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Autore: Contessa    28/12/2006    10 recensioni
Il tormento di ogni suo giorno, il vuoto incolmabile tra le sue braccia.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Bianco

Qualche piccola indicazione prima della lettura: la storia è ambientata alla fine della guerra tra Auror e Mangiamorte, con relativa vittoria di questi ultimi e tutte le conseguenze, ovvie quanto atroci, che ne derivano per Harry e compagnia bella. L’ho scritta in un paio di giorni qualche mese fa, e mi sono decisa a pubblicarla solo ora… ovviamente spero che vi piaccia, ma se così non fosse fatemelo comunque sapere: le critiche saranno benaccette… cercate di offendermi il meno possibile, però!^^

 

Bianco.

Il vestito da sposa che Pansy avrebbe dovuto indossare.

Bianchi.

I muri della sua casa.

Bianca.

Lei. Pallida e tremante, rannicchiata in un angolo.

“Cosa vuoi farmi?” aveva chiesto mordendosi il labbro inferiore. Gli occhi erano rossi e gonfi. Piangeva sempre, piangeva ed urlava. E quando le aveva detto che non voleva farle nulla, nulla di male, si era messa ad urlare ancora più forte. Non è vero, non ci credo, li hai uccisi, ucciderai anche me, lurido Mangiamorte… la solita trafila di insulti, che lui aveva ascoltato sorridendo, stringendo il vestito. Bianco. Accecante nel suo candore, come lei. I capelli scomposti, il viso deformato dalla rabbia. Bella come una Furia, assassina mai sazia, sempre pura, sempre bianca.

Il suo seno che si alzava ed abbassava ad ogni respiro, ipnotico, le sue gambe che a malapena la reggevano in piedi, le braccia, stanche, lungo i fianchi. Bianca. Una principessa chiusa nella torre. Lui rise nel pensarlo; perché lei era davvero in una torre e, in un certo senso, era una principessa. Del suo cuore, almeno. Ma il principe era morto; il principe dai capelli rossi era diventato tutto rosso. Sangue, dalle ferite che lui stesso gli aveva inflitto. Sangue sulla sua pelle bianca; il pallore dei morti. Non gliel’aveva lasciato toccare, per non farla sporcare; lei doveva rimanere bianca. Ma gliel’aveva fatto vedere, gli aveva fatto sentire ogni singolo gemito del suo principe agonizzante. Ferite sempre più grandi, sussurri sempre più deboli; e le sue urla, bianche, nel buio della notte. Si era gettata a terra urlando. E no!, aveva urlato lui; per terra era sporco, sangue e fango. L’aveva risollevata con dolcezza, l’aveva portata via. E lei si era lasciata svestire, aveva lasciato che le sue mani corressero sul suo corpo, bianco, senza parlare. Per un attimo, si era illuso di averla domata. Di essere diventato il suo nuovo principe; ucciso il rosso, sarebbe subentrato lui, il biondo. Il principe biondo, solo suo.

Ovviamente, non era andata così. Non gli aveva più permesso di toccare il suo corpo, non si era neanche lasciata avvicinare. Correva via, urlava. Aveva cercato di scappare, un paio di volte. Ma l’aveva sempre trattenuta, con dolce fermezza; lo faceva per lei, solo per lei, le ripeteva. Non le era rimasto nessuno, dove voleva andare? Non Potter, ucciso dall’Oscuro Signore; non Weasley, ucciso da lui stesso. Nemmeno la sua cara amica Ginny, che Narcissa aveva ucciso sotto gli occhi della madre. Aveva ucciso anche lei, alla fine. Per non farle patire la solitudine, aveva detto scherzando. Solo lei si era salvata, solo lei era emersa dal mare di sangue della carneficina. Bianca nella notte, riversa tra le sue braccia. L’aveva stretta forte al petto, come una bambina addormentata, come un animaletto selvatico dalle zampe rotte. Una bambina, con quei riccioli ribelli, le labbra leggermente corrucciate nell’incoscienza; un animaletto, le braccia e le gambe graffiate, la pelle tesa sulle ossa, i muscoli sempre pronti all’attacco. Il tormento di ogni suo giorno, il vuoto incolmabile tra le sue braccia.

Non aveva mai amato Pansy; era bella, morbida da stringere nelle notti insonni, e di buona famiglia. Era disponibile; lei sì che lo amava. La principessa bianca l’aveva uccisa con un unico colpo, preciso; niente urla e dolore, solo un attimo. Pansy era in piedi, accanto a lui, la insultava; ed il secondo dopo era a terra, gli occhi aperti, la bocca per sempre ferma nell’ultima sua parola. Non aveva versato una lacrima, lui; si era mostrato dispiaciuto, ma neanche troppo. Importava solo lei, solo la sua nuova principessa. Bianca come Pansy non era mai stata; bianca ancella della morte, con quelle labbra sempre pronte ad una maledizione, e le mani veloci sulla bacchetta. Quando si era accorto di non essere più bianco? Quando aveva visto l’acqua tingersi di rosso, nella sua vasca da bagno di marmo? Oppure quando non era riuscito a scacciare delle strane macchie dalle sue mani? O ancora, quando gli occhi avevano iniziato a fargli brutti scherzi, ed aveva cominciato a vedere tutto sfuocato e rosso? E lei sembrava deriderlo, dall’alto del suo candore, uccidendo e ferendo; sempre, sempre bianca. La voleva per sé. Voleva stringerla ed unirsi a lei, contagiarla con la sua orribile sporcizia. Costringerla a sporcarsi, sì, oppure a donargli un po’ del suo bianco.

Si avvicinò a lei, in una fredda giornata d’inverno. Sarai mia, le aveva detto; sarai mia per sempre, sarò il tuo principe. Sei bianca e bella, voglio essere come te. Aiutami.

Suppliche sussurrate contro il suo orecchio, i polsi stretti nella sue mani; lei voleva scappare, come sempre.

Ti prego.

Maledizioni tra i denti, ancora e ancora. Sporco Mangiamorte.

Ti prego.

Uno strattone più forte, frustrazione nel notare che lui era troppo forte. Sporco Mangiamorte.

Ti prego.

Mai.

Lui la lasciò andare di colpo; lei cadde per terra, confondendosi col candido marmo del pavimento. Occhi infuocati. Labbra rosse di sangue, piccoli morsi di rabbia.

Ti starà bene, aveva detto lui posando il vestito da sposa per terra. Bianco su bianco. Era uscito in silenzio, mentre lei piangeva lacrime bianche. Sempre così orrendamente pulita e candida; e lui sempre sporco.

Il giorno dopo, anche lei era sporca. Sui polsi, tagliati. E sulle piccole mani, sul collo, sul viso. Indossava il vestito da sposa; anche quello era sporco. Lui la raccolse da terra con delicatezza, appoggiando la testa di lei sulle sua ginocchia. Il mantello nero si sporcò, ma lui non ci fece caso. Sporco su sporco. Sangue su sangue. Tagli precisi, sorrise lui; tagli perfetti. Per un momento, vide ancora tutto rosso. Rosse le pareti, rosso il pavimento, rossa la sua sposa morta. Rosso il principe che regnava nel cuore di lei. Il principe biondo aveva perso miseramente; il principe biondo e nero. Nero come la notte che copriva le sue azioni, nero come la morte che dispensava generosamente. Una maledizione a destra, una a sinistra. Niente di più. E nessuna principessa ad aspettarlo nella torre. Solo un cadavere. Bianco.

 

 

 

 

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