Videogiochi > Kingdom Hearts
Segui la storia  |       
Autore: EvgeniaPsyche Rox    09/06/2012    6 recensioni
«In breve io ho combinato un casino, e il preside, per punizione, mi ha ordinato di farti da tutor.Got it memorized?», accidenti, alla fine si era lasciato sfuggire il suo marchio di fabbrica.
Roxas assottigliò gli occhi, assai perplesso; un pò per la sua affermazione, e un pò per quella domanda finale in inglese.Decise di lasciare perdere, dedicandosi al vero argomento della conversazione.«Mi stai prendendo in giro?»
«No.»
«Non ho alcun problema a scuola, quindi ti risparmio la fatica di perdere tempo.», affermò schiettamente il biondino, spostando lo sguardo verso il suo interlocutore, il quale aveva sospirato.
-
[Questa storia ho iniziato a scriverla quando avevo tredici anni e, contando che adesso ne ho quasi diciassette, è normale che io abbia cambiato modo di scrivere, anche perché mi sto dedicando a generi differenti. Da un lato preferirei eliminarla perché i capitoli, soprattutto i primi, non sono scritti esattamente bene (Almeno, per quanto riguarda la punteggiatura e la grammatica). Ma ragazzi, le recensioni sono tante; questa è la prima long che ho pubblicato e mi sono affezionata.]
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
HTML Online Editor Sample

Tutor And Boyfriend.

14. Fucking stalker

 

HTML Online Editor Sample  

 «S-Scusa?», gli aveva domandato timidamente, sperando vivamente di aver sentito male.
«Ho chiesto se c'è qualcuno che ti piace. Sì, insomma, se sei innamorato.», questa volta la sua voce gli era sembrata più sicura in qualche modo, il che lo aveva messo maggiormente a disagio.
Aveva stretto istintivamente il libro con la mano libera, mordendosi il labbro inferiore con le gote involontariamente rosse. «Sono... Sono affar-»
«Non rispondermi che sono affari tuoi.», lo aveva precedutto il diciotenne impassabile, senza permettergli di terminare la propria affermazione.
«Si può sapere perché ti dovrebbe interessare?»
«Nessuno ti ha mai detto che è maleducazione rispondere ad una domanda con un'altra domanda?», gli aveva rinfacciato sadicamente lui, facendo riferimento alla conversazione avuta in bagno.
«Molto divertente.», aveva commentato con freddezza, cercando di mostrarsi apatico come al solito e non imbarazzato com'era realmente.
«Sì, modestamente sono un comico nato.», non era ancora riuscito a spiegarsi perché si comportava in maniera così strana. Cosa diavolo passava per il cervello di quella sottospecie di porcospino dai capelli fiammeggianti?!
«Comunque», aveva interrotto poi il breve silenzio, proseguendo. «sto ancora aspettando una risposta.»
«E io sto ancora aspettando un valido motivo che mi spinga a risponderti.», se c'era un lato che apprezzava di sé era proprio il fatto che riusciva quasi sempre a trovare acide affermazioni con cui ribattere e lasciare spiazzato il proprio interlocutore.
Cosa che, purtroppo, non avveniva con il fulvo.
«Se fai tutti questi giri di parole suppongo che c'è qualcuno che ti fa battere il cuoricino, o sbaglio, eh, primino?», aveva stretto con violenza il cellulare, accorgendosi che si era morso le labbra con troppa forza, dato che avevano iniziato a sanguinare; si era passato poi velocemente la lingua su di esse, lasciandosi sfuggire un sibilio irritato.
«Allora?»
«Smettila!», aveva trillato improvvisamente sull'orlo di un attacco di panico; si era accorto di avere il respiro inspiegabilmente più pesante, oltre al fatto che il proprio cuore aveva iniziato a pompare sangue più velocemente.
Se c'era una cosa che lo aveva sempre infastidito era proprio l'indiscrezione delle persone; le loro domande, i loro sguardi addosso, il sentirsi soffocato da tutte quelle attenzioni lo divorava.
Si era sforzato di controllare il tremore alle mani, senza grandi risultati; nel frattempo, dall'altra parte della cornetta, la voce di Axel era tornata a farsi sentire. «...Mi dispiace. Non volevo metterti in difficoltà.»
«Eppure l'hai fatto.», aveva sputato spudoratamente, ringhiando qualche imprecazione a denti stretti con rabbia.
«Ti ho detto che mi dispiace.», e aveva sospirato con aria spossata. «Comunque, cambiando argomento... Sei libero domani? Sai, potremo andare a prender-»
«No.», lo aveva fermato immediatamente il più piccolo. «Domani non posso.»
«Sei arrabbiato per la domanda? Dai, guarda che non volevo ferirti in alcun modo. Domani ti offrirò un gelato per farmi perdonare.», e si era lasciato sfuggire un sorriso involontario, fremendo già dalla voglia di vedere quel piccoletto.
Eppure la sua espressione era cambiata immediatamente non appena Roxas aveva ripreso a parlare. «No, non posso, davvero. Devo vedermi con Naminè.»
«Devi vederti con... Con Naminè?», il tono di voce di lui si era inspiegabilmente alzato, facendo risuonare la domanda come un rimprovero.
«Sì...»
«Allora oggi non era passata solamente per salutarti, eh?», Axel si era lasciato sfuggire una risatina nervosa per trattenere il fastidio che si stava impossessando del suo corpo.
«E questo che cosa c'entra?», il biondo non riusciva proprio a capire i strani atteggiamenti del tutor, il quale aveva risposto immediatamente con una velenosità da far invidia a qualsiasi serpente. «Sai cosa ti dico? Spero tanto che tu ti divera domani con ... Con quella... Sì, con Naminè!», e aveva chiuso la chiamata, lasciando praticamente l'altro a bocca aperta, spiazzato.
Dopo aver passato la notte a rimurginare su quell'assurda chiamata, Roxas era arrivato alla conclusione che Axel, probabilmente, soffriva di schizofrenia o, molto semplicemente, era particolarmente nervoso per chissà quale strambo motivo.
O forse erano tutti quei capelli che si ritrovava in testa che gli appesantivano il cervello.
Ma in fondo cosa gli importava?
Si scrollò le spalle, cercando di spostare i propri pensieri altrove; doveva essere piuttosto fiero di sé, dato che era riuscito a raggiungere il parco senza perdersi o chiedere indicazioni a nessuno.
Un notevole passo in avanti data la scarsa memoria che si ritrovava, davvero.
Il parco non era poi così grande, anche se sembrava trovarsi in un mondo parallelo, visto che non c'era praticamente nessuno; si lanciò una fugace occhiata nell'ambiente circostante e si illuminò alla vista di una figura femminile seduta sulla sponda del piccolo laghetto.
Strinse il libro che si era portato tra le mani, affrettandosi a correre verso la ragazza che si era voltata appena, quasi fosse riuscita a prevedere il suo arrivo; sorrise così flebilmente. «Roxas che piacere vedere che sei venuto.»
Il giovane ricambiò timidamente il sorriso, mentre la bionda gli fece cenno di sedersi accanto a lei. «Oh, non sarei mai mancato al tuo appuntamento, non preoccuparti.», e continuò ad osservare la ragazza di sottecchi, accorgendosi solo in quel momento che alla sua sinistra vi era appoggiato accuratamente l'album da cui non si staccava mai e una manciata di pastelli.
Un silenzio soffocante galleggiò improvvisamente tra i due; Roxas si sentì tremendamente a disagio e continuò a guardare ossessivamente l'ambiente circostante, quasi fosse alla ricerca di qualcosa in particolare.
La ragazza, al contrario, sembrò essere piuttosto tranquilla, come sempre; si limitò a scrutare con intensità il ragazzino accanto a sé, senza muovere un muscolo.
Lui alzò allora lo sguardo in alto, osservando i nuvoloni grigi che sembravano voler minacciare il cielo, nonostante fosse primavera inoltrata.
«Roxas, tu hai visto più spesso la pioggia che il sole, non è vero?», la fioca voce della giovane interruppe il breve silenzio, facendo voltare di scatto il biondo verso di lei; sbattè più volte le palpebre, confuso e spaesato di fronte alla stramba domanda.
«Io... Io veramente non saprei.»
«E' così. Lo si legge dai tuoi occhi.», non smise di guardarlo; continuò a tuffarsi in quel mare che somigliava così tanto al proprio. «Però non devi avvicinarti troppo al fuoco, Roxas. Il fuoco brucia, brucia tanto.Le fiamme sono capaci di divorarti, stanne lontano.», proseguì successivamente, lasciando l'altro interdetto; insomma, gli avevano detto che lui era strano con i suoi discorsi filosofici, ma Naminè lo batteva sicuramente.
Assunse un'espressione assai perplessa; cosa c'entrava adesso il fuoco?
Scosse la testa, prendendo finalmente la parola. «Sì, io... Io so che il fuoco brucia.»
Nel frattempo la ragazza aveva afferrato l'album, prendendo il pastello rosso per poi iniziare a tracciare qualcosa di indefinito. «E allora perchè lasci che il fuoco ti sfiori, senza ritrarti da esso?»
Si guardò attentamente le mani; insomma, non presentava alcuna bruciatura. Lui non si era mai avvicinato al fuoco, ne era certo.
Lei, nonostante fosse intenta a disegnare, sembrò riuscire a leggergli nel pensiero. «Non sono sempre visibili le bruciature, Roxas.»

Il giovane dagli occhi blu cobalto appoggiò timidamente le mani sulle proprie ginocchia, come un bambino appena stato rimproverato dalla madre; Naminè smise improvvisamente di disegnare, facendo rotolare il pastello rosso sull'album fino a farlo scivolare sul pavimento formato da piccoli sassolini.
«Devi stare attento al fuoco, Roxas.», ripetè in un sussurrio sommesso, abbassando lo sguardo per poter osservare il proprio foglio bianco ora riempito dal rosso del fiamme che circondavano un paio di occhi blu cobalto.



«Allora, vedi niente?», chiese borbottando un ragazzo con due strani tatuaggi sotto gli occhi smeraldini; Axel ringhiò qualcosa a denti stretti, cercando di rannicchiarsi il più possibile dietro il cespuglio spinoso, stando attendo ad evitare di pungersi.
«Mmh...Stanno parlando.», farfugliò il compagno sdraiato accanto a lui, stringendo tra le mani un binocolo verde. «Adesso stanno ridendo. Oh, ma come sono carini insie-»
«Demyx, prova a continuare la frase e ti ritroverai senza braccia, così non potrai più suonare la chitarra.», la gelida minaccia del fulvo fece rabbrividire l'altro che deglutì, serrando immediatamente le labbra.
«E adesso? Di che cosa stanno parlando?», continuò a domandare ossessivamente il rosso, sbattendo più volte le palpebre, cercando nel frattempo di placare la propria ira; Demyx sbuffò, appoggiando il binocolo per terra. «Axel, basta! E' da venti minuti che li stiamo spiando; io sto morendo di fame!»
Era stata una vera fortuna per Axel avere numerose conoscenze nella città e in tutta la scuola; grazie al silenzioso Zexion, il quale era riuscito ad ascoltare furtivamente le conversazioni della pettegola Kairi, migliore amica di Naminè, era riuscito a capire esattamente l'ora e il luogo dell'appuntamento.
«Non mangerai finchè non avrai terminato il tuo lavoro. Non hai ancora capito che siamo in missione top-secret?», tuonò il diavolo dai capelli fiammeggianti, cercando però di mantenere un tono di voce basso. «Ti ho già detto che Naminè è una strega che vuole rincoglionire Roxas con le sue maledizioni; il nostro compito è quello di salvarlo. S. A. L. V. A. R. L. O. Got it memorized?», e si picchiettò la fronte nel suo quotidiano gesto, sperando di convincere l'amico che, infatti, si illuminò immediatamente. «Ma noi siamo una sorta di investigatori, quindi?»
«Uhm... Sì, diciamo di sì...», mormorò con fare confuso il rosso, grattandosi la nuca di fronte agli strani ragionamenti del castano.
«Io allora sono Sherlock Holmes!»
«Eh, no!», lo interruppe poi Axel, scuotendo il cespuglio scarlatto. «Sherlock Holmes sono io. Io ho deciso tutto, quindi tu sei Watson.»
Demyx arricciò le labbra in una smorfia infantile per poi sospirare con aria rassegnata. «E va bene, io sono Watson! Allora, Holmes, adesso che cosa dobbiamo fare?», chiese fermendo dall'eccitazione, immaginandosi già sui futuri libri in giallo.
«Quello che abbiamo fatto fino adesso, no? Seguire la nostra sospettata insieme alla vittima.», e, a quel punto, il ragazzo dai capelli a spazzola riprese velocemente il binocolo, inclinando il volto su un lato. «C'è un problema, capo.»
«E sarebbe?», Axel sollevò istintivamente il soppraciglio sinistro.
«Naminè e Roxas sono scomparsi.»
«Ma porca merda!», imprecò a gran voce Axel, alzandosi di scatto per poi guardarsi attorno, sibilando altre parolacce a denti stretti. «Dove si saranno cacciati?»
Demyx, nel frattempo, imitò l'amico, spolverandosi i vestiti per poi ridurre gli occhi a due fessure, annusando intensamente l'aria come un segugio. «Io so dove sono andati! Da questa parte!», affermò con estrema sicurezza, indicando la propria sinistra; il fulvo, al suo fianco, assunse un'espressione accigliata. «Come fai ad esserne sicuro?»
«Fidati di me!», cinguettò allegramente il castano, iniziando a correre verso la parte indicata, seguito da Axel che sospirava, rimurginando tra sé e sé sul fatto di aver invitato quel tonto del suo migliore amico.
Dopo circa cinque minuti di corsa -I quali fecero quasi collassare Axel, per nulla abituato all'attività sportiva, data la sua estrema pigrizia-, raggiunsero il centro della città; il fulvo si piegò sulle ginocchia con il respiro pesante e irregolare, pensando di aver fatto più sport in quei miseri minuti che in tutta la sua lunga esistenza.
«Holmes, tutto bene?», il volto preoccupato del castano sbucò di fronte a quello dell'altro che lo guardò in cagnesco. «Che domande del cazzo mi fai?! Lo sai che è l'unica volta che ho fatto motoria a scuola sono finito al pronto soccorso!»
«Oh, giusto...», borbottò con aria assorta il compagno, sbattendo più volte le palpebre innocentemente.
Axel sbuffò, rialzandosi in piedi per poi osservare l'insegna del bar di fronte a sé; ridusse gli occhi a due fessure, stringendo i pugni. «Demyx, non dirmi che mi hai portato qui solamente per riempire il tuo fottuto stomaco!»
«Ma no io... Io...», il diretto interessato si guardò attorno con fare allarmato, per poi illuminarsi; attraverso il portone trasparente riuscì a scorgere due figure dai capelli dorati e ringraziò infinitamente il Cielo per avergli dato una tale botta di culo. «Eccoli! Sono lì! Io sapevo che erano venuti qua!»
La rabbia del ragazzo dagli occhi smeraldini si placò in un attimo, facendo posto ad un'espressione sollevata. «Sei un grande, Demyx.»
«Ma io sono Watson!»
«E' uguale.», replicò distrattamente il fulvo, facendo cenno all'altro di chiudere il becco; si schiarì la voce e cercò quasi di trattenere il respiro, aprendo lentamente e con estrema delicatezza la porta di vetro del bar, entrandovi a passi felpati prima di aver fatto cenno al castano di imitarlo.
Presero posto in un tavolo abbastanza vicino a quello dei due da poterli osservare, ma, al tempo stesso, abbastanza lontano per non essere visti; Axel afferrò immediatamente il menù, cercando di nascondere almeno in parte il volto, lasciando in mostra solamente le iridi smeraldine per non staccare lo sguardo dall'ambiente circostante.
«Voglio un gelato a quattro gusti; fragola, cioccolato, crema e pistacchio. Mi raccomando, con la panna sopra!», trillò allegramente Demyx, osservando il camiere che stava annotando l'ordinazione su un piccolo blocco di foglio per poi allontanarsi a passi veloci.
«Che cazzo stai facendo?», lo rimproverò guardandolo malissimo il ragazzo dai capelli scarlatti, mentre il compagno si scrollò le spalle. «Te l'ho detto, sto morendo di fame!»
«Sì, ma ti ho già detto che noi siamo qui perc- Oh, cazzo, nemico a ore nove!», tuonò improvvisamente con fare allarmato, nascondendo completamente il volto dietro il menù; Demyx si guardò attorno con fare spaesato. «Eh? Ore nove?»
«Alla nostra sinistra. No, Demyx, la sinistra è dall'altra parte.», sussurrò poi sommessamente; il castano si voltò finalmente nella direzione indicata, accorgendosi della presenza di una giovane dai lunghi capelli dorati che si avviava verso la cassa, superando il loro tavolo senza fare caso ai due.
Il diavolo dai capelli fiammeggianti tirò un lungo sospiro di sollievo. «Per un pel- Oh, merda, c'è Roxas!», e tornò a nascondere il volto dietro il menù, osservando con la coda dell'occhio il diretto interessato che superò il tavolo, raggiungendo la giovane.
«Allora, Roxas, vuoi venire a casa mia?», propose gentilmente lei, accennando un candido sorriso; l'altro annuì energeticamente, porgendo i soldi al cassiere per poi avviarsi verso l'uscita. «Se non è un disturbo.»
«Assolutamente no.»
«Lurida strega.», ringhiò a denti stretti un Axel alquanto infuriato; lanciò per aria il menù, alzandosi rumorosamente fino a fare ribaltare la sedia all'indietro, affrettandosi ad uscire anch'egli dal bar per continuare l'inseguimento; il compagno, nel frattempo, vide il cameriere appoggiare l'enorme gelato sul tavolo. «Axel, aspetta, c'è il gela-»
«Muoviti o ti puoi scordare la nomina di Watson!», al sentire risuonare quelle parole afferrò in un nanosecondo il dolce, porgendo immediatamente i soldi al cameriere per poi precipitarsi verso la porta. «Domani le riporterò il vassoio e il cucchiaio!», gridò iniziando a mangiare, rischiando, tra l'altro, di investire una signora anziana.
Axel, non appena giunse fuori, lanciò numerose occhiate da tutte le parti, accorgendosi che i due si stavano avviando a sinistra, imboccando poi un altro viale; si affrettò a seguirli, mentre Demyx cercava di stargli dietro nonostante la bocca piena di gelato e le mani occupate a reggere il vassoio.
Girò a destra e vide i due giovani che si erano improvvisamente fermati a pochi metri da lui; Naminè stava osservando intensamente il primino che, al contrario, era particolarmente a disagio e si sforzava in ogni modo di non arrossire.
«Devo assolutamente sentire che cosa si dicono.», bisbigliò tra sé e sé il diciottenne, notando due bidoni dell'immondizia a pochi passi da loro; certo, avrebbe rischiato di sporcarsi, ma decise di fare questo sacrificio lo stesso.
Si incollò al muro nella speranza di non farsi vedere, cercando di raggiungere il luogo stabilito furtivamente, quando un'improvvisa voce a lui purtroppo familiare gli fece lanciare un urlo per lo spavento. «Axel, che cazzo stai facendo qui?»
Con un soppraciglio alzato e le iridi verdi perplesse, Reno, accanto alla propria ragazza, osservava con fare confuso il fratello che stava tentando di riprendersi dal colpo. «R-Reno! Ecco, s-stavo... Stavo...», e, mentre tentava di trovare una scusa plausibile che giustificasse il suo strambo comportamento, il suo migliore amico sbucò dai due nuovi arrivati con le labbra sporche di cioccolato. «Axel! Ma il piano non era quello di non farci scoprire da Naminè e Roxas?»
Questo perché in quel momento i diretti interessati avevano lo sguardo puntato sugli altri quattro; chi spaesata e perplessa, chi estremamente irritato e a dir poco infuriato.
Il diciottenne dalle iridi smeraldine deglutì rumorosamente, voltando appena il volto verso il giovane dai capelli ribelli. «E-Ehi, Roxas! Ma c-che sorpresa!», si sforzò di salutare con un sorriso tirato, accennando una risata nervosa.
«Si può sapere che di diavolo ci fate voi qui?», domandò aspramente il biondo; Reno alzò le mani con aria innocente, avvolgendo con un braccio la vita di Tifa. «Io stavo facendo una passeggiata con la mia ragazza, non ci vedo nulla di male.»
Tutti volsero poi lo sguardo verso il diavolo dai capelli fiammeggianti e il compagno, il quale stava tentando di pulirsi la bocca con il braccio in maniera poco elegante. «E-Ecco, noi... Noi stavamo...», iniziò Axel, venendo però immediatamente interrotto dal castano. «Stavamo facendo gli investigatori!»
«Eh?», fecero contemporaneamente Reno e Roxas, mentre il diciottenne aveva calpestato con violenza il piede di Demyx, sorridendo falsamente. «Ah, ah, ah! Molto divertente, Demyx... Il solito simpaticone...»
Quest'ultimo lo guardò malissimo e, dopo aver lanciato un urlo di dolore, per vendicarsi, proseguì. «Ma non l'ho detto per fare il simpatico! Noi eravamo in missione top-secret; stavamo seguendo Roxas per vedere che cosa gli avrebbe fatto Naminè!»
La giovane sussultò al sentirsi nominata, abbassando timidamente lo sguardo per poi stringere l'album da disegno, senza sapere che cosa dire; al suo fianco, Roxas sgranò le iridi blu cobalto, stringendo con violenza i pugni. «Tu sei fuori di testa, cazzo.», sibilò a denti stretti, riferendosi esclusivamente al diavolo dai capelli fiammeggianti; non ci aveva messo molto a fare due più due per capire che era stato lui ad escogitare quel folle piano.
«Adesso ti metti anche a fare lo stalker?!», sbraitò infuriato. «Ma che cosa ti passa per quel fottuto cervello? Sei il mio tutor, sì, e allora?! Questo non ti autorizza ad intrometterti nella mia vita privata! Sai cosa ti dico, Axel?! Vaffanculo!», concluse urlando come mai aveva fatto; infine abbassò anch'egli lo sguardo, con il respiro irregolare e il volto rosso.
Sapeva perfettamente di avere gli occhi di tutti i presenti puntati addosso; si infilò le unghie nei palmi delle mani e si morse il labbro, voltandosi per poi correre via alla velocità della luce.
Demyx deglutì rumorosamente, osservando poi con aria persa il vassoio ormai vuoto; Tifa si mise una mano al petto, non aspettandosi di certo una sfuriata del genere da parte di un ragazzino che inizialmente aveva scambiato per un bambino delle medie; Axel, al contrario, aveva le labbra e gli occhi spalancati, shockato.
La giovane dagli occhi blu si sistemò una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio, incamminandosi in avanti verso i presenti, fermandosi solamente per un attimo non appena fu accanto al diciottenne dai capelli scarlatti. «Non preoccuparti, Axel. Ci ho già pensato io a metterlo in guardia dalle fiamme.», e, dopo aver bisbigliato ciò, facendosi sentire solamente dal diretto interessato, riprese a camminare, stringendo il proprio album da disegno.
Reno sospirò rumorosamente, scuotendo la testa con aria saccente per poi interrompere il pesante silenzio. «Lasciatelo dire, Axel: sei proprio una testa di cazzo.»



Afferrò la cartella per poi stringersi il libro al petto, avviandosi verso la porta fino a quando la voce di sua madre non lo raggiunse. «Roxas, tesoro, prendi l'autobus, altrimenti ci metterai una vita ad arrivare a scuola.»
«Mamma, l'autobus è già passato.», spiegò aspramente il giovane, sbuffando prima di aprire la porta, richiudendola poi rumorosamente dietro di sé; era sicuramente di cattivo umore, e non solamente perchè detestava il Lunedì.
Chi, poi, non detestava il Lunedì?
Probabilmente il vero motivo della sua luna storta era ciò che era successo il giorno precedente; tutta colpa di quella sottospecie di riccio dai capelli improponibili. Sì, era colpa sua se ora aveva le palle girate.
Se solo avesse provato a rivolgergli la parola, gli avrebbe mollato un pugno sull'occhio e se il preside aveva da ridire sulla storia del tutor, l'avrebbe mandato a quel paese.
Sì, avrebbe mandato tutto e tutti a quel paese, in quella dannatissima città che detestava a morte.
L'unica cosa positiva in quel momento era che quel tonto di suo fratello non era in mezzo a scatole; tutto merito di Riku che talvolta la Domenica sera lo invitava a passare la notte da lui.
Chissà perché, poi.
Guardò il proprio orologio sul polso e sospirò; era praticamente impossibile arrivare in orario con tutta la strada da fare.
Pazienza. Non era di certo colpa sua se aveva passato la notte a girarsi e rigirarsi nel letto, riuscendo ad addormentarsi solamente alle 03.30.
E, proprio mentre sembrò riuscire a concentrare i propri pensieri sui lati positivi della giornata, udì il rumore di una moto sgommare accanto a sé; sibilò qualcosa a denti stretti contro quel fastidiosissimo frastuono e alzò istintivamente le iridi blu cobalto, sgranandole non appena si ritrovò il radioso volto di Axel, ovviamente senza casco.
«Ehi, Roxas, buongiorno. Vuoi un passaggio? Vedrò di non andare veloce come l'ultima volta, promesso!», lo salutò allegramente, accennando la sua solita risata squillante.
Assurdo. Si comportava come se nulla fosse?! Ah, ma certo; la tattica del evitiamo perfino di scusarci e mettiamo una pietra sopra tutto!
Detestava le persone che usavano quella tattica; le trovava assolutamente inappropriate.
Roxas si limitò ad aprire il libro, iniziando a leggere per poi riprendere a camminare con indifferenza, cercando di accelerare il passo; il fulvo sgranò le iridi smeraldine, sentendosi immediatamente male.
Diamine. E lui che sperava che la mossa del 'fai finta di nulla' funzionasse: accidenti a Demyx e ai suoi consigli del cazzo.
«Roxas, aspetta!», cercò di chiamarlo lui, seguendolo con la moto. «Guarda che ci metterai una vita a piedi. Dai, salta su! Arriveremo in un lampo con la moto, te lo assicuro.»
Le parole e il mondo creato del libro si offuscarono in un attimo; il primino sussultò appena di fronte al tono supplichevole dell'altro, sforzandosi però di non farsi impietosire.
Continuò a tenere il naso sul libro, nonostante non riuscisse più a concentrarsi sulla lettura, camminando senza sosta; Axel si morse istintivamente il labbro inferiore, imponendosi di riprovare un'altra volta. «Roxas, ascolta...»
Il biondo chiuse il libro rumorosamente, interrompendolo. «Vuoi stare zitto o no?! Lasciami in pace!»
Fu come un tonfo, qualcosa che gli colpì il cuore e gli sembrò di essere appena stato investito da un camion; eppure, nonostante ciò, si sentì al tempo stesso esplodere dalla rabbia di fronte all'atteggiamento del più piccolo. «Ma lo sai che sei proprio un cazzo di bambino, Roxas?!»
Il diretto interessato lo ignorò, limitandosi ad aumentare la velocità del proprio passo, senza risultati; l'altro infatti lo seguì con il veicolo, riprendendo a parlare. «Fai l'indifferente, eh? Sai una cosa? Non me ne frega più un cazzo. Nè di te, nè dei tuoi fottuti attacchi d'ansia. Ti diverte fare la vittima solamente per il fatto che ti sei trasferito da poco, non è vero? Bene, allora non contare più su di me.», sicuramente riuscì finalmente ad ottenere lo sguardo del ragazzino dagli occhi blu, ma non nel modo in cui desiderava; infatti, proprio da quegli occhioni del colore dell'oceano, iniziarono a sgorgare lacrime amare che bruciarono il petto del rosso.
Il biondo schiuse le labbra, intenzionato a rispondere con qualche pesante insulto, quando si accorse che la voce non voleva proprio uscire dalla gola; era lì, bloccata dai singhiozzi.
Si limitò così a coprirsi velocemente gli occhi con il braccio, trasformando i passi in un'immediata corsa; desiderò solamente allontanarsi da quel dannato ragazzo dai capelli scarlatti.
Fuggì via, per l'ennesima volta.
E Axel rimase lì, immobile; tirò con violenza un pugno sul manubrio della moto, maledicendo più e più volte il proprio atteggiamento.
Sì, era decisamente una testa di cazzo. Senza alcun dubbio.
___________________________________________________________________  

  HTML Online Editor Sample

*Note di Ev'*
Ed ecco il quattordicesimo capitolo -w- Scritto, miracolosamente, già da una settimana :') Beh, direi che codesto capitolo è un misto di mistero -Insomma, dettato da Naminè, la ragazza ambigua (?)-, di divertimento -Grazie a Demyx & ad Axel- e il finale... Insomma, non è dei migliori. *Tossicchia*
Anyway, ringrazio tutti coloro che commentano e mi auguro che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento; come sempre, vi incito a recensire perché siamo in un sito dove ci si deve confrontare e bla, bla, bla...
Vorrei ringraziare in particolare 'Roxas_no_Imouto' e 'Mistake' per avermi aggiunta tra le autrici preferite; tutto ciò mi lusinga assai.
E oggi per me è stato... L'ultimo giorno di scuola! Finalmente *Si asciuga una lacrima di commozione* è terminato questo anno di Inferno ;__; Tralasciando il fatto che quelli di quinta mi hanno riempita di schiuma, shampoo (?), acqua, farina e roba del genere. <3
Vorrei scusarmi se non sono riuscita a rispondere ad alcune e-mail, o se non ho risposto ad alcune recensioni; in questi giorni il tempo mi è stato contro, ahimè, ma spero di poter presto rimediare.
Adesso penso di poter finalmente svanire di scena, sperando che il mio prossimo aggiornamento sia 'La Terra Di Mezzo' .w.
Alla prossima! Buon estate a tutti! <3
E.P.R.
Ps. Scusate se spesso la scrittura cambia, ma, ahimè, utilizzo un sito di merda per l'HTML e mi fa praticamente impazzire °-°

 

   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: EvgeniaPsyche Rox