Sanzo, con un movimento forse più brusco di quanto avrebbe voluto, gli girò il viso in modo che potesse guardarlo – perché era così facile guardare se i tuoi occhi vedevano un muro color ocra pallido!

“Te lo ripeto, smettila. Goku… la persona che amo non si arrenderebbe mai per così poco!”

Ancora il solito, tranquillo sorriso, e a lui tornò in mente quella volta che era uscito dalla stanza dello specchio e se l’era ritrovato davanti. Gli sorrideva così anche quella volta. Con quella tranquillità mista a rassegnazione che lo mandava in bestia.

“Appunto… te l’ho detto che… non è me che ami.”

Veramente, in quel momento, apparve felice agli occhi di Sanzo. Non seppe definire il perché. O meglio, non volle.

Quella scimmia era abbastanza stupida da pensare che a quel punto sarebbe stato meglio per lui sparire.

Ma del resto… anche Sanzo era perfettamente consapevole di molte cose. Entrambi sapevano bene di aver imboccato una strada senza ritorno.

Sapevano bene che non sarebbe potuta durare, eppure quella di incamminarsi lungo quel sentiero era stata una loro scelta.

Goku si scostò un poco la maglietta che indossava e gli mostrò il tatuaggio che gli copriva l’intero addome. Come se già Sanzo non l’avesse notato prima.

“Sai che… significa questo?” gli domandò.

Sanzo lo sapeva, cosa significava. Cosa poteva significare.

“Significa… che ci rincontreremo… di nuovo, se… avrete bisogno di me…”

Poi si sporse, non senza fatica, e Sanzo si lasciò baciare e ricambiò con forza. Sperando che lui non si lasciasse andare del tutto.

Ma no, non lo fece. Perché era forte, dannatamente forte.

Così forte che sembrava impossibile che dovesse abbandonarlo.

“Chiamo Hakkai”, disse Sanzo quando si staccarono, facendo per alzarsi “forse riuscirà ad aiutarti.”

“Smettila.”

Alle sue orecchie la sua voce fu come il potente, deciso schiocco di una frusta.

“Sai perfettamente che non… servirebbe a nulla.”

“E allora che cosa preferisci?!” sbottò Sanzo, rabbioso, senza più riuscire a trattenersi “Preferisci morire così, senza fare nulla?”

Goku scosse la testa, lentamente, con gli occhi chiusi e sorridendo.

“Sto solo cercando… di farti ragionare”, gli disse “Qualcosa… tu dovrai farla…. Se ho… ben capito… cosa sta… succedendo, forse… non mi… salverai ma… almeno non morirò.”

“Che vuoi dire?”

Sanzo… pensa… non… non lasciare che… la rabbia ti… offuschi la mente. Io…” gli prese la mano e se la tenne stretta a quel petto che s’alzava e s’abbassava in respiri sempre più deboli e affannati “…resisterò… ancora un po’… sono… tanto debole ora ma… non sto male.”

Sanzo seppe che, molto probabilmente, stava mentendo.

Quando lo chiamò, poco dopo, non gli rispose più. Fu col cuore stretto che andò a chiamare Hakkai.

Non gli importava nulla. Se poteva fare qualcosa, qualunque cosa, l’avrebbe fatta.

Hakkai lo raggiunse, sollecito come sempre, ma le sue parole furono quelle che aveva temuto.

Col corpo in quelle condizioni di debolezza, per Goku era difficile trarre energia dalla terra. Il solo sforzo necessario a tentare avrebbe potuto essergli fatale. L’unica cosa che poté fare fu infondergli parte della sua energia, cosa che gli consentì di alzarsi almeno a sedere.

Goku tossì un poco, gettando a Sanzo uno sguardo visibilmente stanco ma ugualmente severo.

“Io non morirò qui. Non morirò proprio da nessuna parte.”

Tutti e due, Sanzo e Hakkai, sapevano che quelle parole altro non erano che una menzogna, o forse una speranza… non avrebbe resistito ancora a lungo.

Il Seiten fece comunque cenno a Sanzo di avvicinarsi, e i suoi occhi si tinsero di rabbia. Quegli occhi erano sempre uno spettacolo, sempre splendenti. Poco importava quanto il suo fisico fosse debole, il suo spirito non avrebbe ceduto mai.

Poi Sanzo sentì un dolore, lievissimo, alla guancia e vide, sorpreso, che Goku l’aveva schiaffeggiato. La sua mano ricadde senza forze accanto al corpo, ma Sanzo la afferrò e la tenne stretta.

“Si può sapere perché sei così stupido? Pensa invece di fare il sentimentale. Io non morirò semplicemente perché se morissi io morirebbe pure l’altro, e non voglio. Lui non c’entra nulla.”

Sanzo sgranò gli occhi, improvvisamente muto, pensando a quell’eventualità cui non aveva mai neppure dato pensiero.

Sentì solo marginalmente Hakkai sussurrare: “Sono la stessa persona…”

Le iridi dorate del Seiten si spostarono sull’altro demone e annuì, con gli occhi grevi come piombo, che s’alzarono su Sanzo mentre le sue labbra si schiudevano e parlava ancora.

“Io di questo me ne rendo conto molto bene. Lo sento dentro di me ogni singola volta che ti guardo.”

“E quindi…” finalmente le parole gli uscirono dalla gola, sommesse “cosa proponi di fare?”

“Non lo so.”

A quel punto si stese, chiuse gli occhi e non parlò più.

 

Sia Hakkai che Sanzo uscirono, per lasciarlo riposare.

Per quel poco che sarebbe servito.

“Il suo è un corpo fittizio, Sanzo…” Hakkai lo guardava, e agli occhi del monaco la sua parve quasi pietà “Avremmo dovuto saperlo che…”

Una sola occhiata di Sanzo e tacque.

“Io torno da lui…” disse allora il demone “meglio che non rimanga da solo.”

E rimase lui da solo, Sanzo, e non poté far altro che alzare gli occhi a guardare il soffitto.

Dunque era così che doveva finire, tutto quello che era cominciato…?

Sì, aveva ragione Hakkai… avrebbero dovuto averne cognizione.

Oh, ma Goku lo sapeva fin troppo bene, l’aveva sempre saputo, era stato lui, lui a fare sempre finta di nulla!

E ancora una volta l’impotenza, quel non poter far nulla, lo stava dilaniando.

Come sempre, poteva prendersela solo con se stesso. Con la sua debolezza.

Per quasi quattro giorni osservò Goku in quelle condizioni, tenuto in vita dalle infusioni di energia di Hakkai, mentre nonostante le cure del demone i suoi momenti di incoscienza diventavano sempre più lunghi, le veglie più dolorose.

Eppure era sempre lucido. Sanzo non sapeva come ci riuscisse, ma mai, mai, mai una volta quel sorrisetto sarcastico che lui tanto detestava gli era sparito dal volto. Mai i suoi occhi avevano vacillato, sempre brillanti come stelle anche quando lo sconforto minacciava di soggiogarlo.

Era fondamentale che vivesse, e tanto gli bastava per non scoraggiarsi mai.

Tuttavia diventava sempre più debole, sfinito. Una volta aveva stretto la mano a Sanzo, che era inorridito nel sentire che quella stretta era diventata quella di un bambino.

E, di riflesso, anche a lui sembrava di diventare sempre più debole ogni giorno che passava.

 

Fu all’improvviso, mentre stava uscendo dalla propria stanza una mattina, che sentì il sordo rumore di qualcosa che cadeva schiantandosi sul pavimento.

Rabbrividì quando capì che quel rumore proveniva dalla camera di Goku.

Si precipitò con furia lungo il corridoio, e quando finalmente le sue mani tremanti si posarono sulla maniglia e aprirono la porta, lo vide ansante, chino a terra mentre inutilmente faceva forza sulle gambe per rialzarsi.

“Che stai facendo?” gli chiese mentre andava velocemente ad aiutarlo.

Goku alzò lo sguardo, e i suoi occhi scintillarono rabbiosamente. Determinati, come sempre. Anche quando a malapena aveva la forza per parlare.

“Lasciami stare!” gli urlò, per poi toccarsi una gola che, probabilmente, gli doleva come se la stessero martoriando “Io non ne posso più, Sanzo! Non ne posso più! Se devo sparire, che succeda alla svelta, dannazione!”

Sanzo, inginocchiato accanto a lui, lo tenne stretto e gli accarezzò la testa, sperando di calmarlo. Anche se sapeva bene che non sarebbe servito a nulla.

Come tutto quello che aveva fatto fino a quel momento, non sarebbe valso a niente. Ma lui rifiutava di arrendersi a quella realtà anche se il senso di impotenza lo stava distruggendo.

Maledizione, maledizione!

Avrebbe solo voluto urlargli di smetterla, ma quello sarebbe stato ancora più inutile. Che senso avrebbe avuto? Ah, ormai niente aveva più senso.

Niente.

“Dove volevi andare?” fu quello che gli domandò invece.

Lo vide sorridere, allora, un sorriso talmente distorto dal dolore da sembrare ai suoi occhi un ghigno orrido.

Il suo sguardo fiammeggiò mentre lanciava a Sanzo una risposta che purtroppo già ben immaginava.

“Lo sai benissimo dove volevo andare. Volevo andare di là a fare quello che dovresti fare tu. Ma vedo che ti manca il coraggio.”

Lo guardava, e nelle sue iridi color dell’oro dilagava lo stesso veleno che trapelava dal suo tono. La stessa amara delusione. Lo stesso senso di essere stato tradito.

Ma poi i suoi occhi s’addolcirono, cosa che non s’aspettava. Forse lesse la pena di Sanzo, perché gli strinse le mani e con fatica si sollevò fra le sue braccia fino a baciargli piano le labbra.

“Io te l’avevo detto, ricordi? Te l’avevo detto che avresti dovuto uccidermi. Ora fallo, prima di costringermi a implorare davanti a te. Sarebbe… una cosa molto triste, temo.”

Sanzo non gli domandò cos’era necessario che facesse, perché in cuor suo già da tempo ne era consapevole.

Tuttavia lo tenne abbracciato forte, e poté sentirlo singhiozzare piano fra le sue braccia. Lo vide alzare gli occhi, quegli splendidi luminosi occhi ora pieni di lacrime.

Lo guardava, con un misto di tenerezza e dolore, e disse: “Lo… lo sai… togli il dispositivo a Goku, e io potrò… potrò tornare dentro di lui… com’è giusto che sia.”

Chinò il capo, appoggiandolo contro le sue spalle. Tremava, incontrollabilmente, come un cucciolo spaventato da un temporale.

Se toglieva il dispositivo a Goku… si sarebbe riaperto quel cancello che normalmente gli impediva di uscire all’esterno, ma che ora gli precludeva di tornare.

“Forse…” gli parlò di nuovo, con voce dolce e flebile “ci rivedremo… avrete bisogno di me prima o poi… e per favore…” sentì le sue dita stringergli forte la tunica, serrando i denti per non urlare “distruggi lo specchio… prima che faccia del male a qualcun altro come… come è stato con me.”

 

Fu in perfetto silenzio che entrambi si spostarono nella stanza dello specchio.

Non parlarono, nessuno dei due, neppure quando Sanzo adagiò Goku sul letto, accanto all’altro. Il demone rimase ad occhi chiusi, respirando, le belle labbra appena socchiuse.

Sorrideva, però. Sorrideva serenamente come ormai non faceva più da molto tempo, e Sanzo ebbe chiaro che quegli occhi non li avrebbe più riaperti. Perché se l’avesse guardato, sarebbe stato troppo il dolore.

“Forse…” sentì che gli sussurrava “Goku ricorderà tutto. Io sono stato tirato fuori da lui da una forza esterna, quindi non in maniera naturale. Non è da escludere che qualche ricordo possa rimanergli una volta che si sarà svegliato.”

Sanzo annuì, annuì e gli diede un altro lieve bacio sulle labbra. Non si soffermò su quello che il suo cuore stava provando. Non volle farlo. Non volle che il dolore lo annientasse.

Fu un bacio lungo, silenzioso, che mai avrebbero voluto avesse fine.

Fu quello l’unico addio che si concessero.

Poi Sanzo allungò un braccio e tolse il cerchio di pesante metallo che ancora adornava la fronte dell’altro.

Lo guardò ancora sorridere, ignorò quella piccola lacrima che vedeva all’angolo di uno dei suoi begli occhi, e represse quell’assurdo desiderio che gli opprimeva il cuore.

Piangere.

Piangere come non faceva più dal giorno della morte del suo adorato maestro.

Chiuse le palpebre, per non vedere ciò che sarebbe accaduto, eppure ugualmente lo sentì diventare sempre più incorporeo fra le sue dita. Quel suo corpo fittizio era infine sparito, come dal nulla era apparso. Gli parve sentire il suo viso sfiorato da una carezza e capì che era l’ultimo, definitivo saluto di quel ragazzo.

Poi udì un gemito, sommesso, che attrasse la sua attenzione. Vide il corpo del Goku addormentato contorcersi, e le sue sembianze diventare quelle del Goku che aveva tenuto fra le braccia fino a qualche istante prima.

Sperò, per un attimo volle credere che gli occhi che s’aprirono fossero i suoi, fieri e disperatamente lucidi anche nella sofferenza.

Fieri lo erano, sempre. Ma erano occhi che non lo conoscevano.

Chinò il capo e si raddrizzò, stringendo i pugni. Doveva smettere di fuggire. Smettere di farsi inutili illusioni.

Un ghigno prese forma sulle sue labbra; ancora una volta, lui aveva avuto ragione. Fino all’ultimo ed in ogni cosa.

Anche il Seiten, tuttavia, sembrava strano. Pareva che non capisse molto di ciò che stava succedendo, e per qualche istante fu solo in grado di scuotere la testa e battere le palpebre come se avesse la vista annebbiata.

Forse era veramente così. Tentò di pensare solo al fatto che s’era risvegliato. Tentò di pensare al fatto che ce l’aveva davanti, e quasi ci riuscì.

Lui ringhiò, e gli fu addosso nel giro di un istante.

Sanzo non si mosse, non fece nulla, anche se lo vide perfettamente.

Solo, commise il breve errore di pensare. Anche se proprio non voleva.

Ripensò a tutto quello che avevano passato, a tutto quello che erano stati, a tutto quello che aveva dato e che gli era stato dato.

E, in ultimo, gli venne in mente il suo sorriso. Il sorriso di Goku, dell’uno e dell’altro. E scoprì che erano identici.

Per questo quando lo colpì non si spostò. Non si spostò e gli afferrò un braccio, scivolando a terra e tirandoselo addosso.

Ne sentì la confusione, comprensibile.

E allora lo abbracciò. Tenne stretto quel corpo, caldo come la prima volta che avevano fatto l’amore, e lo sentì restare immobile, come paralizzato.

Senza parlare gli rimise il dispositivo, e affondò il viso fra i suoi capelli castani.

Non lo lasciò, non ne ebbe il coraggio, neppure quando sentì il corpo del giovane tremare appena per dei singhiozzi mal trattenuti.

Lui l’aveva detto, ancora aveva avuto ragione.

Perché, probabilmente, Goku ricordava ogni cosa.

 

- continua -

 

N.d.A. E così la faccenda del Seiten si è chiusa. Mi spiace solo di non aver scritto il capitolo bene come volevo. In ogni caso, mi dilungo solo su una cosa: quello che ho scritto riguardo al simbolo sullo stomaco del Seiten riguarda una mia teoria sul suo potere, ovvero quello di controllare i cinque sutra o quantomeno catalizzarne il potere. Forse ne parlerò più approfonditamente nella postfazione alla fic!

 

Buone feste!

Vit

   
 
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