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Autore: Liz Earnshaw    10/06/2012    5 recensioni
La storia si concentra principalmente su Klaus e Caroline. Ci sono comunque tutti i personaggi ed Elena è ormai un vampiro. L'inizio vede Klaus infuriato per questo motivo, poi Caroline farà finalmente la sua comparsa!
Dalla seconda parte dell'8 capitolo:
-L’ho fatto perché… -Prima di continuare, scrutai ancora i suoi occhi, immersi nei miei. Erano celesti, limpidi come l’acqua e bellissimi come il cielo primaverile. Sorridevano sempre. Volevo, desideravo, speravo di vederli un giorno sorridere per me, nei cui confronti pareva riserbassero solo rancore. –Perché credo di provare qualcosa per te, Caroline. L’ho fatto perché volevo vederti felice. L’ho fatto in quel modo perché –sorrisi nervosamente, alzando lo sguardo prima di rincrociarlo al suo, spaesato-, perché io sono Klaus. –Mi fermai, ripensando improvvisamente alla mia stramba vita le cui immagini si ripresentavano, come sempre, nella mia folle testa. -Non ho conosciuto nessuno che mi abbia. –Ancora un’altra pausa, tesa a riprendere il tono della mia voce ormai troppo smozzato. Pensai a mia madre, se così potevo definirla. Accarezzai le labbra e il mento e ripresi, con calma - insegnato ad amare, ad offrirmi, a sorprendere. Non sapevo come dirti dove stessimo andando perché vedevo nei tuoi occhi l’ebrezza e l’eccitazione. Ma non avrei mai potuto colmarla, volevo vederti sorridere col cuore. Volevo vedere i tuoi occhi… brillare come le stelle, quelle che ti ho mostrato l’altra sera. Tutto ciò nonostante non lo facessero con me. Nonostante non lo facciano con me. Non mi importava, seppure non ti ignoro che me ne doleva e duole tutt’ora. Me ne sono convinto sempre più andando lì, ho capito che non avrei mai potuto organizzare qualcosa che rimpiazzasse il tuo bisogno di avere accanto qualcuno che ti ami, qualcuno che tu inspiegabilmente ami. L’ho fatto con rabbia perché… non volevo. Io non volevo farti andare lì, sapendo cosa poi sarebbe successo. –Digrignai i denti e scossi il capo, tentando di non pensarla fra le sue mani. - A cosa sarebbe servito mostrarti Los Angeles? A cosa sarebbe servito parlarti di come l’ho vissuta io, di cosa ho vissuto in tutto questo tempo. Tu pensavi continuamente a lui e questo mi ha fatto render conto della completa inutilità che rappresentavo, in quel momento. –Mollai la presa sulla porta, sedendomi sul letto. –Non potevo farlo con dolcezza, Caroline. Non potevo correre da te e dirti che mi dispiaceva vederti piangere in quel modo. Tyler stava arrivando, avrei rovinato tutto. L’ho fatto per te! –Battei i pugni sul letto. –Lo capisci? –Mi avvicinai, accarezzandole il viso troppo pallido. –Per te. –Terminai, aprendo la porta e fuggendo via da quella dannatissima stanza, evitando così la sua risposta.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Caroline Forbes, Klaus, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Presi la macchina di mia madre e raggiunsi il ristorante dove si sarebbe tenuto il pranzo.

Tutto era ampio, la giornata era bellissima e poco fredda, diversamente dal solito. Fui felice di poter stare un po’ fuori a godere di quel tempo.

-Care! –Una voce a me conosciuta, esclamò il mio nome.

-Elena! –La raggiunsi, felice di rivederla sorridente.

Ci abbracciammo e le chiesi con chi fosse, pur sapendo la risposta.

-Damon! –Sorrise ancora, facendo un occhiolino. Si erano messi insieme da poco tempo. Io  non ne ero molto entusiasta, ma non potevo non appoggiarla. Con lei era diverso e dovevo mettere da parte il passato per la mia amica.

-Oh, eccolo. Ciao Damon! –Mi avvicinai e gli diedi un bacio sulla guancia, proponendo una tregua.

Rimase sorpreso, pur ricambiando il saluto. Elena mi guardò complice, dicendomi, senza farsi sentire:

-Grazie.

La abbracciai, prima che si allontanassero per le solite cerimonie.

-Caroline! –Mi voltai e la madre di Tyler era alle mie spalle, evidentemente preoccupata.

-Signora Lockwood! –Le carezzai il braccio, sorpresa della sua strana reazione.

-Tyler è andato via. Voleva che te lo dicessi. Mi ha detto che si sentiva strano e che sarebbe tornato, come ha promesso.

Non ebbi il tempo di risponderle che qualcuno la chiamò, per lustrare i propri investimenti in città.

Non capii subito il perché, ma l’unico nome che mi venne in mente fu quello di Klaus.

Così iniziai a cercarlo ovunque, fermandomi a salutare le persone per mantenere salda la posizione di Miss Mystic Falls.

Poi, finalmente, lo vidi vicino al banco dei cocktail, come sempre.

-Oh, eccoti! –Esclamai, incuriosita e stanca. –Ti ho cercato dappertutto!

-Buongiorno anche a te, Caroline. –Rispose, indispettito dalla mia non curanza.

-Sì, mettiamo da parte i soliti convenevoli. Vieni. –Afferrai la sua mano, trascinandolo dietro il locale.

-Mi piace questo atteggiamento deciso. Saresti stata un buon generale di battaglia, peccato che hanno sempre ritenuto inutili le donne. –Sorrise, sghembo.

-Sai dov’è Tyler?

Alla domanda si fece serio.

-No! –Negò, spudoratamente.

-Tu lo sai. E non vuoi dirmelo! –Affermai, sicura.

-Caroline, ti ho detto che non lo so. –Cercò di mantenere un tono serio, seppur garbato.

Poi fissai quegli occhi: mentiva ancora.

-Dimmelo. –Mi avvicinai, infuriata.

Sbuffò, annoiato.

-Quando tu stavi cercando di conficcarti un paletto nel collo, mia cara, il tuo fidanzatino mi guardava con occhi supplicanti, chiedendomi perché non riuscisse a controllare il lupo tenero e non poco affamato che risiede in lui. Così l’ho soggiogato. Gli ho detto che sarebbe dovuto andare via, tornare nel bosco e cercare di ricontrollarsi.

Rimasi allibita. Pensavo sapesse solo dove fosse finito, e non che lui fosse la causa di tale sparizione.

-Come… come hai potuto? –Voltandomi, portai le mani ai capelli, incredula.

-Dovevo. Saresti stata in pericolo, ed io non sono sempre dietro le tue spalle.

-So badare a me stessa. –Affermai, fissandolo.

-Non è vero. Non contro un lupo enorme che non sa controllarsi. Tyler non sa regolare la rabbia, lo capisci?

-Dov’è? Dove… dove gli hai consigliato di andare?

-Da nessuna parte. –Disse, contraccambiando lo sguardo.

Alzai le mani al cielo, stufata. Scossi la testa, mordendomi le labbra.

-Non posso dirtelo. –Ammise, dopo.

Spalancai la bocca, ancora più esterrefatta di prima.

-Tu sei pazzo! –Non credevo alle mie orecchie. Non potevo saperlo?

Fu lui, allora, a scuotere la testa.

-Non sei l’unico a saperlo! –Affermai, voltandomi per andare via.

Afferrò il mio braccio, portandomi verso di sé.

-No! Non andare. –Implorò, affinchè  rimanessi.

Allentò la presa, scrutandomi.

-Io devo parlargli, devo cercarlo. –Dissi, decisa a mantenere salde le mie intenzioni.

In quell’istante mi prese e, in pochi secondi, ci ritrovammo nell’abitacolo della sua auto.

-Devi… piantarla con queste cose! Non puoi prendermi e portarmi qui, come se te l’avessi chiesto.

-Io ho un compito, e devo svolgerlo. Non posso fare altrimenti, mi dispiace.

-Un compito? –Sorrisi, nervosamente. –Ora chiamo Elena e torno alla festa.

Non rispose. Continuò a correre fino a quando giungemmo davanti ad una villa, immersa nella boscaglia.

 Appena scesa, sarei fuggita via. Ovviamente capì le mie intensioni, tenendomi stretta a sé. L’ultima via di fuga era Elena.

-Adesso chiamo la mia amica, e vado via di qui. –Decisi di fargli sapere le mie intensioni, prima ancora che entrassimo.

Una volta superata la soglia, notai la bellezza di quella casa. All’interno c’era solo legno. Era… rustica? Tutta antica e accogliente. Con un camino acceso, pronto a riscaldarti.

Klaus aprì il frigo e stappò una birra.

-Elena sa tutto. –Rispose, con tono sicuro.

-Elena sa di noi? –Quel ragazzo non smetteva di sorprendermi.

Sorrise, e inizialmente non capii il perché.

-Noi? –Si avvicinò, compiaciuto, offrendomi una bottiglia di birra già stappata, facendola toccare con la sua.

-C.. io… oh, dammi questa birra! –La afferrai, con la speranza che riuscisse a coprire le mie guance in ebollizione.

Si voltò, sorridendo ancora.

-Hai una sigaretta? –Ero nervosa. Dovevo fumare.

-Tu fumi? –Domandò, prendendosi ancora beffa di me. –E’ in quel cassetto. –Indicò un mobile alle mie spalle. Lo aprii e trovai ciò che cercavo.

-Posso uscire fuori o troverò i miei amici a fare la guardia?

-No, esci pure. Tanto non puoi andartene, c’è un incantesimo. –Continuò a ridere, cercando con lo sguardo la complicità. Questa non arrivò, in compenso gli dedicai un’occhiataccia.

Fuori c’erano due sedie a dondolo, bellissime. Mi ci sedetti sopra , cullandomi.

Il tempo era bellissimo, una goduria vedere di lì il sole tramontare e le rondini svolazzare nel cielo limpido, emettendo rilassanti suoni. Non era niente male, infondo.

Finita la sigaretta tornai dentro. Lui non c’era.

-Klaus? –Mi affacciai verso quella che sembrava essere la cucina.

Poi andai verso il corridoio, aprendo le porte di ogni stanza.

Aprii l’ultima, pensando che fosse uscito fuori. Con mia sorpresa era lì, sotto la doccia. Ancora.

-Dovresti smetterla di importunarmi così, sai? –Domandò, sotto il fluire dell’acqua.

Chiusi, senza dire niente.

-Controlla il respiro, controlla il respiro Caroline! –Imposi a me stessa, sotto voce.

Quella porta si aprì e Klaus uscì gocciolante.

-Vuoi farti una doccia anche tu? –Chiese, asciugandosi i capelli con un panno. –Anche se io ho già fatto! –Aggiunse, sogghignando. Era a petto nudo, la vita era abbracciata da un asciugamano.

Sorrisi, sarcastica. Dovevo allontanarmi.

-Sì, grazie. –Corsi verso il bagno, prima che l’istinto prevalesse sulla ragione.

La doccia era perfetta, ci voleva proprio.

Terminato un ultimo risciacquo, mi voltai in cerca dell’accappatoio. Non c’era. O per lo meno non sapevo dove fosse, a differenza di Klaus.

-Klaus! –Urlai. –Ti odio! –Mugugnai, lamentandomi di quell’ibrido.

Dalla porta appena aperta, un muscoloso braccio teneva impugnato un canovaccio. Lo lanciò in aria e riuscii ad afferrarlo. La porta non si chiudeva. Coprendomi, la raggiunsi e la chiusi.

-Maleducata! –Esclamò, ridacchiando.

“Pure?” pensai, sorridendo.

Cercai di avvolgermi addosso quel coso, ma niente. Non riuscivo a coprirmi, così uscii dal bagno con quasi tutto il sedere fuori, che cercavo di coprire con una mano.

-Non ce n’era un altro più grande? –Klaus era steso su un letto a due piazze, con ancora l’asciugamano avvitato. Fu sorpreso nel vedermi e sorrise, soddisfatto.

-Forse sì, ma ho preferito quello. Ti sta bene!

Afferrai un cuscino e glielo lanciai addosso, soddisfatta.

-Per me puoi anche rimanere così, Care. –Mi chiamò Care, per la prima volta. Sorrisi.

-Per me no! Dammi qualcosa da indossare.

Si alzò, aggiustando il panno che, a mala pena, gli copriva l’organo genitale.

Risi, sotto i baffi.

Mi passò una maglia larghissima e delle mutande nuove. Il perché fossero lì non me lo spiegai. Comunque sia, indossai ciò che mi aveva dato, sentendomi una profuga.

Tornai in stanza, mostrandomi con una giravolta.

-Sono orrenda. –Affermai alzando le mani al cielo.

-Mmm. Da oggi mi piacciono le cose orrende! –Esclamò, steso a pancia in giù sul letto.

-Allora ti amerai tanto! –Risposi, ridendo.

-Sì, tantissimo! –Disse, accarezzandosi il viso.

Mi stesi accanto a lui.

-Come fai ad essere sicuro della reazione di Tyler? –Chiesi, incuriosita dalla fermezza di questa mattina.

Ci fu un lungo momento colmo di silenzi, rotti dalla sua affermazione:

-Perché l’ho vissuto. –Ammise, con aria affranta.


Note dell'autrice: allora, questo, molto probabilmente, è l'ultimo capitolo che leggerete. Per un po' di tempo non posterò poichè ho gli esami. Forse, siccome ho troppe idee, qualcosina qualcosina uscirà. Cercherò, comunque, di evitarlo perchè ho tantissime cose da fare e scrivere la storia mi distrae parecchio. Quindi spero di ricevere recensioni perchè è davvero bello, dopo che hai passato quel tempo a scrivere con tua sorella che ti rompe per avere il pc, leggere che quel tempo non è perso, che hai stimolato le idee di qualcuno, che hai alleggerito la giornata di qualcuno. Grazie mille a chi legge, a chi inserisce la storia fra le preferite e a chi commenta, in particolar modo. UN BACIONE, Lisa.

   
 
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