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Autore: soniuccia    11/06/2012    2 recensioni
Alzai timidamente la testa verso l’edificio osservando se c’era qulacuno a cui chiedere aiuto.
Poi lo vidi.
Un bambino di pressapoco 10 anni affacciato ad una finestra che mi guardava curioso.
Riuscii solo a notare in capelli scompigliati neri, ma presto lo vidi allontanarsi.
“Sono perduta”
Mi dissi.
Ma, immediatamente, sentii aprirsi il pesante portone in legno vedendone uscire un’uomo sulla sessantina e il bambino della finestra che mi si avvicinarono subito.
Poi chiusi gli occhi, giusto in tempo per vedere un paio di occhi azzurri e un paio neri come la notte sopra la mia testa.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beyond Birthday, L, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando aprii le palpebre ero in un morbido letto, in una stanza sconosciuta.

Mi stropicciai gli occhi. Ma dov’ero?

I ricordi mi sommersero ritornando prepotenti.

Le lacrime sgorgarono di nuovo senza che potessi contrastarle.

Come avevo potuto lascire là mia madre?

Avrei dovuto aiutarla, invece ero scappata come un vigliacca.

Mi asciugai rabbiosamente le lacrime dal volto e guardai fuori dalla finestra. Era ancora notte.

Mi venne in mente anche quel bambino con gli occhi neri.

Quello che mi aveva salvata.

Mi alzai sulle punte ed uscii silenziosamente dalla stanza.

La caviglia mi era stata fasciata, ma sicuramente da qualcuno che non era un dottore.

Mi sforzai di ricordarmi in quale piano avevo visto la figura.

Era sicuramente il settimo.

Presi a salire le scale delicatamente e quando arrivai a destinazione, mi resi conto della pessima idea che avevo avuto.

C’erano tantissime stanze come avrei potuto scovare il ragazzo?

Passai il corridoio osservando le porte.

Poi, una attirò la mia attenzione. Era socchiusa.

Mi fermai e sbirciai all’interno. Non c’era nessuno.

Timidamente entrai e osservai che era praticamente uguale alla mia...

Che fossero tutte le stanze così?

C’era solo una differenza dalla mia, i parecchi fogli sparsi a terra. Li osservai.

Quesiti. Di ogni genere. Presi a sfogliarli e ne risolsi qualcuno con una matita trovata a terra.

Poi, prese dalla stanchezza, non mi accorsi nemmeno degli occhi che si facevano sempre più pesanti fino a chiudersi del tutto.

 

***

Quando rientrai nella mia stanza, sobbalzai.

Un corpicino steso sul pavimento dai capelli castani.

Mi era venuta a cercare, quella bambina, e mi aveva trovato.

Non lo avevo previsto.

Chiusi piano la porta per non svegliarla e mi avvicinai.

Era bellissima addormentata.

Era a terra circondata dai miei quesiti.

Raccorsi da terra i fogli e mi accorsi che ne aveva risolto qualcuno. L’aveva fatti tutti giusti.

Non vi era errore.

La osservai nuovamente.

Il viso, ancora segnato dalle lacrime, appariva tranquillo. Solo io mi accorsi di tutta la sofferenza che conteneva.

Aveva sicuramente perso i gentori quella notte.

Mi abbassai al suo livello e mi accorsi che aveva la garza alla caviglia sporca di sangue.

Il più delicatamente possibile, la slegai. Frugai in qualche cassetto e trovai un tovagliolo che bagnai d’acqua per poggiarlo sulla sua pallida caviglia.

Poi strappai un pezzo di stoffa da una delle mie numerose maglie bianche e gliela avvolsi bloccando la carta e il sangue che continuava a fuoriuscire.

Rimasi ancora qualche minuto ad osservarla, finche non mi accorsi che tremava.

La ferita le aveva di scuro fatto infezione.

Forse avrei dovuto chiamare Watari per farla portare nella sua stanza, ma decisi di no. La volevo lì con me. Delicatamente, infilai la mia mano sotto la sua schiena e l’altra tra la coscia e la gamba e la sollevai, poggiandola sul letto. La coprii con le coperte e continuando a guardarla, mi scappò un sorriso.

 

***

Mi risvegliai avvolta da un piacevole tepore che mi fornivano le coperte.

Le coperte?

Per quanto mi ricordavo, mi ero addormentata a terra nella stanza di quel ragazzo.

“ Mi sono addormentata nella stanza del ragazzo?!”

Mi sedetti sul letto e mi guardai intorno.

Fuori era ancora notte, doveva essere molto tardi.

Sobbalzai lievemente quando vidi una figura maschile seduta in posizione fetale con gli occhi chiusi.

Capelli corvini e scompigliati. Sui 10 anni.

Mi portai un mano alla bocca.

“È lui! E mi ha messa sul letto cedendomi il suo posto...”

Lentamente scesi dal letto in punta di piedi e mi ci avvicinai.

Era veramente carino e strano, in un certo senso.

Aveva delle profonde occhiaie e non riuscivo a capire come potesse stare seduto in quella posizione.

Lo scossi piano.

Un fremito di ciglia e due iridi neri invasero il mio campo visivo.

“Meraviglioso”

Pensai, arrossendo lievemente.

Quando lui mi vide si bloccò.

Sembrava incuriosito, forse dal fatto che lo avevo svegliato...

Gli sorrisi  dolcemente quando sentii le sue morbide dita affusolate che mi tenevano il mento.

Abbassai lo sguardo, timida.

«No, non abbassare gli occhi..»

Mi disse lui con voce atona. Lo guardai meravigliata.

«Sono dello stesso colore del cioccolato»

Continuò lui.

Lo stesso colore del cioccolato...

Una lacrima scese veloce lungo la guancia, venendomi in mente mia mamma.

Lui mi osservava con il pollice poggiato sul labbro inferiore, poi lo spostò sul mio viso asciugandomi quella lacrima.

«Non piangere...»

Mi disse.

Alzai nuovamente lo sguardo per vedere lui che mi osservava leggermente intristito, come se provasse una piccola parte dei miei sentimenti.

Accennai un sorrisetto, per rallegrarlo.

«Come ti chiami?»

Mi chiese ancora immobile.

«Cassie»

Risposi decisa.

«E tu?»

«Ryuzaki, ma non è il mio vero nome. Qui però mi chiamano L»

«Perchè ti chiamano con una lettera?»

Chiesi nuovamente curiosa.

Ryuzaki sembrò pensarci.

«Non so... soprannominano quasi tutti con una lettera qui...»

Disse infine.

Annuii piano.

«Perchè ieri seri sei arrivata qui piangendo?»

Chiese, aprendomi di nuovo quella piaga che sembrava avermi momentaneamente lasciata in pace.

«I miei genitori sono stati uccisi durante una rapina a mano armata...»

Lui mi guardò sorpreso. Evidentemente non si aspettava che io conoscessi  certi termini...

Quando poi si riprese continuò.

«Capisco»

Rimasi ferma a fissarlo. Mentre parlavo con lui, la tristezza non mi opprimeva.

«Scusa Ryuzaki, non potresti dirmi il tuo vero nome?»

Dissi in preda alla curiosità.

«Sinceramente non l’ho mai detto a nessuno... non sono molto bravo con le persone»

Disse abbassando lo sguardo evidentemente vergognato.

«Tranquillo, a me puoi dirlo!»

Continuai sorridendogli incoraggiandolo.

«Okay... Mi chiamo L Lawliet, gradirei mi chiamassi comunque Ryuzaki»

Mi rispose.

Lawliet.. che bel nome... mi ispirava fiducia al sol pronunciarlo...

Annuii vigorosamente.

«Ma dove siamo qui?»

Chiesi infine, esponendo la domanda che mi assaliva da quando mi ero svegliata nella mia camera.

«Siamo alla Wammy’s House, è un orfanotrofio per bambini superdotati considerati possibili successori dell’attuale miglior detective al mondo»

Un’orfanotrofio... Quella parola così brutta, mi fece pensare a quello che avevo perso. Alla mia famiglia, alla mia vita, alla mia libertà...

Strizzai forte gli occhi e le lacrime uscirono di nuovo incontrollate.

All’improvviso, mi sentii avvolgere da due forti e calde braccia.

Ryuzaki mi stringeva per darmi sollievo.

Timidamente, anch’io ricambiai l’abraccio, posando la testa nella incavo del suo morbido collo. Un senso di completezza mi avvolse completamente, sentendo di essere a casa. Di nuovo. Come se non fosse mai successo nulla.

  
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