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Autore: annalisaechelon    10/06/2012    1 recensioni
Cosa succede? Un altro tuono, vedo un lampo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Credevo fosse finita. Ero convinta d’aver smesso. Invece la sento, quella tempesta sta arrivando.  Lo stomaco mi si contorce, il cuore pulsa, sto soffocando, il sangue scorre troppo velocemente nelle vene. Lo sento. Sibila. Brucia. Grida. Vorrei trovare una via d’uscita, ma non ci riesco. E’ un circolo vizioso, un vortice, non posso più uscirne. Pian piano mi sta risucchiando e, con sottile inganno, ruba la vita dalla mia anima. Cosa succede? Un altro tuono, vedo un lampo.

Credo mi abbiano rinchiusa, sono in una gabbia, in una cella, non so, mi ricordo che mi fecero salire delle scale infinite e poi mi sbatterono a terra, accanto al muro. Chiusero a chiave, ne sentii il rumore. Attorno a me ora non c’è altro che buio, non intravedo alcuno spiraglio di luce. Mi piacerebbe credere che mi basta aprire gli occhi per ritornare ad assaporare la luce del giorno e la bellezza di ciò che mi circonda, ma non è così, sarebbe troppo facile. E sapete? E’ solo colpa mia, è tutta colpa mia.  Per troppo tempo ho maledetto la mia vita, l’ho rifiutata, odiando anche me stessa e adesso? Eccomi qui, pronta a servirvi, sono la schiava delle tenebre. E finché non sarò io a diventare luce, da qui nessuno mi porterà via.

Li sento arrivare, sento i loro passi pesanti che affondano nell’aria buia. So che tra un paio di secondi saranno qui, vicino alla mia porta, pronti a riempirla di pugni per farmi spaventare. Si tratta della tortura giornaliera, nonostante sia passato ormai un anno da quando tutto è cominciato, non mi sono ancora abituata, ho paura. Ho sempre paura. Fanno di tutto per farmi del male, o forse son io? Ormai da quando son qui ho perso conoscenza, a malapena ricordo il mio nome. La mia identità è sparita, l’han rubata e gettata in uno di quei tombini situati accanto a questo orrore di cella. C’è puzza nell’aria, quella puzza di fogna che non va via. Odio. Mi sembra di immaginare un personaggio malefico,  che con un telecomando in mano gestisce la mia vita, infierendomi tutte queste pene. Ma perché poi?

Eccoli, son dietro la porta, li sento sghignazzare. La stanno aprendo, io son accovacciata nell’angolo più buio, non voglio che mi vedano, ma la cella è piccola, quindi è impossibile. Son davanti a me. Chiudo gli occhi. Non voglio vederli. Riesco ad immaginarli però, son sempre gli stessi, da sempre. Uno è completamente tatuato, porta una canotta nera sporca e tagliuzzata, è lui quello che ride. L’altro invece sembra indifferente, non sembra provar nulla nel vedermi. Sa solo di dovermi far del male. E tanto.

Apro gli occhi in un lampo, la mia immaginazione non aveva fallito nemmeno stavolta. Erano le uniche figure che riuscivo a ricordare, per il resto, il nulla. Stanno afferrando le mie mani, uno mi tira per i capelli, mi sbattono al muro. Faccia contro la parete, mani legate dietro la schiena. E’ finita, lo so, stanno per uccidermi. Lo sapevo che questa sarebbe stata la fine. Mi abbandono al destino.

E invece no, peggio. Uno di loro mi tira giù la divisa da prigionia e inizia a violarmi, con prepotenza. Tira il piacere fuori dal mio corpo per farlo suo. Mi fa male. Dentro. L’altro tirandomi la testa all’indietro, mi lecca le labbra. Di tanto in tanto scambiano i ruoli. Sto per morire, è questa la mia morte. E’ giunta l’ora e forse è questo quel che merito.

Mi giro di scatto e vedo del sangue. Sento delle fitte, bruciano, tagliano. Ora sono a terra, qualcuno è sopra di me. Io sono impotente. Hanno un coltello in mano, è giunta la mia ora. Sono sempre stata schiava di me stessa, mi son sempre odiata ed ecco il mio destino. Morire uccisa dalle mie paure.
Vedo una luce, sta partendo dal centro del mio petto, vorrebbe espandersi e liberarmi. Non ce la fa. Mi han tagliato la gola. Son morta. E’ forse questo il mio destino?
 
  
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