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Autore: Midori_chan    10/06/2012    2 recensioni
Sedeva solo e pensoso sulla prua ampia della nave, gli altri erano intenti a mangiare e a discorrere, a sorridere della loro fortuna e a piangere le morti importati vissute.
Marco stava solo da tempo, abbracciava il vento, ma invano sperava di toccare le figure che spesso la sua mente gli presentava.
Il dolore giocava brutti scherzi.
Ancora non riusciva a capacitarsene, ancora, dopo due anni, tentennava ad affermare la morte del suo migliore amico e di suo padre.
[...]
Non avrebbe mai dimenticato le persone più importanti della sua vita e stando lì, in mezzo ad altri che avevano amato, sapeva di potersene ricordare per sempre con forza.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Barba bianca, Marco, Portuguese D. Ace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno ciurmaglia!
La scuola è finita, l'estate è finalemente iniziata e io torno tutta per voi... povere, no davvero, mi dispiace >_>
Questa storia è stata scritta all'1 di notte, dopo una serata di dounjishi su Goku e Vegeta (nuovi amori della mamma) e non so il motivo, ma mi è venuta voglia di scrivere questa 'cosa'.
Ora che sto rivedendo le puntate di One Piece su Italia2 mi sto appassionando al personaggio di Marco quanto non avevo fatto durante la visione jap :D Non lo trovate un'ammmmmmore? **
Me lo immagino solo soletto dopo Marine Ford a consolarsi con i ricordi dei suoi cari.

Ora vi lascio alla storia, visto che ho da recensire un po' di storielle, ma oggi pubblicherò più di una cosa, quindi attenzione!
Per chi mi segue sul fandom Naruto: è in fase di scrittura "Flash rosso5" mentre "Medieval" attende la pubblicazione di FR perché voglio farli andare di pari passo u.ù

Quiiiiindi, alla prossima
                                        Mid_




|| The answer is blowing in the wind ||

 






 


Sedeva solo e pensoso sulla prua ampia della nave, gli altri erano intenti a mangiare e a discorrere, a sorridere della loro fortuna e a piangere le morti importati vissute.
Marco stava solo da tempo, abbracciava il vento, ma invano sperava di toccare le figure che spesso la sua mente gli presentava.
Il dolore giocava brutti scherzi.
Ancora non riusciva a capacitarsene, ancora, dopo due anni, tentennava ad affermare la morte del suo migliore amico e di suo padre.
C’era un vuoto nella sua vita, in lui, che nient’altro avrebbe colmato.
Diamine, era grande, grosso e vaccinato, aveva visto tante morti, sofferto tanti drammi, ma non riusciva a frenare le lacrime ogni qualvolta sfiorava il loro ricordo.
Sentiva terribilmente freddo.
 
-Non sento mai freddo, non ricordo più la sensazione della pelle d’oca-, sorrise Ace, fiero delle sue capacità, fiero di poter andare in giro in pieno inverno con solo i pantaloni.
-Ah, dannato. Accendi un fuocherello, sto tremando-, lo rimbeccò il biondo con le braccia strette intorno al busto.
Il moro con un ghigno giovanile si avvicinò a lui, spalla a spalla e come se avesse toccato una lumaca-termosifone, in un attimo, sentì il calore invadere il suo corpo, non seppe mai se grazie al potere del giovane o semplicemente per la sua vicinanza.
 
Tenne fermi i capelli sulla testa che il vento scompigliava fastidiosamente.
Qualcuno da dietro alla sue spalle, remoto, troppo lontano perché gli importasse davvero di ascoltare, gli urlò di unirsi a loro, gli urlò che avevano bisogno del loro capitano.
“Capitano, tsz!, si biasimava oscillando la testa in senso di diniego.
Barbabianca, morendo, gli aveva lasciato l’ingrato compito di proteggere e di controllare la sua Famiglia dopo il finimondo di Marineford.
Non era in grado, lo comprendeva, di gestire al meglio tutti gli uomini, ma loro sembravano avere piena fiducia in lui.
Non era come suo Padre, non era forte abbastanza, non era tanto generoso e buono, non poteva prendere il suo posto.
 
-Questi, caro Marco, sono i miei figli e tu come fratello maggiore devi prenderti cura di loro-, gli aveva detto una sera, allettato, con la bombola d’ossigeno più forte del solito.
-Padre, a volte non mi sento in grado, non mi credo capace…-, argomentò i suoi sentimenti Marco seduto sul bordo; Ace ascoltava in silenzio fissando la lampada sul comodino come se vi fosse scritto il destino del mondo.
-Proprio perché credi di non esserne in grado in realtà lo sei. Sono fiero di te-
La fenice si riempì d’orgoglio, il petto gonfio di questo sentimento caldo e dolce, guardò il suo amico che gli mandò un sorriso sincero.
Poteva essere più felice?
 
-Com’è effimera la felicità…-, parlò ad alta voce, ma il vento era forte e il suono venne inghiottito dal suo vigoroso ululato.
-Capitano, capitano! Guardi il giornale-, disse un ragazzo poco distante.
Marco si voltò e allungò le mani all’oggetto che l’altro gli tendeva.
Sorrise e forse era la prima volta dopo tanto, poi iniziò a ridere ed infine fischiò.
-E bravo Rufy!-, esclamò alla vista dell’articolo.
Il ritorno di Cappello di Paglia e la sua ciurma.
Dopo aver invano cercato di arruolare nuovi membri nella sua ciurma, il famigerato Monky D. Luffy è partito a bordo della sua nave per il Nuovo Mondo. E’ riuscito a passare indenne solo grazie all’intervento di amici influenti e forti, ma consigliamo comunque grande prudenza.
La sua taglia ha raggiunto i 400.000 berry.
 
-ll tuo fratellino è forte davvero-, sorrise al cielo, sorrise in un punto preciso dove sapeva che Ace stava guardando.
Alzò una mano verso l’altro, il palmo all’azzurro in un saluto muto.
Se li immagino a tavola a mangiare: il Babbo con una grande caraffa di sakè in mano e Pugnodifuoco addormentato con la faccia nel piatto per via di uno dei suoi soliti attacchi di narcolessia.
Scese con un balzo, formando fiamme celesti sotto i piedi per atterrare morbidamente e corse dai suoi uomini.
-Cosa combinate ciurmaglia?-, salutò arruffando una testa a caso, la ritrovata espressione sprezzante in volto.
-Oziavamo aspettando il tuo ritorno-
-Bentornato Capitano!-
-Bhè, eccomi qui. Basta rilassarsi, a lavoro!-, gridò Marco e tutti felici e con ritrovato entusiasmo presero zelantemente a lavorare su e giù per la nave, come tante formiche laboriose.
Il biondo guardò con orgoglio quella che sapeva essere la sua salvezza: la Famiglia.
Non avrebbe mai dimenticato le persone più importanti della sua vita e stardo lì, in mezzo ad altri che avevano amato, sapeva di potersene ricordare per sempre con forza.
 
 
 
   
 
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