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Autore: IosonoOmbra    10/06/2012    12 recensioni
Loki è mandato sulla terra per scontare la sua pena.. ma qualcosa di strano comincia a tormentare il dio. Qualcosa che viene dal passato e giura vendetta, una vendetta crudele nata da un amore malato.. il dio delle malefatte sarà messo alla prova ancora una volta.
Genere: Commedia, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Loki, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In Vino Veritas

La pioggia era finita e, sebbene il cielo continuasse a ribollire come il lavandino sporco di una domestica, l’afa estiva ricominciava a scaldare la terra. Loki sentiva distintamente i guerrieri asgardiani attraversare il cielo alla ricerca di qualcosa. E, nonostante all’inizio avesse pensato che stessero cercando lui, a quanto pare si sbagliava. Se avessero voluto catturarlo, in primo luogo Thor, a dispetto del suo nobile cuore, non gli avrebbe ridato lo scettro magico dandogli così l’opportunità di difendersi, e poi, in secondo luogo, se davvero lo avrebbero voluto prendere, ora sarebbero già lì. Invece Loki sentiva distintamente il rumore degli asgardiani che marciavano fieri tra le nuvole, cercando qualcosa che non era lui. Quel qualcosa era la chiave di tutta quella storia, il dio ne era assolutamente certo, e proprio per questo motivo avrebbe dovuto trovarla primo di loro. Thor aveva promesso che non gli avrebbe detto niente, per il suo bene, e propria questa consapevolezza era riuscito a rendere Loki più impulsivo di quanto avrebbe dovuto essere.
“Sono un passo avanti a loro. Non mi batteranno, questa volta ho la mano vincente.”
Continuava a borbottare il dio, mentre si inoltrava nel bosco. Appena aveva ricevuto lo scettro Loki se ne era andato di gran carriera. Se solo fosse tornato da Jeffry per spiegargli quello che aveva in mente di fare, allora era sicuro che l’omone lo avrebbe seguito e fermato. Non poteva permetterlo.
“Si, scimmione... sto facendo ancora una volta una cosa impulsiva e stupida. Ma è l’unico modo, e non ho paura delle conseguenze.”
Il bosco si faceva sempre più fitto, e attraverso la vegetazione provenivano odore di muschio e lamponi.
Si faceva strada appoggiandosi al bastone, e pensando a quale tattica avrebbe dovuto adottare contro quel nemico che per lui era un vero e proprio enigma.
So solo che Serena vuole me e la mia testa... Oltre a questo ha parlato solo di cuore dati in pegno, tradimenti, e morte data dal fuoco. Forse è davvero solo una squilibrata, e io mi sono solo lasciato impressionare. Beh, lo scopriremo presto.
Loki era pensieroso e naturalmente, come faceva di solito, non prestava la benché minima attenzione a dove stesse andando. Aveva capito presto che Gullveig centrava fino al collo con questa storia, ma non vedeva quale ruolo avesse nella partita a scacchi che si stava giocando. Cercava di ricordare qualcosa di più su di lei, e ogni volta che ci provava sentiva solo una morsa attanagliargli la testa, e bloccare la sua memoria.
E’ come se non volessi ricordare. Come se la mia mente mi volesse proteggere da un ricordo troppo doloroso, o insopportabile. Proteggere... Mi sento come se avessi un piccolo Thor a dirigere l’archiviazione dei miei pensieri. Forse sto impazzendo davvero oppure, come ha detto mio fratello, questo è davvero solo un brutto sogno, e nulla di tutto questo è mai accaduto.
Loki si fermò improvvisamente, tendendo le orecchie. Sentiva l’aria tremare, come se l’aura di qualcosa di davvero potente e arrabbiato si ripercuotesse attraverso gli strati sensibili della materia. Loki sogghignò.
Ho trovato il mio filo di Arianna.
Il dio ascoltò quella traccia e la seguì. Le vibrazioni divenivano sempre più forti, assieme al suo sesto senso che ricominciava a farsi sentire dicendo qualcosa del tipo:
“Si, ok, stai andando nella direzione giusta... se vuoi morire e fare una terribile fine. Non mi senti?! Ferma le gambe e torna indietro! E’ troppo pericoloso!”
Ma al dio delle malefatte il pericolo intriga più di una bella donna, e quando si parla di mettersi nei guai è l’ultimo a tirarsi indietro.
Come aveva immaginato la scia lo portò alla radura dove Serena l’aveva condotto. La casa, ai sensi di Loki, sembrava grondare di sangue e pericolo. Era come una trappola mortale che gridava a gran voce che chiunque fosse entrato, lo avrebbe fatto a suo rischio e pericolo. La verità sarebbe costata al dio delle malefatte la vita? Tanto meglio... non si prospettava comunque un futuro radioso nella sua esistenza, e se anche i saggi di Asgard lo avrebbero perdonato dopo qualche secolo, a quali condizioni gli sarebbe stato permesso di tornare? Lavori forzati a vita nelle scuderie reali? Domestica nelle stanze di Thor? Oppure giullare di corte?
Preferirei togliermi la vita con le mie stesse mani...
Pensò il dio, stizzito da quelle improbabili situazioni.
Si avviò verso la casa, zoppicante, ma con il cuore fermo e fiero.
Posò una mano sulla maniglia e girò. La porta si aprì lentamente, cigolando, e rivelando un ambiente nero come la pece. Una folata di vento lo investì, annodandosi tra i suoi capelli corvini. Non un raggio di sole mostrava l’interno di quella casa di morte. Loki si guardò un attimo intorno e poi entrò. Non appena lo fece la porta sbatté con forza alle sue spalle, avvolgendo il dio nel buio della casa, come se lo avesse divorato. I suoi occhi di Jötun non servivano in quella notte senza stelle perché non era un’oscurità naturale, e Loki se ne accorse subito.
Il mio amore è tornato fra le mie braccia finalmente...” la voce che arrivò alle sue orecchie era come il sibilare di un serpente, la voce ridotta ad un sussurro che risuonava come un eco lontana.
Il mio amore... il mio amore...” cantilenò quella voce ripugnante.
“La verità. Dimmela.”
Loki fece qualche passo nell’oscurità.
“Dimmi cosa sei. E cosa sta succedendo.”
La verità...? Per questo sei venuto...? Non vuoi giocare con me...?
La voce che parlava era rauca e sembrava quella di una vecchia a cui mancasse il fiato, e che respirasse a mala pena. Sembrava molto divertita, ma anche piena di rabbia e desiderio.
“Hai giocato anche abbastanza non credi? E io non mi sto divertendo.”
Loki era fermo e irremovibile, la paura di quello che stava per accadere non lo toccava minimamente.
Oh... questo lo so... ma io non voglio che tu ti diverta... io voglio solo che tu soffra!”
Un vento furioso si abbatté sul dio, il quale chiuse gli occhi e prese un gran respiro.
“Perché la tua voce è così insopportabilmente familiare?”
Familiare...
Una folata di vento accarezzò la testa di Loki, per poi lambirgli dolcemente il collo.
Questo lo ricordi...?” L’ira di quella voce si era calmata per un momento, e alle orecchie risultava quasi umana.
“Si... ricordo questo tocco. Ma non ho memoria della persona cui apparteneva.”
Il vento gli accarezzò il viso e gli sfiorò le labbra.
Cosa senti...?” Sospirò una voce molto vicina all’orecchio del dio.
Loki guardò l’oscurità con disprezzo e velata tristezza.
“Rabbia, dolore e disgusto.”
La voce del dio era fredda come pietra.
Il vento, o qualsiasi cosa fosse, cessò immediatamente.
D-disgusto... è così allora? Io ti trasmetto... disgusto!”
Una risata gelida e tagliente come una cascata di vetri rotti si propagò nell’ambiente.
Dopo tutto questo tempo... è questa l’accoglienza che riservi ad una vecchia amica?! Mi hai deluso ancora una volta, dio delle malefatte... ma voglio darti una seconda... opportunità...
Delle mani incorporee e gelate si strinsero attorno al collo di Loki.
E’ l’ora di giocaaare... voglio giocare con te, Loki... ma non posso garantirti che ti piacerà. A me di certo, piacerà molto...!”
“La... mia... testa...” gorgogliò il dio.
“Che mi stai... facendo...?”
L’ombra sembrò meravigliarsi e sorridere.
“Oh, nulla Loki! Stai semplicemente ricordando!”
 
Mi infilai nelle camere reali di mio fratello. Lui doveva essere fuori, a caccia o all’allenamento. Non ci sarebbe stato nessuno e io avrei potuto entrarvi indisturbato. Aprii la porta e scivolai dentro. La camera era illuminata da una lama dorata di luce che filtrava attraverso la finestra. Spostai con un incantesimo il pesante letto di legno massiccio, e cominciai a tracciare simboli sul pavimento. Dovevo agire in fretta, non farmi sentire né vedere.
Sapevo quello che dovevo fare.
Tracciai un cerchio al cui interno scrissi Thuris, la runa di Thor, e Naudr, quella del Vincolo. Vi bruciai una ciocca di capelli di Gullveig e scrissi in alfabeto runico il nome del Mjöllnir. Continuai tracciando altre formule magiche in modo simmetrico, con le rispettive rune chiave, che avrebbero funzionato nell’incantesimo come ingranaggi di un orologio. Tracciai Kaen, la runa del fuoco, e Yr, la protezione, in seguito Tyr, il guerriero, e Isa, il ghiaccio. Avrei finito a breve ma sentii un rumore sospetto sul corridoio. Avrei riconosciuto quel passo sgraziato e pesante ovunque. Mi sfuggì un lamento frustrato e di corsa sistemai tutto al suo posto, il letto e qualsiasi cosa avessi spostato. Se fossi uscito in quel momento sicuramente Thor mi avrebbe visto, e allora avrebbe cominciato a fare domande e a sospettare uno dei miei soliti scherzi, ma su quello che stavo facendo non c’era nulla di divertente. Celai la mia presenza con un incantesimo e mi appoggiai contro il muro, immobile. Thor entrò con la sua solita eleganza. Sbatté la porta e si tolse la pesante armatura che aveva usato per l’allenamento. Cattivo umore, sommato ad un rientro anticipato, significava che aveva di nuovo litigato con il suo istruttore, forse aveva distrutto un’altra attrezzatura con la sua forza. Si buttò sul letto e chiuse gli occhi, sospirando pesantemente. Perfetto. Se fosse rimasto ad occhi chiusi mi sarei anche potuto spostare e uscire dalla porta che aveva lasciato incautamente sfessurata. Mi mossi a passi leggeri attraverso la stanza. Gli occhi incollati su mio fratello. Ripensai a che punto fossi arrivato con l’incantesimo. Non era ultimato, naturalmente. E allora il mio passo si fece titubante. Non sapevo come avrebbe reagito la malia, a quel punto della sua preparazione, con Thor che ci ballava tranquillamente sopra, per quello che ne potevo sapere, il cerchio magico avrebbe anche potuto reagire e scagliarsi su mio fratello. Non che la cosa mi preoccupasse, ma non volevo che i miei intenti fossero scoperti così facilmente. La colpa sarebbe ricaduta completamente su di me. Decisi di tornare indietro. Mi mossi a passo felpato verso di lui. Thor era accigliato e respirava forte. A pochi passi dal letto mio fratello colpì con forza il materasso con un pungo, e io trasalii. Riaprii gli occhi e mi costrinse a bloccarmi.
“Quel maledetto! Non è colpa mia se sono così forte! Non capisco perché devo ancora sottopormi a questi stupidi allenamenti perché...”
Thor si interruppe e si mise a sedere sul letto. Si guardò attorno con aria interrogativa.
Maledizione.
Sniffò l’aria come un cane da tartufo borbottando:
“Ma cosa...”
Quel tontolone di mio fratello non sapeva trovarmi quando ero celato sotto un incantesimo, ma l’abitudine, e la quotidiana vicinanza con la mia magia, aveva fatto si che i sensi lo avvertissero su cosa il suo primitivo cervello non riusciva a capire da solo.
“C’è un odore strano... un profumo di cannella e more, come quello di mio fratello.”
Cosa?! Non vorrai farmi credere che riconosci il mio odore, non è vero?
Mossi leggermente le dita per incantarlo e farlo appisolare. Naturalmente non funzionò. Usare una magia del genere su Thor poteva sortire lo stesso effetto narcotizzante di una camomilla data ad un orso grizzly. Il pavimento fu scosso da una quasi impercettibile scossa. Cavolo, il cerchio stava già entrando in azione, le cose si mettevano male. Il legno cigolò e scricchiolò come se qualcosa di molto pesante cominciasse a spingere e a tirare. Mi morsi il labbro inferiore e quasi senza pensare mossi qualche passo all’indietro. Thor si voltò istantaneamente verso di me. Non poteva vedermi, ma questi incantesimi di invisibilità sono più efficaci se si resta immobili, e gli occhi di Thor mi avevano visto più di una volta fare giochetti simili. Mio fratello strizzò gli occhi verso di me, li riaprì e per un momento mi sembrò che riuscisse quasi a mettermi a fuoco. Il pavimento tremò ancora una volta terribilmente e cominciò a bussare con forza come se qualcuno stesse martellando sotto il letto. Thor distolse lo sguardo e decisi che era il momento di fare qualcosa.
“Thor! Maledizione, dove sei?! Idiota!”
Loki entrò sbattendo la porta con tutta la forza che aveva in corpo, coprendo in parte il rumore che veniva dal pavimento. Thor si girò di scatto e gli rivolse uno sguardo confuso e sorpreso, come se non dovesse essere lì.
“Loki...? Perché stai urlando in questo modo?”
Il mio perfetto sosia gli rivolse uno sguardo spaventato e colmo di terrore, un’espressione che raramente Thor aveva visto sul mio volto, e la cosa infatti lo stupì. Si alzò di scatto e per poco non mi travolse quando corse verso l’altro me.
“Devi venire subito con me! Sbrigati, altrimenti succederà qualcosa di terribile!”
La voce di Loki era rotta dall’agitazione e da una sottile, ma efficace, vena teatrale. Grandi occhi lucidi fissavano disperato Thor, e lui dopo avermi visto in quel modo non se lo fece ripetere due volte. Il mio sosia e mio fratello se ne andarono di gran carriera dalla camera e io finalmente potei tirare un sospiro di sollievo. Mi concessi un sorrisetto, mio fratello era stato sempre facilmente ingannabile. Abboccava sempre, come un pesciolino all’amo, quando gli facevo qualche moina e sguardo lacrimoso, eppure non mi stancavo mai di fregarlo. Mi ricordai all’improvviso del cerchio magico e scaraventai il letto di lato. Le strisce del vincolo bruciavano come se fossero state di magma incandescente. Vi passai le dita, ma il calore mi costrinse a ritirarle velocemente. Tracciai velocemente quattro simboli attorno al cerchio, pronunciando vecchie formule di sutura. Il legno scricchiolò e tremolò visibilmente, mi allontanai e dopo qualche minuto di assestamento il fuoco dell’incantesimo si ammorbidì, e alla fine si spense con un ondeggiare di fumo. Mi sfuggì un sospiro di sollievo, anche se Thor era lontano gli avrebbe potuto fare del male e la cosa, anche se non l’avrei ammesso mai, neppure sotto tortura, mi scocciava. Ricominciai da capo e alla fine, a processo ultimato, nascosi con un incantesimo i segni tracciati sul pavimento. Le incisioni sprofondarono nel legno scomparendo a qualsiasi sguardo, come se non ci fossero mai state.
Uscii dalla stanza di Thor e me ne andai velocemente, guardingo. Il mio sosia doveva essersela cavata egregiamente, l’ordine era “portalo lontano e fuori dai piedi, e poi fai perdere le tue tracce”. Camminavo pensieroso quando il mio sesto senso mi strillò direttamente sui timpani delle orecchie. Gullveig girò l’angolo in fondo al corridoio. Mi fermai dove mi trovavo appena il suo sguardo mi colpì. Quella dolce bocca rossa, che troppe volte aveva fatto tacere la mia, era storta in una smorfia disperata, gli occhi socchiusi erano inondati di grosse lacrime che a mala pena resistevano sul dirupo di quel viso angelico. Mi corse incontro incespicando sui suoi passi, e appena mi vide mi rivolse uno sguardo disperato e bisognoso di aiuto, come se da quello che avrei fatto dipendesse tutta la sua vita. Con le gambe tremanti, crollò tra le mie braccia.
“Loki... Loki...”
Gullveig riusciva solo a ripetere il mio nome, come se fosse l’unica cosa cui aggrapparsi per non sprofondare nella disperazione. I suoi occhi, fissi nei miei, lasciarono finalmente andare le calde lacrime di paura che soffocavano quello sguardo dentro cui mi perdevo attimo dopo attimo. Si aggrappò a me e alle mie vesti come un gatto in cima ad un albero troppo alto.
“Loki... Loki...” continuava a ripetere, ansimando.
Io gli accarezzai gentilmente la testa.
“Calmati... che succede?!”
Alla donna sfuggì un gemito disperato, e quando parlò la voce era rotta dalle lacrime.
“Credono che... li abbia traditi... tradimento! E ora vogliono... la mia... testa.... Loki!”
“Chi vuole la tua testa?! Chi?! Gullveig parla! Spiegati, dannazione!”
La donna ascoltando la rabbia nella mia voce si spaventò, e socchiuse appena la bocca, guardandomi con degli occhi pietosi.
Sospirai.
“Perdonami... dimmi cosa devo fare, amore...”
Forse la cosa le risultava più facile, e senza dire nulla mi prese per mano e mi condusse attraverso i corridoi del palazzo, mentre cercava di spiegare cosa fosse successo di così grave.
“I Vani... credono che li abbia traditi. Mi hanno accusato di aver fatto la spia, di aver cospirato contro di loro rivelando i loro segreti...”
“Cosa credono che tu abbia rivelato?”
“Dicono che ho venduto i loro punti deboli al nemico, e lo avrei fatto per una manciata d’oro e pietre preziose! In questo modo gli Asi potrebbero dichiarare guerra ai Vani e uscirne vittoriosi. Avrebbero un grande vantaggio dalla loro parte...” Gulveig cercava di sbrigarsi e correre, ma i singhiozzi sembravano ostacolarle anche i passi, e le lacrime oscurarle gli occhi.
“Come possono accusarti così ingiustamente?! Quali prove hanno a loro carico?!”
La donna rallentò e fissò lo sguardo su un punto lontano, di fronte a lei.
Poi si girò di scatto verso di me, con un’espressione triste e lacrimosa che sembrava voler dire “Tutto ma non questo”.
“Dicono che hanno un informatore.” Disse tutto d’un fiato.
Io non dissi nulla, anche se in realtà non c’era nulla da dire. Ma in quelle parole avevo sentito una specie di domanda, una richiesta supplichevole, la necessità della verità.
Fissò i suoi occhi nei miei. Poi mi prese il viso tra le mani e chiese in un sussurro:
“Tu non centri niente con questa storia, vero, amore mio...?”
Il cuore mi sobbalzò in petto e mi allontanai dalle quelle sue mani che mi cercavano.
Il mio viso divenne freddo come il ghiaccio, l’espressione tagliente, e i miei occhi severi e crudeli.
“Come puoi anche solo pensare...”
Nonostante la rabbia che sentivo dentro, la mia voce uscì spezzata e stridente, fragile e ferita come non mi era mai capitato di sentire.
“Come puoi...”
Mi allontanai ancora, con il cuore trafitto e pulsante.
Gullveig cadde in ginocchio e mi guardò con sguardo supplice, come quello che dovrebbe avere un condannato a morte di fronte al suo boia, o una moglie che suo marito ha scoperto essere puttana.
“Loki... perdonami... senza di te sono persa!”
Si aggrappò a me con tutte le sue forze, tirandomi le vesti e singhiozzando a gran voce.
Dentro il petto avevo un temporale di emozioni, e non sapevo a quale abbandonarmi, ancora una volta però, Gullveig decise al posto mio.
“Aiutami. Mi devi aiutare. Aiutami!”
Serrai la mascella, e dissi con voce strozzata:
“Tutto quello che vuoi.”
 
Il ricordo si dissolse lentamente, come i vapori di una droga. Loki si guardò attorno, dimentico soltanto per un attimo del perché si trovasse in quel luogo.
Il dio era saldamente legato ad una sedia con una catena d’acciaio. L’enorme lucchetto che la chiudeva gli ricadeva sul petto.
Ora la casa non era più buia, ma una specie di occhio di bue illuminava la zona dove si trovava. Di fronte al dio c’era un tavolo di cristallo con tre coppe di vino posate sopra a eguale distanza. Nella sedia dirimpetto al dio c’era Serena, che gli rivolgeva un sorriso placido e pacifico, in forte contrasto con la luce cattiva degli occhi che prometteva tutt’altro che gentilezza e riguardo. La ragazza indossava un lungo vestito bianco, molto teatrale, e a Loki ricordò le vesti che indossavano le donne gravide ad Asgard. I capelli ribelli era sciolti e disordinati davanti al viso.
“Perché questi legami? Hai paura che fugga dopo che sono venuto spontaneamente da te?”
La ragazza gli allargò il sorriso, restando però con gli occhi freddi e duri.
“Te l’ho detto Loki, ho voglia di giocare, e non credo che il gioco piacerà anche a te. Meglio prevenire che curare e poi... si dice che per trattare col dio delle malefatte sia necessario tenergli le mani legate e cucirgli la bocca.”
Loki scrollò la testa e la guardò impertinente.
“Tutte voci che non rendono giustizia alla mia persona... anche in quel modo riuscirei ad ingannarti.”
Serena rise, o almeno quella era l’intenzione, perché lo strano verso distorto che uscì dalla sua gola non poteva assolutamente essere paragonato ad una risata, era fin troppo inquietante.
“Hai ragione, tu sei l’ingannatore per eccellenza, giusto? Anzi... tu sei l’Inganno!” esclamò allargando le braccia e mostrando un accenno di inchino.
Quel sorriso storto non lasciava mai il viso di Serena, e anche Loki non sembrava essere turbato della situazione nella quale si trovava, ma sorrideva tra sé e sé. Se qualcuno lo avesse guardato in quel momento, con quella strana luce negli occhi, sicuramente avrebbe detto che, o era qualcuno molto sicuro di sé, oppure era un folle. Più probabile che fosse entrambe le cose.
“D’accordo Loki... iniziamo a giocare. Vedi queste tre coppe di vino?”
Sul tavolo c’erano delle coppe di cristallo finemente decorate contenenti un liquido denso e scarlatto. Sul bordo esterno erano incise delle parole che se guardate insieme, potevi leggere la frase “In vino veritas.”
“Dovrai scegliere una coppa e io ti farò bere il contenuto. Ti dico però che solo su un bicchiere c’è del vino, nelle altre... sarà una sorpresa.”
Sorrise affabile e il dio alzò un sopracciglio.
“Tutto qui? Non mi sottoponi a orrende torture? Non mi bruci le dita? Non mi leghi ad un letto con sopra un ascia che oscilla come un pendolo e che, scendendo lentamente, alla fine mi taglierà la pancia?”
“No! Per chi mi hai preso?!”
“Per una sadica, una pazza, e un mostro.”
Serena sghignazzò.
“La tua immaginazione è sempre stata molto fertile; e comunque, non è detto che questo gioco non sia meno ingegnoso di quelli che hai elencato un attimo fa.”
“Ok, quindi... devo scegliere una coppa?”
Serena si sporse in avanti.
“Si... e dopo che lo avrai fatto dovrai rispondere ad un indovinello.”
“E se mi rifiutassi? Se non volessi bere da nessuna delle coppe? Potrei non fidarmi delle tue parole, chi mi dice che non abbia messo del veleno in ciascun bicchiere?”
“Se tu ti rifiutassi, beh... passeremmo direttamente alla parte finale del gioco e si concluderà male per te, naturalmente. Vuoi arrivare al game over prima dei tempi? Non bruciare le tappe, tesoro, fai come ti ho detto.”
Loki si dondolò sulla sedia, e guardò la ragazza con aria altezzosa.
“Cosa hai per sorridere così, Loki?”
“Non pensi neppure lontanamente che potrei avere un piano? Non ti sembra sospetto il fatto che io sia andato volontariamente nella tela del ragno? Io se fossi in te, conoscendo il dio con cui stai trattando, non sarei così tranquilla...”
Sorrise maligno, ma Serena non si fece impressionare e rise frivola.
“Un dio! Si... Loki hai ragione, una volta eri un dio. Adesso però sei solo un debole mortale, la cui vita è fragile come lo stelo di un fiore. Potrai essere ingegnoso quanto vuoi, amore mio, ma guarda...!”
Serena girò attorno al tavolo e gli sedette in grembo.
Le sue piccole mani strinsero con forza sovraumana attorno al collo del dio. Il sorriso sul viso di Loki però non accennava a spegnersi, e la cosa sembrava infastidire Serena.
Strinse più forte e il dio cominciò a respirare con difficoltà.
“Sei... banale...”
Gracchiò Loki.
Serena lo alzò e lo scaraventò con forza sulla sedia.
“E tu sei fastidioso come sempre. Scegli la coppa, prima che perda davvero la pazienza.”
Il sorriso di Serena stava in piedi a mala pena, e già potevi intravedere la facciata crudele e mostruosa che celava sotto.
Loki invece, anche tra i colpi di tosse e il respiro mozzato, continuava a mantenere quel sorriso impertinente che gli stava addosso come un guanto di seta.
“Ti vorrei strappare via quel ghigno a suon di schiaffi. Ma dopo rovinerei troppo il tuo viso, la bellezza è una cosa preziosa, goditela finché la morte non te la porterà via...” borbottò la ragazza, mentre si rimetteva a sedere dall’altra parte.
 
Loki aveva un piano. Certo che ce lo aveva. Ma non poteva certo considerarsi, come si suol dire, “a prova di proiettile”. Il fatto che ora fosse legato come un salame ad una sedia non aveva intaccato per nulla la sua tattica, che ricordava piuttosto quella di un soldato ubriaco mandato all’attacco; forse il suo passo sbilenco, e la totale incoscienza, gli poteva portare la pellaccia in salvo.
“D’accordo... una coppa. Vediamo... quale mi consigli tu?”
“Quale ti consiglio di bere?” gli fece eco Serena.
“Si, beh... prima in realtà dovrei sapere a cosa miri, quali sono i tuoi piani per me... anche se credo di immaginarlo. Cosa ho fatto per farti arrabbiare così tanto?”
“Cosa hai fatto...” Serena sorrise, questa volta mesta, ricordando qualcosa del passato.
“Lo so che... non sono uno degli dei più apprezzati di questo universo ma... ora che ci penso... ci sono davvero tante persone che mi detestano, troppe davvero. Ma se posso chiedere chi sei tu, tra quelle?”
“Vuoi forse prendere tempo? Guarda che non sono così stupida...”
“E tu stai deviando il discorso evitando di rispondere.”
“Quale discorso?! Non stiamo facendo nessun discorso!”
“Uno scambio di battute, o di domanda e risposta, tra due o più persone può di fatto considerarsi una conversazione bella e buona. Quindi rispondi alla mia domanda...”
“Quale?” chiese, già mezza innervosita la ragazza.
“Fuori piove, oppure è tornato il sole?”
Il sorriso di Loki era impareggiabile, e rimase stampato sulla sua bocca e sui suoi occhi anche quando Serena gli mollò uno schiaffo in pieno viso.
“Ai... mi hai fatto male.”
“Ti avevo avvertito di non farmi perdere la pazienza, buffone. Scegli, oppure sceglierò per te.”
Loki sbuffò, ma aveva un’aria molto divertita.
“D’accordo sceglierò quella in mezzo... anzi no, quella a destra. La tua destra, dannazione! Quanto sei sbadata...”
Serena gli rivolse un sorriso tirato che sembrava voler dire “Tanto prima o poi ti ammazzo.”, poi prese la coppa e l’avvicinò alla bocca di Loki.
“Ci ho ripensato. Posso cambiarla?”
Serena non aveva più voglia di giocare, gli tirò indietro la testa, tirandolo per i capelli e lo costrinse a bere.
“Fai il bravo... fino all’ultima... goccia.”
Gli cantilenò lei, mentre anche l’ultima stilla di liquido finiva dentro la gola di Loki.
Quando si allontanò lo sguardo del dio si era leggermente rabbuiato, e infastidito.
“Come ti senti?” chiese Serena, avendo ritrovato tutta la sua crudele affabilità.
“Quella roba faceva schifo. Se era vino, era invecchiato un po’ troppi anni. Devi scegliere cantine migliori perché se no...”
Loki sentì uno strano intorpidimento alle dita della mano e la vista che cominciava a sdoppiarsi.
“Quella sorta di aceto andato a male... cos’era?” disse lui, buttando là un sorrisetto che riuscì a stare a galla sul suo viso soltanto qualche momento.
“Oh, non c’è motivo per cui tu debba saperlo... diciamo soltanto che ti aiuterà nel prossimo gioco. Non voglio che tu perda conoscenza durante la parte più bella.”
“La... parte più bella?” smozzicò il dio, mentre cercava di tornare lucido.
“Ossia quando ti strapperò quell’avvizzito muscolo, che dovrebbe essere il tuo cuore, via dal petto, amore mio!” cantilenò Serena con voce squillante e terribile.
Intanto Loki sentiva come se venisse lentamente sommerso da una calda marea, doveva agire in fretta.
“Prima però... voglio che tu risponda ad un indovinello.”
“Non credo che la tua fantasia possa stupirmi più della stupida trovata di poco fa...” gorgogliò il dio.
“Non voglio stupirti, voglio solo capire. Alcuni dicono che sei cambiato, che non sei più il dio di un tempo... io non credo proprio però voglio darti un margine di fiducia perché tanto, e scusa il gioco di parole, hai le mani legate.”
Serena spostò la sedia davanti al dio e ci si mise a cavalcioni.
“Ah! Prima però...”
La ragazza prese le due coppe e le rovesciò, il liquido nero cadde a terra e cominciò a bruciare e corrodere il pavimento come acido cloridrico.
Sorrise dolcemente e disse:
“Ho mentito, non c’era del vino, però hai scelto la sostanza meno dannosa. La tua solita fortuna sfacciata immagino, non è vero?”
“Non mi sento esattamente fortunato in questo momento...”
“Fai sempre il melodrammatico! Guarda la situazione da un punto di vista positivo!”
“Quale?” sogghignò il dio.
“Già, beh... credo che non che sia uno in effetti. Ma ora basta parlare!”
Poi gli prese il mento tra le mani e disse:
“Mostrami quello che sei, Loki. Rispondi a questo: chi è l’uomo che dice alla propria donna di amarla con tutto il suo cuore, e che non la tradirebbe mai? Chi è quell’uomo che guarda al proprio amore e promette che è sempre al centro dei suoi pensieri, e che per lei darebbe la vita, e quella della sua famiglia in pegno? Chi è quell’uomo? Dimmelo, Loki!”
“L’uomo...” borbottò il dio, mentre sentiva la testa pulsargli dolorosamente e il petto appesantirsi come se dentro qualcuno stesse facendo una gettata di cemento.
“Chi è l’uomo che dice ti amo ad una donna?”
Loki sogghignò.
“Non mi stai rendendo le cose facili con quella cosa che mi hai fatto bere.” Disse mentre cercava di ritrovare la concentrazione.
“Eppure dovresti avere una mente geniale, non è vero? Possibile che una pozione così blanda ti abbia già mandato in pappa il cervello?” disse Serena mentre dava piccoli colpetti alla testa del dio.
“Però, adesso che mi ci fai pensare, non avevo considerato che ora se un mortale. Chissà quali effetti avrà sul tuo fragile corpo, sono curiosa!” squillò la ragazza, emozionata.
Loki sentiva la testa rimbombargli come il ventre cavo di una grotta, lo sguardo che perdeva la messa a fuoco.
Guardami!
Lo sguardo del dio fu richiamato da quello della ragazza come una calamita.
Gli occhi di Serena brillavano come fuochi dentro dei pozzi.
“Chi sei...?”                                                
“No, Loki, non è questa la domanda. La domanda è: Chi è quell’uomo?” la voce dolce della ragazza era tornata roca e infernale.
“Io non lo so...”
Gli artigli della donna presero il viso di Loki con forza.
Te lo ripeto soltanto un'altra volta. Chi è l’uomo che dice di amare la propria donna?” Scandì le ultime parole con rabbia repressa.
Loki sapeva la risposta. C’era una voce dentro la sua testa che glielo aveva suggerito subito. Per lui era chiaro come la luce del sole, ma non sapeva se la risposta che lo avrebbe salvato era anche quella giusta. Guardò la furia degli occhi di Serena, che già si preparava, nel caso, a spezzargli l’osso del collo, e alla fine decise di accontentarla.
“Il bugiardo.” Smozzicò Loki.
Serena lo guardò un attimo sorpresa, e al dio sembrò di leggere nei suoi occhi una vera e profonda tristezza, prima che una risata bestiale gli uscisse dalla gola.
“Ahahaha! Esatto, amore mio! Il bugiardo! Hai vinto anche questa volta! Beh, del resto, chi poteva saperlo meglio di te?”
“E cosa... ho vinto se posso saperlo?”
Il sorriso di Serena si allargò ancora di più.
“La verità, e la morte. Purtroppo sono a pacchetto unico, e hai vinto entrambi, mi dispiace. Ma almeno mi hai confermato di non essere cambiato! Anche non ricordando sei riuscito a dare la risposta giusta...”
“Non ricordando COSA?!” sbottò alla fine il dio, innervosito dal dolore e dalla voce isterica della ragazzina.
Serena avvicinò il suo viso a quello del dio. Una lacrima solitaria rigò il suo viso insensibile, e bisbigliò:
“Tutto, amore mio. Tutto, ma soprattutto questo.”
La ragazza gli posò le labbra sulle sue. Un bacio leggero ma possessivo.
Loki non ebbe neppure il tempo di stupirsene perché un dolore accecante gli trafisse il cervello. Era come se qualcuno gli avesse aperto il cranio con un ascia, e adesso stesse rimescolando velocemente quello che conteneva.
Ma fu solo la questione di un attimo, e all’improvviso ricordò tutto.
Capì cosa gli era sfuggito di tutta quella storia, e quanto fosse stato stupido a non comprendere che la soluzione era lì davanti ai suoi occhi, e che non era più difficile del trovare il risultato di 2+2.
Ricordò ogni cosa.
Serena si allontanò e guardò Loki negli occhi, seria.
L’espressione del dio era indecifrabile.
“Tu...”
La ragazza gli sorrise, per la prima volta senza furia omicida.
“Tu sei...”
“Si, Loki. Ma non avremo tempo per salutarci, perché ora dovrai morire.”
La ragazza tirò fuori un pugnale lungo e affilato, ma Loki fu più veloce.
Girò su se stesso e distrusse la sedia addosso alla ragazza, liberandosi dalle catene.
Si allontanò velocemente, ma il suo corpo però richiese il pagamento per quello sforzo eccessivo, e quando si ritrovò Serena di nuovo addosso riuscì solo in parte ad evitare il successivo fendente.
Il pugnale colpì e gli procurò una ferita di striscio al costato.
Annaspò lontano, giunse le dita delle mani e le fece ruotare. Lo scettro si materializzò nelle sue mani appena in tempo per parare il successivo attacco della ragazza.
Il colpo fu forte e l’arma volò via, lontano da lei.
Serena però non sembrò sorprendersi e ghignò, quasi che si aspettasse una simile reazione. La ragazza fu fulminea e avvicinò una mano al torace del dio. Loki non ebbe neppure in tempo di rendersene conto che fu scaraventato lontano da un’onda d’urto dai riverberi dorati. Il dio annaspò un momento, mentre la magia, che si propagava attraverso il suo corpo come una scarica elettrica, gli procurava dolore.
Serena rise e si avventò ancora su Loki, sommergendolo di attacchi che gradualmente diventavano sempre più veloci, come gli affondi di una serpe. Il dio sentiva il corpo intorpidito a causa della pozione che aveva bevuto, e non riuscì a parare tutti gli attacchi della donna. Riuscì ad evitare i colpi diretti ai punti vitali, ma le mani vibranti di energia di Serena lo colpirono alla spalla destra, al ginocchio, e gli procurarono una ferita di striscio alla testa. Loki con un balzo si allontanò dallo scontro, nel tentativo di riprendere fiato. Il sangue colò giù dalla sua fronte, e gli bagnò le labbra.
“Mi stai deludendo...” cantilenò Serena, strabuzzando gli occhi e mostrando le fauci che sembravano quelle di un serpente.
Loki non disse nulla, ma cercava disperatamente di concentrarsi sulla caviglia che gli bruciava come se fosse fatta di fuoco e di non pensare a nient’altro.
“Stai parando tutti i miei attacchi. Questo non è il tuo stile di combattimento, lo so bene. Perché lo fai?”
Il dio abbassò lo sguardo, non poteva più sopportare quegli occhi, soprattutto ora che era chiaro il motivo per cui gli fossero così familiari.
“Beh? Che ti succede?”
Loki strinse i denti e le ringhiò contro.
Dalle labbra di Serena sfuggì un riso atroce.
“Come la prima volta che si siamo incontrati! Sembri proprio un cucciolo spaventato! Ma, diversamente da allora, ora ho capito cosa sei veramente.”
La ragazza sorrise guardando nella sua direzione ma senza vederlo veramente.
“Non sei mai stato alla mia altezza perché sei solo un verme, una creatura strisciante che si illude di essere un falco. Pensa di vedere tutto dall’alto quando in realtà stai solo osservando i granelli di polvere della terra. Me lo hai dimostrato quella volta. Mi hai dimostrato di non valere NIENTE!”
Loki aveva iniziato a tremare, ma non riusciva a dire nulla.
“Sono riuscita a far tacere il dio degli inganni?! Incredibile, questa è un’impresa che verrà scritta nelle più importanti mitologie! Mi ricorderanno per questo! Il mio nome verrà scritto a lettere di fuoco nella storia!”
I veloci attacchi della donna non gli avevano dato il tempo di pensare, ma ora i ricordi cominciavano a crollargli addosso come una valanga di rocce.
Serena lesse negli occhi di Loki il suo spaesamento.
“Beh, ti sono mancata?”
Il dio la guardò con gli occhi spalancati e mosse qualche passo all’indietro.
“Non è possibile.” Gracchiò alla fine.
“Oh si, amore mio, che può esserlo. E’ possibile e vero quanto il sangue che ti bagna le labbra.”
“No. Non puoi. Non voglio...” smozzicò lui mentre un sudore freddo gli scendeva lungo la schiena.
“Sai, Loki, all’inizio non volevo credere che tu avessi dimenticato tutto. Che tu avessi voluto dimenticare. Ma poi... ho capito. E’ stato il tuo cuore a volerlo, non la tua testa. Anche in questo momento sta accadendo la stessa cosa. Tremi come la fiamma di una candela che sta per spegnersi perché la tua mente ti dice la verità e tu non vuoi conoscerla. Hai sempre avuto un’anima così complicata, Loki... ingarbugliata come un gomitolo di lana, o come una scatola di gatti. Sempre in contraddizione con te stesso, in guerra con la tua famiglia, tuo fratello e con il mondo intero. Non hai mai voluto la distruzione, ma la brami spasmodicamente. Sei autolesionista, e sembra quasi che tutto quello che fai sia diretto contro te stesso, come se tu volessi punirti per qualcosa di cui ti penti inconsciamente. Loki, sei sempre stato il migliore bugiardo che i 9 regni abbiano mai partorito non per la tua astuzia, e neanche per la tua mente geniale, non  per il fatto che tu sia un figlio del Caos, e neppure per le tue incredibili doti magiche. Sei il migliore bugiardo perché riesci a mentire anche a te stesso.”
Loki non ascoltava davvero, e le parole gli entravano nelle orecchie come se fossero state incorporee. Sentiva come se nella sua testa si stesse svolgendo una complicata arringa.
Non è possibile è solo un trucco ben congeniato. Non ci credere, non ci cascare.
Hai sentito le sue labbra sulle tue. E’ lei.
Non può esserlo. Io l’ho vista morire, e non c’era alcun trucco, alcun inganno.
Accetta la realtà dei fatti. Perché ora lei è qui davanti a te e sorride.
Lo sai bene quello che è successo, te lo devo proprio dire.
Non devi frugare nel passato, non c’è motivo per cui tu debba parlarne.
Era appena terminata la condanna, e quando tutti se ne furono andati scesi fino al suo tumulo, e frugai tra le ceneri calde.
Mai sentito dire della fenice vero? Cosa te ne importa di quello che è stato?! Ora è viva... Viva!
Lo sai che non è vero...
Sai che lo è...
Non può esserlo perché io quel giorno...
Non lo dire! Non importa!
IO HO MANGIATO IL TUO CUORE!”la voce uscì dalla gola di Loki con uno sforzo sovrumano, graffiata, rotta, incrinata dal dolore e dalla rabbia. Dopo averlo gridato restò, ansimante, ad osservare l’espressione impassibile, e anche leggermente scocciata, della ragazza. Poi lei fece un gesto vago con la mano e disse:
“Si, beh, lo hai fatto. Eri sconvolto e fuori di te. E’ comprensibile. Ti avevano strappato dalle braccia il tuo tenero amore e ti eri convinto che con lui se ne fosse andato anche il tuo cuore. Ma quello che hai fatto è servito almeno a qualcosa? Oltre a riaffermare quanto tu sia pazzo e fuori di testa? Il tuo cuore è tornato al suo posto? Io credo invece che il tuo petto sia ancora freddo e ghiacciato come una volta, prima che arrivassi io. Dentro quel petto tu non hai niente, se non forse un muscolo congelato e in putrefazione. Ma prima che tu te ne vada me ne accerterò io stesso, te lo giuro.”
La ragazza si era avvicinata a Loki e gli aveva posato gentilmente una mano sulla fronte, accarezzandogli i capelli.
“Ora, dì il mio nome, Loki. Fammi capire che sai qual è la verità e che non ti stai coprendo gli occhi con le mani come un bambino, sarebbe infantile. Dillo.”
Loki sospirò. Era in trappola e ci era andato di sua spontanea volontà, ma aveva lo scettro, e mai aveva pensato che pur tenendolo tra le dita non avrebbe potuto usarlo. Come se la sua arma lo avesse ascoltato gli scivolò lentamente via dalla presa allentata, e cadde con clangore metallico a terra. Il dio guardò negli occhi Serena e per un momento gli sembrò di rivedere la bella donna che lo aveva stregato, i suoi occhi luminosi che gli scandagliavano il pozzo del suo cuore, e quella bocca che tante volte lo aveva ammaliato. L’unica che lo avesse amato accettandolo per quello che era, ossia il dio delle malefatte.
Alzò la mano pallida, e le accarezzò il viso morbido.
“Gullveig... sei viva.” Sospirò il dio.
“Proprio così, amore mio... tornata da Hel solo per te.”


_________note dell'autrice_____________
più comodoscrivere infondo che annoiarvi fin dall'inizio del cap.. non credete? cooomunque.. appena l'ho finito di scrievere l'ho riguardato velocemente e mi sono accorta che non succede fondamentalmente una beneamata mazza... XD come riesco a scrivere pagine senza far andare avanti la narrazione.. lo sa solo Odino....
p.s. spero di non avervi stomacato con il fatto del cuore.. ma la mitologia parla chiaro... ç__ç


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Ho bisogno del vostro prezioso contributo per il prossimo capitolo.. (che forse sarà l'ultimo, vedremo...) Quindi vorrei chiedervi una cosina.. *__* pensate intensamente a Loki.. ok? Visualizzatelo per benino.. poi pensate ad una musica triste che potrebbe essere il suo spartito del cuore.. mi seguite? Non vi posso dire altro altrimenti addio sorpresa!!! Nelle recensioni mettetemi il link della canzone che credete possa adattarsi a Loki, e al suo essere il dio delle malefatte.. un po' malinconica.. commovente.. insomma tristezza a palate!!!! Cercherò di commuovervi alla fine di questa storia.. che la saggezza di Odino guidi la mia mano.. ehehe.. XD

Con affetto,
Jack!!!
   
 
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