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Autore: Natalja_Aljona    10/06/2012    1 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Trecentotré


Trecentotré

Sarà un bel giorno, quello che a te mi legherà

 

Ma se vuoi amare l’amore

Tu non gli chiedere

Quello che non può dare

(Ragazzo Mio, Loredana Berté)

 

Sparta, 9 Maggio 1838

 

Dove vanno a finire i tuoi pensieri
Quando la mia mano lentamente, inutilmente ti accarezza?
Dove vanno a finire i tuoi sorrisi, quelli di ieri

Quando ti perdi in una incontentabile tristezza?
Io non capivo, non sentivo, non leggevo, non vedevo mai
Quello che avevi in cuore
Ma cosa avevi in cuore?

(Oh Amore Amore Amore, Roberto Vecchioni)

 

Con il ritorno di George, Natal’ja si era decisamente calmata.

S’era raccolta i famosi -famosi in tutta la Grecia, a momenti- capelli dorati in una lunghissima e morbida treccia che Gee le aveva spostato gentilmente su una spalla dopo averle baciato sia i capelli sia la spalla, aveva indossato un bell’abito blu Cina -la medesima tonalità del nastro che aveva tra i capelli- sempre rubato al guardaroba di Talia da giovane, e un paio di ballerine nuove dello stesso colore, comprate -beh, “comprate” è una licenza poetica non indifferente- nell’unico negozio di scarpe di Sparta, e, dopo un ultimo, dolcissimo bacio a fior di labbra, aveva chiesto a Gee di portarla all’Eurota.

-Devo togliere una sensazione che mi è rimasta addosso... E spero di non provare mai più-

-La pelle morta?- domandò Gee, con un sorriso.

Natalys scoppiò a ridere, come faceva sempre quando era con lui.
Era incredibile, Gee.

La faceva ridere sempre.

-Un brutto ricordo- spiegò poi, tornando seria, anche se solo per un po’.

Con Gee contava di dimenticare presto anche quella sensazione...

Le mani di John sul suo corpo, sull’orlo di un abuso sessuale.

Le aveva chiesto di perdonarlo, il Capitano della Magna Graecia, mentre cercava di spogliarla.

Come se lei potesse farlo.

-Recente?- volle sapere Gee, notando il cambio di tono.

-Sì, abbastanza...-

L’ “abbastanza” avrebbe potuto risparmiarselo, in effetti.

Era successo meno di un’ora prima.

-Molto recente- si corresse infatti, e Gee si accigliò.

-Non mi dici cosa?-

-Ma no, dai...-

-Non vuoi?-

Sembrava ferito, il bel George.

Si erano sempre detti tutto, loro.

Anche i loro ricordi peggiori.

-Non il nostro ultimo giorno!-

-Non è il nostro ultimo giorno... E’ il nostro ultimo giorno di Maggio, forse di quest’anno, ma non è il nostro ultimo giorno!-

Natal’ja alzò gli occhi al cielo.

-E adesso come faccio a tranquillizzare il mio amore isterico? Dai, Gee. E’ ovvio che non sarà il nostro ultimo giorno. Hai capito cosa intendevo-

-Sì... Forse sono isterico davvero- disse Gee, quasi sputando quelle parole, come se fosse colpa sua.

Colpa di Lys che partiva domani.

E di chi, se no?

-Gee, io...-

-Non me ne frega un accidente. Dovevamo uscire? Usciamo. In questi giorni ho fatto qualsiasi cosa per te... E lo farei ancora, ucciderei per te. Ucciderei perfino mio padre-

Alja rabbrividì, perché Gee non sapeva niente, ma con il suo esempio si era avvicinato pericolosamente alla realtà.

-Ti ho tolto la pelle morta quando ti sei scottata, adesso ti porto a togliere anche “un brutto ricordo, una sensazione”, che ovviamente non mi è dato conoscere...

A momenti finisco pure incatenato a una rupe del Caucaso, che tanto è vicino alla Siberia, come quel povero disgraziato di Polifemo...-

Gee si coprì la bocca con una mano, incredulo, dopo essersi sentito dire quel nome, quel nome e non quello che avrebbe dovuto dire.

-Prometeo. Mio Dio, Prometeo! Certo, Prometeo. Ora mi fai sbagliare anche i miti greci, Lys? Non ti sembra di esagerare, piccina?-

-Non è grave... Jàn li sbaglia sempre-

Negli occhi di George divampò un’autentica fiamma, e Lys ne fu quasi spaventata.

-Amore...-

-Sai cosa me ne faccio, io, del tuo amore?-

Gee alzò su di lei due occhi disperati, poi si sedette ancora sul letto e scosse la testa, con un’aria malinconica da poeta maledetto dei boulevards parigini.

-Ci vivo... Ci vivo, io, del tuo amore! Ci vivo, Natal’ja...-

Natal’ja socchiuse gli occhi, cercando la sua mano, ma Gee l’allontanò bruscamente, fulminandola con lo sguardo.

Lei questo non lo vide, però.

Lui doveva riuscire a resistere...

Non essere sempre a disposizione di quella ragazzina.

 

Oh, amore, amore, amore
Quante bugie abbiamo detto all'amore
Oh, amore, amore, amore
Quante volte abbiamo tradito l'amore
Oh, amore, amore, amore
Come dev'essere offeso e triste l'amore
Per come l'abbiamo trattato

Per quel che abbiamo fatto al nostro amore

Oh amore, amore, amore
Quante volte avrei voluto dirti amore
Oh, amore, amore, amore
Potrà mai perdonarci, l'amore?

(Oh Amore Amore Amore, Roberto Vecchioni)

 

Ma Lys si era stancata.

Come se la fitta al cuore la sentisse solo lui!

-Vieni con me-

-Dove? Natal’ja, cosa...-

-All’Αθάνατος-

-Perché? Alja, non possiamo, ci sono gli allenamenti... Se il nonno mi vede mi costringe a restar lì fino a domattina.

Ma forse a te nemmeno importa, di passar l’ultimo giorno con me...-

Natal’ja scosse la testa, ferita.

L’avrebbe visto, adesso, quanto le importava.

-Ce ne andremo subito. All’Eurota, come ti ho chiesto. Ora, però, vieni con me. E, se è possibile, stai zitto-

 

Gli innamorati si nascondono tenendosi per mano
E non calpestano nemmeno il segno delle loro ombre
Gli innamorati contano le stelle e sanno benissimo quante sono
E conoscono per nome tutte le foglie gialle di novembre
E tutto il resto non esiste, non c’è stato e non ci sarà mai
Il resto è vivere
E’ vivere

(Oh Amore Amore Amore, Roberto Vecchioni)

Come entrò in palestra, Alja non degnò nemmeno di uno sguardo gli altri soldati.
Cercava Leonida e Dekapolites, che del resto si riconoscevano facilmente, essendo i maestri, e quelli che se li incontravi di notte in un vicolo cieco ti prendeva un colpo.

-Leonida e Dekapolites. Devo parlare con voi- affermò risoluta, poi si accorse di averli davanti.

Leonida Zemekis, quarantasette anni, capelli neri gocciolanti di sudore, occhi di carbone ardente e una fantastica carnagione bruna, un metro e sessantaquattro, agile e muscoloso, e con uno sguardo da dio della guerra, quattro figlie e due nipoti.

Dekapolites Calie, cinquantun anni, capelli neri e ricci e luminosi occhi grigiazzurri, stessa pelle da egiziano dell’amico e un fisico atletico, un metro e settantadue, una figlia e tre nipoti.

Facevano venire i brividi, quei due, da tanto ch’erano belli e minacciosi.

-Quale onore, piccola Natal’ja!-

La biondina russa fece un passo indietro.

-Io...-

-Non te la concedono, la grazia, ragazzina! Non sai contro chi ti sei messa...- le sussurrò malignamente un soldato dai capelli biondi e gli occhi verdi.

Le ricordava qualcuno...

Theodorakis.

-Meletis Dounas, trentasei anni, molto piacere- si presentò infatti il ragazzo, notando che lo sguardo di Natal’ja si era soffermato a lungo su di lui.

Era il padre di Theo.

-Meletis, lasciala stare- lo rimproverò Dekapolites, con un’occhiataccia.

-E’ tutto a posto. E’ la fidanzata di Geórgos. La sua ragazza, la sua promessa. Allora, Lys, che succede?-

Quando il suo sguardo di spostò su Natalys, le sue iridi cristalline assunsero una tonalità quasi più azzurra del solito.

Le sorrise, e lei fece altrettanto, grata di quell’accoglienza tutto sommato rassicurante, considerati i soggetti.

Natal’ja respirò profondamente, poi s’inginocchiò.

-Con chi devo parlare?-

-Natalys, davvero, non ne hai bisogno... Non abbiamo nessuna intenzione di ucciderti! Ci stai pure simpatica...-

-Leonida, tu sei il nonno di Gee, anche se sembri suo padre... E tu, Dekapolites, gli hai regalato il tuo xiphos, gli hai insegnato a tirare con l’arco e di spada, gli hai insegnato tantissime cose...

Vi prego di concedermi la mano di... Vostro nipote. La mano di Geórgos. Io morirei, senza di lui... Posso sposarlo?

Mi date il vostro permesso, la vostra benedizione? Vi prego...-

-Certo- sorrise Leonida, facendo l’occhiolino a Gee, che, poco lontano, davvero non riusciva a crederci.

-Lys!- gridò, e lei si voltò.

-Rialzati, Lys-

Corse da lei e le tese la mano.

-Come ti è venuto in mente? Sei matta, tu...-

Lei scrollò le spalle, con noncuranza.

-Un po’-

-Baciala, cretino!- gli disse Dekapolites, tirando una gomitata al suo allievo preferito.

Geórgos annuì, e il suo sorriso meraviglioso tornò a brillargli sulle labbra come il primo giorno che Lys aveva passato a Sparta.

La baciò come il primo giorno che Lys aveva passato a Sparta.

Non troppo bene, in realtà, perché aveva la febbre alta e in fondo sapeva che lei sarebbe rimasta ancora a lungo, e gli avrebbe dato sicuramente l’occasione di rifarsi, e di recuperare due anni di devastante lontananza.

Era troppo emozionato e felice, estasiato e commosso.

E adesso trovatemela, signori, trovatemela, una ragazza che abbia fatto lo stesso per il suo amore!

Era così orgoglioso che neanche se, dopo di lui, Natal’ja avesse baciato tutti gli altri soldati presenti nella palestra, sarebbe riuscito a smettere di sorridere come un ebete.

-E davanti a me non t’inginocchi? Io sono il suo migliore amico...-

Theodorakis, con il sorriso strafottente di sempre, le si parò davanti, indicandole ancora il pavimento dell’Αθάνατος.

-No... A te no- sibilò lei, gelida.

-Chiedilo anche a me, se puoi sposare Gee! Tu provaci, biondina. Non so come hai fatto a incantare Leo e il nonno, ma con me non ce la farai-

-Lasciami stare, Theo...-

-Perché?- sussurrò lui, lanciandole uno sguardo di fuoco.

-Lo sai, perché!-

Di quel breve scambio di battute, per fortuna, si erano accorti in pochi, e l’avevano attribuito al pessimo carattere del giovane Dounas.

Anche Gee, che per il suo migliore amico e la sua Lys aveva sempre un occhio di riguardo, cercò d’ignorare le poco rassicuranti scintille tra i due.

-Non vuoi più andare all’Eurota?- le sussurrò dolcemente all’orecchio, e lei s’illuminò.

-Oh, sì...-

“comprate” “”ff

Febo è bello come il Sole

Forse un principe, un re

Sveli a me l’amore che

In me non c’era e adesso c’è

 

E’ un soldato e scapperei

Ma più mi stringe e più mi attrae

(Bello come il sole, Notre Dame de Paris)

 

All’Eurota fu tutto un attimo, fu tutto un brivido.

Sciogliersi i capelli, togliersi i vestiti.

Natal’ja lasciò l’abito blu sulla riva e prese per mano Gee, che la guardava incantato, e seguiva con lo sguardo i suoi crini biondissimi ondeggiare al vento e confondersi con la sua pelle nivea, l’indaco chiaro dei suoi occhi confondersi con i bagliori più azzurri del fiume.

L’acqua era fresca e limpida, scintillava al sole e sotto le sue dita, e Lys la trovava meravigliosa.

Si era lavata via quella sensazione, finalmente.

John non poteva più raggiungerla.

Gee, ovunque ci fosse qualcosa di liquido e azzurro, ovunque ci fosse dell’acqua, era simile a un dio, perché l’acqua gl’illuminava gli occhi e il sole gli baciava la schiena e le spalle già bronzee.

Raggi di luce sui capelli di Alja, riflessi argentei negli occhi di George.

Un nodo di nostalgia nel cuore, dolore in anticipo, uno strappo al cuore per il giorno dopo.

Come potevano non pensarci, come potevano non morirci?

Come potevano dimenticare quei sogni, nudi e abbracciati tanto forte da non respirare quasi, grati all’aria testimone dei loro mille modi di amarsi, con gli occhi lucidi di una tenerezza impossibile da vivere senza distruggersi da soli?

Come potevano perdere un solo istante di quei giorni di baci e lacrime, insulti e promesse, luce vibrante e prepotente, luce sotto la pelle, luce fin dentro le ossa, luce solo per loro.

Una Rivoluzione per Natal’ja e George.

 

Ti lascerò un sorriso
Ciao, ciao

E rabbia nuova in viso

Ciao, ciao

La tenerezza che

Ciao, ciao

Fa il cuore in gola a me

(Il suono della domenica, Zucchero)

 

 

 

 

 

Note

 

Sarà un bel giorno, quello che a te mi legherà: La fede di diamanti, Notre Dame de Paris.

 

L’ultimo giorno di Alja e Gee, quando John ormai se n’è andato, quando Gee torna dall’Αθάνατος.

Il rancore di Gee, e poi il gesto di Alja in palestra, davanti a Leonida e Dekapolites, per rassicurarlo...

Il bagno nell’Eurota, e...

Una lieve stretta al cuore, bruciata dalla loro immensa felicità.

Il giorno dopo Alja partirà, il giorno dopo staranno male, tanto, ma ora no.

Spero davvero che vi sia piaciuto ;)

 

A presto!

Marty

 

  
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