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Autore: Dernier Orage    11/06/2012    4 recensioni
Austria, Irlanda ed Italia.
Tre spaccati di vita quotidiana, due borghesi deliziosamente frivoli, tre operai in un cantiere navale, un carcerato.
Genere: Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Il Novecento
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GUERRA 1925


 

(Austria)

- Von Behrisch afferma che verrà la guerra.- Sospirò Lisette lisciandosi il vestitino e battendo con la punta della scarpetta in vernice sul marmo del pavimento.
- Verrà sempre la guerra.- Mugugnò Frederic, che non aveva grande stima per quel professore dai modi pomposi e le parole vacue. Non poté evitare di abbassare con uno scatto nervoso la foto di famiglia della moglie, abbattendone anche altre due come pedine del domino e lasciandole disordinate sulla consolle.- Tuo padre con la guerra si riempie la pancia… e non sto parlando di piombo.-
- Oh Freddy, non dire così!- Lo rimproverò Lisette dandogli con la caviglia un colpetto al polpaccio.- Che genero sciagurato che sei, il piombo lo dovrebbe dare a te.-
- Lisette, tesoro, chiudi quelle adorabili labbra.- Le ordinò Frederic, la giovane donna mise su un broncio perfetto e con un cenno della mano sottile lo invitò ad allontanarsi.

Frederic aveva rilevato da poco lo studio del padre medico, era uno pneumologo appassionato ma non brillante, conduceva una vita tranquilla e agiata e ripensava con inquietudine agli anni della guerra, lui che studiava all’università era stato mandato in un ospedale da campo, a strappare alla morte e al fango i suoi coetanei. Una guerra in un futuro prossimo rappresentava ancora il timore per la propria persona e per la propria salute psicofisica, ma una a lungo termine rifletteva i demoni sui nipoti tanto amati, un pensiero insopportabilmente straziante.

Lisette soffiò sullo strato superficiale di zucchero di un dolcetto turco ed un velo bianco e polveroso le si depositò sulla seta verde del vestito.- Non fai in tempo a fare dei figli che la guerra ritorna, è buffo.-

- E’ un altro discorso del professor Von Behrisch?- Le domandò il marito versandosi dell’acquavite.

- No, è mio, che cosa facciamo? Tanto verrà una guerra a portarci via tutto…- Mormorò Lisette, attricetta consumata in orazioni patetiche, dalla mimica teatrale e il capelli spettinati sopra le orecchie.- Tu non capisci, Freddy! E’ tutto inutile, stiamo brancolando nel buio ed ogni passo ci avvicina al baratro.-

Frederic la guardò come un’opera d’arte, sensuale, infantile, bizzosa, contraddittoria, si inginocchiò davanti a lei e stringendole le ginocchia le promise:- Ti porterò a ballare questa sera.-

 

 

*

 

(Irlanda)

- Maledetti inglesi.- Brontolò Connor trascinando il carrettino fino alla carena, intrufolandosi tra i pilastri e i morsetti d’acciaio. Era l’ottava volta che lo ripeteva nella stessa mattinata, stava superando se stesso.

- Basta Connor o ti faccio guercio anche dall’altro occhio.- Lo rimbrottò Eamon guadagnandosi un’occhiata di supplica da parte del collega e amico Finn e rischiando di inchiodare le dita alla paratia stagna.

- Maledetti inglesi e maledetto tu, Eamon.- Riprese Connor con una mano avanti per non schiantarsi contro il fragile scheletro della carena di un peschereccio di medie dimensioni.- Se non avessi perso l’occhio adesso sarei anche io lì sopra a lavorare da uomo, non a trascinare un carretto.-

- Sta zitto Connor.- Provò ad intervenire Finn per sedare la discussione, non aveva voglia di separare nuovamente quei due bestioni che dalle lamentele sul passato arrivavano velocemente alle mani.

- Lasciatemi parlare, tanto non ho nulla da fare. Almeno in guerra ammazzavo inglesi.- Sospirò Connor. Eamon in guerra aveva perso il figlio prediletto e non poteva soffrire i discorsi di quel vecchio, il giovane Finn gesticolando cercò di fargli capire di non dargli ascolto, che quel vecchio guercio era pazzo, ma fallì miseramente e si sfogò sulla zazzera rossiccia, sfregando i capelli con le mani sporche di grasso. Eamon strinse i pugni lasciando defluire la rabbia, Finn somigliava a suo figlio ma non aveva neanche un pizzico del suo carisma, nessuno aveva un pizzico del suo carisma.

- Per me la guerra è ogni giorno.- Mormorò Eamon dopo uno sbuffo dagli effetti calmanti.- Ogni giorno, in questo cantiere, sedici ore al giorno, per sfamare i figli che mi sono rimasti.-

 

 

*

 

(Italia)

Avevo quattordici anni e vedevo i soldati tornare a casa senza gambe, senza braccia, senza occhi, li vedevo in delle scatolette di latta o di legno, in polvere o solo un ossicino, un cartellino con il nome, le targhette metalliche. Tornavano nei treni, tra le mani dei postini. Tornavano sotto forma di lettere o di denti. A volte sentivo delle urla nella via, erano le madri o le sorelle. Erano talmente giovani che non si erano neanche sposati.

Mio fratello non è partito per il fronte però non l’ho mai più visto, chissà dove sarà adesso, che cielo vedrà e quale aria respirerà. Qui le pareti e il pavimento sono umidi, nell’aria volteggia il pulviscolo, il cielo lo vedo attraverso le sbarre (cinque, di metallo – in realtà per vederlo devo appoggiare la schiena al muro e piegare la testa, è l’unico modo per non aver la visuale occupata dal muraglione del carcere).

Mi chiedo se oppormi sia una guerra, spero di no, non ho mai ucciso nessuno. 

   
 
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