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Autore: chaska    09/06/2012    4 recensioni
Era sempre la stessa storia, ripetuta all’infinito.
Malik dalla lingua lunga, quel ragazzo che sin dal loro primo incontro era riuscito a smascherare ogni suo pensiero e a rivelarne le debolezze. Malik dal volto fin troppo perfetto, che voleva tanto sfigurare. Malik che riusciva a bloccare qualsiasi suo intento con il singolo movimento di una mano.
Quarta classificata all'“Assassin's Creed Contest - Nothing is true, everything is permitted” di Deidaradanna93
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Malik Al-Sayf
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Autrice: chaska
Prompt utilizzato: 7 - Acri, camminamenti delle mura.
Contesto: Assassin's Creed
Titolo fan fiction: Di quando l’aquila imparò a volare
Sottotitolo: e di quando affrontò le sue fobie.
Tipo di fan fiction: one-shot
Rating: verde
Personaggi principali: Malik Al-Sayf – Altaïr Ibn-La'Ahad
Genere: Slice of life, Generale
Avvertimenti: Shonen-ai
Note dell'autrice pre contest: Si dovrebbe capire, ma lo scrivo onde evitare problemi di sorta. La prima parte della fic avviene prima degli avvenimenti di ac, la seconda parte dopo. L’inizio è ambientato su un’ipotetica parte delle mura di Acri che danno direttamente sul mare, ovvero senza quei fastidiosi pontili di legno alla base.

Post contest: Questa fanfiction ha partecipato al contest Assassin's Creed Contest - Nothing is true, everything is permitted” indetto da Daidaradanna93, arrivando al 4° posto.
Devo ammettere che il contest si è concluso da parecchio tempo ormai, ma per vari motivi riesco a postare la fic solo ora. Comunque, colso questo spazio per ringraziare Deidaradanna, la quale ha dato vita a questo splendido contest, il primo a cui abbia mai parteciapto fra l’altro! La ringrazio anche per la puntualità e disponibilità, ma soprattutto per i bellissimi banner e per il lunghissimo e soddisfacente giudizio che ha fornito ad ognuno di noi partecipanti. Se volete leggerlo, i giudizi sono qui.
Credo di non aver nient’altro da aggiungere, se non che se volete lasciare una recensione, il gesto sarà altamente gradito :)

  


Introduzione:Era sempre la stessa storia, ripetuta all’infinito.

Malik dalla lingua lunga, quel ragazzo che sin dal loro primo incontro era riuscito a smascherare ogni suo pensiero e a rivelarne le debolezze. Malik dal volto fin troppo perfetto, che voleva tanto sfigurare. Malik che riusciva a bloccare qualsiasi suo intento con il singolo movimento di una mano.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Di quando l’aquila imparò a volare.
e di quando affrontò le sue fobie.

 

 

 

 

Con le mani leggermente tremanti, l’assassino scostò le ceste che in quel momento lo nascondevano dalla vista di possibili inseguitori.

Altaïr si prese qualche secondo per osservare il panorama che l’esigua vista che s’era creato gli offriva, incurante del vimini che gli pizzicava fastidiosamente la pelle. Infine sospirò e s’abbandonò esausto al muro retrostante.

«Nessuna guardia in vista, siamo al sicuro. »

Malik annuì al cenno dell’altro, e rilassò finalmente i muscoli accaldati dal cocente sole di Acri e dalla fatica della rocambolesca corsa appena conclusa.

«Sei pazzo, Altaïr. Attirare tutte quelle guardie verso di noi! Ma cosa ti è passato per la mente? »

Il giovane assassino sospirò e, coperto dal grigio cappuccio, ignorò platealmente il confratello e le sue lamentele.

Posò invece lo sguardo sul luogo in cui si erano rifugiati: il lungo e isolato camminamento in cima alle alte mura di Acri.

«Mi stai ascoltando? »

Posò nuovamente lo sguardo sull’altro assassino con un’aria di sufficienza che l’altro non poteva certamente scorgere.

«No. E poi di cosa ti preoccupi? Siamo al sicuro e la missione è conclusa. »

Appena Altaïr terminò l’ultima frase, si creò un attimo di stallo, in cui si poté quasi toccare il silenzio che si era venuto a formare.

«Per favore no. Non dirmi che sei talmente arrogante da aver fatto tutto apposta. »

«E perché no? »

Altaïr abbandonò l’appoggio del muro per tendersi verso Malik, mentre il fastidio nelle sue parole divenne più che tangibile.

«Grazie alla mia mossa abbiamo attirato l’attenzione delle guardie su di noi, lasciando campo libero a Kadhir. Adesso sono alla nostra ricerca, e non si accorgeranno dell’assassinio in corso. Missione compiuta. »

Malik rimase immobile per qualche momento, indeciso sull’effettiva reazione da avere.

Infine preferì alzarsi e fare qualche passo, mentre si passava la mano destra sul volto.

«La nostra missione era di raccogliere informazioni, Altaïr, solo questo. Khadir ha abbastanza esperienza da non aver bisogno l’aiuto di novizi come noi per eliminare il suo obbiettivo. »

Altaïr si alzò scocciato, pronto a ribadire parola per parola il confratello, ma venne bloccato dall’indice dello stesso, che proteso verso il suo viso, gli impose silenzio.

«E, ascoltami, così non solo hai attirato l’attenzione su di noi, ma su degli assassini in fuga! Hai messo deliberatamente in pericolo l’intera missione! »

Infine ritirò il dito dal suo volto e sospirò disperato.

«Perché, in nome di Allah? Perché hanno dovuto assegnarmi la mia prima missione in compagnia di un così ottuso e testardo novizio? »

Altaïr inarcò un ciglio all’invocazione blasfema del ragazzo, e gli si avvicinò con fare fin troppo minaccioso.

«Bada a ciò che dici, Malik. »

E la mano destra afferrò la sua tunica all’altezza del petto.

«Non tollero certe parole nei miei confronti. »

Altaïr era pronto a sferrare un colpo verso quell’assordante novizio, quando fu interrotto dalle sue parole.

Cielo, quel Malik doveva diventare un maledetto oratore, non un assassino!

«Zitto. »

«Cosa? »

«Ascolta, imbecille. »

Nonostante aborrisse l’idea di seguire un suo ordine, Altair obbedì.

Silenzio? No, rumore. Un rumore ritmico e che diveniva sempre più forte, nonostante venisse da lontano. Sembrava qualcosa di metallico, come… come delle spade che cozzavano contro delle armature.

«Guardie? Malik, avevi detto che questo posto sarebbe stato vuoto per ore ancora! »

Malik si morse il labbro e si liberò dall’ormai debole stretta dell’altro assassino, guardandosi poi intorno.

«È così, infatti… dannazione, non c’è più tempo. Dobbiamo scappare. »

Senza perdere ancora prezioso tempo, i due ragazzi fuggirono dalla parte opposta dalla quale quel letale rumore proveniva, in cerca di una via che li portasse il più velocemente possibile alla dimora del Rafiq.

Altaïr corse più veloce che poté, e mancò poco che cadesse quando Malik si fermò improvvisamente, bloccandogli la strada.

Non ebbe il tempo di proferire imprecazione alcuna, che notò in fondo al camminamento lo scintillio di uomini in armatura in avvicinamento.

«Merda, come hanno fatto a trovarci? »

E senza pensarci più d’un minuto, estrasse la spada dal fodero.

«Non essere così presuntuoso, Altaïr. È più probabile che il tempo ci sia sfuggito di mano. »

Non che gli importasse davvero, alla fin fine.

Molto più importante era la spada che stringeva fra le mani. Finalmente era arrivato il momento d’usarla per lo scopo per cui era stata forgiata.

«Se non vuoi morire, è arrivato il momento di sfoderare la tua arma. »

Malik si lasciò sfuggire un sorriso amaro, mentre indietreggiava di qualche passo.

«Cosa, stai scherzando? Saremo noi a morire, se combatteremo contro tutti loro. »

«Qualche altra brillante idea? »

Come se avessero altre possibilità, d’altronde.

«In effetti sì. »

Malik non disse nient’altro, o se lo disse, Altaïr non lo sentì.

L’unica cosa di cui si rese conto fu lo strattone al cappuccio che gli fece perdere l’equilibrio. Si rese conto del cielo azzurro e delle nuvole che dominavano la sua visuale.

Si rese conto della sensazione di vuoto allo stomaco mentre vedeva le mura di Acri scorrergli fin troppo velocemente dinnanzi agli occhi.

E si rese conto dell’acqua gelida che, nera come la notte, gli riempì i polmoni.

 

 

Con una spinta delle gambe, Altaïr infranse la superficie d’acqua che lo sommergeva.

Raggiunta l’anelata aria, afferrò con fin troppa forza il pontile di legno che distava pochi centimetri dal suo volto.

Incurante del bruciore che sembrava ardergli la pelle scoperta, si aggrappò nervosamente al solido legno che aveva afferrato, e annaspò in cerca di preziosa aria.

«Tu sei pazzo. »

Malik lo guardò con insufficienza e alzò le spalle.

«Mi hai chiesto tu di insegnarti a nuotare. »

«Nuotare, Malik. Non tentare deliberatamente di uccidermi. »

Il Rafiq fece una smorfia scocciata, e nel mentre si accovacciò sulle ginocchia.

«Oh certo, come no. Puoi vantarti della tua carica con chi vuoi, ma, maestro o no, rimarrai sempre un dannato novizio. »

Altaïr digrignò i denti e sembrò stritolare con le mani il legno cui era aggrappato. Non sarebbe stato un azzardo dire che, se si fossero trovati in tutt’altra situazione, il Rafiq non si sarebbe risparmiato di certo un pugno da parte del mentore.

«Le armi, Malik, le armi. Ricordi? Pesano quanto la tua arroganza. Sono loro che mi fanno affondare. Le armi. »

Malik rimase in silenzio per qualche momento. Se inizialmente lo fissò basito negli occhi, in seguito passò in rassegna il petto nudo che poteva scorgere oltre il pelo dell’acqua.

«Ah-ha, certo. Devo per forza rendere pubblica l’assurdità della tua ultima affermazione? »

Adesso basta.

Se prima aveva solamente pensato ad una possibile rissa, in quel momento divenne impossibile evitarla.

Così Altaïr s’issò sulle braccia e cercò di portarsi al di sopra del pontile, in modo da affrontare di persona il Rafiq, quando venne bloccato dallo stesso.

Era sempre la stessa storia, ripetuta all’infinito.

Malik dalla lingua lunga, quel ragazzo che sin dal loro primo incontro era riuscito a smascherare ogni suo pensiero e a rivelarne le debolezze. Malik dal volto fin troppo perfetto, che voleva tanto sfigurare. Malik che riusciva a bloccare qualsiasi suo intento con il singolo movimento di una mano.

Come allora, come sempre, con le dita ingentilite dal lavoro di Rafiq che sfioravano le sue, mille volte più grezze.

Con il volto fin troppo perfetto che si avvicinava al suo. Con le sue labbra che voleva sfigurare dopo cento e più baci.

Con il suo respiro che gli sfiorava caldo la pelle.

E con l’urlo che il maestro cacciò quando quelle stesse dita strinsero giusto un po’ troppo le sue.

«Tu sei pazzo! »

Gridò mentre si allontanava velocemente da quel pericolo ambulante.

«E sono due. Comunque, hai notato, Altaïr? »

«Cosa? »

«Galleggi. »

Altaïr abbassò lo sguardo. Si era talmente concentrato sul dolore che non se n’era nemmeno accorto.

«Ah. »

Il rafiq s’alzò e si allontanò.

«Tch, novizio. Ora per favore, potresti non stressarmi, che ne so, per i prossimi cinque decenni? »

Altaïr ci rifletté sopra, e infine si issò sul pontile e seguì il rafiq verso la dimora.

Che idea assurda.

«E tu lo credi possibile? »

«Prima o poi Allah ascolterà le mie accorate preghiere. »

Gli doveva ancora un bacio, dopotutto.

   
 
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