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Autore: AzzurreElle    11/06/2012    5 recensioni
Mi voltai e come a rallentatore inizia il mio viaggio per incontrare il volto del salvatore della mia bambina.
Reebok nere, pantaloni larghi, troppo per il fisico esile che probabilmente si celava all’interno di essi, una maglietta che copriva per l’eccessiva lunghezza metà di quei jeans scuri. Quasi mi cedettero le gambe quando associai quel vestiario a qualcuno che ormai non c’era più e un barlume di speranza si accese in me, speranza e pazzia .
Esitai sul volto, sapevo che non era la persona che speravo di trovare ma volente o nolente gli guardai il viso.
Ho finalmente trovato il coraggio di pubblicare questa ff, non'è la più brillante certo, ma ci terrei a sapere cosa ne pensate ;D AE.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tom Kaulitz
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cinque anno dopo.                                                                  
 
 
Brookelle e Tom sono sposati ormai da quattro anni, Ian è all’ultimo anno di asilo mentre Mia si trovava ormai in terza elementare, e da due anni a questa parte sono iniziati dei problemi con lei.
Mia non era gelosa di Ian, non le era stato per niente fatto pesare l’arrivo di un altro bambino in casa, ma il problema che ormai era pensiero fisso di Mia era che ormai ai suoi occhi era evidente la differenza che c’era tra lei e suo fratello.
Lui faceva di cognome Kaulitz come suo padre mentre lei aveva un cognome differente, molte volte aveva chiesto spiegazioni ai genitori ma sua madre, Brookelle per paura di traumatizzarla aveva sempre rimandato il momento della verità mentre Tom si sentiva osservato da Mia in modo differente da quando l’aveva conosciuta, sapeva che ormai non poteva fingere di essere il suo vero padre, il momento della verità non poteva essere lontano ormai.
 
Brookelle.
-”Mia ti ho chiesto di mangiare tutto per favore” era l’ennesima volta che ormai rimproveravo mia figlia, visto che ultimamente aveva preso a fare lo sciopero della fame.
-”ho detto che non mangio finchè non mi dici la verità” mi guarda con aria di sfida, se non fosse nella mia natura gli avrei mollato di sicuro uno schiaffo.
-”Tom per favore veditela tu con tua figlia “ dico esasperata alzandomi da tavole per iniziare a lavare i piatti.
-”Mia andiamo un attimo di là” le dice mio marito guardandomi con aria preoccupata, a mia volta lo guardo e abbasso lo sguardo e mi osservo il tatuaggio, e con un consenso silenzioso accetto quello che Tom stava per fare.
Non volevo immaginare la sensazione che proverà mia figlia da lì a poco, ho cercato di preservarla dal male che poteva procurarle la verità fino a questo momento.
Eppure tutto sembrava perfetto,
Io e Tom eravamo sposati, felicemente del resto, Alex e il suo compagno Etienne , inglese di alto rango, avevano adottato un bambino della stessa età di Mia, Kyle , frequentavano la stessa classe, erano diventati subito amici.
Mio fratello aveva preso il posto di Tom nei Tokio Hotel per i concerti fuori dei confini della Germania e in Francia aveva rincontrato Fanny, sono tornati insieme e vivono ormai da due anni una storia a distanza.
Bill aveva trovato Kendra, sua ormai compagna, Georg si era sposato con Makayla e Gustav separato da poco da una donna che fin dall’inizio aveva puntato solo ai suoi soldi.
Ian frequenta l’ultimo anno d’asilo, è molto calmo e con grande soddisfazione di Tom aveva iniziato a preferire i vestiti larghi esattamente come lui.
Mia era diventata l’idolo della sua classe, molto popolare tra i compagni  e tutto filava liscio fino a quando a scuola presero a studiare l’albero genealogico.
Quel giorno tornò da scuola arrabbiata e gridando in mezzo alle lacrime mi chiese perché lei non aveva il cognome di Tom.
Rimasi pietrificata da quella domanda e dalla sua reazione, così tanto che non trovai nemmeno le parole per mentirgli, sospirai e tornai a sistemare la sua camera senza nemmeno guardarla, cosa che la fece infuriare di più e scappare a piangere da suo fratello.
Per giorni mi sono chiesta fino a che punto avrei potuto tenerla allo scuro di tutto ma alla luce dei fatti, non moto a lungo.
 
Tom.
Mia cammina veloce e arrabbiata verso la sua camera, era sconcertante la somiglianza ch c’era in quelle occasioni tra lei e sua madre.
Apre la porta e si siede a cavalcioni sul letto , io entro e chiudo la porta alle mie spalle.
-”non so nemmeno perché mi sono offerto di dirtele io queste cose.” ammetto accarezzandomi un braccio e sedendomi accanto a lei sul letto.
-”perché tu mi dici tutto papà” mi dice posando una mano sulla mia, so già che dopo sta sera il suo sorriso così caldo nei miei confronti si congelerà , più di quanto è cambiato nell’ultimo periodo.
-”cos’è che ti turba tanto?” gli chiedo provando a capire se posso evitare ancora per un po’.
-”tutto papà, io non porto il tuo cognome, Ian sì, io non ho né i tuoi occhi castani né il tuo naso, e nemmeno quello della mamma. Non sono una bambina scema , ” conclude iniziando a tirare su con il naso.
-”cosa centro io con voi, sono stata adottata come Kyle?” ricomincia in mezzo alle lacrime chiedendomelo in modo quasi supplichevole, come a desiderare con tutta se stessa quella versione dei fatti.
-”certo che no!” inizio subito a spiegare
-“amore mio il motivo per cui tu non hai il mio cognome è perché . . .”
-“non sono tua figlia, questo lo so già” conclude lei per me iniziando a piangere ancora di più.
-”No piccola io ho conosciuto la mamma quando tu avevi quasi due anni” dico torturandomi le mani.
-” voglio solo sapere dov’è il mio vero papà a questo punto, voglio conoscerlo” guardandomi con i suoi occhioni azzurri che avevano riacquistato sicurezza e si accesero di curiosità.
-”Mia, tuo padre . . .” faccio un sospiro prima di continuare “Mia la verità è che tuo padre non c’è più tra noi” dico tutto d’un fiato.
La vedo cambiare espressione. 
-”c-che vuol dire?” mi chiede alzandosi in piedi sul letto.
-”Mia tuo padre è in cielo” cercando di dare almeno una prospettiva piacevole della morte cercando di prenderla per la mano.
Lei mi guarda con rabbia e l’allontana da me.
-”voi mi avete sempre detto delle bugie” mi urla 
-”amore noi non volevamo farti soffrire” provando per l’ennesima volta ad abbracciarla.
-”esci , voglio stare da sola” mi dice sedendosi sul letto e abbracciando un cuscino.
-”Mia io . . . “ purtroppo non riuscivo nemmeno a dire una parola.
-”per favore Tom, esci” mi dice lapidale.
Mi aveva chiamato per nome, il mio nome non mi aveva mai fatto più male come in quel momento.
Mi alzo lentamente dal letto, e la guardo.
Non piange più adesso, è solo priva di espressioni con lo sguardo perso nel vuoto, e per un attimo intravedo la Brookelle appena incontrata,  ed ho paura.
Esco dalla camera, richiudo dietro di me e vado da mia moglie che nel frattempo nel corridoio aveva sentito tutto e aveva preso la stessa espressione della figlia,decisamente un brutto segno. 
 
 
 


                             
Brookelle.
Erano ormai tre ore che Mia si ostinava a non farmi entrare in camera sua. 
La sentivo singhiozzare e ad ogni singhiozzo mi si spezzava il cuore, se c’era una ragione per cui non ho mai detto a Mia la verità era quella, non volevo che soffrisse la perdita di un padre di cui non aveva nessun ricordo.
Eppure c’era qualcosa che in lei è scattato,e mi chiedo se. . . 
-”Mia” ricomincio a bussare questa volta con un po’ più di speranza che lei mi aprisse.
-”vai via!” mi ripete ancora una volta
-”Amore ascoltami per favore” le dico attraverso la porta “io vorrei raccontarti un po’ di tuo padre . .se vuoi” chiesi con un groppo in gola e portandomi alle labbra il dito su cui era inciso il nome del padre di mia figlia.
La sento scendere dal letto e venirmi ad aprire.
Titubante la apro ed entro nella sua stanza e la vedo seduta per terra davanti alla grande finestra  con il corpicino ancora scosso dai singhiozzi.
Mi siedo anche io per terra accanto a lei e sorrido in mezzo alle lacrime che avevano preso a scalarmi il viso quando si accoccola su di me.
-”Piccola mia” accarezzandole i capelli e il visino bagnato.
“Mamma raccontami” mi chiede in un sussurro quasi pregandomi.
Io mi schiarisco la voce e mi asciugo le lacrime, sarebbe stato una racconto difficile.
-”Tuo padre si chiamava Zack, Zackary Bones “ inizio balbettante, quasi la vedo sorridere quando finalmente sente il suo cognome preceduto dal nome di suo padre.
-”Ci siamo incontrati quando avevamo entrambi sedici anni e ci siamo amati fin dall’inizio, era una persona allegra, solare , con una risata travolgente e io lo amavo da morire.” Prendo una pausa per vedere se tutto quello che stavo dicendo non turbasse Mia, al contrario voleva saperne sempre di più.
-”Appena diciottenni e trasferitoci da poco in questa casa .. “  stavo per continuare ancora
-”Abitava qui papà?” chiede con malinconia.
-”Si piccola, è proprio qui in camera tua che gli dissi che che da lì a poco sarebbe diventato padre, pianse dalla gioia quel giorno, e vedere tuo padre piangere era più unico che raro.” Sorrido a un ricordo lontano ma ancora e profondamente vivo in me.
-”Sai amore tu non dovevi chiamarti Mia” dico ridendo.
-”come no?” mi chiede mia figlia appena divertita.
-”Doveva chiamarti Jenna, come la nonna. “ dico scacciando l’ennesimo groppo in gola “ma appena tuo padre ti vide l’unica parola che riusciva a dire era “MIA, MIA , MIA” non riusciva ancora a credere che eri sua figlia, e così scelsimo il nome Mia.
Dovevi vederlo quanto amava chiamarti in mezzo alla gente, si faceva sempre riconoscere perché proprio in mezzo alla fila del supermercato ti levava il ciuccio e allo..” mi interrompo non appena Mia si sposta da me e si avvicina di più alla finestra.
-”vorrei averlo qui, anche io voglio un papà, voglio il mio papà”  diceva piangendo
Mi avvicino di più e l’abbraccio nonostante mi spingesse via.
-”Ascoltami bene, tuo padre è sempre vicino a te amore, lui non’è andato via da te, è sempre qui” gli indico il suo cuoricino “ e poi. . .” continuo “tu sei pure più fortunata degli altri bambini, tu hai due papà, papà Tom e papà Zack no?” chiedo conferma sorridendo.
-”Avrò sempre un cognome diverso” ripete stizzita dalla situazione.
-”Non’è importante il tuo cognome Mia, tu vuoi bene a Tom?” gli chiedo
-”Ovvio” mi risponde subito e con convinzione.
-”Allora quanto può essere importante un cognome?” accarezzandogli i capelli lunghissimi e biondissimi.
-”credo che non ne abbia” rivedevo finalmente in lei del buon senso.
-”Allora piccola questa di tuo padre è solo una verità amara che la vita ti riserva, ma tu sei forte abbastanza da andare avanti, portandolo sempre con te” le dico accarezzandola ancora quando finalmente sorride
-”io amore non voglio dirti quello che ti dicono gli altri , di andare avanti e non pensare più a tuo padre, tienitelo stretto al cuore, anche se a volte la malinconia sarà forte e io lo so bene.” le bacio la guancia
-”dov’è papà Tom?” mi chiede alzandosi da terra.
Sorrido.
 
Tom.
Seduto sul divano penso alla conversazione fatta prima con Mia, tutto mi è sembrato scivolare via dalle mani.
Mi sembrava aver perso tutto, tutti i momenti passati con lei, dalla prima volta che la presi in braccio prima di essere messa sotto da una macchina, all’ultima passeggiata al parco prima che studiasse l’albero genealogico.
Se ripenso a quanto avevo paura di affezionarmi a lei mi do dello stupido, non lo avevo scelto io. 
Amarla per me era riuscito facile come respirare, un amore che mi faceva star bene, perché lei per me non era “come” una figlia, lei per me è mia figlia.
Tanti ricordi mi tornano in mente, il periodo in cui Brookelle aspettava Ian, alla complicità tra Mia e me nel preparare tutto per il suo arrivo.
Mi sentivo vuoto.
Sento qualcuno sedersi vicino a me, mi volto convinto di trovare mia moglie più o meno nello stato in cui l’avevo lasciata prima e invece era lei.
Senza dire una parola si stende sul divano e poggia la testa sulle mie gambe.
Era come se stessi uscendo dall’apnea, finalmente respiravo.
-”scusa per prima” mi dice con la sua vocina
Non dico niente e prendo ad accarezzarle i capelli
-”la mamma mi ha raccontato un po’ di papà, e ho capito una cosa” mi dice, era sempre straordinario nel suo modo di parlare, quasi come un’adulta.
-”cosa?” chiedo in quell’attimo perfetto.
-”che non fa niente se io non porto il tuo cognome” mi dice sorridendomi
-”Mia io ti voglio bene nell’esatta maniera in cui voglio bene a Ian, credimi solo con l’esame del DNA può risultare che tu non sei mia figlia, ma io ti amo pr…” mi interrompe con un abbraccio improvviso.
-”Ti voglio bene papà” ecco, il cuore che faceva una capriola
-”Anche io te ne voglio piccola MIa”
 
Fine!
 
 
  
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