Occhi chiusi
Con gli occhi chiusi, restavi con la schiena aderente all’armadietto
che una delle mie spinte ti aveva destinato, e alzavi il capo verso il cielo,
in cerca di un aiuto superiore che sapevi non sarebbe mai arrivato. Restavano
chiusi per un po’, quegli occhi che si sforzavano di non piangere, e lo stesso
i pugni dalle nocche bianche, che si riaprivano subito dopo le palpebre
pesanti.
Con gli occhi chiusi, ti paravi il volto utilizzando le braccia, e
indietreggiavi fino a finire con le spalle al muro, quel ridicolo abito argentato
che ti fasciava interamente il corpo e mi stancava la vista, tanto che per un
attimo anche io ho dovuto socchiudere gli occhi.
Con gli occhi chiusi hai stretto il pugno all’altezza del petto quando mi sono
avventato su di te per baciarti. Ma li hai subito spalancati, quegli occhi,
limpidi e terrorizzati, la bocca aperta in segno di stupore, quel pugno chiuso
che ancora imbianchiva le nocche, la mancanza di parola, di respiro.
Con gli occhi lucidi e compassionevoli, tenevi al petto i libri di francese ed
annuivi ad ogni mia parola, e muovevi le sopracciglia alle mie scuse disperate,
e annuivi ancora, e quegli occhi erano capaci di leggermi dentro e lasciavano
segni dolorosi all’altezza del petto e dello stomaco. Ti ho ringraziato, ti ho
raccomandato di aspettarmi, e ancora tiravo su col naso, poi ti ho lasciato.
Con gli occhi bassi mi conducevi al centro della pista da ballo, e intanto mi
dicevi che era il momento di farmi avanti, di dire a tutti cosa avevo dentro,
di mostrarmi per quello che ero veramente, di spiattellare alla scuola la
verità, nuda e cruda. Poi li hai alzati, quegli occhi, e li hai fissati nei
miei, e hai atteso, e io avrei voluto piangere sulla tua spalla mentre ti
stringevo forte a me, ma ho sospirato, ho detto che non potevo farlo, poi ti ho
lasciato.
Con gli occhi chiusi sembravi rimuginare sul tuo drink, poi li alzavi e li
dirigevi verso la figura del tuo ragazzo, che ballava indisturbato insieme al
predatore dello Scandals, che di nome faceva
Sebastian, mi pare. Hai sorriso un po’ quella sera, e il fatto che fossi io a
farti sorridere mi ha stretto il cuore con violenza. Ed ero ancora lì per
parlare, per godermi ogni singolo istante
in tua compagnia, ma poi mi hai lasciato.
Con gli occhi ridenti leggevi divertito ogni lettera lasciata dal tuo
ammiratore segreto, ingenuamente convinto che quella fosse tutta opera di Blaine. La delusione che traspariva dal tuo sguardo quando
ho sollevato la maschera da gorilla –ed è stato come privarmi finalmente della
maschera sociale che indossavo da tutta la vita- è ancora impressa nella mia
memoria, vivida e fresca, quasi fosse successo ieri. Abbiamo parlato, ho
tentato, ti ho preso la mano, ho tentato ancora, ho fallito, e poi ti ho
lasciato.
Con gli occhi rossi e gonfi, piangevi con me, insieme a me, e mi hai detto che
eri davvero felice che fossi vivo, e se tu eri felice lo ero anche io. Ti sei
seduto, abbiamo parlato e pianto ancora.
Con gli occhi chiusi mi hai suggerito di immaginare il futuro, e così ho fatto,
e ho visto attraverso le palpebre la tua immagine sorridente che lasciava
entrare in uno studio un bambino che indossava una larga maglietta di football.
Mi baciavi, e scoppiavo di felicità che tu non ne avevi idea.
Mi hai preso la mano, l’hai stretta, mi hai fatto promesse, e non mi hai
lasciato.
Con gli occhi chiusi, ti sei alzato sulle punte dei piedi e hai avvolto le
braccia attorno al mio collo, quasi volessi appenderti, e io in effetti ero
pronto a sollevarti da terra, a prenderti in braccio e portarti ovunque tu
volessi. Ho sentito quelle labbra impossibili posarsi sulle mie dopo tanto
tempo dalla prima volta, così irruente e istintiva. Abbiamo tenuto gli occhi
chiusi per giornate intere, a percepirci l’un l’altro, ad incastrare le labbra sotto un albero, su una panchina,
chiusi in macchina, chiusi in camera, su un letto, in un bagno, sulla riva di
un lago, in palestra, in auditorium, in un bar deserto, nell’angolo di una
gelateria, nel buio del cinema e del teatro, sotto il sole cocente, contro il
vento autunnale, sotto la neve paralizzante, tra gli insetti primaverili.
Non sapevamo toglierci gli occhi di dosso, le mani di dosso, le labbra di
dosso, e giuravo di non essere mai stato così felice in tutta la mia esistenza.
Con gli occhi chiusi, mi hai permesso di violarti, di marchiarti, di farti mio
e basta, me l’hai supplicato, lamentoso, con voce acuta ma flebile, con le dita
che spingevano sulla schiena, i piedi che strisciavano sulle mie cosce , il
respiro impaziente, i brividi persistenti, i capelli sudati sul collo, le
labbra umide che mordevano debolmente, e ancora le richieste le suppliche, e io
che ti ho accontentato, e non potevo aspettarmi nulla di più perfetto.
Con gli occhi chiusi pronti a piangere, tenevi la mano sulla bocca per paura di
singhiozzare rumorosamente, e ti lasciavi infilare l’anello d’oro bianco, e
arrossivi e annuivi convulsamente. Ti sei gettato tra le mie braccia con una
smorfia sul volto, le mani che stringevano la mia polo sulla schiena, le
lacrime felici che la inzuppavano sulle spalle.
Con gli occhi chiusi, riposi sulla rigida branda, le macchie rosse sulle guance
che hanno ormai preso il colore del resto del corpo, quel bianco paradiso di
cui non ero mai stanco. Mi dico che quella felicità era troppa per me, non mi
meritavo di vivere in pace con me stesso, di amare ed essere amato, di avere
accanto l’uomo perfetto. Per questo torno ad essere solo.
Con gli occhi chiusi sembri addormentato, e sei bello lo stesso, chissà se l’invidia
degli angeli ti darà problemi. Qualcosa del genere non si può evitare, non è
così? Non puoi prevedere l’ictus che bombarda il tuo cervello, non lo vedi, non
lo senti, ti prende all’improvviso, mentre dormi, mentre fai il bagno, mentre
mangi, ti sfoca le immagini, ti fa girare il mondo, dondolare il capo,
abbandonarlo all’indietro, chiudere gli occhi.
Quegli occhi chiusi non li aprirai più, Kurt. E io non riesco a serrare i miei,
perché non posso sopportare l’idea di dover vivere senza vederti girare per
casa, fare da mangiare, appendere il bucato, mettere su musica, cantare una
canzone, atteggiarti da diva, sfilare con abiti nuovi di zecca, sorridere,
piangere, arrabbiarti, eccitarti, sfinirti, addormentarti, chiudere gli occhi e
riaprirli la mattina successiva.
Non ci sarà più nessuna mattina. Buio, tutto è buio, e ho ancora gli occhi
aperti, e sei bianco come il Paradiso, freddo come il marmo.
Mi hai detto che il fois gras mi era venuto bene, che
la camicia che mi avevi comprato mi stava proprio a pennello, che quella sera
avresti dovuto invitare Finn e Rachel per far assaggiare
loro le mie prelibatezze. Hai fatto un colpo di tosse, hai mollato le posate
sul piatto, hai puntato gli occhi già vuoti su di me, hai inclinato la testa di
lato, hai chiuso gli occhi.
Poi mi hai lasciato.
Adesso chiudo io gli occhi, per ricordarti un po’, per tornare a vedere la luce
per pochi istanti.
E sto così male da non sentire dolore.
E non dormo se non ci sei tu nel mio letto, e non mangio se non ci sei tu
seduto accanto a me, e non vivo senza la tua presenza.
Con gli occhi chiusi sembro quasi morto. Quasi,
perché l’amore per te, quello resta vivo, e mi tiene in vita.
Rimango vivo, ma con gli occhi chiusi.
§
Colpa di Frankie, che ha una cattiva
influenza su di me. Colpa tua!
E io di tanto in tanto torno a scrivere su di loro, ma poi mi vengono fuori robe
come queste e quando finisco mi chiedo…perché?
Sarò in pena per l’esame di maturità, credo.
Va beh, pace, un bacio al caro fandom Kurtofsky, se ci sono pezzi ancora sparsi in giro XD
Mirokia