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I suoi occhi d’ametista s’aprirono che già il chiarore dell’alba
rischiarava la stanza.
Fu battendo stancamente le palpebre che si sedette, tenendosi la
testa con una mano. Le sue iridi vagarono verso le pareti, verso il soffitto,
verso il pavimento.
E quello che trovò fu il corpo di un ragazzo, vicino alla porta,
sulle nude mattonelle di quel suolo.
Non poteva, non poteva essere accaduto di nuovo!
In fretta e furia s’alzò, quasi inciampando, corse da lui e lo
prese tra le braccia, voltandolo in modo da potergli guardare il viso. Era
pallido, ma non aveva il pallore della morte.
“Goku!!” urlò.
Ma Goku non rispose.
Non rispose né a quell’appello né ai successivi.
Ma Sanzo sapeva che era vivo… era vivo…
anche se gli restava inerme fra le braccia come un guscio vuoto…
Non lo lasciò. Sapeva di dover fare qualcosa, ma non poteva
muoversi. Non osava farlo.
Poteva solo restare a guardarlo, ancora stringendolo forte. Incerto
se la sua fosse vita o fosse morte.
Possibile che davvero se ne fosse… andato? Possibile che quella
creatura arrogante, irritante ma disperatamente sensibile l’avesse davvero
lasciato?
E… se era così… il Goku che stava
dormendo…?
Finalmente s’alzò, rapidamente avvolgendolo con una coperta e
portandolo via.
Stava per aprire la porta quando sentì un lieve, quasi
impercettibile colpo di tosse.
“Goku!” lo chiamò, ancora.
Vide il ragazzo fra le sue braccia aprire gli occhi, stancamente,
roteando appena il volto per guardarsi attorno e rendersi conto di dove si
trovava.
“San… zo…”
Riuscì a sorridere. Goku riusciva a
sorridergli ancora, nonostante fosse in quelle condizioni.
Fu lui che non riuscì a farlo. Rifiutò anche solo di pensare di
farlo. Vedeva chiaramente quanto fosse debole, chiaramente! A malapena aveva la
forza di parlare.
“Che ti succede?” gli chiese, distogliendo lo sguardo. Il coraggio
per guardarlo in viso, per guardare il suo decadimento, lui non l’aveva.
Anche Goku distolse lo sguardo, puntando
stancamente le iridi sulle pareti.
“Non… non lo so…” riuscì a dire infine “non… non… sento quasi più
nulla…”
“Che vuoi dire?”
Oh, in realtà aveva un’idea, seppur vaga, di ciò che voleva dire.
Sperò solo, Sanzo, che il suo intuito stesse
sbagliando.
“Una volta… sentivo… intorno a me, le voci… di tutto… del vento,
della… della terra… e ora… ora sento poco… tutto…” chiuse gli occhi, il giovane
demone, lasciando che una stanca lacrima solitaria gli percorresse la guancia
“mi… stanno abbandonando…”
Sanzo vide ancora quel sorriso rassegnato sul suo volto, un
sorriso che in altre circostanze gli avrebbe volentieri tolto dalla faccia a
suon di schiaffi. Ma non quella volta.
“Mi sembra di averti già detto e ripetuto che io non ti
abbandonerò.”
Un sospiro sfuggì dalle labbra di Goku,
ma quell’odioso sorriso non se ne andava. Quasi che Sanzo
avesse voluto prenderlo in giro, quasi che gli stesse mentendo, quasi che le
sue fossero state solo parole.
Goku contrasse i muscoli nel tentativo di alzarsi, ma Sanzo lo sentì irrigidirsi e annaspare fra le sue braccia,
preda di uno spasmo doloroso che lo lasciò ancora più debole e tremante.
“Sembra… che il… problema… si stia… risolvendo da solo… eh?”
La risposta di Sanzo non fu altro se non
un ringhio rabbioso, e impotente: “Sta’ zitto! Non azzardarti a dire cose del
genere!”
Vide un debole scintillio divertito percorrere quegli occhi di
miele. Nonostante tutto, irritarlo era ancora la sua specialità…
Goku sbatté le palpebre due volte, prima di parlare ancora, con
un sorriso tranquillo e fiducioso ad increspargli le belle labbra.
“Scusa…” disse al monaco “…io… non avrei voluto essere così… debole
da… chiedere il tuo aiuto…”
Non parlò più, ma volse verso di lui gli occhi velati di una vacua
lucentezza. E di fiducia, e di tenerezza. Lo guardò fisso, e Sanzo non poté fare altro se non rientrare in camera sua
stendendolo sul suo letto.
Lo sentì sospirare, lo vide arricciare le labbra in una malcelata
smorfia di dolore. Vide come tentava di ignorarlo, e scelse di rispettarlo
ignorandolo a sua volta.
Anche se il suo cuore stava morendo.
Gli si stese accanto, e rimase immobile. Senza guardarlo.
“Troverò Hyaris…” gli disse “è l’unico
che può aiutarti.”
“Lascia stare,” si sentì rispondere “lo sai… che non… servirà a
nulla. Lui… lo devi… trovare, ma… non per salvarmi.”
Sanzo, con un movimento forse più brusco di quanto avrebbe voluto,
gli girò il viso in modo che potesse guardarlo – perché era così facile
guardare se i tuoi occhi vedevano un muro color ocra pallido!
“Te lo ripeto, smettila. Goku… la persona
che amo non si arrenderebbe mai per così poco!”
Ancora il solito, tranquillo sorriso, e a lui tornò in mente quella
volta che era uscito dalla stanza dello specchio e se l’era ritrovato davanti.
Gli sorrideva così anche quella volta. Con quella tranquillità mista a
rassegnazione che lo mandava in bestia.
“Appunto… te l’ho detto che… non è me che ami.”
Veramente, in quel momento, apparve felice agli occhi di Sanzo. Non seppe definire il perché. O meglio, non volle.
Quella scimmia era abbastanza stupida da pensare che a quel punto
sarebbe stato meglio per lui sparire.
Ma del resto… anche Sanzo era
perfettamente consapevole di molte cose. Entrambi sapevano bene di aver
imboccato una strada senza ritorno.
Sapevano bene che non sarebbe potuta durare, eppure quella di
incamminarsi lungo quel sentiero era stata una loro scelta.
Goku si scostò un poco la maglietta che indossava e gli mostrò il
tatuaggio che gli copriva l’intero addome. Come se già Sanzo
non l’avesse notato prima.
“Sai che… significa questo?” gli domandò.
Sanzo lo sapeva, cosa significava. Cosa poteva significare.
“Significa… che ci rincontreremo… di nuovo, se… avrete bisogno di
me…”
Poi si sporse, non senza fatica, e Sanzo
si lasciò baciare e ricambiò con forza. Sperando che lui non si lasciasse
andare del tutto.
Ma no, non lo fece. Perché era forte, dannatamente forte.
Così forte che sembrava impossibile che dovesse abbandonarlo.
“Chiamo Hakkai”, disse Sanzo quando si staccarono, facendo per alzarsi “forse
riuscirà ad aiutarti.”
“Smettila.”
Alle sue orecchie la sua voce fu come il potente, deciso schiocco
di una frusta.
“Sai perfettamente che non… servirebbe a nulla.”
“E allora che cosa preferisci?!” sbottò Sanzo,
rabbioso, senza più riuscire a trattenersi “Preferisci morire così, senza fare
nulla?”
Goku scosse la testa, lentamente, con gli occhi chiusi e
sorridendo.
“Sto solo cercando… di farti ragionare”, gli disse “Qualcosa… tu
dovrai farla…. Se ho… ben capito… cosa sta… succedendo, forse… non mi… salverai
ma… almeno non morirò.”
“Che vuoi dire?”
“Sanzo… pensa… non… non lasciare che… la
rabbia ti… offuschi la mente. Io…” gli prese la mano e se la tenne stretta a
quel petto che s’alzava e s’abbassava in respiri sempre più deboli e affannati
“…resisterò… ancora un po’… sono… tanto debole ora ma… non sto male.”
Sanzo seppe che, molto probabilmente, stava mentendo.
Quando lo chiamò, poco dopo, non gli rispose più. Fu col cuore
stretto che andò a chiamare Hakkai.
Non gli importava nulla. Se poteva fare qualcosa, qualunque cosa,
l’avrebbe fatta.
Hakkai lo raggiunse, sollecito come sempre, ma
le sue parole furono quelle che aveva temuto.
Col corpo in quelle condizioni di debolezza, per Goku era difficile trarre energia dalla terra. Il solo
sforzo necessario a tentare avrebbe potuto essergli fatale. L’unica cosa che
poté fare fu infondergli parte della sua energia, cosa che gli consentì di
alzarsi almeno a sedere.
Goku tossì un poco, gettando a Sanzo
uno sguardo visibilmente stanco ma ugualmente severo.
“Io non morirò qui. Non morirò proprio da nessuna parte.”
Tutti e due, Sanzo e Hakkai,
sapevano che quelle parole altro non erano che una menzogna, o forse una
speranza… non avrebbe resistito ancora a lungo.
Il Seiten fece comunque cenno a Sanzo di avvicinarsi, e i suoi occhi si tinsero di rabbia.
Quegli occhi erano sempre uno spettacolo, sempre splendenti. Poco importava
quanto il suo fisico fosse debole, il suo spirito non avrebbe ceduto mai.
Poi Sanzo sentì un dolore, lievissimo,
alla guancia e vide, sorpreso, che Goku l’aveva
schiaffeggiato. La sua mano ricadde senza forze accanto al corpo, ma Sanzo la afferrò e la tenne stretta.
“Si può sapere perché sei così stupido? Pensa invece di fare il
sentimentale. Io non morirò semplicemente perché se morissi io morirebbe pure
l’altro, e non voglio. Lui non c’entra nulla.”
Sanzo sgranò gli occhi, improvvisamente muto, pensando a
quell’eventualità cui non aveva mai neppure dato pensiero.
Sentì solo marginalmente Hakkai
sussurrare: “Sono la stessa persona…”
Le iridi dorate del Seiten si spostarono
sull’altro demone e annuì, con gli occhi grevi come piombo, che s’alzarono su Sanzo mentre le sue labbra si schiudevano e parlava ancora.
“Io di questo me ne rendo conto molto bene. Lo sento dentro di me
ogni singola volta che ti guardo.”
“E quindi…” finalmente le parole gli uscirono dalla gola, sommesse
“cosa proponi di fare?”
“Non lo so.”
A quel punto si stese, chiuse gli occhi e non parlò più.
Sia Hakkai che Sanzo
uscirono, per lasciarlo riposare.
Per quel poco che sarebbe servito.
“Il suo è un corpo fittizio, Sanzo…” Hakkai lo guardava, e agli occhi del monaco la sua parve
quasi pietà “Avremmo dovuto saperlo che…”
Una sola occhiata di Sanzo e tacque.
“Io torno da lui…” disse allora il demone “meglio che non rimanga
da solo.”
E rimase lui da solo, Sanzo, e non poté
far altro che alzare gli occhi a guardare il soffitto.
Dunque era così che doveva finire, tutto quello che era
cominciato…?
Sì, aveva ragione Hakkai… avrebbero
dovuto averne cognizione.
Oh, ma Goku lo sapeva fin troppo bene,
l’aveva sempre saputo, era stato lui, lui a fare sempre finta di nulla!
E ancora una volta l’impotenza, quel non poter far nulla, lo stava
dilaniando.
Come sempre, poteva prendersela solo con se stesso. Con la sua
debolezza.
Per quasi quattro giorni osservò Goku in
quelle condizioni, tenuto in vita dalle infusioni di energia di Hakkai, mentre nonostante le cure del demone i suoi momenti
di incoscienza diventavano sempre più lunghi, le veglie più dolorose.
Eppure era sempre lucido. Sanzo non
sapeva come ci riuscisse, ma mai, mai, mai una volta quel sorrisetto sarcastico
che lui tanto detestava gli era sparito dal volto. Mai i suoi occhi avevano
vacillato, sempre brillanti come stelle anche quando lo sconforto minacciava di
soggiogarlo.
Era fondamentale che vivesse, e tanto gli bastava per non
scoraggiarsi mai.
Tuttavia diventava sempre più debole, sfinito. Una volta aveva stretto
la mano a Sanzo, che era inorridito nel sentire che
quella stretta era diventata quella di un bambino.
E, di riflesso, anche a lui sembrava di diventare sempre più debole
ogni giorno che passava.
Fu all’improvviso, mentre stava uscendo dalla propria stanza una
mattina, che sentì il sordo rumore di qualcosa che cadeva schiantandosi sul
pavimento.
Rabbrividì quando capì che quel rumore proveniva dalla camera di Goku.
Si precipitò con furia lungo il corridoio, e quando finalmente le
sue mani tremanti si posarono sulla maniglia e aprirono la porta, lo vide
ansante, chino a terra mentre inutilmente faceva forza sulle gambe per
rialzarsi.
“Che stai facendo?” gli chiese mentre andava velocemente ad
aiutarlo.
Goku alzò lo sguardo, e i suoi occhi scintillarono rabbiosamente.
Determinati, come sempre. Anche quando a malapena aveva la forza per parlare.
“Lasciami stare!” gli urlò, per poi toccarsi una gola che,
probabilmente, gli doleva come se la stessero martoriando “Io non ne posso più,
Sanzo! Non ne posso più! Se devo sparire, che succeda
alla svelta, dannazione!”
Sanzo, inginocchiato accanto a lui, lo tenne stretto e gli
accarezzò la testa, sperando di calmarlo. Anche se sapeva bene che non sarebbe
servito a nulla.
Come tutto quello che aveva fatto fino a quel momento, non sarebbe
valso a niente. Ma lui rifiutava di arrendersi a quella realtà anche se il
senso di impotenza lo stava distruggendo.
Maledizione, maledizione!
Avrebbe solo voluto urlargli di smetterla, ma quello sarebbe stato
ancora più inutile. Che senso avrebbe avuto? Ah, ormai niente aveva più senso.
Niente.
“Dove volevi andare?” fu quello che gli domandò invece.
Lo vide sorridere, allora, un sorriso talmente distorto dal dolore
da sembrare ai suoi occhi un ghigno orrido.
Il suo sguardo fiammeggiò mentre lanciava a Sanzo
una risposta che purtroppo già ben immaginava.
“Lo sai benissimo dove volevo andare. Volevo andare di là a fare
quello che dovresti fare tu. Ma vedo che ti manca il coraggio.”
Lo guardava, e nelle sue iridi color dell’oro dilagava lo stesso
veleno che trapelava dal suo tono. La stessa amara delusione. Lo stesso senso
di essere stato tradito.
Ma poi i suoi occhi s’addolcirono, cosa che non s’aspettava. Forse
lesse la pena di Sanzo, perché gli strinse le mani e
con fatica si sollevò fra le sue braccia fino a baciargli piano le labbra.
“Io te l’avevo detto, ricordi? Te l’avevo detto che avresti dovuto
uccidermi. Ora fallo, prima di costringermi a implorare davanti a te. Sarebbe…
una cosa molto triste, temo.”
Sanzo non gli domandò cos’era necessario che facesse, perché in
cuor suo già da tempo ne era consapevole.
Tuttavia lo tenne abbracciato forte, e poté sentirlo singhiozzare
piano fra le sue braccia. Lo vide alzare gli occhi, quegli splendidi luminosi
occhi ora pieni di lacrime.
Lo guardava, con un misto di tenerezza e dolore, e disse: “Lo… lo
sai… togli il dispositivo a Goku, e io potrò… potrò
tornare dentro di lui… com’è giusto che sia.”
Chinò il capo, appoggiandolo contro le sue spalle. Tremava,
incontrollabilmente, come un cucciolo spaventato da un temporale.
Se toglieva il dispositivo a Goku… si
sarebbe riaperto quel cancello che normalmente gli impediva di uscire
all’esterno, ma che ora gli precludeva di tornare.
“Forse…” gli parlò di nuovo, con voce dolce e flebile “ci
rivedremo… avrete bisogno di me prima o poi… e per favore…” sentì le sue dita
stringergli forte la tunica, serrando i denti per non urlare “distruggi lo
specchio… prima che faccia del male a qualcun altro come… come è stato con me.”
Fu in perfetto silenzio che entrambi si spostarono nella stanza
dello specchio.
Non parlarono, nessuno dei due, neppure quando Sanzo
adagiò Goku sul letto, accanto all’altro. Il demone
rimase ad occhi chiusi, respirando, le belle labbra appena socchiuse.
Sorrideva, però. Sorrideva serenamente come ormai non faceva più da
molto tempo, e Sanzo ebbe chiaro che quegli occhi non
li avrebbe più riaperti. Perché se l’avesse guardato, sarebbe stato troppo il
dolore.
“Forse…” sentì che gli sussurrava “Goku
ricorderà tutto. Io sono stato tirato fuori da lui da una forza esterna, quindi
non in maniera naturale. Non è da escludere che qualche ricordo possa
rimanergli una volta che si sarà svegliato.”
Sanzo annuì, annuì e gli diede un altro lieve bacio sulle labbra.
Non si soffermò su quello che il suo cuore stava provando. Non volle farlo. Non
volle che il dolore lo annientasse.
Fu un bacio lungo, silenzioso, che mai avrebbero voluto avesse
fine.
Fu quello l’unico addio che si concessero.
Poi Sanzo allungò un braccio e tolse il
cerchio di pesante metallo che ancora adornava la fronte dell’altro.
Lo guardò ancora sorridere, ignorò quella piccola lacrima che
vedeva all’angolo di uno dei suoi begli occhi, e represse quell’assurdo
desiderio che gli opprimeva il cuore.
Piangere.
Piangere come non faceva più dal giorno della morte del suo adorato
maestro.
Chiuse le palpebre, per non vedere ciò che sarebbe accaduto, eppure
ugualmente lo sentì diventare sempre più incorporeo fra le sue dita. Quel suo
corpo fittizio era infine sparito, come dal nulla era apparso. Gli parve
sentire il suo viso sfiorato da una carezza e capì che era l’ultimo, definitivo
saluto di quel ragazzo.
Poi udì un gemito, sommesso, che attrasse la sua attenzione. Vide
il corpo del Goku addormentato contorcersi, e le sue
sembianze diventare quelle del Goku che aveva tenuto
fra le braccia fino a qualche istante prima.
Sperò, per un attimo volle credere che gli occhi che s’aprirono
fossero i suoi, fieri e disperatamente lucidi anche nella sofferenza.
Fieri lo erano, sempre. Ma erano occhi che non lo conoscevano.
Chinò il capo e si raddrizzò, stringendo i pugni. Doveva smettere
di fuggire. Smettere di farsi inutili illusioni.
Un ghigno prese forma sulle sue labbra; ancora una volta, lui aveva
avuto ragione. Fino all’ultimo ed in ogni cosa.
Anche il Seiten, tuttavia, sembrava
strano. Pareva che non capisse molto di ciò che stava succedendo, e per qualche
istante fu solo in grado di scuotere la testa e battere le palpebre come se
avesse la vista annebbiata.
Forse era veramente così. Tentò di pensare solo al fatto che s’era
risvegliato. Tentò di pensare al fatto che ce l’aveva davanti, e quasi ci
riuscì.
Lui ringhiò, e gli fu addosso nel giro di un istante.
Sanzo non si mosse, non fece nulla, anche se lo vide
perfettamente.
Solo, commise il breve errore di pensare. Anche se proprio non
voleva.
Ripensò a tutto quello che avevano passato, a tutto quello che
erano stati, a tutto quello che aveva dato e che gli era stato dato.
E, in ultimo, gli venne in mente il suo sorriso. Il sorriso di Goku, dell’uno e dell’altro. E scoprì che erano identici.
Per questo quando lo colpì non si spostò. Non si spostò e gli
afferrò un braccio, scivolando a terra e tirandoselo addosso.
Ne sentì la confusione, comprensibile.
E allora lo abbracciò. Tenne stretto quel corpo, caldo come la
prima volta che avevano fatto l’amore, e lo sentì restare immobile, come
paralizzato.
Senza parlare gli rimise il dispositivo, e affondò il viso fra i
suoi capelli castani.
Non lo lasciò, non ne ebbe il coraggio, neppure quando sentì il
corpo del giovane tremare appena per dei singhiozzi mal trattenuti.
Lui l’aveva detto, ancora aveva avuto ragione.
Perché, probabilmente, Goku ricordava
ogni cosa.
- continua -
N.d.A. E così la faccenda
del Seiten si è chiusa. Mi spiace solo di non aver
scritto il capitolo bene come volevo. In ogni caso, mi dilungo solo su una
cosa: quello che ho scritto riguardo al simbolo sullo stomaco del Seiten riguarda una mia teoria sul suo potere, ovvero
quello di controllare i cinque sutra o quantomeno
catalizzarne il potere. Forse ne parlerò più approfonditamente nella
postfazione alla fic!
Buone feste!
Vit