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Autore: Ninfea Blu    10/06/2012    2 recensioni
Salve a tutte. E' la prima volta che scrivo in questa sezione, ma sono affascinata dal personaggio del dottor Cullen, che trovo complesso e interessante, quindi ho voluto provare. Attraverso questa ff, affronto una tematica che mi interessa molto. Ho cercato di rispettare il personaggio e di svilupparlo raccontando la sua esistenza e le sue esperienze.
2° cap - "Mio padre: mi era capitato di pensare a lui... mi chiedevo come avesse reagito alla mia scomparsa, se mi avesse fatto cercare."
5° cap - "Heidi mi inquietava; era un misto di grazia ultraterrena unita a una fisicità fatta di carne e sangue. Sentivo nei suoi confronti una specie di repulsione che si mischiava all'attrazione."
9° cap - "Il mio incontro col destino avvenne una fredda mattina di febbraio, con la luce chiara che entrava attraverso la finestra del mio studio e illuminava il volto delicato di un'umana, una donna che all'epoca era la moglie di un altro uomo."
Non so se la dicitura spoiler sia corretta, di fatto non è una if. Accetto consigli.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Heidi, Tanya, Un po' tutti | Coppie: Carlisle/Esme
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Precedente alla saga
Capitoli:
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30 – La veggente e il soldato

30 – La veggente e il soldato

 

 

Alice e il suo misterioso compagno erano fermi sulla porta e pareva che attendessero il permesso per entrare in casa. Il silenzio era sceso tra noi, ma quella strana calma che avevo percepito fin dall’inizio perdurava.

La priorità del momento era capire la ragione per cui erano venuti a Forks a cercarci, così mi decisi a sbloccare l’incerto di quella situazione.

“Alice, sei davvero tu…” non seppi nascondere la sorpresa. Lei mi sorrise.

“Ciao, Carlisle. Mi fa piacere che ti ricordi di me. Immagino ti chiederai come ho fatto a trovarti.”

“In effetti, sì. Me lo stavo domandando, anche se ricordo bene che sei una ragazza piena di risorse.”

Non volevo fare dell’ironia, solo essere amichevole; avevo sempre avuto una spiccata simpatia per Alice e la sua esuberanza. L’avrei amata anche come vampira nello stesso identico modo.

“Sono arrivata fin qui, seguendo le mie visioni; io e Jasper siamo destinati a unirci alla tua famiglia.”

E con un cenno della testa indicò il ragazzo biondo al suo fianco. Non si era ancora intromesso neppure una volta; aveva lasciato che fosse lei a gestire tutta la situazione, limitandosi a far la parte dello spettatore, quasi non avesse diritto di replica. L’impressione era che si limitasse a seguirla e pensai che lo avrebbe fatto anche in capo al mondo. Guardai il misterioso, silenzioso vampiro prima di riportare la mia attenzione su di lei.

“Mi fa piacere incontrarti. Però avrei preferito che finisse in modo diverso; speravo di non ritrovarti trasformata in vampiro. Avevo scongiurato con tutte le mie forze che non accadesse…”

“Sì, lo so.”

Mi sorprese nell’immediato, ma proseguì chiarendo il senso delle sue parole.

“Carlisle, io ho pochi e radi ricordi della mia vita precedente. So che ci siamo già incontrati… in un posto lontano da qui. - Mise una mano nella tasca della veste leggera e un po’ logora che indossava e ne estrasse un foglio tutto spiegazzato. – Quando mi sono risvegliata in forma di vampira ero sola e l’unica traccia che avevo in mano era questa lettera; ho iniziato a leggerla, e sono arrivate le visioni dal passato e dal futuro. Ho visto Jasper. Ho visto te e questa famiglia. Così ho capito che dovevo trovarvi per unirmi a voi.”

Era la lettera che le avevo scritto io prima di fuggire da Madison, in cui avevo riposto tutte le mie speranze per lei. Alice l’aveva conservata tutto questo tempo pensando che fosse importante, un tassello del suo futuro. E lo era. Cercò con gli occhi lo sguardo benevolo di Esme, poi quello di Edward, quindi tornò a puntare i suoi occhi su Esme come se attendesse un cenno d’incoraggiamento dalla vampira.

Segno che non si fece attendere.

“La nostra famiglia è sempre pronta ad accogliere nuovi membri, siete i benvenuti.”

Furono le parole amorevoli di Esme che io potevo solo condividere. Alice stirò le labbra prima dolcemente, poi all’improvviso la vidi esplodere in un sorriso di gioia e battere le mani con genuino entusiasmo.

“Oh, stanno per arrivare i miei fratelli! Sono ansiosa di conoscerli.”

Infatti Rosalie ed Emmett entrarono in casa in quel momento. Era alquanto bizzarra tutta la situazione, perché Alice si comportava come se l’avessimo già accettata; lei semplicemente sapeva già come sarebbe finita. Lo aveva visto.

Elettrizzata dall’emozione, muovendosi come se stesse danzando, andò loro incontro con fare amichevole; avvertii di nuovo quel senso di calma pervadere il mio animo e lessi uguale sentimento sui volti dei miei figli.

“Piacere di conoscervi, ragazzi! Io sono Alice e lui è Jasper, il mio fantastico compagno.”

Li salutò con la sua voce musicale e armoniosa.

Emmett, per carattere aperto e solare, li accolse con un sorriso franco, anche lui pervaso dalla stessa calma che circondava tutti.

“Oh, bene, una sorella e un nuovo fratello con cui fare la lotta. Benvenuto Jasper. Io sono Emmett, il marito di questa splendida bionda.” E stampò un bacio sonoro sulla guancia di Rosalie, che reagì un po’ ritrosa alla spavalderia del suo compagno.

“Grazie. Sono felice di essere qui, con tutti voi.”

Era la prima volta che sentivo la sua voce, rivelava forse una lieve insicurezza; i suoi occhi indicavano che non era abituato al sangue degli animali; poi notai i segni vistosi sul suo corpo, innumerevoli segni di morsi che formavano una sorta di reticolato bianco argenteo sulla sua pelle.

Erano le cicatrici del suo passato e mi chiesi quanto fosse stato violento e sanguinario; avrei dovuto preoccuparmi, ma quella strana calma che avvertivo non mi abbandonava.

In verità, era tutto alquanto curioso: Rosalie nella stessa circostanza, con degli estranei non sarebbe apparsa tanto rilassata; si sarebbe messa sulla difensiva.

Con Alice non accadde e le ragazze si salutarono con cordialità.

“Sono felice di conoscerti Rosalie; sarà bello andare insieme per negozi, e magari anche al cinema. Mi devi illuminare sulle novità dell’ultima moda; come puoi vedere il mio vestito non è il massimo.”

“Ne sarò felice. È bello avere una sorella; Emmett non ha certe delicatezze ed Edward è sempre troppo serio e tormentato. Non è uno che sa divertirsi…”

“Lo faremo sciogliere noi, vedrai.”

Edward, suo malgrado, sorrise.

La mente vivace e originale di Alice gli era sempre piaciuta fin da quando era umana. In effetti fra Edward e il simpatico folletto si sarebbe instaurato un bel rapporto fatto di complicità fraterna, stimolato anche dai loro poteri complementari.

Avrebbero collaborato spesso e volentieri; insieme sarebbero stati una forza.

Mio figlio intanto, stava studiando Jasper.

Analizzava il suo potere mentre sentiva che aveva effetto anche sul suo umore.

Era lui che controllava le nostre emozioni, riusciva a manipolarle e sapeva creare quel clima distensivo e sciogliere le eventuali tensioni. Esercitava il suo potere su chiunque, vampiri e umani; in futuro si sarebbe rivelato assai utile in svariate situazioni.

 

Alice e Jasper furono gli ultimi arrivati.

Gli ultimi figli, ma non i meno importanti.

Fra tutti, gli unici che non avevo trasformato io, accolti come figli adottivi in seno alla famiglia, amati come tutti gli altri. Avrei approfondito la storia di Alice e Jasper nei giorni successivi. C’erano tante cose da capire, tante che forse non avremmo capito e sarebbero rimaste avvolte nel mistero. Ma avevo tutto il tempo che mi serviva per scoprirlo; l’eternità non mi spaventava più come un tempo, perché c’era la mia famiglia ad accompagnarmi in quel viaggio.

Non era stato Jasper a trasformare Alice come avevo pensato all’inizio.

Su questo Edward era stato chiaro.

Si erano incontrati solo due anni prima, ed era stata lei a cercarlo guidata dal suo potere; era lui quel vampiro che aveva visto nella sua visione, quando era ancora solo una fragile umana. Ma a parte questo, Edward non era riuscito a scoprire molto altro.

“Non ha molti ricordi del suo passato, quasi non si rammenta di Lucien né del manicomio, e non ricorda nulla della sorella. Le immagini nella sua testa sono molto confuse. Può darsi che sia stato lui a trasformarla, visto che era la sua intenzione, ma non possiamo esserne sicuri; ci sono dei buchi neri nella sua memoria che non mi permettono di scoprire altro. Forse dovresti provare a parlare con lei.”

“Proverò a farlo. Non che sia così importante, adesso. Ma sarebbe bene sapere se Alice si è lasciata dietro qualcosa di compromettente o irrisolto. Dobbiamo stare all’erta. Di Jasper cosa puoi dirmi?” chiesi incrociando le dita, con i gomiti appoggiati sul piano lucido della scrivania del mio studio. Edward era immobile di fronte a me, le mani infilate nelle tasche dei calzoni.

“Ha un passato burrascoso alle spalle, ma ha un profondo desiderio di cambiare vita. Non penso sarà facile; si è nutrito per lungo tempo di sangue umano, sarà sempre una terribile tentazione per lui, ed è vissuto in un clan dove i rapporti personali erano fragili e dettati da pure necessità, senza valori affettivi autentici. Non era una famiglia come la nostra.”

“Capisco. - Dissi con aria grave. – Con tali premesse è impensabile inserirlo a scuola tra gli umani, come un ragazzo normale. Sarà necessario aspettare.” Sospirai, rivelando la mia apprensione che Edward avvertì riflessa nei miei pensieri.

“Temi possa aggredire qualcuno?”

“Non sarebbe da escludere. Dobbiamo scongiurarlo a tutti i costi. Aspetteremo finché non sarà pronto e credo che Alice potrà aiutarci; è una fortuna che ci sia lei.”

Nei giorni seguenti parlai con la piccola veggente.

Alice aveva già legato con tutti; Esme l’adorava come era prevedibile, e insieme si divertirono a scegliere l’arredamento della stanza che avrebbe diviso con Jasper; si dimostrò bendisposta a collaborare, ma la memoria non le veniva in aiuto. La maggior parte dei suoi ricordi umani erano stati cancellati, forse anche dalle terapie cui era stata sottoposta per anni.

Le parlai del manicomio di Madison, del periodo che lavorai lì, e naturalmente di Lucien.

“Tu all’epoca non potevi saperlo, ma Lucien era un vampiro, Alice. Aveva uno strano ascendente su di te, che mi preoccupava molto; sapevo che voleva trasformarti e tentai di impedirlo. Temevo che andandomene, avrei dato via libera alle sue intenzioni, ma fui costretto a farlo. Solo non capisco perché ti abbia lasciata andare dopo la trasformazione.”

“Io non ricordo il momento precedente la trasformazione. A volte affiora alla memoria un volto, un ragazzo bellissimo dai capelli neri come la notte. Penso sia Lucien, il vampiro di cui mi parli, ma non lo so con certezza. E non saprei dirti che fine abbia fatto. Mi sono svegliata lontana da Madison, e non c’era nessuno. Ricordo una fuga… non so da cosa o da chi… Poi ho visto Jasper in una visione... mi sembrava di averlo già visto. Ho vagato per giorni da un luogo all’altro, da una città all’altra per raggiungerlo. Finalmente ci siamo incontrati a Philadelphia: in un giorno di pioggia battente è entrato nel locale dove mi ero fermata ad aspettarlo. Non credeva ai suoi occhi quando mi sono avvicinata a lui.”

Alice ricordava quel momento del loro incontro con espressione serena; i suoi occhi brillavano accesi da una forte emozione. Non ricordavo di averla mai vista così felice.

“Cosa sai di lui, Alice? Del suo passato? Uccideva gli umani e si vede dai suoi occhi.”

“Sì, ma desidera cambiare stile di vita, così gli ho parlato di te. Non mi ha creduto subito, ma ho insistito perché sapevo di avere ragione. Quando l’ho incontrato era insieme ad altri vampiri, avevano lasciato il loro clan. Jasper era depresso e infelice, ma non sapeva come uscire dall’apatia della sua esistenza.”

Le ultime parole di Alice mi inquietarono.

“E questi vampiri dove sono, ora?”

“Non lo so; sono andati per la loro strada, immagino. Lui li ha abbandonati per seguire me; sapevo che lo avrebbe fatto. L’ho visto.”

La storia del maggiore Jasper Whitlok era particolare come la sua capacità di leggere le emozioni e controllarle.

Un pomeriggio dopo una caccia con Emmett ed Edward, gli chiesi se avesse voglia di parlarci delle sue origini; lui con pazienza, raccontò di fronte a tutti noi ogni dettaglio della sua vita senza tralasciare nulla.

Jasper non era un neonato; era un vampiro di quasi cento anni e la sua nascita risaliva alla guerra di secessione americana. Ci raccontò di come era stato trasformato e perché. Originario del Texas, più precisamente di Huston, si era arruolato nell’esercito confederato dove aveva combattuto fino a quando sulla sua strada, all’età di vent’anni, non erano comparse tre immortali: una di queste aveva nome Maria e fu colei che lo trasformò.

Maria era coinvolta in guerre cruente tra vampiri neonati per il controllo di territori in Messico dove potersi nutrire senza concorrenza, e Jasper col suo potere e carisma che esercitava sulla truppa, le era stato utile per controllare e guidare i giovani vampiri nelle battaglie. In pratica si era servita di lui, in maniera scaltra, usandolo come una marionetta. Così aveva imparato a combattere contro i neonati, vampiri molto forti, selvaggi e brutali, praticamente fuori controllo, dominati solo dai loro impulsi. Ottimo combattente, ne aveva sterminati un numero spropositato.

A testimonianza del suo passato di violenza e scontri, il suo corpo era segnato da morsi e cicatrici. Mi chiedevo se fossero solo segni superficiali o se ne fossero rimasti anche sul suo cuore morto. Ormai sapevo che potevamo restare segnati dalla nostre esperienze quanto gli umani e Jasper non mi pareva diverso in questo.

Non avevo mai sentito parlare di simili scontri tra vampiri, per la ragione che all’epoca dei fatti, io vivevo tra le terre del Canada e l’Alaska, lontano dai territori del Sud teatro della guerra civile. Era il periodo del primo incontro con Eleazar e la sua famiglia, ed ero vissuto quasi in isolamento per molto tempo, prima di ributtarmi nella civiltà.

Quanto tempo era passato.

Quanta vita era scivolata via da allora e quanti fatti erano accaduti a cambiare la mia esistenza.

Era strano riguardare indietro al passato, ma lo facevo senza dolore, con la consapevolezza che oggi ero un vampiro molto diverso, appagato, pieno di esperienze fortificanti; alcune mi avevano senza dubbio segnato, altre arricchito.

L’incontro inaspettato con Alice, per Jasper era stato vivificante come ritrovare una speranza perduta.

“Ero stanco di combattere, stanco di tutta quella violenza. Lasciai il clan di Maria insieme a un paio di neonati che avevano deciso di fuggire. Uccidere iniziava ad atterrirmi, ero disgustato dalla mia esistenza, ma la sete mi dominava; sentivo tutto ciò che provavano le mie prede, le loro paure, quella soggezione di fronte al soprannaturale che avevo provato anch’io quella notte fatale che incontrai Maria e le altre. Non sapevo che ci fosse un altro modo. Pensavo di non avere scelta. Se non avessi trovato lei sulla mia strada, sarei diventato un bruto, un mostro senza sentimenti.”

Aveva parlato, guardando il folletto con uno sguardo inequivocabile; si era profondamente legato a lei, con una forza indissolubile.

“Mi hai fatto aspettare parecchio.” Commentò Alice con un sorrisetto indulgente e malizioso.

“Scusami, cercherò di recuperare il tempo perso.” Le rispose lui di rimando.

Guardavo la piccola vampira ed ero certo che quel sentimento, Alice non lo avesse mai avuto per Lucien. La veggente aveva fatto bene a fidarsi delle sue visioni, quanto mai vere.

Ed ero contento di trovare in Jasper un vampiro diverso da ciò che era stato Lucien.

Jasper sapeva cosa volesse dire uccidere esseri umani, ma il suo potere di sentire le emozioni lo aveva in qualche modo salvato, sviluppando in lui una sorta di empatia per le sue vittime. La depressione era stata la diretta conseguenza.

Non gli piaceva allenare ed educare vampiri che, dopo un anno, avrebbe dovuto uccidere, se non erano già caduti sui campi di battaglia, ma era quello che Maria gli chiese di fare per lungo tempo.

 

Non potevo concepire una vita più difficile, un incubo peggiore di quello cui era stato sottoposto lui.

Guerre tra clan di vampiri.

Non riuscivo a immaginare nulla di più terrificante e spaventoso.

Le guerre umane mi erano sembrate sempre tremende; le avevo evitate con cura estrema, come certe terribili pestilenze che fanno paura agli esseri umani; per fortuna, non mi ero mai trovato coinvolto in faide tra immortali. Detestavo la violenza; la mia indole non era aggressiva e da lotte del genere non ne sarei mai uscito vivo. Ma mentre Jasper raccontava quelle storie che si perdevano indietro nei secoli, la mia mente veniva assalita da strani dubbi.

Come mai gli uomini non si accorgevano di quei violenti scontri?

Come e quando finivano quelle diatribe, se finivano?

“Vorrei saperlo anch’io.” Edward diede voce ai miei pensieri.

Jasper si dimostrò per un momento disorientato.

“Cosa volete sapere?”

“Non eravate troppo esposti agli umani? Con tutta quella violenza si saranno accorti di voi…” Ragionai tra me.

“Il rischio c’è stato, effettivamente. Ma quando la situazione diventava troppo critica, interveniva la guardia dei Volturi; facevano piazza pulita di neonati e gli scontri si interrompevano per un po’ di tempo. Dopo, le ostilità riprendevano, ma con cautela e i Volturi tolleravano la cosa, almeno fino a quando non si superavano certi limiti.”

 

I Volturi.

Ecco che sentivo di nuovo parlare di loro.

Un pezzo del mio passato che improvvisamente tornava a galla sul fiume della mia coscienza.

Erano stati così vicini e non lo avevo saputo.

Ripensai a Haidi, alla sua malia e sperai che fosse ancora in vita. Cercai di allontanare il suo ricordo, per non lasciarmi distrarre da pensieri troppo conturbanti. Era strano che mi fosse tornata alla memoria così. Incrociai il mio sguardo con Edward e lui mi restituì un’ occhiata perplessa.

Sembrava dicesse, adesso c’è Esme. Perché pensi ancora a lei?

Distesi la piega delle labbra in un sorriso indulgente per rassicurare mio figlio: era solo un ricordo senza conseguenze, una piuma leggera che si era posata sulla mia fronte a solleticare la traccia di un pensiero fuggito lontano.

Una lieve impronta sul cuore che si faceva sentire, una debole scossa, quasi un brivido portato dal vento sollecitato dalla parole di Jasper, dopo tanto tempo.

 

Jasper Whitlok aveva finito il suo racconto. Gli altri si allontanarono mentre io e lui rimanemmo soli.

Alice aveva guardato il suo compagno con espressione tranquilla; c’era tra loro quasi un colloquio muto. Era come se comunicassero col pensiero, esisteva una sintonia perfetta, quasi a livello spirituale, se così si può dire per due vampiri.

Per Jasper doveva essere curioso il nostro modo di vivere; intuivo che era perplesso forse più su se stesso, sulla sua reale capacità di adattarsi. Restava fermo a fissarmi in quella posa composta da soldato sull’attenti; l’impronta del militare era davvero netta in lui, una sorta d’imprintig di cui non si è del tutto liberato, e continua a mantenere ancora oggi. In realtà, il suo atteggiamento nei nostri confronti mi ha lasciato nel dubbio per lunghissimo tempo.

“Rilassati Jasper. C’è qualcosa che mi devi chiedere? - Lo vidi esitare, dubbioso. Sorrisi mio malgrado, divertito dal suo atteggiamento sospettoso. - Sì, immagino che tutto questo sia abbastanza strano per te.”

“Beh, è inutile negarlo. Mi stavo chiedendo quanto sia difficile vivere così. Non hai mai avuto dei… ripensamenti?”

“Capisco le tue perplessità. Io personalmente no, ma altri qui potrebbero raccontarti fatti differenti. Non ho mai detto che sia facile, a nessuno dei miei figli. Non ho mai negato ciò che siamo, sarebbe da pazzi, ma io insisto a dire che è possibile vivere quasi in maniera normale.”

“Normale… mi sembra una parola così lontana da noi…” Lo sentii sussurrare, fra sé.

“Dipende tutto dalla volontà, Jasper. Io non ho mai obbligato nessuno e non intendo importi uno stile di vita che non senti. Ma devo chiederti di scegliere; se deciderai di restare con noi dovrai adattarti e mi aspetto che tu sia almeno convinto. Posso darti tutto il tempo che vuoi; capirò se fallirai. Si cade e ci si rialza.”

Restò per un momento in silenzio.

“Io ho scelto di seguire Alice…”

“Allora è per lei che intendi rimanere?”

“Anche, sì…”

“Mi basta. Benvenuto nella famiglia Cullen.”

 

Con l’arrivo di due nuovi vampiri, i licantropi tornarono a controllarci.

Secondo loro stavamo aumentando di numero in maniera pericolosa. Avevano visto Jasper i suoi occhi rossi e non volevano fidarsi. Una notte un branco di cinque lupi, piombò latrando furiosamente davanti alla nostra casa nel cuore della foresta.

Dovetti faticare un bel po’ per convincerli che non saremmo stati un pericolo per la comunità di Forks e gli indiani della vicina riserva.

“Garantisco io per lui. Si è unito al nostro clan per cambiare vita. Vi do la mia parola che non accadrà nulla. Al minimo sentore di pericolo per gli umani, andremo via. Non saremo noi a violare il patto per primi.”

Jasper e Alice non avevano mai incontrato veri licantropi; restarono sconcertati prima dall’odore insopportabile, poi dalla sorpresa di scoprire nemici naturali e letali.

“Avevo sentito parlare di queste creature, ma non ho mai creduto che esistessero.” Commentò Jasper, mentre Alice riconosceva di non poter avere visioni su di loro.

Non li aveva visti arrivare.

 

Jasper si adattò volentieri alla dieta a base di sangue animale; gli sembrò una valida alternativa. Ma inserirlo fra gli esseri umani fu decisamente più difficile. Ci volle molto tempo e avvenne per gradi. Piccoli passi alla volta, faticosi e non sempre costanti.

Sul palato, nelle narici e nella memoria Jasper manteneva troppo vivo il sapore del sangue umano.  Per lui era una fatica immane resistere all’aroma del sangue, una vera tortura fisica.

Non era mai stato tanto difficile neppure per Edward.

Jasper era come un drogato che aveva bisogno di disintossicarsi e non furono rare le crisi d’astinenza.

“Mi brucia la gola. Per placare questa sete, gli animali non bastano; come fate a resistere? Non vi viene voglia di andare a caccia di un po’ di sangue dolce?”

Era esasperato e irritato. Emmett rispondeva ridacchiando.

“Beh, a volte la tentazione assale anche me… di sicuro Carlisle non approverebbe, ma mi spaventa molto di più la reazione che avrebbe Rosalie, quindi preferisco controllarmi.”

Allora, Edward interveniva.

“Emmett smettila. Jasper proseguiamo la caccia; hai bisogno di nutriti ancora. Vedrai che la sete ti passerà, cerca di essere paziente.”

Ma la pazienza non sempre sarebbe bastata. Non in tutte le circostanze.

Quella di Jasper era una vera dipendenza difficile da estirpare.

Fra tutti, ancora oggi, dopo tanti anni è quello che ha più problemi a sopportare l’odore o stare semplicemente vicino agli umani.

Per aiutarlo, abbiamo trascorso dei lunghi intervalli di tempo in Alaska, facendo la spola tra Forks, Anchorage, Vancouver e il territorio canadese nell’arco di oltre un ventennio; meno erano le tentazioni, più facile era per lui resistere.

Era una fortuna che ci fosse Alice, l’unica in grado di prevedere tutte le sue possibili reazioni; se c’era il rischio di qualche aggressione, lei ci avvertiva sempre in tempo, e allora si evitava di andare a scuola, in città, per negozi o al cinema, e in altri luoghi dove era concentrata la presenza di esseri umani.

Come quella volta alla scuola di Forks. C’erano un gruppo di operai che stavano facendo manutenzione all’edificio scolastico. Alice ebbe una visione in cui vide uno degli uomini cadere dall’impalcatura e ferirsi in maniera seria.

Quel giorno impedimmo a Jasper di frequentare i corsi, invece lo obbligammo ad andare a caccia con i suoi fratelli.

“Fratellino, per oggi è meglio se marini la scuola. Immagino con un certo sollazzo le urla di terrore degli studenti.” Aveva sghignazzato Emmett in finto tono lugubre.

Mia moglie lo aveva rimproverato subito.

“Emmett non c’è nulla di divertente in quello che hai appena detto, smettila di istigare tuo fratello.”

“Un po’ di immaginazione non fa male; sai che noia ripassare lezioni di storia che si conoscono a memoria?”

L’operaio si salvò dalla caduta e dal vampiro; lo ricoverai in ospedale per oltre un mese e mezzo con due costole rotte e fratture multiple alle gambe.

 

Sono stato a lungo incerto sulle motivazioni di Jasper; credevo che Alice fosse l’unica ragione che lo facesse restare con noi. Non era facile intuire cosa pensasse davvero, solo Edward aveva libero accesso alla sua mente.

Si manteneva freddo, apparentemente distante, indifferente.

Solo col tempo compresi che in realtà si legò sinceramente ai suoi fratelli e sorelle, a Esme e anche a me, pur non manifestandolo apertamente.

Era fatto così.

In realtà, non era mai stato libero di legarsi davvero a una famiglia in modo autentico e sincero. Era un soldato che non aveva mai imparato a mostrare le emozioni, anzi le aveva represse, considerandole fonte di debolezza in un mondo di suprema violenza.

Solo recentemente ha iniziato ad ammorbidirsi un po’ nei suoi approcci.

Per lui resistere diventò una sorta di sfida, una prova di forza con se stesso; era un combattente e la sua nemica era la sete, la nemica più forte, dura e ostile che gli fosse mai capitato di affrontare. Vederla in quest’ottica lo aiutava, ma la sua presunta debolezza rispetto ai suoi fratelli, molto più allenati e meno provati, lo faceva soffrire.

Il desiderio di uccidere era ancora troppo vivo e spesso affiorava prepotente; Alice, aiutata da Edward, controllava le sue reazioni, i suoi pensieri e desideri, e scongiurava i suoi possibili fallimenti. Jasper era per lei la sua preoccupazione costante: quasi tutti i pensieri di Alice erano concentrati sul suo compagno e sul suo autocontrollo.

 

È così ancora oggi anche se sono passati decenni; sono soltanto un poco meno ossessivi.

Jasper a volte è infastidito da tutte queste attenzioni; detesta causare preoccupazioni ad Alice.

Eleazar mi aveva messo in guardia; lui ci era già passato, come Tanya e le sue sorelle. Per questo i vampiri di Denali insistevano a vivere lontani dagli umani, in un territorio inospitale come l’Alaska.

“Carlisle, quando un vampiro ha vissuto in quel modo, immerso in tutta quella violenza, cambiare è ancora più difficile: possiamo fare un paragone con un bambino che ha ricevuto solo sevizie. Jasper soffrirà per decenni probabilmente. Bisogna vedere quanto è forte; Alice indubbiamente si controlla molto meglio e questo lo stimola, lo incoraggia.” Mi disse semplicemente. Sapeva di cosa parlava, molto più di me.

“Sì, ho chiaro il concetto, Eleazar. Non farò con Jasper l’errore che feci con Edward. Non gli imporrò di restare, né gli dirò che questo è il modo migliore di vivere; voglio che si senta libero, e se un giorno mi dirà che vuole andar via, non lo fermerò… e allora, perderò anche Alice. Spero che lei possa essere tanto forte da trattenerlo…”

 

Per Jasper l’odore del sangue è un tormento quasi costante; dopo oltre mezzo secolo deve ancora combattere contro le sue reazioni fisiche: la bocca secca e arida, la gola che brucia, crampi allo stomaco, muscoli che si contraggono tesi nello sforzo di dominarsi. Solo i suoi occhi hanno mutato colore diventando dorati come i nostri.

Alice, con una dolcezza disarmante, non si stanca d’incoraggiarlo.

D’infondergli fiducia.

“Tranquillo Jasper; puoi farcela. Non assalirai nessuno. Io l’ho visto.”

Il soldato si fida del suo folletto come ci fidiamo noi. Tramite le visioni di Alice abbiamo sempre scongiurato possibili tragedie e gestito crolli finanziari in borsa. Anche grazie a lei, il patrimonio dei Cullen è aumentato considerevolmente attraverso gli anni.

 

Sembra trascorso solo un battito di ciglia, dall’arrivo di Alice e Jasper in famiglia, ma siamo già alle soglie di un nuovo secolo.

Nel frattempo il mondo è passato attraverso fasi diverse; negli anni del dopoguerra l’America ha vissuto il suo sviluppo economico imponendo il suo modello di società consumistica, si è gettata in altre guerre disastrose come quella del Vietnam, e da superpotenza in competizione con l’ URSS ha imposto al mondo la cosiddetta guerra fredda, fatta di conflitti indiretti e corsa agli armamenti nucleari, nel tentativo di impedire l’espansione del pensiero comunista. Quando nel 1962 ci fu la crisi di Cuba, in quei 13 giorni anche noi come buona parte dell’umanità, pensammo di essere arrivati alla fine: una guerra termonucleare distruggerebbe anche i vampiri. Ricordo ancora i telegiornali dell’epoca e la nostra apprensione.

Noi come il mondo, abbiamo costruito nuovi equilibri, adattandoci ogni volta a necessità diverse e l’unico elemento che mutava era l’ambiente attorno che abbiamo cercato, per quanto possibile, di adattare alla nostra esistenza.

 

Nonostante tutto, oggi siamo una famiglia unita. Lo posso dire con profonda convinzione.

Siamo passati indenni in mezzo a tutto. E non è che siano mancate le prove o le difficoltà.

I nostri legami sono solidi, autentici, si sono saldati e fortificati negli anni. Il bene profondo che mi è stato dato è superiore a tutte le aspettative che potevo sognare di avere; una moglie che adoro, sensibile e dolce, presente e attenta. Cinque figli che hanno dato senso alla mia vita, riempito il vuoto e reso meno pesante e spaventosa questa eternità che mi sovrasta.

Come nomadi, siamo passati da nord a sud, da est a ovest, attraverso Stai Uniti, Canada, Alaska.

Anche le più grandi distanze per noi sembrano accorciarsi, troppo brevi per creature che trascorrono l’esistenza a ripetere all’infinito gli stessi passi, ripercorrendo lo stesso tragitto mille e mille volte.

Abbiamo toccato innumerevoli città passando dall’Indiana, all’Illinois, al Michigan, fino ad oltrepassare i grandi laghi per puntare verso il Quebec, tutto nell’arco della vita di un uomo che nasce, cresce e muore sotto questo cielo troppo vasto, infinito quanto il mistero della vita, lontano e irraggiungibile come la morte che ci è negata.

Esperienze, sentimenti, strade accumulate, non sono altro che impronte impalpabili, nuvole in viaggio inafferrabili a testimoniare che non possiamo esistere se non nelle fantasie degli uomini.

Non c’è traccia di noi nella storia, salvo quelle leggende surreali che si perdono nella notte dei tempi.

Le nostre origini restano misteriose a noi stessi e neppure i vampiri più antichi le conoscono.

Mi sono rassegnato a essere come un maestoso albero senza radici, come quelle piante che si abbarbicano sulle rocce; mi sono aggrappato ogni volta a un luogo diverso e ho fatto mio ogni ricordo depositato sulla terra che di volta in volta ci ha accolto.

Ogni storia o dramma umano che ha toccato la nostra vita è acqua che scorre sulla nostra pelle e non possiamo assorbire, se non in minima parte.

Ho imparato ad accettarlo.

So che non avrei il diritto di chiedere più di quello che la sorte indegnamente mi ha donato: è stata una madre fin troppo generosa con una creatura partorita da un abisso oscuro.

Se guardo da qui l’immagine dell’arazzo costruito attraverso i secoli, i fili che lo compongono sembrano tutti al loro posto. Apparentemente.

Il disegno sembra preciso, completo. Chiaro. I colori limpidi.

Eppure non è del tutto vero.

So che l’immagine non è finita.

Resta un filo, in un angolo della composizione che ancora non ha trovato la sua giusta collocazione.

Fa parte del ricamo, quindi è intrecciato insieme agli altri per buona parte, ma un’ estremità non trova la sua sede. Non ha trovato il modo di annodarsi al tutto e resta estraneo, alieno all’equilibrio dell’insieme.

Stiamo tutti aspettando che venga quel momento; che il filo trovi il suo giusto intreccio.

Dovrà venire. Voglio continuare a crederlo.

Allora rivolgo la mia ultima, accorata preghiera all’universo insondabile da cui sono caduto.

 

Concedimi l’ultimo tassello che possa completare l’immagine del quadro.

Il mio amore egoista si rivestirà di una parvenza di grazia.

Una grazia che non chiedo per me.

Il primo dei miei figli è ancora solo.

La sua solitudine, più amara della mia condanna, è l’unica ferita che ancora sanguina.

Io aspetto e spero ancora di vederla guarire.

 

 

Continua…

 

Eccomi qui.

Jasper; avevo qualche timore ad affrontare questo personaggio, non ero sicura di averlo capito. Ho lavorato poco di fantasia e mi sono attenuta alle fonti originali. In effetti mi è sempre sembrato un po’ fumoso, non lo vedevo interagire con gli altri. Poi non capivo esattamente perché, anche dopo tanto tempo, facesse più fatica degli altri a stare in mezzo agli umani. Mi sono concentrata sul suo passato perché credo che la chiave per comprenderlo sia lì, nell’educazione che ha ricevuto prima come soldato e poi da Maria.

Jasper non ha conosciuto altro che violenza prima dell’incontro con Alice, quindi ho dedotto che i suoi primi approcci con la famiglia di Carlisle devono essere stati un po’ perplessi. Concordate con la mia interpretazione?

Siamo alla fine ormai. Il prossimo sarà davvero l’ultimo capitolo e poi questa storia sarà davvero conclusa. Come sempre ringrazio tutti quelli che seguono e hanno seguito fin qui, in silenzio o meno. Se vi va, fatevi sentire, anche solo per dirmi se vi è piaciuto o no.

Un saluto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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