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Autore: Beapot    09/06/2012    15 recensioni
Dal testo: Lo chiamavano pazzo, e forse avevano ragione.
Storia partecipante al "Fan Art Flash - Contest! - Per i festeggiamenti "It's just one year- Big BDA" del gruppo Cercando chi dà la roba alla Rowling [Team Harry/Hermione]"
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter | Coppie: Harry/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'I wish I could love you'
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Fan Art Flash - Contest! - Per i festeggiamenti "It's just one year- Big BDA" del gruppo Cercando chi dà la roba alla Rowling [Team Harry/Hermione]



 

 

Insanity

 

Alcuni credevano che fosse pazzo.
Dicevano che fosse per via di quello che aveva dovuto affrontare in guerra, o per via della sua infanzia bruciata dagli zii Babbani, o per il fatto che avesse perso ogni figura di riferimento nel corso degli anni, a partire dai suoi genitori fino ad arrivare al suo padrino, e poi Silente, il suo mentore, e ancora Remus Lupin, il lupo mannaro dall'aria stanca che gli aveva insegnato a sconfiggere le sue paure.
Credevano che avesse perso il senno per il peso di tutto quello, davano alla sua follia una spiegazione scontata, e nessuno capiva veramente perché improvvisamente si fosse isolato dal mondo. La verità era che non aveva avuto il tempo di conoscere i suoi genitori per sentirne davvero la mancanza; il suo padrino a volte si era rivelato più infantile di lui, che nonostante la giovane età si era già preso tutte le responsabilità di cui doveva farsi carico, e anche di più, senza lamentarsi; Silente lo aveva cresciuto per condurlo alla morte nel momento più opportuno, continuando a nascondergli la verità e seppellendola tra i segreti; Remus Lupin era stato troppo occupato a gestire la sua posizione da emarginato per preoccuparsi veramente di lui quando era rimasto solo.
La verità era che nessuno di loro era la causa dei suoi occhi spenti e della sofferenza che tutti chiamavano pazzia, perché nessuno di loro gli aveva mai dato una speranza o una spalla su cui fare affidamento; non senza secondi fini, almeno.

Decenni dopo, quando i pettegolezzi si erano fermati e anche il suo migliore amico aveva smesso di bussare alla sua porta, Harry Potter era ancora conosciuto come il matto di Godric's Hollow, chiuso nel suo dolore in una casa vuota e buia a cui più nessuno si avvicinava.

«Dovresti uscire, ricominciare a vivere».

Odiava sentirselo dire ogni mattina, quando apriva gli occhi e si ricordava di essere solo, quando anche il rifugio dei sogni lo lasciava scoperto, ma il solo fatto di sentire quella voce rompere il silenzio gli dava la forza necessaria per alzarsi dal letto.
Odiava quelle parole, e allora ignorava il loro significato e accennava un sorriso, beandosi di quel suono che rompeva il silenzio e rispondendo con serenità.

«Buongiorno».

Le sue giornate iniziavano tutte con quel semplice scambio di battute, quando il primo raggio di sole si infiltrava tra le imposte e illuminava malamente la stanza.

Dicevano che parlava da solo, Harry Potter, lo sentivano ridere, e piangere, e urlare, e credere che ci fosse davvero qualcuno con lui, ma ormai tutti sapevano che era completamente solo.
Lui aveva smesso di preoccuparsi delle voci della gente, aveva smesso di aprire la porta a persone che gli chiedevano spiegazioni e fingevano di capire, e viveva ogni giorno uguale all'altro, scandito da anni dalla stessa monotonia, e credeva di stare bene. E stava bene.
Non c'era più niente per lui, là fuori. Niente che si sarebbe potuto difendere dalla distruzione e dal dolore di cui lui era portatore, e niente che lo avrebbe potuto salvare. Erano finiti i giorni in cui chiedeva aiuto, sostegno, speranza, erano finiti in un lampo verde, scomparsi con lei quando aveva chiuso gli occhi, portandoseli via.


Quella era stata l'ultima volta che Harry Potter era stato visto in pubblico, intrappolato in un'imboscata di Mangiamorte ancora a piede libero perché qualcuno al Ministero non aveva fatto bene il proprio lavoro, e quel giorno lui aveva addirittura creduto di poter essere felice.
Le aveva detto di amarla e lei era arrossita - la amava ancora di più quando arrossiva; era ancora più piccola, più fragile, più sua - ma prima che potesse dire qualcosa c'era stata un'esplosione, lì, in mezzo alla strada affollata. C'era stato un urlo di rabbia, qualcuno aveva ruggito agitando la bacchetta, e poi era scoppiato a ridere quando il corpo di lei si era afflosciato a terra, scomposto, con la sorpresa ancora dipinta sul viso e le guance ancora rosse.
Lui l'aveva guardata morire in un istante ed era stato incapace di muoversi. Un'altra maledizione gli aveva sfiorato la testa proprio mentre si chinava al suo fianco e le prendeva il viso tra le mani.

Forse poi li aveva uccisi, forse poi erano arrivati gli Auror, quelli veri, a sistemare la situazione, ma lui non lo ricordava. Aveva sentito due braccia sollevarlo di peso e trascinarlo in una Materializzazione, poi si era risvegliato nel letto sterile di un ospedale. Non aveva aspettato nessuno: si era rivestito in fretta, senza sapere dove si trovasse, senza sapere che giorno fosse, ed era scappato via di corsa. Qualcuno aveva provato a fermarlo, ma lui non aveva riconosciuto le voci e non aveva voluto ascoltarle; si era Smaterializzato a Godric's Hollow, nella casa distrutta che era stata dei suoi genitori, e passarono dei giorni prima che qualcuno capisse dove si era nascosto.

«Esci, Harry, ricomincia a vivere».

Si era presentata così anche la prima volta, e lui aveva sorriso vedendola tra le macerie polverose del salotto esploso.

«Sapevo che ti avrei trovato qui».

Era di nuovo di fronte a lui, con la schiena dritta e l'espressione determinata, ancora una volta lì per lui, con lui, a convincerlo a fare la cosa giusta.
Lei aveva insistito, e lui non aveva ceduto. Non avrebbe mai ceduto, lo sapevano entrambi, ma avevano fatto quel gioco per una vita, e sapevano come gestirlo.

«Io non ti lascio più, Hermione» continuava a rispondere con tranquillità, e dopo un po' si arrese anche lei.

Continuava a ripeterglielo ogni mattina però, come una specie di mantra, nella speranza di poterne uscire vittoriosa e di poterlo spingere verso una vita normale, libera dalle illusioni del dolore, ma lui non voleva vivere in un mondo senza di lei.

Harry Potter era stato giovane e spaventato, era stato un eroe per molti, ed era sempre stato un gran testardo, e questo nessuno lo sapeva meglio di lei: allora si limitava a sorridere con la stessa dolcezza di sempre e a farsi raccontare il suo amore, giorno dopo giorno, in quella casa distrutta.

Lo chiamavano pazzo, e forse avevano ragione. Harry Potter era impazzito per amore, ma almeno quella follia gli permetteva di essere felice.

 



 



NdA: Lascio a voi decidere sei Harry vede e parla con il suo fantasma o se è solo frutto della sua fantasia, e tanti cari saluti alla mia intenzione di smettere (almeno per un po') di uccidere i miei personaggi preferiti. la fan art a cui mi sono ispirata è quella di Stefy che vedete in fondo alla pagina, e non so, mi dava l'idea di un'Hermione vagante. 

   
 
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