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Autore: hiccup    11/06/2012    2 recensioni
Nero I: Il risveglio di un panda non sarà mai veloce nè violento.
Bianco I: La memoria di un panda non deve mai essere messa in discussione.
Nero II: I biscotti sono cosa buona e giusta sia per il panda che per il suo gatto.
Bianco II: Panda bagnato, panda fortunato?
Nero III: Chi ha detto che un panda non può correre?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Bianco I.


 - La memoria di un panda deve mai essere messa in discussione. -

***



Oh. Cavolo.
Sonja frugò nella borsa.
Tasca anteriore, tasca posteriore: fazzoletti, scontrini, foglietti, penne, gomme da masticare, caramelle al miele, bottiglietta d’acqua, libro, bustine di zucchero...
Nella borsa c’era di tutto tranne loro.  
Tranne le chiavi.

Dannazione!
La ragazza imprecò mentalmente per poi posarsi contro il muro del cancelletto, sconsolata.
Ho preso tutti gli spartiti ma non le chiavi di casa. Che cretina.
Con cura posò a terra la custodia del suo violoncello; aveva appena finito tre ore di prove in vista del concerto di fine anno accademico.
Era quasi mezzanotte e mezza e stava morendo fame.
E gli occhi le si stavano chiudendo dal sonno.
E – insomma! - era mezza morta ed era chiusa fuori casa.
Prese il cellulare dalla tasca, cercò il contatto della sua migliore amica e la chiamò, pregando che fosse ancora sveglia o che comunque si trovasse a casa.
Il cellulare squillò a vuoto e, dopo tre bip fastidiosi, scattò la segreteria telefonica.

Bip.
Qui la segreteria telefonica di Susan. Momentaneamente sono occupata o non raggiungibile, prego, lasciate un messaggio dopo il bip.
Bip.

Sonja ripose il cellulare in tasca con stizza. Ora cosa poteva fare?
La nonna era andata fuori città da una sua vecchia compagna del corso di ricamo, e la giovane ricordava ancora benissimo la sua espressione severa, l’indice alzato e le sue parole: mi raccomando, Sonja, rimarrò via per due giorni perciò ricordati di prendere le chiavi prima di andare a prove.
E lei aveva annuito più volte convintissima.
E se le era scordate.
Tipico.
Tsk.

Rabbrividì appena ad un soffio di vento.
Forse non era il massimo rimanere in strada in piena notte. No, decisamente.
Troverò un posto nell’albergo poco lontano da qui, si disse convinta, e domattina chiamerò la nonna e-
Scosse subito il capo mentre si figurava la scena: se avesse osato chiamare nonna Monique, avrebbe ricevuto una bella ramanzina.
No, non poteva fare una figura del genere; c’era un’unica possibilità.
Annuì convinta, si voltò verso il cancelletto e, issandosi con un piede al perno, lo scavalcò.
Uh! Che agilità! si complimentò con sé stessa prendendo poi il violoncello.
Attraversò il giardinetto curato all’inverosimile – nonna Monique lo chiamava “figliolo” quello sputo di erba e fiorellini sciocchi – e giunse all’uscio.
Ora devo solo trovare il doppione, si disse Sonja, perché ne era sicura: un doppione esisteva. Doveva esistere, sua nonna era la donna più previdente al mondo.
Guardò sotto lo zerbino – sentendosi la protagonista di un film poliziesco di pessima qualità -, dietro i vasi di gerani rossi e di gerbere color ocra.
Non ci sono! Non è possibile! Sono davvero spacciat-
“Cosa stai facendo?”
Sonja si fermò un istante.
Era la sua coscienza? Le stava parlando? O se l’era immaginato?

“Ti senti bene?”  
Ancora quella voce e Sonja si voltò, assottigliando lo sguardo.
Doveva immaginarlo: voce da nerd insopportabile era sinonimo di Bastien Baudeau.
“Cosa stai facendo?” le chiese perplesso, chiudendo la portiera dalla macchina appena parcheggiata.
Poco importava se la ragazza non avesse sentito nessun rumore di motore o pneumatici sull’asfalto; scrutava con circospezione Bastien Baudeau.
Aveva due anni più di lei, frequentava il secondo anno della facoltà di medicina, i capelli ricci erano perennemente spettinati, gli occhi chiari nascosti da occhiali con la montatura nera molto-nerd, era solito indossare qualsiasi tipo di pantaloni purché non fossero jeans – realtà teoricamente impossibile per un maschio ventiduenne del ventunesimo secolo, giusto? – insieme a felpe dai colori improponibili. Aveva un orecchino all’orecchio destro e un disegno tribale tatuato all’interno dell’avambraccio. Era un nerd fissato con i film di fantascienza e con i videogiochi.  
E a Sonja non piaceva.
Per niente.
Anzi, non le era mai piaciuto.
Ultima precisazione: Bastien Baudeau era l’inquilino della casetta a schiera di fronte alla casa di Sonja e di sua nonna. Sonja e Bastien erano cresciuti insieme. E Sonja non lo sopportava proprio.
“Mi senti?” incalzò il ragazzo con ciglio preoccupato.
“Ti sento, ti sento” sbottò Sonja, curiosa.
“Cosa combini a mezzanotte passata qui fuori?”
“Nulla, sono appena tornata e cerco le chiavi”
“Le hai perse” affermò. Sì, affermò non chiese.
E Sonja lo fissò perplessa.
“No, non le ho perse” mentì. Aveva un orgoglio da proteggere, dopotutto.
“Tua nonna ci avrebbe scommesso” disse lui ridendo incredulo, “pazzesco! hai davvero perso le chiavi”.
“Le ho dimenticate” lo corresse lei piccata, ringraziando la semioscurità per nascondergli le sue gote arrossate.
“E’ uguale” disse lui, noncurante, frugando nelle tasche dei pantaloni ed estraendo una piccola chiave dorata.
Sonja osservò la chiave allibita.
“Tua nonna, sapendo che te la saresti scordata, mi ha affidato il doppione prima di partire” spiegò avvicinandosi al cancelletto.
Sonja lo raggiunse e prese la chiave, offesa.
“E si fida di te? Avresti potuto entrare e rubare qualcosa!”
Bastien rimase interdetto qualche secondo.
Lui, un ladro?
“Un grazie puoi anche dirlo, sai, scema?” esclamò poi incrociando le braccia al petto e guardandola con un ghigno.
Ppfft.
Uno sbuffo, la chiave nella serratura, maniglia abbassata.
Aah. Casa dolce casa.


***





  
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