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Autore: Elos    10/06/2012    14 recensioni
Se il signor Prod transitava attraverso la vita sperando sempre di non inciampare nei piedi di nessuno, la signora Prod la vita la tranciava come la prua di un transatlantico. Non c'era da stupirsi che Donovan vedesse il proprio matrimonio come la necessaria punizione infertagli a causa di un qualche peccato commesso in una vita precedente, da scontarsi con pazienza se voleva sperare di raggiungere prima o poi il Nirvana. Il signor Prod era stato buddista per circa cinque anni: aveva cercato di annegare nello yoga, nel tè e nella filosofia della reincarnazione la disperazione del sapersi inevitabilmente legato alla signora Prod; ma, quando neanche quello era sembrato recargli alcun giovamento, era ritornato, religiosamente parlando, sui suoi passi. Essere anglicano aveva un grande lato positivo: potevi appellarti a tutti i santi che volevi – e ce n'erano molti – uno per ogni occasione diversa. [...]
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Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Non c'è molto da vedere a Didsbury. In effetti, a Didsbury non c'è neanche molto da fare.
Come tutte le cittadine del sud dell'Inghilterra che si rispettino, Disbury è dotata di una graziosa, pittoresca chiesa in pietra grigia circondata dal consueto cimitero, di una stazione di polizia, tre sedi di associazioni a fini benefici, una a fini scientifici ed un numero di gatti che oscilla tra i sette e gli otto milioni di unità. A Didsbury non è mai accaduto nulla di interessante dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, e, fatte salve le rituali lamentele sul tempo, la pioggia e le tasse, i suoi abitanti non hanno mai molto di cui parlarsi quando si incontrano.
Per questa ragione quando Donovan Jeremiah Prod, benemerito cittadino, onorevole membro della Reale Società per la Protezione degli Uccelli, odontoiatra con una spiccata ed universalmente riconosciuta passione per le protesi in lattice ed avente, come moglie, la più degna erede di Santippe che mai sia stata prodotta da erede d'Eva, si trovò di fronte alla porta William Tubby, postino di servizio nella zona di Badmington Lane e dintorni, con in mano un assai curioso involto viola, seppe immediatamente che il suddetto signor Tubby avrebbe avuto almeno un interessante spunto di conversazione al pub, quella sera.
Non era solo che l'involto era viola. Era che era molto viola. Con delle scritte in oro. Ci sono poche cose che feriscono più gli occhi, al mondo, della vista di qualcosa di molto oro incollato su qualcosa di molto viola.
“La posta, signor Prod,” zufolò il signor Tubby, allungando l'involto in questione. Quando Donovan cercò di toglierglielo dalle mani, tuttavia, scoprì che le dita del signor Tubby si erano strette in una presa d'acciaio attorno al pacco e sembravano scarsamente disposte a lasciarlo andare.
Una discreta strattonata assicurò a Donovan il controllo dell'involto; l'espressione del signor Tubby si fece delusa e Donovan si schiarì la voce.
“Pubblicità,” azzardò, tentando un sorrisetto. “Non sanno più cosa inventarsi di questi tempi.”
Nominare questi tempi era, un po' come parlare delle tasse, del tempo e della pioggia, un sistema certo per assicurarsi il supporto dell'interlocutore – ammettendo, ovviamente, che l'interlocutore fosse un qualunque inglese medio al di sopra della fascia d'età puberale. Nessuno era ben certo di quali fossero questi tempi, e di quali fossero stati, per contrasto, quei tempi, ma non aveva veramente importanza. Magicamente, funzionò anche questa volta, e l'espressione del signor Tubby si riempì di disappunto.
“Ah,” replicò, annuendo. Adocchiò ancora una volta l'involto viola, quasi aspettandosi che da un momento all'altro potesse esplodere – e Donovan, che non era del tutto certo che non sarebbe accaduto, pregò tutti i santi dei quali ricordava il nome, in ordine alfabetico, perché così non fosse – e si toccò la tesa del cappello: “Be', buona giornata, signor Prod.”
“A lei, a lei....”
Donovan richiuse la porta molto, molto lentamente: si sentiva le mani tremare ed aveva l'impressione che, se non si fosse controllato, avrebbe rischiato di chiudere il battente tanto forte da crepare la parete.
Finalmente, era arrivato.
Lo soppesò. Lo tastò. Si chinò per guardarlo meglio. Effettivamente, a parte l'incarto viola e le orribili scritte oro, non era diverso dai pacchi di campioni omaggio di disinfettante, arcate di metallo ed elastici per apparecchi che gli venivano periodicamente spediti dalle ditte farmaceutiche. Sembrava neutro e normale ed anche un po' deludente, in effetti. Era difficile pensare che avesse affidato a quel pacco tutte le sue grandi speranze.
In cucina, posò il pacco sul tavolo e cominciò a prepararsi il tè. A Donovan il tè non piaceva. Non gli piacevano neanche le uova strapazzate, ma prese le regolari due uova dal frigorifero, tirò fuori la padella e accese il fuoco. Fece tutto come facevano i Babbani: il signor Donovan, dopotutto, malgrado fosse teoricamente un mago, era tecnicamente un Magonò. Era molto più un Magonò che non un mago, in effetti. Mentre cucinava le uova – poco salate e molto cotte, proprio come non piacevano a lui – continuò a sbirciare il pacco. Non vedeva l'ora di aprirlo. Di avere cinque minuti di tranquillità solo per sé, di strappare la carta e di vedere... e di vedere che cosa c'era all'interno. Tutte quelle grandi, grosse speranze che ci aveva personalmente incartato dentro sembravano averlo caricato di peso e dimensione ben oltre la sua massa, come un piccolo buco nero appena partorito da una supernova su di giri.
Donovan stava cominciando a spadellare le uova nei piatti, quando la porta della cucina si aprì e Santippe in persona – ai più conosciuta come la signora Evelina Arcadia Prod – apparve sulla soglia.
Donovan era un omino piccolo e minuto, con le spalle strette ed una testa che aveva cominciato ad avviarsi sulla strada della calvizie quando lui aveva avuto sì e no venticinque anni. Aveva una sana abbronzatura che gli derivava dalle molte ore trascorse ad occuparsi del giardino – salutare attività che aveva il beneficio aggiunto di permettergli di tenersi lontano da sua moglie per gran parte del giorno – e, nel complesso, l'aspetto riservato e innocuo di qualcuno che aveva dribblato gli anni in fiore della gioventù senza troppi drammi e senza grande eccitazione, affrontato i primi anni della maturità nella serenità di un'attività monotona e tutto sommato gradita e si stava ora avviando ad imboccare gli ultimi anni della suddetta maturità senza passare per nessuna crisi di mezza età. In breve: in mezzo a una folla, Donovan sarebbe passato tranquillamente inosservato.
Per contrasto, la signora Prod era un donnone dalla schiena larga e dalla faccia tonda, resa ancor più imponente dalla voluminosa pettinatura che sfoggiava ormai da quindici anni e dall'abitudine di indossare solo vestiti a fiorami... vestiti molto a fiorami. Le fantasie fiorite, come tutti sanno, hanno il dono di far apparire anche sulla più slanciata delle fanciulle dieci chili aggiuntivi equamente distribuiti su fianchi, sedere e cosce – ossia precisamente dove nessuno vorrebbe vederli comparire – e, poiché solo qualcuno dotato di un senso dell'umorismo piuttosto estremo avrebbe potuto definire slanciata la signora Prod in una qualunque fase della sua vita, l'effetto di tutto quel cascame fiorito su di lei era, be', era notevole. Notevolmente notevole.
Comunque.
Se il signor Prod transitava attraverso la vita sperando sempre di non inciampare nei piedi di nessuno, la signora Prod la vita la tranciava come la prua di un transatlantico. Non c'era da stupirsi che Donovan vedesse il proprio matrimonio come la necessaria punizione infertagli a causa di un qualche peccato commesso in una vita precedente, da scontarsi con pazienza se voleva sperare di raggiungere prima o poi il Nirvana. Il signor Prod era stato buddista per circa cinque anni: aveva cercato di annegare nello yoga, nel tè e nella filosofia della reincarnazione la disperazione del sapersi inevitabilmente legato alla signora Prod; ma, quando neanche quello era sembrato recargli alcun giovamento, era ritornato, religiosamente parlando, sui suoi passi. Essere anglicano aveva un grande lato positivo: potevi appellarti a tutti i santi che volevi – e ce n'erano molti – uno per ogni occasione diversa.
La prima frase della signora Prod, al mattino, non era “Buongiorno”. Era: “E' pronto il tè?”
E così:
“E' pronto il tè?” chiese anche quella mattina.
Al che, Donovan rispose come sempre:
“Sì, cara.”
“E le uova?
“Sì, cara.”
La signora Prod si diresse verso il tavolo e si sedette, pesantemente, come faceva tutte le mattine. Le delicate sedie di legno antico – un'eredità materna di Donovan, che era terribilmente affezionato ad esse – cigolavano sempre sotto al suo peso.
“Le hai cotte bene, vero? Non le hai lasciate crude come fai sempre, vero? Lo sai che non posso sopportare l'uovo crudo, non di prima mattina. E' disgustoso.”
“Sì, cara.”
“Quali uova hai usato?”
Uhm. Questo era il genere di domanda dietro al quale Donovan aveva appreso sin dagli albori del proprio non esattamente lungimirante matrimonio a temere come la peste.
“Quelle nel frigo.”
“Ma quelle nel cartone? Dimmi che non hai usato quelle nel cartone. Ci sono ancora due uova della scorsa settimana in frigo, in una tazza, e non so tu, ma certo io non credo che possiamo permetterci di ignorare due uova perfettamente commestibili fino a quando non saranno così vecchie da doverle buttare via.” La voce della signora Donovan era quella di qualcuno che si stesse preparando ad una lunga tirata e stesse accumulando le forze in attesa degli sprint ancora da venire; Donovan aveva imparato che non c'era modo di fermarla, una volta imboccata quella strada, e che la cosa migliore da fare era aspettare e lasciare che si sgonfiasse da sola. Interromperla era fuori discussione. Cercare di placarla, inutile. Non si fermano le valanghe a mani nude. “Credevo fossimo d'accordo sul fatto che bisognasse fare un po' d'economia, in questa casa. Non eravamo d'accordo, Donovan?”
“Sì, cara..”
“E' allora chiedere troppo aspettarsi che tu possa... Donovan, che cos'è quello?”
La brusca frenata e il cambio di marcia sorpresero Donovan così tanto che, per un attimo, non poté fare nulla se non sbattere le palpebre: con la padella in mano nell'atto di rovesciare le uova strapazzate in due piatti, fissò la moglie con aria vacua. La signora Prod gli indicò l'involto sul tavolo che, con il suo incarto viola sconvolto, spiccava terribilmente nella cucina tappezzata di chintz in colori pastello.
“Quello, Donovan. Cos'è quello?”
Donovan si schiarì la voce e cominciò, mitemente:
“Il pacco del mio nuovo... del mio nuovo corso, cara. Te ne avevo parlato.”
“Quale corso?”
Donovan inghiottì a vuoto. Quel che stava per arrivare non sarebbe stato piacevole.
“Il corso SpeedyMagic, cara.”
Evelina Arcadia Prod rimase in silenzio per un lunghissimo istante. Dopodiché, il suo volto grassoccio si aprì nel sorriso più malefico che si potesse immaginare: il genere di sorriso che certo doveva aver alimentato nel corso dei secoli l'idea Babbana che tutte le streghe fossero estremamente malvagie e che fosse meglio bruciarle, ora e subito, e così togliersi il pensiero.
“Oh,” disse lei, con estrema dolcezza. Tutti i peli sulla nuca di Donovan si rizzarono all'istante. “Certo. Certo, capisco. Il corso SpeedyMagic.”
Donovan non avrebbe mai pensato fosse possibile mettere tanto disprezzo in una sola parola, ma Evelina aveva affinato con gli anni la tecnica del disgusto concentrato.
“Dopotutto, chissà...” aggiunse lei dopo un attimo, versando un po' di latte nel proprio tè, “... dicono che oggigiorno siano capaci anche di spremere sangue da una rapa, perciò...” Una breve risatina. “Oh, be'. Be'. Suppongo che oggi sarai impegnato, quindi, Donovan.”
Donovan si sedette. Fissò la sua tazza piena di tè che non avrebbe bevuto e il suo piatto pieno di uova che non avrebbe mangiato. Aveva provato a proporre timidamente, qualche anno prima, che alla colazione venisse aggiunta di tanto in tanto qualche fetta di bacon, o qualche salsiccia, o almeno un po' di pane tostato, diamine, il pane tostato si vendeva a meno di una sterlina al pacco, e che saltuariamente si comprasse anche un pacco di caffè, così, per cambiare: ma la sua proposta era stata bocciata senza possibilità di ricorso perché bisognava fare economia, e lo stomaco di Evelina era così delicato che al mattino proprio non poteva mangiare niente di diverso dal tè. E dalle uova. Molto cotte. Poco salate. Erano più digeribili, così.
Donovan aveva imparato a comprarsi un panino sulla via dello studio, nei giorni feriali, e a mangiarlo in macchina: aveva così sviluppato un principio di ulcera, ma, be'... in un confronto tra il benessere dello stomaco di Evelina e il benessere del suo stomaco, non c'era nessun dubbio su quale dei due sarebbe risultato vincitore.
Con la tazza davanti agli occhi, desiderò come tutte le mattine che una Giratempo gli cascasse dal cielo tra le mani. C'erano molte cose nella sua vita che non avrebbe cambiato, cose come il suo giardino ed il suo studio e quella nuova protesi in lattice morbido che stava sperimentando sulla figlia degli Stevenson: ma, sicuramente, se avesse potuto sarebbe tornato indietro di ventidue anni, quattro mesi e quindici giorni e si sarebbe preso a schiaffi sui gradini di quell'altare nella chiesa di St John, prima di afferrarsi per un orecchio e trascinarsi via, impedendosi così di pronunciare quei benedetti voti matrimoniali che gli avevano rovinato la vita.

Donovan Jeremiah Prod aveva sposato Evelina Arcadia Watson perché era una strega.
Ecco. Il tutto si poteva riassumere pressapoco così.
Il fatto era che il signor Prod aveva magia, nei suoi giorni buoni, sufficiente ad accendere il fuoco sotto alla teiera: per il resto, si destreggiava attraverso le sue giornate come un Babbano, facendo tutto alla maniera Babbana, pensando come un Babbano, comportandosi come un Babbano. Aveva perfino un lavoro Babbano. Non era mai andato ad Hogwarts: quando i suoi genitori si erano resi conto che Donovan non solo non sarebbe mai stato il figlio prodigio dei loro sogni, ma che la stessa definizione di mediocre sembrava essere stata scritta per lui, avevano assunto un tutore che gli insegnasse le cose più basilari. Be'. Qualcosa di basilare. Molta teoria, soprattutto.
A Donovan la magia piaceva. Parecchio. Davvero. Era solo che gli sembrava... oltre la sua portata: ogni tanto aveva l'impressione di poterla toccare con mano, ma poi quell'impressione si perdeva, si diluiva, si annichiliva nella sensazione di inettitudine che accompagnava i nove decimi delle sue ore di veglia.
Perciò, non appena era diventato adulto e autonomo, con una laurea in odontoiatria ed uno studio felicemente avviato, i suoi genitori avevano insistito perché sposasse una brava strega e, insomma, perché mettesse al mondo dei pargoli. Tanti pargoli, tutti molto magici. Il caso, la sorte, o quel che generalmente capita ai panda negli zoo – niente come le aspettative rende complesso l'atto della procreazione, per non parlare di quello dell'accoppiamento – aveva fatto sì che non avessero bambini.
Magari un bambino avrebbe raddolcito Santippe. Magari. O magari no. Così come le cose erano, tutto quel che Donovan sapeva con certezza era che Evelina Arcadia Prod aveva sempre fatto di tutto, detto di tutto, pensato di tutto, per rendere la sua vita un inferno. L'aveva sposato perché non aveva trovato di meglio, e non aveva mai fatto niente per nascondere questo semplice fatto.
Dal canto suo, per affrontare le realtà del suo mai troppo rimpianto matrimonio, Donovan si era rivolto al buddismo. Poi allo zen. Poi al giardinaggio.
E, adesso, a questo.
Una volta scartato, l'involto si era rivelato contenere una grossa scatola di cartoncino ed una busta allegata – viola anche quella. Donovan diede una minuscola scrollatina al pacco e, sentendone tintinnare pericolosamente il contenuto, si affrettò a posarlo al sicuro sul tavolo. La busta, non tintinnando, si dimostrò potenzialmente innocua; una volta aperta, a balzarne fuori fu un plico sottile. Donovan lo aprì.

SPEEDYMAGIC
Corso di Magia per Corrispondenza
per Principianti



Non vi sentite al passo nel moderno mondo della magia?
Vi accorgete di ricorrere a qualsiasi scusa pur di non eseguire gli incantesimi più semplici?
Siete stati presi in giro per gli esiti scadenti della vostra bacchetta magica?
Ecco la risposta per voi.

SpeedyMagic è un nuovissimo corso dai risultati garantiti, rapido e di facile apprendimento. Maghi e streghe a centinaia hanno tratto grandi benefici dal metodo SpeedyMagic!

Il nostro metodo è famoso in tutto il mondo! In cinque, semplicissime fasi, vi guideremo alla scoperta del vostro mago interiore. Avete sempre desiderato padroneggiare quell'Incanto Gonfiatorta che tanto invidiate a vostra suocera? Le meccaniche dell'Incantesimo di Appello continuano a sfuggirvi? Trasfigurare le vostre tazze da tè è un problema? In cinque settimane il nostro corso SpeedyMagic vi metterà in grado di affrontare i più elementari incantesimi magici senza alcun problema!


Cinque settimane! Viste da questo lato, cinque settimane sembravano poche. Pochissime. Sicuramente erano nulla in confronto ai cinque decenni che le avevano precedute. Con il cuore gonfio di speranza, Donovan continuò a leggere.

Allegati al fascicolo introduttivo troverete: numero una Bacchette da Allenamento Deluxe per principianti in regolare crine di unicorno e stecca di legno di melo; numero una tazza da tè in porcellana; numero tre cordicelle rispettivamente da cinque, otto e dodici centimetri di lunghezza, diametro di sette millimetri; numero una copia della Guida pratica allo sviluppo del vostro mago interiore...

La Guida pratica allo sviluppo del vostro mago interiore era sul fondo del pacco. Donovan mise da parte la tazza in ceramica e le cordicelle, accantonò la Bacchetta da Allenamento Deluxe ed un sacchetto pieno di biglie di plastica ed estrasse la Guida. Si trattava di un grosso tomo dalla sovraccoperta patinata, il titolo stampigliato in lettere cubitali sulla costa; la fotografia sulla copertina raffigurava un mago dal faccione sorridente che agitava una scintillante bacchetta con aria soddisfatta.
La prima pagina cominciava così:

La magia è prima di tutto nella vostra testa.

La frase risvegliò in Donovan lievissimi echi di sapore filosofico. Prima di tutto nella sua testa, si ripeté, prima di tutto nella sua testa. Nella testa di Donovan, se si riusciva a farsi largo oltre alla massa di tante piccole frustrazioni che, assommate, diventavano un'unica, grande frustrazione continua, c'era spazio a sufficienza per mettere tutta la magia che serviva. Sul serio. Bastava... spingere da una parte tutto il resto.
Richiuse la Guida, piazzandola accanto alla Bacchetta Deluxe e prese nuovamente in mano il foglio introduttivo.

Lo staff del corso SpeedyMagic si occuperà di inviarvi, settimana dopo settimana, gli esercizi, gli strumenti e le istruzioni che vi saranno necessarie; e, in caso di necessità, il nostro Centro Assistenza sarà lieto di rispondere alle vostre lettere e alle vostre chiamate e di risolvere i vostri quesiti. Maghi e streghe in tutto il mondo hanno tratto giovamento dall'esperienza pluriennale del corso SpeedyMagic! Seguite la Guida, esercitatevi, non lasciatevi scoraggiare dalle prime difficoltà!
E ricordate: è tutto nella vostra testa!




Prima Lezione – Come tenere la bacchetta magica (suggerimenti pratici)
La bacchetta magica è vostra amica



Donovan aveva avuto una bacchetta, da ragazzo. L'aveva ancora, in effetti – da qualche parte in uno dei cassetti del comodino. Non l'aveva tirata più fuori da anni: a che giovava, se tutto ciò che riusciva a fare con quella in mano era tirare fuori, nel migliore dei casi, piccoli spruzzi di scintille depresse?
La bacchetta di Donovan era un vecchio cimelio di famiglia, tramandatogli da un qualche pro-pro-prozio di lontana memoria; era di legno antico, tanto scuro da parere nero, con la punta scheggiata ed il manico elaboratamente decorato. La Bacchetta da Allenamento Deluxe del corso SpeedyMagic era invece un oggettino lucido e snello, con un'aria di modernità ed efficienza che fece molto per rassicurare Donovan.
Il primo capitolo della Guida – Fondamenti di uso della bacchetta per principianti - cominciava con un perentorio:
Fase uno: Impugnate la bacchetta saldamente.
Donovan lo fece.

Pollice ed indice vanno posati l'uno di fronte all'altro, a tre pollici dall'estremità inferiore della bacchetta.
Donovan misurò tre pollici e piantò pollice ed indice, dopo qualche tentativo, precisamente l'uno di fronte all'altro.
Fase due: Agitate la bacchetta in un movimento deciso dal basso verso l'alto e dall'alto verso il basso.
Donovan radunò tutta la decisione della quale si sentiva capace ed agitò la bacchetta.
Fase tre: Adesso, respirate e rilassatevi.

Respirare era facile. Rilassarsi, non tanto.
Ripetete le fasi dall'uno al tre fino a quando non vi sentirete sicuri. Prendetevi tutto il tempo che vi serve: nessuno vi sta mettendo fretta.
Donovan impugnò, agitò e respirò tanto e tanto intensamente che la testa cominciò a girargli per un principio di iperventilazione. La fase del rilassamento, tuttavia, sembrava al di fuori della sua portata; ma Donovan era uno spirito pratico, ed alla fine decise che, se non voleva ritrovarsi con un gran mal di testa ed un grosso nulla di fatto, meglio avrebbe fatto ad andare avanti.
Esercizi pratici: L'Incantesimo di Appello.
Il movimento dell'Incantesimo d'Appello è simile ad una breve stoccata con lieve turnazione del polso di circa quarantacinque gradi. Osservate il grafico a pagina quattordici per un'immagine esemplificativa.

Calcolare quarantacinque gradi di turnazione, scoprì Donovan, era un'operazione più facile a dirsi che a farsi. Piantare la bacchetta in avanti in un movimento secco senza sbattere addosso a niente si rivelò una difficoltà di genere diverso: dopo aver rischiato di infilzare uno dei preziosi vasi da fiori di Evelina, lo schienale di una sedia e tre cuscini, Donovan decise di spostare le proprie esercitazioni dall'altro lato della stanza, dove il numero di ostacoli possibili si riduceva grandemente.
Fase sei: Inspirate, espirate e ripetete: “Accio!”
Abbiate fisso nella mente il vostro bersaglio mentre pronunciate l'incantesimo. Stoccata, turnazione del polso, incantesimo: questo è il corretto ordine dell'esercizio.

Donovan si guardò intorno in cerca di un bersaglio. I cuscini gli sembrarono una scelta sufficientemente neutra: Donovan puntò la bacchetta contro uno di essi e lo guardò intensamente. Fisso nella mente. Fisso nella mente. Non lasciarti distrarre. Fisso nella mente.
Stoccata.
Turnazione.
Accio!”
Il cuscino rimase saldamente dov'era.
Donovan si sforzò di soffocare un'ondata di delusione e abbassò lo sguardo verso la Guida.
Tentate e ritentate, aveva scritto l'autore, non lasciatevi frenare dai primi fallimenti! Il successo dei vostri incantesimi dipende dall'impegno e dalla costanza con i quali vi eserciterete.
Il fatto che fosse riuscito a non soffocare Evelina nel sonno, si disse il signor Prod, malgrado ventidue anni, quattro mesi e quindici giorni di matrimonio, doveva essere una testimonianza della sua fibra morale. Fibra morale, ecco cosa ci voleva. Grandi quantità di fibra morale.
In un impeto di rinnovata determinazione, punto la bacchetta contro il cuscino.
Accio!”
Niente.
Accio!”
Niente.
"Accio!”
Niente... ma, stavolta, gli sembrò che una mosca trovatasi a passare proprio di fronte alla bacchetta nel momento giusto avesse fatto un balzo nella sua direzione. Uhm. Poteva esserselo solo immaginato. Poteva esserselo solo immaginato, però...
Accio!”
Il cuscino venne scosso da un piccolo fremito; il vaso da fiori sul tavolino, invece, fece uno scatto in avanti, si rovesciò e, mentre Donovan lanciava un ululato e balzava verso di esso nel tentativo di trattenerlo, scivolò oltre l'orlo del piano di legno e si schiantò al suolo in tredicimila milioni di minuscole schegge.
Donovan fissò il disastro a terra con espressione inorridita. Oddio. Il vaso da fiori preferito di Evelina. Il vaso da fiori preferito di Evelina, quello con tutti gli orribili smalti lucidi e le rifiniture dorate. Oddio. Evelina non l'avrebbe mai perdonato per questo. Con poca fiducia e moltissima speranza puntò la bacchetta contro il mucchietto di cocci a terra e bisbigliò:
Reparo...?”
Le schegge rimasero ostinatamente dov'erano, immutabilmente in pezzi, e Donovan cominciò a sudare freddo.
Be'. Be'. Be'... non c'era niente da fare. Adesso avrebbe, uhm, avrebbe spazzato via il vaso, e forse Evelina non se ne sarebbe accorta. Per qualche giorno, almeno. Forse. Non era probabile, ma... forse.
Il suo breve periodo da buddista aveva insegnato a Donovan, insieme a tutto il resto, che c'erano cose peggiori che sarebbero potute accadergli – ad esempio, reincarnarsi in uno scarafaggio – e che anche vivere con Evelina, al confronto, non era poi precisamente quest'intollerabile inferno. Poco ci mancava, ma non precisamente. Ecco. Non precisamente. Per consolarsi, bisognava attaccarsi a tutto quel che si poteva.
Mentre si dirigeva strascicando i piedi in cucina per recuperare una scopa ed una paletta, gli occhi gli guizzarono verso la Bacchetta Deluxe ancora poggiata sul tavolo.
Era stato lui, realizzò con un improvviso brivido di piacere. Era stato lui a far cadere il vaso dal tavolo. Lui. Con una bacchetta.
Anche il pensiero di quel che Evelina avrebbe potuto dire e fare, poi, sembrava valerne la pena.



Seconda Lezione – I primi fondamenti dell'arte delle Pozioni
Siamo tutti pozionisti!



Il secondo pacco arrivò precisamente una settimana più tardi, in un bel venerdì mattina in cui il sole splendeva fuori dalla finestra e i pettirossi cinguettavano entusiasticamente sotto al portico. La sera prima Donovan aveva fatto tardi ad una riunione della Reale Società per la Protezione degli Uccelli; aveva cercato, in effetti, di fare tardi tutte le sere da una settimana a quella parte, al lavoro, in chiesa, alla sede della Società... Essere a casa in questi giorni era un supplizio ancor più acuto di quanto non lo fosse solitamente: Evelina non aveva preso per niente bene la questione del vaso infranto e, da quella fatidica prima lezione, aveva preso a richiamare a colpi di Accio cose da tutta casa, senza mai perdere l'occasione di lanciare un'occhiatina di perfida superiorità all'indirizzo del marito. Hai visto?, sembrava voler puntualizzare. Io ne sono capace.
Ma anche lui ne era capace, adesso, pensò Donovan, sentendosi stranamente vendicato. Era stato lui a far cadere il vaso. Con la bacchetta. Dall'altra parte della stanza. Lui.
Come ultima, ferocissima punizione, Evelina aveva deciso di invitare i signori Prod a cena per la fine della settima successiva; Donovan non aveva potuto opporsi, ma sapeva, e la sua era una conoscenza intrisa di rassegnazione, che lei non si sarebbe lasciata sfuggire l'opportunità di parlare con loro del corso, dell'Accio mancato e di tutto il resto. I signori Prod erano sempre stati brave persone – ma assolutamente incapaci di gestire in una qualunque maniera salutare la, be', la mediocrità del figlio.
Donovan sospirò.
La seconda lezione del corso SpeedyMagic arrivò accompagnata dai primi pezzi di un set in miniatura per Pozioni, comprensivo di mini-calderone di peltro, mini-mestolo in legno di faggio rivestito con Vernice Extra Neutra, mini-coltellino da lavoro e mini-pestello di plastica standard, numero un barattolo piccolo di ali di pipistrello, numero tre foglie di acanto secco triturate finemente ed un'altra mezza dozzina di ingredienti – tutti in piccole quantità, ovviamente.
Preparare una pozione, decise Donovan, non era poi così diverso dal cucinare: sfortunatamente, lui era sempre stato un orribile cuoco.
La pozione del giorno era un Unguento Rinfrancante, utilissimo da spargersi sulla pianta dei piedi o sulle ginocchia dopo una lunga giornata lavorativa per un piacevole effetto rinfrescante sulle giunture stanche. Aver passato tutta la settimana precedente ad esercitarsi nell'Accio con la bacchetta standard – che funzionava molto meglio della sua – gli aveva dato quello sprint di fiducia in sé stesso che gli fu necessario, adesso, per seguire passo dopo passo le istruzioni allegate alla Guida: tritare finemente le ali disseccate di pipistrello – erano piccole e sfuggenti e, quando una di esse gli si sbriciolò in mano, Donovan si ritrovò sull'orlo di un attacco di panico – versarle nel calderone con una mistura di acqua e aceto in proporzione di tre ad uno, aggiungere le quattro foglie di acanto una dopo l'altra...
E qui Donovan si fermò. Sugli esercizi della Guida c'era scritto chiaramente quattro foglie di acanto – ma le foglie del set erano solo tre. Quattro. Tre. C'era qualcosa che non andava. Donovan si sforzò disperatamente di ricordare se ci fosse qualche pianta d'acanto attorno a casa loro – magari avrebbe potuto fare una corsetta, recuperarla, tornare qui e... be', anche se non fosse stata secca, quale sarebbe stata la differenza?
Donovan Jeremiah Prod non aveva mai avuto il dubbio piacere di assistere alle traumatiche e quantomai efficaci lezioni di un certo professor Severus Piton: le più fini differenze nella preparazione degli ingredienti per pozioni, dunque, gli erano completamente estranee.
Alla fine si ripeté che era tutto nella sua testa e decise che, tre o quattro, non cambiava niente. Nella peggiore delle ipotesi la pozione non sarebbe stata efficace come avrebbe dovuto, ma, insomma, poco danno. Giusto? Giusto.

… come scoprì a sue spese, aveva avuto proprio una buona idea a spostare i suoi esperimenti nel garage di casa: ridipingere la grossa macchia di fuliggine sul soffitto, così, non sarebbe stato complicato.
Malgrado il mini-calderone, il mini-mestolo, il mini-pestello e i mini-ingredienti, infatti, l'esplosione non era stata mini per niente.



Terza Lezione – Esercizi pratici e ripasso generale
La via del successo è lastricata di tentativi



Il terzo e il quarto capitolo della Guida erano dedicati alle tecniche di rilassamento e ad un inserto di patinati diagrammi raffiguranti le posizioni migliori di polso, dita e braccio – e, di tanto in tanto, piedi – per l'esecuzione di innumerevoli incantesimi.
Donovan era diventato un esperto, ormai, nelle rotazioni di venticinque, trenta e quarantacinque gradi; poteva misurare i pollici a colpo d'occhio con un'approssimazione di mezzo centimetro e non aveva eguali nei movimenti di stoccata ed affondo. Prima di approcciare gli esercizi della terza settimana, fece yoga sul pavimento del soggiorno: il garage puzzava ancora troppo di ali di pipistrello bruciate per poter essere considerato agibile – ma per fortuna Evelina metteva di rado piede in garage.
La terza lezione del corso SpeedyMagic tornava sull'Incantesimo di Appello, l'Incantesimo Cambiacolore e l'Alohomora. Se l'Alohomora rivestiva scarso interesse agli occhi di Donovan, l'Incantesimo Cambiacolore aveva una sua potenziale, intrinseca utilità: il figlio degli Smith insisteva per avere un apparecchio per i denti nero – ma nessuna ditta farmaceutica al mondo il proprietario della quale avesse un cervello funzionante avrebbe mai prodotto un apparecchio nero. Tuttavia, era l'Incantesimo di Appello quello attorno al quale ruotavano tutte le maggiori speranze di Donovan: dopo il quasi-successo del vaso caduto aveva preso ad esercitarsi ostinatamente con le palline di plastica trovate nell'incarto della prima lezione del corso, sforzandosi di richiamarle da una parte all'altra delle stanze senza troppo successo. Era certo che si muovessero, adesso, però: il che era senza dubbio un miglioramento rispetto a prima, ma...
Accio!”
“In nome del cielo, cos'è quest'orribile fetore? Che cos'hai fatto al nostro garage? DONOOOOOOVAN!”
La voce della signora Prod infranse la concentrazione di Donovan: la pallina che stava cercando di richiamare schizzò inaspettatamente nella sua direzione, centrandolo in un occhio. Donovan cacciò un urlo ed arretrò, barcollando; i suoi piedi incontrarono l'orlo del tappeto e le sue ginocchia il bordo di legno della sedia: e, cercando d'aggrapparsi al tavolo per tenersi in piedi, rovesciò anche quello.
Quando riuscì a rimettersi in piedi, la sedia era ridotta ad un mucchio di grossi pezzi di legno, al tavolo mancava una gamba e le ginocchia di Donovan dolevano come non mai; ma, mentre si avviava zoppicando nella direzione della porta, i passi della signora Prod che risuonavano sui sassolini bianchi del cortile come i tonfi del tamburo dell'Apocalisse e l'anca che gli spediva lunghe fitte di disapprovazione, c'era un'elasticità nuova nel suo passo arrancante.
Era stato un Accio, quello. Un vero Accio. Un vero, pienissimo Accio.
Si fermò sulla soglia della stanza e, girandosi, puntò la bacchetta verso i resti della sedia.
Reparo,” azzardò.
Questa volta, gli sembrò che le schegge si fossero mosse.



Quarta Lezione – Le basi della Trasfigurazione applicata
La Trasfigurazione è solo ad un colpo di bacchetta da qui



Mai successo fu pagato a sì caro prezzo quanto quel primo, vero Accio emerso dalla Bacchetta da Allenamento Deluxe di Donovan Jeremiah Prod.
Innanzitutto, far muovere i pezzi di una sedia non equivaleva, sfortunatamente, a ripararla: Evelina vide il danno, ne seppe la ragione e diede fondo per quarantotto, interminabili ore, a tutto il proprio peggio; come se non bastasse, la visita dei genitori di Donovan ebbe luogo quella sera stessa, e fu... be'. Diciamo solo che fu un'esperienza sfortunatamente indimenticabile.
Evelina, agli occhi della quale non era sfuggito quel nuovo sprint nei passi del signor Prod, non era stata per niente contenta di vederlo così appagato, ed aveva fatto di tutto, detto di tutto, insinuato di tutto per far apparire nella peggior luce possibile la questione del corso e tutti i poveri, ostinati tentativi di quell'imbecille del marito, che proprio non ce la poteva fare, il disgraziato, ma si intestardiva, oh, se si intestardiva...
I signori Prod erano brava gente. Davvero. Erano brava gente – ma nessuno li aveva preparati all'ipotesi di poter essere i genitori di qualcuno come Donovan. Erano stati Corvonero entrambi. Entrambi con ottimi voti – come tutti i Corvonero. Entrambi con un buon lavoro. Come tutti i Corvonero. Erano brave persone ed avevano fatto del proprio meglio per venire incontro al figlio – ma questo era uno di quei casi dove il proprio meglio non bastava.
Alla fine della serata, Donovan aveva scoperto che quella nuova energia nella sua andatura era scomparsa e che tutto lo yoga di questo mondo non bastava a sciogliere quel fascio di nervi contratti che sentiva di avere, adesso, a premergli dietro la nuca, proprio lì, alla base del collo.
Aveva pensato di buttare via tutto: i pacchi e le buste e la Guida, di gettare tutto nel secchio e al diavolo il corso, al diavolo l'Accio, al diavolo il mondo e la bacchetta e la magia! Aveva vissuto perfettamente bene e in pace con sé stesso per cinquant'anni e più, aveva imparato a gestire Evelina e a farsi largo attraverso le buche e i trabocchetti del suo infelicissimo matrimonio... non aveva bisogno di nessun corso che l'aiutasse a tirare avanti.
Aveva preso in mano la guida con tutte le intenzioni di buttarla, quella sera, e si era già avviato verso il secchio: ma poi non aveva potuto fare a meno di aprirla un'ultima volta, e quel è tutto nella vostra testa gli aveva fatto cambiare idea.
Un'ultima lezione, si era detto. Solo un'ultima lezione. Dopodiché...

Sembrava che il mondo avesse congiurato per spingerlo a chiudere con il corso SpeedyMagic, ad ogni modo: perché il venerdì mattina Donovan scese in cucina solo per scoprire che Evelina era già lì, ed aveva già aperto il suo pacco, e stava leggendo la sua lezione del giorno con la quintessenza del sorrisetto perfido sulle labbra.
“E' arrivato il tuo pacco, Donovan.”
Donovan si inumidì le labbra.
“Grazie, cara.”
Era la prima volta in ventidue anni che Evelina scendeva a fare colazione prima di lui; era anche la prima volta in ventidue anni che la versione eveliniana del buongiorno consisteva in qualcosa di diverso da una richiesta di tè; tuttavia, ciò non fece altro che agitare Donovan ancor di più. Conosceva sua moglie. Conosceva quel sorriso. Né l'uno né l'altra gli avevano mai portato nulla di buono.
E, come volevasi dimostrare, mentre Donovan si cacciava in bocca la prima forchettata delle sue uova poco cotte e molto salate, la signora Prod sganciò la sua bomba con invidiabile nonchalance:
“Mi piacerebbe assistere ai tuoi esercizi, oggi, Donovan.”
Donovan quasi sputò il boccone.
“P-p-prego?”
Il sorrisetto di Evelina si tinse d'impazienza:
“Ho detto che mi piacerebbe assistere ai tuoi esercizi, Donovan. Alla tua lezione. Oggi.”
“M-m-ma, Evelina, cara...”
“Niente ma, Donovan. Dopotutto...” Il sorrisetto ritornò a piena forza. “... siamo sposati, caro. Sarebbe carino se ci sforzassimo di condividere i nostri interessi.”
Donovan sapeva che era inutile. Davvero. Lo sapeva, ma non poté fare a meno di compiere un ultimo, disperato tentativo di aggirare i piani della moglie:
“M-ma potrei metterci un po', Evelina, e il corso è molto... molto tecnico. S-s-sono certo che ti annoierai.”
“Non dire sciocchezze, caro. Io sono una strega. Non c'è nulla che il tuo corso insegni che io non abbia già imparato.”
Donovan poteva non essere brillante – e sicuramente non era un genio – ma certamente non era un imbecille. Riusciva a distinguere un piano malefico in piena fioritura quando ne vedeva uno.
Evelina era irritata e, per sfogarsi, desiderava umiliarlo un po'. Caro, vecchio Donovan, sempre pronto a farla sentire meglio a spese del suo ego.
Ecco.

La Trasfigurazione è solo ad un colpo di bacchetta da qui, ma quel colpo di bacchetta sembrava infinitamente lontano. Tre settimane di entusiastiche esercitazioni avevano ormai fatto di Donovan probabilmente il maggior esperto mondiale nell'arte della turnazione dei polsi, dei movimenti dal basso verso l'alto e dall'alto verso il basso e da destra verso sinistra e da sinistra verso destra, delle puntate e delle sferzate e di tutto quel in cui consisteva l'agitarsi mirato e puntuale della bacchetta.
Detto questo, la stramaledetta tazza di tè non voleva saperne di Trasfigurarsi nello stramaledetto fermacarte di pagina centotredici, paragrafo otto, seconda immagine sulla destra.
Fase uno, rilesse Donovan stringendo i denti, abbiate sempre ben chiaro l'oggetto di partenza e quello d'arrivo. Focalizzate. Concentratevi. Focalizzare, si disse, concentrarsi. E' tutto nella mia testa.
Fase due, sollevare la bacchetta...
“Hai finito?”
La voce stridula di Evelina interruppe la delicata concentrazione di Donovan, mandandola irrimediabilmente in pezzi e facendogli tremare la bacchetta tra le mani.
Tutto quel che Donovan voleva era girarsi e strillarle che no, non aveva finito, dannazione, avrebbe finito quando avrebbe finito e voleva lei, adesso, cortesemente, cucirsi la bocca e togliersi dai piedi?
“No, cara,” disse invece. “Non ancora.”
“Ci stai mettendo un sacco, Donovan. Che cos'hai imparato in queste settimane, se non riesci neanche a Trasfigurare una tazza da tè?”
Donovan non le rispose. Non era certo di riuscirsi a controllare, se avesse aperto bocca.
Fase uno. Abbiate sempre ben chiaro l'oggetto di partenza e quello d'arrivo. Focalizzate. Concentratevi.
Fase due. Sollevare la bacchetta e muoverla in avanti in una breve puntata seguita da un movimento secco del polso dal basso verso l'al...

“In che cos'è che c'è scritto che devi Trasfigurarla, Donovan?”
Donovan si interruppe a metà del più perfetto movimento secco verso l'alto che si fosse mai visto e deglutì una rispostaccia che sapeva che gli sarebbe costata cara. “In un fermacarte, cara.”
“In un fermacarte...? Era materia del secondo anno, ad Hogwarts, vorrei che tu lo sapessi.”
“Sì, cara.”
“Certo, è diverso per chi non c'è stato."
“Sì, cara.”
Fase due. Sollevare la bacchetta e muoverla in avanti in una brev...
“Lo stai facendo sbagliato, Donovan.”
La puntata abortita, Donovan girò molto, molto lentamente la testa verso sua moglie. Evelina si era piazzata nella sua poltrona preferita, una rivista aperta sulle ginocchia e la bacchetta posata sul bracciolo come una specie di derisoria Ricordella: ricorda che io sono una strega, Donovan. Il chintz verde pallido della poltrona contrastava con il tessuto a fiorami molto rosa del suo vestito in maniera francamente orribile. La corona di capelli attorno alla sua testa oggi era più alta che mai, come la cresta di un pavone pronto a beccare il primo che si fosse avvicinato al suo territorio. Donovan non aveva bisogno di guardare i suoi occhietti sottili, appuntiti e sospettosi per capire che a sua moglie non piaceva quel che lui stava cercando di fare: non apprezzava il cambiamento, e anche il solo, vaghissimo sospetto che Donovan potesse toglierle il campo della sua esclusiva competenza, la magia, il campo che la rendeva superiore a lui, che le dava motivo e ragione di essere arrogante e prepotente e boriosa e sarcastica ventiquattr'ore al giorno, sette giorni a settimana, cinquantadue settimane l'anno... be'. Diciamo solo che la cosa la incattiviva. Era come un drappo agitato davanti alla faccia di un toro: strisciava gli zoccoli a terra ed era sempre lì, pronta a caricare a testa bassa.
Evelina impugnò la bacchetta e la mosse pigramente verso l'alto.
“Ecco,” disse. “Così. Con più disinvoltura, Donovan.”
Donovan guardò la Guida.
“Qui c'è scritto un movimento secco.” “Ed io ti dico che non è così.”
Non si fermano le valanghe a mani nude, si ripeté Donovan; che, così, si limitò a girarsi nuovamente ed a tornare agli esercizi.
Evelina, sfortunatamente, non sembrava disposta a permetterglielo:
“Non mi hai sentito, Donovan?”
Donovan si aggrappò a tutto quel che restava della sua pazienza, eseguì mentalmente uno o due esercizi di rilassamento, e si sforzò di ricordarsi che a macchiare il karma di pensieri negativi ci voleva poco, mentre ripulirlo era sempre problematico.
“Ti ho sentito, cara.”
… in una breve puntata seguita da un movimento secco del polso dal basso verso l'alto.
Era riuscito con il tentativo precedente a produrre un breve sbuffo di scintilline colorante – sempre meglio che niente, si era detto Donovan, tenendo conto che le scintilline erano un'assoluta novità per lui. Questo tentativo non produsse nulla, tuttavia, e la voce di Evelina si fece soddisfatta come quella di un grosso gatto malvagio in presa ad un attacco di fusa:
“Te l'avevo detto.”
Fase uno. Abbiate sempre ben chiaro l'oggetto di partenza e quello d'arrivo. Focalizzate. Concentratevi.
Era concentrato. Era concentratissimo. Evelina non era nella stanza, Evelina non era nella stanza, Evelina non era nella stanza.
Fase due. Sollevare...
“Ci sarà il pollo oggi a pranzo, Donovan. Il fattorino del macellaio non è ancora passato con la fettina che ho ordinato. E' un ragazzino pigro e disordinato e non...”
L'irritazione spinse Donovan a girarsi e a fare qualcosa che non aveva mai fatto in ventidue anni ed oltre di matrimonio.
“Evelina,” la interruppe. “Sto studiando. Ho bisogno di concentrarmi. Per favore, cara, perché non... perché non vai a trovare un'amica, o a leggere in un'altra stanza o...”
Era stata la cosa sbagliata da dirsi.
Evelina si erse dall'alto dei suoi centottanta centimetri di minacciosa carnosità rivestita di cascame fiorito e puntò verso di lui un dito ben più minaccioso di una bacchetta. Donovan si fece piccolo piccolo sulla sua sedia e cominciò a pentirsi di aver aperto bocca.
“Come ti permetti?” strillò. “Questo è il mio soggiorno, Donovan!”
“Cara...” azzardò lui.
“Non dirmi cara! Come ti permetti di dirmi quel che devo fare e quel che non devo fare, come osi? Nel mio soggiorno!”
“Evelina...”
“Nella mia casa!”
“Evelina, io...”
“Ti stai rendendo ridicolo con questa... questa storia di questo stupido corso, e non te ne rendi neanche conto!”
Donovan si irrigidì. La bacchetta che aveva tra le mani gli parve improvvisamente pesantissima, un macigno: si sentì ronzare le orecchie e seppe di essere arrossito violentemente.
“Adesso stai esagerando, Evelina.”
“Sei uno stupido, Donovan,” sibilò lei, perfidamente. “Uno stupido ottuso. Agiti la bacchetta e studi come un bravo cagnolino tutto quel che ti dicono, e credi veramente che funzionerà – ma tu non sei un mago, Donovan! Non sei un mago! Non sei un mago e non lo sarai...”
Donovan non fu mai ben certo, in seguito, di quel che fosse accaduto. Sapeva di aver sollevato la bacchetta, questo sì. Sapeva di averla mossa in avanti – in una perfetta stoccata, accompagnata da una turnazione di quarantacinque gradi del polso destro, in senso antiorario – e sapeva di aver pensato, intensamente, ferocemente, che il karma poteva andare a farsi friggere, tutto quel che restava della sua filosofia buddista assieme ad esso, e che Evelina doveva, doveva, doveva zittirsi.
E l'attimo dopo, puff.

In fin dei conti, la magia era prima di tutto nella sua testa.

***



Tre giorni più tardi le cose sembravano aver ritrovato una qualche forma di normalità: non la normalità che aveva preceduto l'arrivo del primo pacco del corso SpeedyMagic e tutti gli eventi che ne erano seguiti, ma una normalità differente che lasciava Donovan, giorno dopo giorno, con il cuore che gli cantava e quell'elasticità nuova, nel passo, che gli arrivava dalla consapevolezza di poterlo fare.
Si svegliò in un piacevole lunedì mattina, con gli uccellini che cantavano fuori dalla finestra e la casa tranquilla, con solo un curioso odore forte e come cagliato a turbare la serenità quasi zen di quel momento di pace; ma quell'odore di cagliato era lo stesso da tre giorni a quella parte, e Donovan ormai ci aveva fatto l'abitudine. E poi, insomma, se gli dava veramente fastidio gli bastava aprire le finestre.
Scese in cucina e si preparò una ricca colazione a base di salsicce, patate fritte e molto, molto burro spalmato in abbondanza su pane tostato. Non c'era neanche l'ombra di una teiera, in giro – ma una mezza dozzina di fermacarte erano curiosamente disposti qua e là per la cucina.
Con una tazza di caffè forte in mano, entrò in soggiorno un quarto d'ora più tardi: l'odore di cagliato era più forte, lì, e Donovan venne accolto da un lungo, doloroso muggito che lo fece sorridere.
“Buongiorno, cara.”
Lo yak seduto sul pavimento del soggiorno era troppo piccolo; aveva curiose corna troppo corte e piegate nella direzione sbagliata ed un interessante pelame rosato dalle chiazze che ricordavano bizzarramente una fantasia fiorita; aveva anche l'espressione più depressa che mai fosse apparsa su faccia di bovino, ed i suoi piccoli, liquidi occhi seguirono Donovan mentre questi si metteva seduto, estraeva la sua bacchetta – Bacchetta da Allenamento Deluxe per principianti, dodici pollici, legno di melo e crine di unicorno, molto più simile alla sua vera bacchetta, aveva sostenuto il signor Ollivander quel sabato mattina, della vecchia bacchetta di famiglia che aveva cercato di usare fino a quel momento – e richiamava con un Accio un fascio di pergamene pulite dall'altra parte della stanza. Il fascio cadde a terra a metà strada e Donovan dovette alzarsi per raccoglierlo, ma era comunque un buon inizio. Esercizio, tanto esercizio, si disse. Oggi l'Accio, domani tutto il resto.

Caro corso SpeedyMagic, scrisse.

Lo yak gli si avvicinò e gli assestò una musata contro la spalla. Donovan lo spinse da una parte e gli rivolse un'occhiata d'infinita gentilezza, prima di riprendere in mano la penna. Lo yak muggì rumorosamente e Donovan gli picchiettò la punta dell'enorme naso peloso con l'estremità piuma della penna d'oca.
“Sta' buona, Evelina...” disse in tono paziente, “... non vedi che sto scrivendo?”
Evelina emise un terzo, dolorosissimo muggito e Donovan sorrise.
Prima o poi avrebbe scritto al San Mungo. Davvero. Avrebbe scritto al San Mungo e si sarebbe fatto dire come fare a rimettere le cose a posto e a far tornare normale sua moglie. Donovan era fondamentalmente una brava persona, perciò... perciò l'avrebbe fatto. Sul serio. Solo, non oggi. Magari il prossimo fine settimana.

Caro corso SpeedyMagic.

Mia moglie mi prendeva sempre in giro per i miei mediocri incantesimi, ma dopo un mese del vostro favoloso corso SpeedyMagic sono riuscito a trasformarla in uno yak.
Grazie, SpeedyMagic!






Note della storia: Questa storia partecipa alla Missing Moment Quest. Che cos'è la Missing Moment Quest? Una giornata a Roma, sette pazzi partecipanti, sette spunti tratti da sette momenti, sette personaggi, sette cenni che nei sette libri di Harry Potter passano generalmente inosservati. Volete saperne di più su Percy e il suo terribile rapporto sui fondi di calderone? Sul come e perché il troll fosse così irritato in quella fatidica notte di Halloween? Sul Cappello Arriccia-Orecchie e su come sia finito sulla testa di Bill? E allora cercate le storie con il marchio del Missing Moment Quest e date fondo alla vostra curiosità!

Per saperne di più sul signor D.J.Prod e sul corso SpeedyMagic vi invito a dare un'occhiata ad Harry Potter e la Camera dei Segreti, capitolo 8, pg.117.

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