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Autore: Charme    10/06/2012    25 recensioni
Come un sonnacchioso turno di lavoro serale al Ministero della Magia si trasformò in una snervante nottata costellata di peripezie e incontri più o meno inconsueti.
Missing Moment su Arthur Weasley e i suoi tanto decantati straordinari al lavoro.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Arthur Weasley, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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  Salve!

  Questo non-simpatico racconto, come i suoi sei fratellini, ben più belli di lui (diciamo che considero il mio Missing Moment un po' come il Ron della famiglia, solo che lui non si rivela il più figo di tutti, alla fine. Fidatevi, bruttino è e bruttino resta), è nato da una splendida idea di Dierrevi ed Elos. L'idea era trovare alcune frasi, personaggi, situazioni o brani emblematici nei vari libri di Harry Potter e, tirando a sorte, vedere di svilupparli in qualcosa di possibilmente divertente.

  A ferao, che mi tirerà dietro tutto, è capitato l'unico Missing Moment Percy-related. E chiunque la conosca sa che, in un primo momento, non è stata per niente contenta. Ma lei cade sempre in piedi.

 

  Il mio Missing Moment fa riferimento alla scena, nel terzo capitolo di Harry Potter e la Camera dei Segreti, in cui Harry, appena giunto alla Tana, fa conoscenza col signor Weasley, che racconta per sommi capi alla famiglia di aver passato la notte a fare gli straordinari. Il mio obiettivo era sviluppare un po' quei 'sommi capi'.

 

 

  I partecipanti alla Quest, in ordine alfabetico, sono:

 

- Charme, che sarebbi ego;

- Dierrevi

- Elos

- ferao,

- Iurin,

- Laelia,

(alla sua prima pubblicazione! Leggetela o vi smonto ಠ_ಠ);

- MedusaNoir.

 

 

  Ci saranno tonnellate di note esplicative, in chiusura. Mi sono divertita di più a scrivere quelle che non la storia, per cui vi pregherei di leggerle :3

  Mi auguro che gradiate!

 

 

 

 

  Solitamente il turno serale dei dipendenti dell’Ufficio per l’Uso Improprio dei Manufatti dei Babbani non era particolarmente arduo, consistendo perlopiù nel compilare scartoffie e moduli concernenti i risultati di alcuni sopralluoghi effettuati dagli incaricati sul campo del mattino. Quella calda sera d’agosto sembrava che perfino i piccoli trafficanti di merci sospette con cui si trovavano ad aver a che fare solitamente avessero preferito restarsene in pace.

  La noia era tale che Arthur Weasley, per evitare la nullafacenza e agendo contro ogni istinto di autoconservazione, aveva deciso di rispondere alle immancabili lettere di reclamo che fin troppi utenti indirizzavano al Ministero della Magia. Lettere che immancabilmente venivano smistate senza troppa cura, poiché evidentemente l’obiettivo principale di ogni impiegato era far sì che la sgradevole incombenza di rispondere a una signora Duncington qualunque toccasse a qualcun altro, applicando appieno il proverbio comune a Maghi e Babbani ‘mors tua, vita mea’. La signora Duncington era ormai una leggenda – se non uno spauracchio – vivente, all’interno dell’intero Ministero, tanto da essere passata a simboleggiare per antonomasia l’intera categoria dei postulanti: era perlomeno la decima volta che scriveva, indirizzando la stessa lettera a dozzine di Uffici diversi, evidentemente persuasa del fatto che una maggiore visibilità avrebbe aumentato le sue possibilità di successo riguardo al suo suggerimento di organizzare speciali lotterie per permettere a un numero ristretto di Babbani di venire avvicinati al mondo della magia.

  A quel punto, appariva ormai evidente che la cara signora fosse incapace di comprendere la causticità della parola no, e che avesse decisamente troppo tempo libero.

  Arthur si asciugò la fronte imperlata di sudore, e con un sospiro ben udibile si apprestò a leggere la lamentela del giorno, pregando sentitamente di non riconoscere, nel mucchio, la calligrafia ormai tragicamente familiare della signora Duncington.

  I pensieri inquieti del signor Weasley furono interrotti dalla voce del suo collega d’ufficio, Lancelot Walsham.

  “Non puoi fare sul serio, Arthur. Goditi il momento d’ozio e giochiamo a Battaglia Navale”

  “No, grazie. Sarà meglio sbrigare anche questa corrispondenza, per quanto sgradevole, prima che la gente passi alle Strillettere.”

  “Quelle sarebbero un problema dell’Ufficio Postale, e ovviamente non passerebbero il controllo, per cui noi non le vedremmo mai. Dai, ti concedo la prima mossa”

  “Lance, smettila di tentarmi. E se poi dovesse passare la Hopkirk e ci vedesse intenti a giocare ai marinaretti?”

  “Sempre meglio delle lettere di reclamo. In ogni modo, teoricamente dovresti essere tu il responsabile dell’ufficio, non quella megera” rispose Walsham con noncuranza.

  Arthur non rispose; ormai conosceva bene il modo di fare del giovane collega, e inoltre non gli dispiaceva che i suoi subordinati avessero un rapporto d’amicizia con lui. Si concentrò sulla prima lettera. Non era della signora Duncington, ma poteva sempre trattarsi di un suo emulo, o perlomeno di un valido concorrente.

  La lettera proveniva da un tale signor Icarus P. Retirefield, ed era indirizzata agli Sportelli per il Rilascio e la Revisione dei Documenti Ufficiali. Arthur si ritrovò a pensare che era ora che il Mondo Magico la smettesse di inventarsi diciture pompose e astruse per definire ogni cosa.

  La lettera era vergata con grafia sottile e molto elaborata, il che segnalava che evidentemente colui che aveva scritto apparteneva ai gloriosi tempi andati in cui a Hogwarts gli alunni erano incoraggiati ad avere una calligrafia più che corretta, pena una valutazione infima.

  Arthur si ritenne fortunato di essere appartenuto a tempi più recenti, in cui la calligrafia era l’ultimo dei problemi di un professore impegnato a correggere dozzine di compiti. Dopo quel pensiero quasi confortante, il signor Weasley passò a concentrarsi nella lettura.

 

  A chi di dovere vado a illustrare la cagione del mio reclamo.

 

  Già l’inizio non era tra i migliori. Per qualche motivo, Arthur si ritrovò a pensare alla peculiare sensibilità dei pollici di sua moglie Molly, che, stando a quanto assicurava lei, tendevano a prudere in presenza di un disastro imminente. Perché lui non era provvisto di un simile meccanismo di difesa?

 

  ‘Sendosi reso necessario rinnovare la Licentia di Idoneità per il Possesso di Cavallo Alato di specie Etone, pervenni all’illustre struttura del Ministerio de la Magia il dì ventitreesimo del mese di Giugno, ove senz’esitazione alcuna raggiunsi l’Uffizio delegato a tali mansioni di rinnovo.

  Accadde però che allo sportello non vi fosse niuno intento a esercitare il proprio lavoro, e venni più volte colpito e successivamente ignorato da un gran numero di persone impegnate in un assai poco produttivo via vai. L’impiegata dell’ufficio non era rintracciabile in alcun punto di codesto infernal loco, e l’unico segno della sua presenza era la voce glaciale con cui dava direttive sconclusionate e del tutto a sproposito, senza peraltro prestare ascolto alle

 

  “E dai, Arthur, ho già preparato la griglia e incantato le navi!”

  Arthur interruppe la lettura, che, pur non essendo particolarmente emozionante, consisteva comunque nell’impegno che si era prefissato.

  “Lancelot, te l’ho già detto: ho intenzione di passare il resto del turno lavorando, e non baloccandomi con te a Battaglia Navale”.

  Per non parlare del fatto che sono una schiappa, a quel gioco, completò mentalmente Arthur.

  “Scommetto che se ti avessi proposto una partita a scacchi avresti accettato” insinuò Lancelot, in tono di sfida e vagamente petulante.

  Appunto.

  “Ma davvero” ribatté Arthur, fingendo scarso coinvolgimento, sistemandosi gli occhiali e tornando alla lettura più per non darla vinta a Walsham piuttosto che per reale interesse nei confronti delle epiche gesta del signor Retirefield.

  Poté soltanto scorrere velocemente il resto della lettera, in cui si parlava di attesa superiore a ore quattro  e di nullo rispetto di persone della veneranda età di centoquaranta e uno anno, dopodiché la porta dell’ufficio si aprì, e sulla soglia comparve Mafalda Hopkirk, tirannica figura del reparto. Gerarchicamente, era solo un’assistente, ma prendeva il proprio lavoro molto sul serio, con zelo perfino eccessivo, e aveva un modo di fare spocchioso ed estremamente pomposo che la rendevano invisa alla maggior parte del personale.

  “Signor Weasley, chiamata per un sopralluogo per sospette attività illecite. Ci è stato segnalato un negozio di materiali elettrici in zona Babbana, che conta però un commesso mago, tra i suoi dipendenti. A quanto pare, da quando il signor Adolphus Barkinel è stato assunto, gli incassi sono aumentati, ma si sono verificati strani episodi lamentati dai clienti abituali del negozio. Pare che molti di loro siano stati aggrediti dagli oggetti che hanno comprato. Oggetti che dovrebbero essere squisitamente Babbani, ma che paiono agire come se vi fosse stato posto sopra qualche incantesimo.”

  Perkins fece la domanda di rito. “La segnalazione proviene da un personaggio affidabile?”

  La Hopkirk aggrottò la fronte, ma annuì. “Sì. Il caso ha voluto che Bertha Jorkins, mentre si trovava a passare di lì, abbia intercettato alcuni commenti di Babbani che stavano raccontando di aver subito strani incidenti casalinghi, e la cosa l’abbia insospettita” disse, con una smorfia che la diceva lunga su quanto poco avesse in stima la svampita Bertha.

  “Una bella fortuna” commentò Walsham in tono leggero.

  “Esattamente. Ed è inammissibile che non possa esistere un metodo efficace per scoraggiare simili abusi della magia, e che dobbiamo giungerne a conoscenza per caso” replicò seccamente Mafalda, facendo poi comparire uno stropicciato pezzetto di pergamena. “Questo è l’indirizzo della casa di Barkinel. Il numero 7 di Munden Street, South Kensington. Sono già stati piazzati degli Incantesimi Dissimulatori, potete Materializzarvi direttamente lì davanti”.

  Chiunque si sarebbe sentito scavalcato dal tono spiccio di quella donna. I suoi non erano suggerimenti, erano ordini. Ma aveva delle incontestabili abilità organizzative, pertanto i sopralluoghi da lei regolati avevano un alto numero di probabilità di riuscita. Arthur lo sapeva, e sebbene Walsham gli avesse rivelato il sospetto che lei volesse in qualche modo screditarlo per ottenere una promozione, sospettava piuttosto che Mafalda non volesse altro che fare del proprio meglio per spiccare il più possibile in quell’Ufficio, in quanto unica donna lì impiegata.

  “Benissimo, Mafalda. Andremo io e Walsham in ricognizione. Il povero Perkins non ha più l’età per i sopralluoghi”. Era verissimo. L’ultima volta che il vecchio Geoffrey aveva stilato un rapporto, un guasto alla Tromba Auricolare che gli serviva per supplire alla sua incipiente sordità aveva causato non pochi problemi, e per poco un poveretto non veniva arrestato. Per cui – – sarebbe stato decisamente meglio se fossero stati Arthur e Lancelot a occuparsi del signor Barkinel.

 

  Pur cercando di non darlo a vedere, Arthur, in cuor suo, gioì di quell’inaspettato contrattempo: c’erano due cose che amava visceralmente – dopo sua moglie e i suoi figli, naturalmente – e queste erano i meccanismi Babbani e il suo lavoro. E quando il suo lavoro gli permetteva di venire in contatto con i suddetti meccanismi Babbani – il che, c’è da dire, avveniva piuttosto spesso – Arthur poteva dire di sentirsi al settimo cielo.

  Malgrado le aspettative, però, il risultato più rimarchevole del sopralluogo a casa del signor Barkinel fu che Walsham fu morso alla mano da un bollitore d’acqua, e non la prese troppo bene. Ma la versione ‘formato-famiglia’ delle Tazze Mordinaso vendute nell’Emporio di Scherzi di Zonko non si poteva comunque equiparare ai chissà quali tremendi crimini contro l’umanità, né alle minacce allo Statuto di segretezza che il tono di condanna della Hopkirk aveva fatto presagire.

  Quella con Barkinel fu una chiacchierata amichevole, più che un interrogatorio, e venne fuori che Adolphus aveva la mania di apportare migliorie a oggetti di manifattura Babbana applicandovi piccoli incantesimi. Il guaio era che il suo lavoro al negozio di elettrodomestici – termine esotico che Arthur non mancò di appuntarsi – rendeva necessario che si portasse a casa alcuni oggetti da riparare, e la sfortuna aveva fatto sì che, in qualche situazione, i marchingegni da lui modificati fossero stati scambiati con gli oggetti riparati, cagionando i piccoli incidenti con la clientela Babbana.

  Barkinel si dimostrò molto collaborativo, fornendo un elenco completo degli elettrodomestici col senso dell’umorismo, come li chiamò lui, e dei relativi danni causati (“Un gatto con un’acconciatura molto alla moda dopo un incontro ravvicinato con un rasoio, un tostapane dalle spiccate doti artistiche che si diletta a raffigurare paesaggi sulle fette di pane e un timer che non disdegna di andare a ritmo di samba. Dovrebbe essere tutto”.)

  Arthur e Lancelot stilarono il verbale e il modulo della contravvenzione di sette Galeoni stabilita per i reati minori. Il signor Barkinel, desolato per aver causato danni con un hobby che aveva creduto innocente, accettò la multa senza batter ciglio.

  “A questo punto, mi sento in dovere di segnalare alla vostra attenzione l’attività di un burlone che si diletta a vendere Chiavi Rimpicciolenti ai Babbani, fingendo di effettuare un normale lavoro di copia delle chiavi… un’attività piuttosto comune delle ferramenta – si affrettò ad aggiungere, nel caso in cui i suoi interlocutori non fossero stati degli esperti degli impieghi Babbani – il negozio si trova proprio qui accanto, tra la Bishop King’s e la North End. Il responsabile si chiama Archibald Tickle”. Arthur e Lance si scambiarono uno sguardo: tanto valeva che ci pensassero loro, visto che erano lì.

  “Grazie della collaborazione e della segnalazione, signor Barkinel. Il fatto di per sé non è grave, ma è bene scoraggiare qualunque individuo metta a rischio lo Statuto di Segretezza” disse Walsham in un tono solenne che Arthur riconobbe essere nient’altro che l’imitazione della pomposa Hopkirk.

  “Per non parlare della correttezza che la nostra gente dovrebbe sempre mostrare nei confronti dei Babbani – continuò Arthur, per poi rivolgersi al signor Barkinel – Spero che in futuro starà più attento riguardo la scelta dei suoi hobby. Mi creda, non vorrebbe aver a che fare con il Comitato per gli Incantesimi Sperimentali. Buona serata”.

 

  La segnalazione di Barkinel si rivelò fondata e precisa al millimetro: difatti il sedicente ferramenta, dopo qualche iniziale reticenza, consegnò loro le Chiavi Rimpicciolenti in suo possesso e accettò – non senza ulteriori proteste – il verbale della multa.

  Arthur e Lancelot fecero ritorno al Ministero soddisfatti del loro lavoro… e già con mezz’ora di straordinari al loro attivo. Quella che era iniziata come una sonnacchiosa serata lavorativa si era rivelata essere decisamente movimentata, ed entrambi erano desiderosi di porvi fine. Ma non fu concessa loro alcuna tregua: stando a quanto disse loro la Hopkirk, che li investì come una furia non appena ebbero messo piede nell’ufficio, a Notturn Alley stava avendo luogo una retata, e lo staff del Ministro aveva diramato l’ordine che chiunque fosse ancora presente al Ministero, malgrado l’ora tarda, fosse sollecitato a prendere parte ai sopralluoghi.

  “Di cosa si tratta?” domandò Arthur, mentre accantonava definitivamente l’idea di tornarsene a casa in tempi brevi.

  “Di cosa non si tratta. Dall’Ufficio Misteri è stata diffusa la notizia che il magazzino abbandonato del numero trentuno di Notturn Alley sia tutt’altro che abbandonato, e sia in realtà la sede di traffici illegali di ogni tipo, dalle merci rubate a quelle contraffatte, e ospiti addirittura creature il cui allevamento è severamente proibito. Sono stati allertati anche alcuni Auror, ma ci vorrà un po’, prima che arrivino.”

  Di fronte a una notizia di quelle proporzioni, Arthur non poté che obbedire agli ordini.

  “Mafalda, per favore, potresti inviare un gufo a mia moglie e avvisarla che farò decisamente tardi? Grazie mille” disse, mentre già si avviava verso l’Atrium, seguito da Walsham.

  “Certamente, signor Weasley”.

  Poco prima di usare la Metropolvere, Lancelot si rivolse al suo superiore in tono eccitato.

  “Andremo nel vivo dell’azione! A cosa devo prepararmi, Arthur?”.

  Il signor Weasley realizzò solo in quell’istante che, da quando lavorava al Ministero,  la cosa più vicina all’azione cui il giovane collega avesse mai partecipato era probabilmente stato avventurarsi nell’ufficio accanto per chiedere in prestito l’ultima copia della Gazzetta del Profeta.

  “Vedi, Lance… l’ultima cosa che vorrei fare è deluderti, ma credo che a noi spetterà più che altro la parte burocratica della vicenda. Verificare testimonianze, stendere verbali e catalogare i prodotti confiscati.”

  Lo sguardo di Lancelot si appannò per un attimo, e quando parlò di nuovo, nella sua voce prima squillante s’era inserita una nota di dubbio.

  “Ma… gli Auror non sono ancora arrivati, sicuramente ci saranno contrabbandieri da sgominare, criminali da smascherare, e magari anche…”.

  Prima che Lancelot arrivasse a parlare di pirati sanguinari, abitanti di Marte, Crup mutanti e similari amenità, Arthur fece qualcosa di molto simile a un tuffo carpiato nelle fiamme verdi del camino e sparì.

 

  Al loro arrivo al magazzino incriminato, la situazione si palesò loro con tutta la sua drammaticità.

  “Un servizio da tè con decorazione floreale per sei persone che spruzza acqua bollente. Scarpe podofaghe color rosso intenso: cinque… cinque? Qualcuno ha visto la sesta scarpa carnivora?” domandò in tono monotono Walsham, mentre, come predetto dal signor Weasley, inventariava il carico di merci illegali requisite dai contrabbandieri.

  Il reperto perduto venne fuori poco dopo: fu trovato in strada, intento a ingaggiare un epico scontro con un asciugamano color lilla – anch’esso facente parte della merce appena rinvenuta – che aveva il curioso vezzo di strozzare chiunque gli si avvicinasse. La zuffa era talmente coinvolgente che un piccolo gruppo di ubriachi caciaroni vi si erano radunati attorno, scommettendo sulla vittoria dell’uno o dell’altro contendente.

  Quando Walsham intervenne per disperdere il gruppetto di perdigiorno, scarpa e asciugamano si coalizzarono e tentarono di strozzarlo e divorarlo, ma alla fine la superiorità delle arti magiche di Lancelot – unita al fatto che le sue urla strazianti avessero attirato fuori altri due colleghi – riuscì a prevalere.

  Facendo ritorno all’interno del magazzino, pesto, sanguinante e visibilmente shockato, l’umore di Walsham fu inaspettatamente riportato su toni più alti.

  “Dov’eri finito, Lance? – lo accolse Arthur – Abbiamo un sospetto da interrogare. Fa’ attenzione, è nel mestiere da decine di anni, un osso duro”.

  Nella mente di Walsham, Nato Babbano, si profilarono le immagini dei film d’azione che amava vedere, con uomini nerboruti, con braccia talmente costellate di cicatrici e tatuaggi da sembrare mappe.

  “Lance, ho sette figli, lo vedo, quando qualcuno ha la testa da un’altra parte. Ti prego, spicciamoci. Voglio andare a casa” disse stancamente Arthur.

 

  Il ricettatore professionista, il ladro, il contrabbandiere che dovevano interrogare era più simile a un nervetto scoperto, piuttosto che a un ‘osso duro’, come che era stato drammaticamente definito.

  L’individuo in questione aveva meno punti in comune con un essere umano di quanti ne avrebbe avuti un cesto di panni che fossero stati lavati con veemenza nelle acque di scarico delle fognature, e l’odore che emanava da lui rendeva più realistico il folkloristico paragone.

  “Lance, ho il discutibile onore di presentarti Mundungus Fletcher. Dung, lui è Lancelot Walsham, con il quale mi sorbirò l’infinita sequela di scuse mal orchestrate che certamente sarai tanto gentile da narrarci per giustificare la tua presenza qui”.

  Mundungus non parve percepire il livello di sarcasmo di cui era densa la frase di Arthur, perché fece qualcosa che evidentemente riteneva molto astuto – ‘colse la Pluffa al balzo’, come direbbe qualcuno – e cominciò a professare la propria nivea innocenza.

  “È curioso che lo diciate, perché io non ho proprio niente a che fare con la gentaglia che opera qui. Vedete, se mi avete trovato qui è solo perché sono stato colto all’improvviso dalla pioggia…”

  “Quello è il copione che usi per l’inverno, Dung, non piove da una settimana” disse Arthur, sistemandosi gli occhiali con aria rilassata. Mundungus era un ‘cliente fisso’, in retate come quella.

  “Ho forse detto ‘pioggia’? Intendevo dire un colpo di sole! Certo che mettete una bella ansia, con questi interrogatori…”

  “Quindi tu sei entrato qui, in un magazzino incantato perché sembrasse abbandonato e quindi virtualmente invisibile per chiunque non sapesse i veri traffici che vi avvenivano, e sei rimasto all’interno per almeno cinque ore, perché il sole è tramontato perlomeno cinque ore fa, e ti ritieni innocente?”

  “Totalmente. Sono vittima di un complotto ordito ai miei danni”

  “Basta, Fletcher. Gli Auror ti porteranno via per interrogarti a loro volta. Se vuoi evitare Azkaban, sarà bene che ti mostri più collaborativo, e magari tu fornisca informazioni riguardo i traffici illegali di questo magazzino e chi ne è coinvolto”.

  Bastò l’allusione ad Azkaban a rendere gli occhi cisposi dell’uomo improvvisamente più vivi.

  “A-ad Azkaban? Non fare scherzi, Arthur, non ho fatto niente di grave, niente che non sia all’ordine del giorno, qui a Notturn Alley!”.

  La disperata e lamentevole supplica di Mundungus venne interrotta dall’arrivo di Amos Diggory, dell’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche.

  “Arthur, scusa se ti disturbo durante il solito interrogatorio a Fletcher, ma sto avendo qualche problema con gli ultimi reperti trovati, e siccome sono il solo, del mio ufficio, e nessuno vuole averci a che fare, mi chiedevo se potresti venire a darmi una mano”

  “Oh, be’, dipende da cosa si tratta… non vorrai affibbiarmi una seccatura che mi faccia compilare moduli fino all’alba, mi auguro!”.

  Ciò che accadde dopo fu un avvenimento confuso, per la rapidità con cui avvenne: Mundungus Fletcher approfittò della distrazione di Arthur e, bacchetta alla mano, cominciò a mormorare al suo indirizzo quelle che indubbiamente erano formule del malocchio… e un istante dopo si afflosciò, colpito da uno Schiantesimo di Walsham, che per tutto il tempo l’aveva osservato con l’occhio clinico di uno studioso che stia osservando un Clabbert intento a spulciarsi, aspettando che faccia qualcosa di appena un po’ più interessante.

  Tra i presenti, Lancelot era il più calmo; persino il pacato e posato Arthur, all’idea di aver rischiato di essere vittima del malocchio – a causa del ladro più improbabile che avesse mai calcato la faccia della Terra, peraltro – si concesse un attimo d’isteria.

  “Dove ha trovato quella bacchetta? Gliel’avevo requisita io stesso!”

  Ebbero la risposta dopo un’approfondita perquisizione di Fletcher: il suo mostruoso soprabito rivelò contenere esattamente ventisette bacchette, e gli Auror si rassegnarono a inserire un ulteriore punto da discutere, durante l’interrogatorio, che a quel punto si annunciava essere pressoché eterno.

  “Lance… grazie mille”

  “Figuriamoci. – ribatté lui, tutto soddisfatto – Ho avuto quel minimo d’azione che speravo. Tranquillo, capo. Vai a occuparti degli ultimi reperti con Amos”.

  Nel sentire il proprio nome, anche il signor Diggory si riscosse dallo stato attonito in cui versava, e tornò a dirigersi verso il settore del capannone dove aveva rinvenuto la propria scoperta.

  “Certo, Arthur, che non siamo proprio più abituati al lavoro d’azione”

  “Non me ne parlare, Amos. Piuttosto, quale sarebbe la merce in questione?”

  “Non è che si tratti propriamente di merce. Teoricamente, sarebbero proprio nella mia sfera di competenza, le Creature Magiche, appunto... il fatto è che non ho proprio idea di cosa si tratti. Sospetto ci sia di mezzo qualche incantesimo che ha causato una mutazione. Dietro a tutto questo sembrerebbe esserci Orpheus Morlake, non sarebbe la prima volta che si diletta a fare esperimenti sugli animali. Se anche non fosse direttamente responsabile dell'allevamento illegale, quel che è certo è che ne è coinvolto, e da vicino”.

  A quel punto, in Arthur era stata instillata una viva curiosità: che cosa aveva rinvenuto Amos Diggory? Quali creature immonde stava per affrontare? Ma prima che Arthur potesse presentare i propri timori all'amico, delle grida belluine li fecero sobbalzare.

  “CACCA! CACCACACCACACCACACCA PUZZO!”

  “Oh, no. Gli Incantesimi Immobilizzanti devono aver esaurito l'effetto!” gemette Amos, affrettandosi.

  “Che diamine...?”

  “Ed è una fortuna che tu abbia sentito prima gli esemplari più giovani. Gli adulti sono decisamente più scurrili”.

  Le tanto temute creature sembravano degli innocui - sebbene estremamente volgari - Jarvey, creature piuttosto comuni nella campagna inglese, ma erano completamente fuxia, e quando Amos si avvicinò, gli animaletti presero a vorticare furiosamente sulla coda, come una banderuola impazzita.

  “Pensi che si tratti solo di un incantesimo? Perché quelle rotazioni fanno pensare piuttosto a un atteggiamento da Billywig... anche se non saprei proprio come spiegare il - ehm - caratteristico colore del manto” considerò Arthur, cercando di superare la sorpresa iniziale e di mostrarsi utile.

  “Certo, potrebbe essere. Sarebbe--”

  “CACCAAAAAAAAAAAA!” tuonò un'altra delle creaturine simili a furetti, e ben presto altri esemplari si unirono al coro, facendo risuonare il loro solenne grido di battaglia in tutto il magazzino.

  E probabilmente anche in tutto il mondo magico.

  Come ulteriore precauzione, gli assurdi furetti furono Silenziati e Immobilizzati, dopodiché vennero messi in gabbia e portati al Ministero, dove avrebbero rappresentato un problema del Comitato per gli Incantesimi Sperimentali.

  Ad Arthur non dispiacque poi troppo.

  Quelli del Comitato per gli Incantesimi Sperimentali erano insopportabili, e immaginare quegli azzimati, boriosi individui presi a parolacce dai Jarvey modificati fu un pensiero alquanto gratificante.

  È da specificare, però, che fu il solo pensiero gratificante di quella tremenda notte di straordinari: giunsero altre sei chiamate per i sopralluoghi, e Arthur fu coinvolto in ognuno di essi. In una spaventosa catena di sgradito tempismo, alla fine di un'azione se ne presentava prontamente un'altra, tanto che Arthur e Lancelot non riuscivano neppure a fare ritorno all'ufficio, prima che giungesse loro l'ennesimo messaggio di urgenza.

  Senza bisogno di dirselo apertamente, i due colleghi sapevano di pensare la stessa cosa: ma questi ladri/contrabbandieri/truffatori non potrebbero starsene tranquilli a dormire? O perlomeno evitare di farsi individuare dal Ministero a orari assurdi della notte?

  Finché si froda la legge... ma da lì a negare il sonno a degli onesti lavoratori!

  Che scorrettezza.

  I due fecero ritorno all'ufficio quando ormai le prime luci dell'alba iniziavano a dipingere il cielo di rosa, e niente avrebbe potuto contrastare maggiormente con la poesia dell'immagine di un nuovo giorno quanto le loro espressioni spossate, che si abbinavano perfettamente alla loro guizzante andatura, la stessa che si suppone potrebbe avere un Inferius apatico e con un fastidioso problema all'anca.

  In un impeto di bontà, Lancelot si offrì di compilare i rapporti consuntivi dei sopralluoghi da inviare all'Ufficio Intercettazione e Confisca di Incantesimi Difensivi e Oggetti Protettivi Contraffatti, cosicché Arthur potesse tornarsene a casa.

  Il signor Weasley apprezzò infinitamente il gesto, ma si soffermò comunque qualche minuto alla propria scrivania, scrivendo velocemente su un foglio di pergamena e imbustandolo frettolosamente.

  Finalmente poteva dire di aver concluso quella lunga, lunghissima notte.

 

 

 

 

 

 

  Esimio signor Icarus P. Retirefield,

 

  La ringrazio a nome dell'intero Ministero della Magia per la Sua ultima; sono i reclami di persone oneste e attente come Lei che ci permettono di migliorare i ns servizi e, più in grande, di poter soddisfare le esigenze di tutti i maghi e le streghe del territorio.

  In relazione all'increscioso accadimento avvenutoLe, non posso che dirmi costernato per il trattamento che ha ricevuto, ma debbo altresì comunicarLe che l'infernale loco dove ha sfortunatamente trascorso quattro ore, il giorno ventitré giugno, nient'altro era che l'ascensore del Ministero.

 

  Augurandomi che la mia missiva La trovi in buona salute, colgo l'occasione per porgerLe i miei più distinti saluti.

 

  Arthur Weasley,

  Ufficio per l’Uso Improprio dei Manufatti dei Babbani.

 

 

 

 

 

 

 

 

  Rieccomi nuovamente a irritarvi!

  Qualche esplicazione sulla storia.

 

- Battaglia Navale. Non è noto se i maghi si dedichino o meno a questo delizioso trastullo, ma ho immaginato che, come per gli scacchi, potesse esisterne una versione magica, in cui, magari, le navi si sfidano a colpi di strategia. Un po' d'immaginazione, su.

 

- Mafalda Hopkirk. La sua prima apparizione, per quanto indiretta, risale al quinto libro, in quanto è responsabile dell'invio della lettera d'espulsione di Harry a seguito dell'evocazione del Patronus. Risulta essere impiegata nell'Ufficio per l'Uso Improprio delle Arti Magiche, che è lo stesso di Arthur. Siccome Arthur risulta a sua volta essere il superiore di Perkins, e l'ufficio viene definito come piccolo e angusto, ho immaginato che Mafalda potesse essere a sua volta alle dipendenze di Arthur. Ciononostante, sulla base della sua vaga descrizione nel settimo libro, e poi a spizzichi e bocconi sul Lexicon, me la sono immaginata piuttosto antipatica e piena di sé. Devo ammettere di aver seguito il cliché generale degli impiegati del Ministero boriosi e arroganti :3

 

  1. Pollici che prudono come presagio di calamità. Eh-he, questa è una quoteception. Io ho citato da ferao, che nella sua storia 'Pallino è un nome da drago' descrive Molly come provvista di un 'dono speciale': pollici che prudono come premonizione di disgrazie. Lei, a sua volta, aveva citato il fatto da un romanzo (o più d'uno, forse) di Agatha Christie, che aveva citato William Shakespeare in Macbeth. Ignoro se il caro Guglielmo Crollalanza abbia a sua volta copiato l'idea di qualcuno, e, a onor del vero, m'importa anche pochino.

 

  1. Creature Magiche everywhere. In questa storia cito Creature Magiche di continuo. Ogni informazione si può rintracciare sul libro Gli animali fantastici: dove trovarli, oppure, più banalmente, su Wikipedia o il Lexicon. Fornisco una brevissima descrizione di ogni creatura che ho citato, comunque.
  • L'Etone è un cavallo alato tipico - sì, insomma, si fa per dire - del Regno Unito, è di color castagno. I proprietari di questi cavalli devono esercitare su di loro un Incantesimo di Dissimulazione ogni giorno, a quanto pare, e io mi sono permessa di immaginare che, come per le automobili Babbane, a una certa età possa rendersi necessario il possesso di un documento di idoneità al possesso, qualora il cavallo venga utilizzato come mezzo di trasporto. Il mio eroico signor Retirement (chiamato 'Icarus' per ovvi riferimenti al mito greco) è di fuori come un balcone, per cui, qualora qualcuno si sia chiesto se alla fine è riuscito a ottenere il rinnovo della patente... la risposta è NO. Un 'no' grosso come una casa.
  • Il Crup è un altro animale per il cui possesso è necessario avere un patentino speciale (e questo è attestato, non l'ho inventato io). In pratica è un normale Jack Russell terrier - razza che non mi piace neanche un po', tra l'altro - però ha due code. Lo cito en passant.
  • Il Clabbert è un animale che si presenta come una sorta di incrocio tra rana e scimmia, e il suo segno particolare più disgustosamente evidente è una pustola al centro della fronte, che riluce in caso di pericolo. Mi chiedo come faccia a vedere se riluce, se ce l'ha in fronte.
  • Il Billywig è un insetto che vortica su se stesso. Dev'essere una bella vita, ma è un casino se devi trasportare qualcosa di fragile. Le sue punture causano vertigini e levitazione, e si pensa che il suo pungiglione sia infatti un ingrediente-chiave per la fabbricazione delle Api Frizzole.
  • Jarvey. Sono dei furetti un po' più grossi del normale, e sono volgarissimi e sboccati :3 Queste creature sono eccezionali, e ne voglio uno, magari da tenere sulla porta, quando suonano i rivenditori della Folletto. 

 

  1. Incantesimi Dissimulatori. Termine presumibilmente non corretto delle norme di sicurezza-antibabbano, perifrasi che non mi piace neanche un po'. Spero mi scuserete per la licenza che mi sono concessa.

 

  1. Geoffrey Perkins. Ricordate il povero collega di Arthur con la lombaggine e mille acciacchi? Non ho trovato nessuna fonte per il suo nome, e l'ho chiamato Geoffrey. Così, a caso. Ho assegnato altri nomi (v. Icarus e Orpheus) con logica pseudo-Rowlinghiana, ma Perkins l'ho chiamato Geoffrey. Succede.

 

  1. Lancelot Walsham. Il suo personaggio è totalmente, inverecondamente inventato. Inizialmente, avevo pensato di affiancare ad Arthur il caro Perkins, ma essendo lui decrepito ho pensato che fosse meglio fornirgli una spalla un po’ più scattante.

 

  1. Scarpe podofaghe. Nel capitolo dedicato al San Mungo, in HP e l'Ordine della Fenice, viene nominato di sfuggita un disgraziato che indossa delle scarpe che gli stanno, a suo dire, divorando i piedi. Che immagine allegra, eh? Le ho riutilizzate qui, sebbene il nome preciso non compaia nel libro, e sia stata pertanto costretta a inventarmelo. Non che sia una grande invenzione.

 

  1. Assieme alle suddette scarpe, tra gli oggetti incantati, compaiono anche asciugamani che strozzano la gente. La scelta dell'asciugamano non è casuale. Chi conosce Guida Galattica per gli Autostoppisti sa che l'asciugamano è il primo oggetto da prendere con sé, se si è un viaggiatore stellare. Ho deciso di seminare il terrore, instillando il dubbio che il proprio asciugamano possa rivoltarcisi contro e strangolarci. *MWHUAHAHA*

 

 

Ultima, ultimissima nota!
Oggi è passato esattamente un anno da quando ho iniziato ad ammorbare EFP con le mie storie! L'Opinionismo di Fred. compie un anno! *Suona trombetta*

 

Ora mi congedo davvero.

Un ringraziamento a tutti i coraggiosi che sono arrivati a leggere fin qui, e lodi a chi recensirà!

 

Charme.

  
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