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Autore: Pietro90    11/05/2004    7 recensioni
Beh, praticamente questo è un tema che dovevo svolgere per un concorso a scuola, e che ho deciso di pubblicare perchè mi sembrava venuto bene... la traccia era questa, così capite di cosa si tratta: "Prendendo spunto dall'incontro con gli ex-internati nei campi di lavoro nazisti, immagina di vivere in prima persona la loro drammatica esperienza e scrivi una lettera alla tua famiglia..." Commentate ^__^! (PS: l'argomento della ff è lo stesso della ff Muraglia Di Lacrime di Marghe perchè siamo in classe insieme e la traccia ovviamente è la stessa!Non accusatemi di plagio, eh!^^)
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Cara famiglia,

Lettera alla mia famiglia

Beh, niente da dire… spero solo che vi piaccia! Commentate!^__^

 

 

Cara famiglia,

                      non voglio riempire questa lettera di menzogne e di falsa speranza, di menzogne ne sono circondato, la speranza l’ ho già persa da molto tempo, e quella poca che  è rimasta in me arde sconsolata come una piccola fiammella in mezzo ad una bufera: vi dirò quindi realmente dove sono, cosa faccio e, solo se riuscirò a capirlo anch’io, che cosa mi hanno fatto diventare.

Qui nel Lager siamo in tanti, ma è come se ognuno fosse un universo a parte, che tenta di sopravvivere. Tra noi parliamo pochissimo, mangiamo pochissimo.Siamo tanti ma soli.

Non ce la faccio più. I Nazisti, i tedeschi, loro, quelli che comandano qui in questo gelido inferno, ci stanno opprimendo con tutte le loro forze. Lavoro senza sosta dalle sei del mattino, fino alle dieci  di sera, nella fabbrica. A volte le mani ed in piedi mi fanno un male atroce, a volte non li sento più, come se il vento gelido me li avesse portati via.

Faccio incubi tremendi ogni sera. Sogno casa, poi subito dopo mi ritrovo nel Lager a lavorare. Mangio solo una volta al giorno. Sono prossimo allo svenimento, ma se malauguratamente ciò mi succedesse mentre sono al lavoro, sarei morto. Ma morto lo sono già nell’anima: verrebbe ucciso solo il mio corpo.

Ho visto con in miei occhi la Morte venire a prendere molti dei miei compagni di camerata. Chi per malattia, chi per il freddo, chi per la fame. Giusto un mese fa, uno si è strozzato con i lacci delle scarpe. Lo farei anch’io, forse, se solo me li avessero lasciati: quando siamo arrivati le SS ci hanno buttato sotto la doccia bollente, poi ci hanno rasato come se fossimo degli animali, e ci hanno dato i vestiti. Se vestiti si possono chiamare, a strisce e con quei numeri di matricola inesorabili.

Ma è come se ce l’avessero tatuati sul cuore, quei maledetti numeri.

I turni di lavoro sono tremendi, e non ve lo dico per farvi soffrire per me, ma ve lo racconto perché voi sappiate. Lavoriamo sempre accompagnati da cinque o sei tedeschi con il loro frustino, pronti ad usarlo non appena uno di noi da’ segni di cedimento.

Delle volte mi ritrovò a pensare  che tutto questo non può essere vero. Un’atrocità tale non può esistere, non può esserci qualcosa di così tremendo. Va al di fuori da ogni immaginazione, da ogni concezione, sconfina in un universo parallelo, va fuori dal controllo di Dio.

Ma invece c’è. Ed il suo nome è Lager.

Famiglia mia, io so quanto voi state soffrendo per me in questo momento, anche io sto soffrendo, e soffro ancora di più al pensare che voi stiate male.

La vita al lager non esiste. Al Lager non esiste niente.

Esistono solo le SS ed il lavoro:

Il cibo non esiste, l’acqua non esiste, i prigionieri stessi non esistono, perché sono solo la squallida proiezione degli uomini che erano prima di venir catturati. Ma siamo tutti ormai svuotati, la voglia di vivere si è spenta, e sono pochi quelli che, come me, stanno tentando di andare avanti, senza lasciarsi andare tra le braccia della morte, che ormai sono quasi diventate invitanti.Ormai mi sento solo una foglia in balia del vento tedesco, senza una volontà propria, senza dei pensieri propri.      

 Il Lager mi ha fatto diventare questo.

Cosa hanno ottenuto orai Tedeschi, con la morte di tutti questa gente? 

Solo sofferenza.

A che cosa serve tutto questo?

A niente.

Oramai, cara famiglia, qui siamo solo dei burattini, ed i Tedeschi reggono, muovono e tagliano i nostri fili a loro piacimento.

Ma il Lager non riuscirà mai a far sparire l’amore che ho per voi,  quello è eterno. Non so se questa lettera arriverà mai a destinazione, ma comunque, voi, ne vostri cuori, sentirete che vi sto pensando. E che questo pensiero è una flebile ma importante luce nell’immensa oscurità del Nazismo.

 

Vostro

 

Pietro

 

  
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