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Autore: TheMask    09/06/2012    3 recensioni
Questo delirio è offerto da...
Lupa nera depressiva & co.
se siete tipi sportivi, palestrati, magri, attivi e sani... non vi conviene incontrarmi per strada mentre porto a spasso la mannaia,
Ma se siete tipi depressi, con una possibilmente corta aspettativa di vita e qualche brufolo di troppo...
questo delirio fa per voi: il tripudio della banalità, che trasformerò si spera in qualcosa di meglio...
Abbiate pietà!
Backup era fuggito.
Non si parlava d’altro all’Wammy’s Hause. Qua e la si vedevano gruppetti di persone che bisbigliavano, ma non appena l’ombra di uno dei temuti e odiati sorveglianti spuntava, le persone si disperdevano, ostentando indifferenza.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Beyond Birthday, L, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Eccovi l'ultimo capitolo. Ci vediamo alla fine.





L guardò quel corpo senza vita, e si rese razionalmente conto della situazione. Si alzò, e uscì, alla ricerca degli amici. Ripercorse le ultime parole di Alma, e dedusse che si trovavano in cucina. Vi andò, correndo. Spalancò la porta e osservò per un secondo l’allegra scena. Poi, Near lo notò. Sgranò gli occhi alla vista del sangue fresco sulla sua maglietta, e prese la mano di Mina, di fianco a lui, per attirare l’attenzione. Allora anche lei lo vide e anche lei sgranò gli occhi.
“OMMIODDIO! L CHE è SUCCESSO?” esclamò avvicinandosi a lui. Simultaneamente, tutti gli altri lo notarono, e lo circondarono, facendogli domande.
“Ragazzi…. Ragazzi… RAGAZZI!” urlò infine L.
Tutti si fermarono, per ascoltarlo.
“Alma è morta”
Neanche lui sapeva come aveva fatto a dirlo, così, con la solita freddezza. Ora gli occhi di tutti erano su di lui, nessuno si muoveva, e Matt aveva ancora un sorriso pietrificato sul viso. Fu come sempre Mina a rompere il silenzio.
“Ma che dici L… non può essere…” tentò di contraddirlo, con poca convinzione, mentre tentava di afferrare il significato di quella frase.
“è morta” ripeté il detective, apparentemente distaccato. E fu la volta di Mello.
“COSA CAZZO DICI?! NO!” urlò prendendolo per il colletto.
“Mi dispiace Mello.” Disse semplicemente lui, e Mello lo lasciò guardandolo in cagnesco. Come sempre, reagiva al dolore con la rabbia.
Un paio di lacrime spuntarono negli occhi di Cleo. “D-dove…”
L uscì, facendo cenno di seguirlo. Si rese conto che erano tutti talmente schokati che non riuscivano a spiccicare parola. Ancora non ci credevano veramente, ma tutti lo seguirono. Si diresse all’infermeria, fermandosi davanti alla porta, senza riuscire a proseguire.
“Ragazzi…” disse con un filo di voce.
“Non entrate. Davvero. Aspettatemi qua.”
Nessuno protestò, ma Mina, fece un passo avanti. Niente solcava il suo viso così espressivo se non consapevolezza e decisone. Poggiò una mano su L, di spalle, e gentilmente lo girò.
“L. Fammi passare. Ora.”
Lui non osò contraddirla, se non con un tenue sospiro.
Mina fissò intensamente la porta, poggiò una mano sulla maniglia e si fermò, esitante, restia a credere a ciò che le era messo davanti. Trasse un respiro profondo, e con un gesto veloce, abbassò la maniglia e spalancò la porta.
Tutti videro.
Cleo urlò, correndo a fianco dell’amica.
Vibèke e Hellion seguirono la ragazza, con un’espressione incredula e profondamente triste sul viso
Near spalancò gli occhi, e alcune lacrime gli solcarono il viso, mentre si avvicinava alla figura nel sangue.
Mello aveva provato ad arrabbiarsi, ma l’abbraccio di Matt, lo aveva fermato, e ora piangevano tutti e due, chinati su di lei. Mello mise la mano sulla spalla di Near.
Federica e Jennifer, erano vicine a L, appoggiate a lui, a pochi passi da lei.
Mina.
Mina non si era mossa. Niente era comparso sul suo volto.
Il suo sguardo si spostò sul cadavere dell’Ombra a terra, squartato. E poi sulla branda di BB.
“Dov’è?”  sussurrò Mina , guardando verso la branda dove stava BB, senza vedere alcun corpo.
In quel momento il rombo di una potente moto si levò nell’aria. il ragazzo chiuse gli occhi, mentre Mina si avvicinava a L.
“Sua sorella… lei…”
“L che cazzo è successo? Perché non eri QUI!?” chiese secca Mina. Gli sguardi degli altri si fissarono su L.
“Perché quello li mi aveva rapito” disse indicando il cadavere a terra.
“E chi è?”
“Io… non so precisamente, ci devo pensare…”
“Intanto che pensi io chiamo le tue guardie. Tra parentesi, molto efficienti.” Commentò Mina sarcasticamente.
Gli altri erano esterrefatti da tanta freddezza.
“Mina non essere cattiva con L, non credo che sia colpa sua!” esclamò Federica.
La ragazza punk, si limitò a fissarla intensamente, per poi uscire sbattendo la porta.
“Ma… non ha fatto una piega… cos’ha?”
“Tutti reagiamo al dolore in modo diverso Matt… ”
 
Successe che il cadavere dell’Ombra fu seppellito, per non finire nell’aria con Alma.
Successe che Mina ascoltò in silenzio le parole di L, e da allora non disse più una parola. Una cosa simile a un voto di silenzio. Successe che si fissò un viaggio per la Norvegia di li a breve, per compiere le volontà di Alma. Successe che BB ancora non si vedeva, ma L sentiva che stava bene, insieme alla sorella. Successe che il pollo si era bruciato.
Orami era la notte prima della partenza. Nessuno dormiva.
L era fuori, nel cortile in cui era stato rapito, e ripensava all’avventura vissuta. Avrebbe preferito rimanere alla Wammi’s House piuttosto che finire così: nessuno che mostrasse altro che dolore e rabbia, Alma morta, e BB scomparso.
La luna emanava la tipica luce tenue, a dire la verità in quel momento meno del solito perché non piena, e in un cielo nuvoloso.  Il detective camminava, pensieroso. Si sentiva così… solo. Così perso. Sapeva risolvere i più difficili casi della storia, ma non sapeva fare sorridere i suoi amici. Sentì dei passi sul marciapiede, ma non se ne curò. Si chinò a osservare gli innumerevoli fili d’erba resi plumbei dalla notte. La leggera brezza notturna li scosse, causando un leggero fruscio. Sentiva. Il rumore attenuato delle macchine che nella città andavano avanti e indietro per le vie. Un aereo che passò sopra la sua testa, nel celo scuro.
L era triste.
Sentiva l’odore profondo della notte, dell’asfalto, della freschezza di quella leggera brezza a singhiozzi. Sentiva l’odore della spaziosità del cortile. Dello smog.
Alzò lo sguardo. Il celo era violaceo e cupo, un colore strano, per la notte.
Ancora, L pensava a Beyond Birthday.
I passi risuonavano ancora nella strada che L sapeva solitaria e buia. Quando si fermarono, L non stava più ascoltandoli: di nuovo, i suoi pensieri erano rivolti altrove. Fra le cose di Alma, aveva trovato i suoi qua-bolck, e li stava leggendo, cosa che lei non permetteva mai a nessuno. Ogni tanto, mentre li sfogliava, si scopriva a sorridere.  In quei quaderni c’erano loro, e riusciva a figurarsi perfettamente ciò che trovava scritto. Si perse nei pensieri con facilità, quella sera.
 
 
I passi erano di una coppia di persone: un uomo e una donna. Avanzavano in silenzio: avevano passato molto tempo insieme in quel periodo, scherzando, ridendo e ritrovandosi dopo tanti anni, e ora, si stavano per separare di nuovo. Ma almeno ora, sapevano di poter contare l’uno sull’altro.
A quanto pareva non avevano bisogno di parole nella pesante notte. Camminare fianco a fianco ancora una volta li faceva sentire nel posto giusto. A casa.
Si fermarono davanti alla porta di un palazzo, e si guardarono negli occhi per un paio di secondi. Dopodiché, la lei di quella coppia continuò il suo cammino, senza produrre suono, e scomparendo nell’oscurità
Lui estrasse delle chiavi dalla tasca dei jeans, e le infilò cautamente nella serratura, facendole girare con lentezza. Le estrasse, e aprì la porticina del retro di un enorme palazzo. Scivolò dentro, occultandosi nell’ombra. Sospirò, uscendo in cortile, dove sapeva di trovare lui. L.
E infatti era li, seduto sotto un alto albero, una magnolia, le cui foglie cadevano di tanto in tanto danzando, e i cui rami si protendevano più in alto di tutte le altre piante che si scorgevano nel cortile.
Si avvicinò lentamente, aspettando che si accorgesse di lui. Ma ciò non accadde.  Fu allora, che sentì un leggero senso di colpa: l’aveva lasciato solo in un momento difficile, in cui sicuramente non aveva saputo destreggiarsi con la solita disinvoltura.
Gli fu di fianco, e chinandosi leggermente gli poggiò una mano sulla spalla, con un tocco gentile e prudente.
Il detective non sobbalzò, ma voltò la testa, pensando di trovare uno dei suoi amici nel tentativo di tirarlo su, di farlo rientrare.
Quando lo vide, i suoi occhi si illuminarono, prendendo coscienza.
“Sei tornato?”
“Già” rispose l’altro, accennando un sorriso, e facendo alzare L.
Si guardarono negli occhi.
“Come stai?” chiese L, scorgendo una cicatrice lungo il braccio di Beyond. Alla domanda, l’altro ebbe una specie di brivido, ma subito si riprese.
“Bene ora. Come va qua?”
“I nostri amici sono naturalmente molto depressi. Cleo è andata a organizzare il funerale in Norvegia E Mina non parla.”
Beyond sospirò, chinando leggermente il volto.
“Sono così stupido L. Dovreste odiarmi tutti.”
“Perché?” chiese l’altro, conoscendo la risposta.
“Perché!? Ma ti sei rimbambito? Se non fosse stato per me Alma non sarebbe morta, lo sai!” lo aggredì B.
“No, non è vero. Già quando arrivò, eri in cattive condizioni, figuriamoci in quel momento! se solo io fossi arrivato in tempo. Un attimo prima… ”
“Non attribuirti colpe che non hai. Più veloce di 350km orari non potevi andare.”
“Me se…”
L’interlocutore lo interruppe con un abbraccio dapprima dolce, ma poi sempre più forte, voluttuoso.
L si sentì protetto da Beyond, e ricambiò l’abbraccio, risentendo quell’odore dolce-amaro che caratterizzava Beyond. Lo sentì ancora magro, ma forte.
“Non devi avere rimorso L.” sussurrò B nelle orecchie del detective.
“Neanche tu, B.” rispose lui.
 
 
La mattina dopo, visto che nessuno aveva chiuso occhio, le occhiaie in stile L non si videro sui volti delle ragazze, solo grazie all’invenzione del correttore. Sui ragazzi… beh, sembravano tutti dei panda.
L e B avevano passato la notte a parlare, cercando di recuperare il tempo perso, e quando gli altri scesero in cucina, trovarono che  la colazione era già stata preparata proprio da loro due.
Matt e Mello, sorridendo gli diedero una pacca sulla spalla,ancora mezzi addormentati.
Jennifer e Federica lo abbracciarono, mentre bevevano il caffè ancora caldo, e gli chiesero dov’era stato.
Lui rispose, dicendo la verità: sua sorella l’aveva portato con se in America, ma non disse di più. Ciò che avevano fatto restò un mistero. Ma si sa che l’affetto fra due fratelli non è spiegabile.
Mina si limitò a guardarlo e a sedersi a tavola, imburrando una fetta di pane.
Subito dopo aver fatto colazione, i ragazzi salirono chi su moto e chi su macchine, e si diressero a un aeroporto ove avevano appuntamento con un aereo privato di L che li avrebbe portati in Norvegia.
Saliti che furono, ciascuno si accomodò secondo le amicizie.
Mina si sedette in fondo all’aereo, nonostante Federica l’avesse invitata di fianco a lei, si mise le cuffie, e si chiuse in se stessa.
Per il resto dell’aereo, l’atmosfera era melanconica, e nessuno si sentiva in vena di parlare, tranne i due spettinati, che fittamente discutevano su dove atterrare con precisione.
Ma dopo poco anche loro si zittirono e L entrò nella cabina del pilota.
Ma per allora, quasi tutti avevano già trovato un’occupazione: Mello leggeva fumetti, mentre Matt dormiva; Near ascoltava la musica ricomponendo il suo puzzle;  Federica e Jennifer guardavano mediante computer, una serie televisiva, senza molta convinzione.
Beyond notò Mina, seduta da sola mentre osservava il paesaggio. Si, osservava… B lo sapeva meglio di tutti che non erano certo le montagne che stavano sorvolando, che Mina fissava. Lo si vedeva, come al solito, anche dal suo aspetto. Difatti, la maggior parte delle volte, la ragazza indossava abiti colorati, allegri, che delineavano il suo umore e la sua personalità. Quel giorno invece, era vestita di nero. Nero e basta.
B si alzò, e si sedette di fianco a lei. Sapeva di non essere particolarmente bravo a trattare i sentimenti delle persone, ma sentiva di doverci provare con Mina, sentiva che quella persona era stata creata per sorridere, mentre ora era costretta, o si costringeva, a piangere, a rinchiudere tutto in se stessa.
La ragazza non lo notò, o finse, e non distolse lo sguardo dal finestrino.
“Mina… ”
L’interpellata spostò gli occhi in quelli dell’interlocutore, e quell’occhiata gli fece venire i brividi.
Gli occhi grigi della ragazza erano seri, profondi, e quella pupilla nera era innaturalmente ferma. Era una tacita domanda. Gli stava chiedendo cosa voleva. Incredibile come anche da silente fosse così esplicita, espressiva. Fu uno sguardo così strano che non si accorse per un pezzo, che intanto lei si era tolta le cuffie, e attendeva che lui parlasse con un velo di impazienza.
“Ecco… io volevo parlarti.”
B pensò per un momento che il cambiamento completo dello sguardo di lei fosse dovuto in parte al pesante eye-liner e in parte alla sua soggezione. D’improvviso, nonostante gli occhi fossero sempre puntati su di lui, l’interesse si era volatilizzato. La capiva. Probabile che si aspettasse il tipico discorsetto da amico. Devi tirarti su... Passerà… è la vita…
“No, io non voglio dirti quelle cose” disse B automaticamente, quasi gli fosse stata posta una domanda vera e propria.
“Lo so che sono cavolate. Io per primo alzerei gli occhi al celo al sentirmi dire in un momento come questo che il dolore passerà, che sarà presto tutto passato, che…”
Si accorse che non lo stava più ascoltando.
“Hey! Quello che volevo dirti è che.. che ti capisco. Io.. credo che Alma ci abbia unito sin dal principio… e che per questo fosse il pezzo più importante di noi.”
Non aveva riottenuto la sua attenzione.
“Mina! Ascoltami!” esclamò, prendendole il braccio.
Lei gli scoccò un’occhiata piena d’odio, liberandosi il braccio e ricominciando a prestargli ascolto.
“Senti… Alma non era solo la tua migliore amica, era importante anche per me. Era l’unica che mi conoscesse veramente bene, ok? Mi conosceva meglio di quanto non mi conosca L stesso! Non sentirti sola nel tuo dolore. Ci sono anche io. Ci sono anche loro. Lo so a cosa pensavi prima, guardando fuori. Pensavi che la morte è una soluzione. Ti prego di non fare stupidate! Fallo per loro, o forse non ti meritano? E se ti senti lo stesso sola, ricordati che io ci sono. Ti posso capire meglio di chiunque altro, perciò, se e quando vorrai di nuovo usufruire del tuo diritto di parola, fammi un fischio, va bene?”
Beyond la guardò negli occhi, e lei mosse la mano smaltata di nero e piena di anelli verso la sua.
 
Near era accucciato su uno dei sedili a mezz’altezza dell’aereo, e muoveva lentamente i pezzi del suo puzzle, automaticamente, nonostante stesse pensando a tutt’altro. Pensava a Mina, ed era triste per lei. Sapeva quale legame la legasse ad Alma, ogni tanto sembravano la stessa persona tanto erano in sintonia. Naturalmente gli dispiaceva che si fosse dovuta sacrificare per Beyond, ma non poteva far a meno di desiderare che nessuno ci pensasse più. Specie lei, Mina. L’aveva osservata di nascosto, sotto l’eye-liner scuro e l’ombretto nero, e aveva concluso che la “vera lei” non era affatto morta, bensì era cambiata drasticamente, in una versione più cinica, realistica, arrabbiata. 
Avrebbe voluto farle capire che le era vicino, che la capiva. E che voleva, quasi inconsciamente pretendeva, che lei fosse felice come prima. Si sentiva un po’ in colpa per questo: gli sembrava di essere egoista e ottuso, a volere che dopo la morte della migliore amica, in Mina non ci fosse alcun cambiamento. A rigor di logica (o almeno, la sua logica), se fosse successo, avrebbe avuto la prova di superficialità, immaturità e ipocrisia, dalla ragazza. E continuava ad essere combattuto. Si ritrovava a pensare che era colpa di Alma. Poi pensava che era colpa di L. poi che era colpa di Mina. Poi che era colpa sua. Ma in verità non era colpa di nessuno. Era così e basta, anche se era il tormento peggiore del mondo.
Near sentiva di dover fare qualcosa per risolvere tale situazione, ma per prima cosa, era una persona abituata a stare semplicemente a osservare il corso degli eventi senza particolari manifestazione di gradire che la sua vita, e quella di chi lo circondava prendesse una particolare piega. E poi… non aveva idea di come fare a comunicare con lei senza parlarle. Certo, poteva scrivere. Però… diciamo che non era proprio un grande talento. E aveva bisogno di qualcosa di forte, come Mina stessa.
Si insomma, detto in parole povere, era nella cacca.
Fu un viaggio intriso di una strana atmosfera, creata da contorti ragionamenti, arzigogolati pensieri, tristezza, rievocazione di ricordi e simulazioni di un prossimo futuro.
Nessuno espresse apertamente i suoi pensieri, ma tutti sentivano una sorta di solidarietà unirli in qualcosa aldilà dell’amicizia.
Erano quasi arrivati.

http://www.youtube.com/watch?v=R6VF8LEytQ4
 
Era un enorme parallelepipedo, alto un kilometro circa, di roccia ostile, ma bellissima. La cima era una specie di circonferenza, piana, dal diametro di 50 metri circa. Era cosparsa di rocce frantumante, di piccola steppa che moriva al sole dopo aver tentato l’impresa di corruzione della grande cima, e polvere che scivolava alla brezza costante e abbastanza forte. A sporgersi, si vedeva il mare, racchiuso in un grande fiordo che si abbatteva sui suoi imponenti e scolpiti fianchi senza punto levigare più di tanto tale superficie.
Un elicottero si avvicinò, e si abbassò, sollevando un’enorme nuvola di terra rossastra, ma quando atterrò definitivamente, la quiete era di nuovo abissale, e per un paio di minuti gli occupanti del velivolo non la turbarono.
Tuttavia, ad un tratto, scesero, in silenzio dei ragazzi. Cleo portava le ceneri, e le mise in mezzo all’altura.
Tutti si disposero in cerchio, come centro le ceneri, come limite, il limite della cima.
L’elicottero, volò più lontano, per non disturbare il dolore, e tutti chiusero gli occhi. Una radio, di fianco al vaso funereo diffondeva una canzone dolce.  
Pensavano tutti a cosa, per loro, era stata Alma.
Tutti che era stata un’amica.
Uno a uno, fecero un passo avanti: erano pronti. La canzone andava avanti, alcuni piangevano.
La polvere si alzava, sotto le loro scarpe. Coloro che avanzavano, prendevano per mano i vicini già avanti, formando un cerchio di amicizia. Si sentivano vicini, in tutti i sensi, si volevano bene più intensamente di tutti i momenti passati. Fra le loro mani, fra le loro teste, riecheggiava il suono della canzone.
Ora tutti erano uniti, tranne quella strana ragazza, che stringeva i pugni e non voleva fare un passo avanti.
Non voleva andare avanti.
Fu così che andò indietro. Un passo. Un passo nel vuoto. L’aria sferzò, accarezzò, scivolò. E vi furono urla che  quella nera ragazza non sentì.
Tutti si sporsero verso di lei, in un disperato tentativo di trattenerla fra loro.
Ma ciò che Beyond Birthday lesse nei suoi occhi grigi era drastico: io non stavo vivendo. Io stavo morendo.
Ma ciò che Near lesse nel suo silenzio era decisivo: lo volevo.
Si, all’imperfetto. Perché ora era morta davvero.
Il vuoto l’aveva già inghiottita, in così pochi secondi, l’aveva spezzata, aveva tratto a se tutti i suoi pensieri, tutti i suoi ricordi, tutta lei.
Scomparve.
Il mare s’increspò, si alzò, si chetò. Si prese carico di lei.
E allora, ancora urla.
Urla vane di vana speranza, sulle ultime note di una strana canzone.



Che tristezza chiudere questa storia, che mi ha accompagnato in tanti cambiamenti di stile e di persona. Spero di non avervi tediato con questo lungo capitolo, e spero che l'abbiate trovato di vostro gradimento.
GRAZIE A TUTTI!!!
Davvero, senza di te, te che stai leggendo, io non avrei scritto questa fan-fiction.
GRAZIE.
Scusate se non vi nomino tutti, ma sapete chi siete immagino.
Alla prossima, grazie anzora e per sempre!

Mina
  
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