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Autore: Giglio    29/12/2006    7 recensioni
Erika è una liceale come tante altre che sogna d’incontrare il principe azzurro. Una giornata andata particolarmente male incontrerà Alberto, uno studente universitario, alla guida della sua costosa Lexus SC 430. Dall’aspetto il ragazzo sembra un vero principe… peccato che come tale si scoprirà uno schiavista!
P.s. ho messo nel profilo la loncandina con la foto dei "veri" Erika e Alberto!
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premessa… per quelle di voi che hanno la fortuna di aver trovato questa storia familiare, non preoccupatevi non ho intenzione

TI HO SCOPERTO!

 

 

- Ah… che bella giornata! – disse Sara uscendo dalla gelateria. – Sono così annoiata… - continuò mentre assaggiava il suo gelato.

- Facciamo qualcosa di divertente. – le rispose prontamente Erika.

- Come se non facesse mai niente di divertente. – replicò Carla superiore.

- Uffa in questo periodo solo studio e depressione. – continuò Sara ignorando l’amica.

- Come se studiasse tanto da essere depresse. – rispose nuovamente Carla con aria superiore, era noto a tutti che Erika e Sara non brillavano certo per le loro capacità a scuola. – Ahio… - urlò la ragazza dopo aver ricevuto un colpo da Sara.

- Andiamo al cinema. – propose quindi la ragazza evitando di essere colpita dall’amica.

- Si! – rispose subito entusiasta Erika.

Le due compagne di classe la guardarono torve.

- Beh… visto che tu sei fidanzata noi andiamo da sole. – le disse subito Sara.

- Ciao… ciao! – la salutarono le due amiche lasciandola sola come un’idiota.

 

PIRIRI PIRIRI PIRIRI PRIRIRI

 

- No… lui no! – disse subito Erika sentendo l’odiata suoneria del suo cellulare. Per un po’ rimase immobile a guardare il telefono, pensando a cosa poteva fare per liberarsi di lui.

Evidentemente però non c’era niente da fare perché dopo un’ora la ragazza si trovava chiusa in un internet point costretta a scrivere una chilometrica tesina per Alberto, mentre lui giocava soddisfatto, al suo fianco, a qualche stupido giochino su internet.

E quello fu solo il secondo dei compiti che il ragazzo le affidò. Nei giorni che seguirono Erika fu costretta ad accompagnarlo a fare spese. Mentre lui girava per costosi negozi scegliendo cosa provare, la ragazza doveva stargli dietro reggendo gli abiti che lui le gettava addosso. Una volta usciti dai vari negozi poi era costretta a portare tutte le buste. Vestiti, scarpe, oggetti vari, profumi. Le cose erano due: o Alberto era ricco e non aveva altro da fare che shopping sfrenato oppure lo stava facendo apposta per farla sgobbare.

Non l’aveva risparmiato neanche l’umiliazione di portarla al cinema. Arrivati là la ragazza si era seduta soddisfatta e felice, convinta che forse lui si era un po’ dispiaciuto per come la stava trattando. Ma appena il film cominciò capì le sue vere intenzioni. La fece alzare svariate volte, il che non solo non le permise di guardare il film, ma soprattutto attirò su di lei le ire di quelli che le stavano vicino e dietro. Ogni volta che si alzava la guardavano male e si lamentavano, per non parlare poi di quando era costretta a rientrare con le braccia colme delle cose che Alberto le aveva chiesto di comprare.

Senza pietà l’aveva persino costretta a lavargli la macchina mentre lui se ne stava all’interno comodamente seduto ad ascoltare la radio.

- Posso andare a casa adesso? – chiese la giovane poggiando a terra le numerose buste che portava in mano dopo l’ennesima uscita per fare shopping.

- Certo… - le rispose il ragazzo. – … prima però comprami qualche biscotto. – aggiunse mentre lei entusiasta si preparava a scappare.

 

- Papà! – disse Erika mentre tornava triste a casa dopo un’altra giornata passata sotto i comandi di Alberto.

Una macchina grigia le era passata davanti e lei l’aveva subito riconosciuta, era quella di suo padre.

Corse lentamente per raggiungerlo, ma si bloccò presto quando vide che l’uomo all’interno della macchina aveva rallentato per osservare meglio una giovane, vestita in modo succinto, che si era accucciata per raccogliere da terra le chiavi che le erano cadute.

 

POFF!!!

 

- Papà! – urlò la ragazza al genitore aprendo lo sportello della macchina, dopo che questa era andata a sbattere contro un’altra auto.

- Te… tesoro… - balbettò il padre in imbarazzo. –Hai visto? - chiese avvilito.

La ragazza rispose di sì con la testa cercando di sembrare arrabbiata .

- Si è graffiata? – domandò il genitore riferendosi alla macchina.

- Sì! – rispose Erika.

- Si potrebbe ridipingere… - cominciò a dire il meccanico guardando l’auto del padre di Erika. – Ma ti conviene un paraurti nuovo, per questo modello ti costerebbe solo venti euro. – spiegò l’uomo.

- Perfetto… può farmelo subito però? – chiese il padre della giovane. - - Non dirai niente alla mamma vero? – aggiunse il genitore guardandola supplichevole.

La ragazza però non rispose, era sbalordita.

- Ehi… ma… - cominciò a balbettare incredula. – Costa così poco ridipingere un paraurti? – continuò.

- Eh… sì! – rispose il meccanico, sicuramente stava pensando che forse avrebbe potuto chiedere di più.

- E per una Lexus 430… - domandò seria la giovane. – Quanto costa? – aggiunse puntando il dito minacciosa.

- Beh… per quella di più… - cominciò a spiegare l’uomo ma fu interrotto dalla giovane.

- Ah… - disse Erika calmandosi.

- … in quel caso nuovo costerebbe sui trecento euro massimo! – spiegò.

- COSA? – replicò la giovane furiosa.

Il padre e il meccanico la guardavano spaventati, sembrava che la ragazza stesse per esplodere.

- Lo uccido… l’ammazzo… io… - continuava a borbottare la giovane mentre tornava a casa con il padre.

- Te… tesoro cosa devi farci con quella bomboletta? – aveva provato a chiederle il genitore mentre spaventavo guidava verso a casa.

Gli bastò uno sguardo della figlia per capire che non era il caso d’insistere.

- Dove vai? – provò a chiedere di nuovo il padre una volta scesi dalla macchina.

- Ho un lavoro di scuola da fare! – spiegò Erika sorridendo gentilmente e sollevando la bomboletta per far capire che doveva usarla per tale lavoro.

- A quest’ora… - cominciò a dire l’uomo ma fu azzittito dalla figlia che, smettendo di sorridere, lo fissò con sguardo minaccioso.

 

PADRONE! HO DIPINTO IL PARABREZZA PER PROTEGGERTI DAL SOLE.

 

La scritta bianca brillava sul parabrezza, della Lexus 430, completamente dipinto di nero.

- Devi cambiare tutto il vetro. –esordì il meccanico, lo stesso in cui era stata Erika con il padre, dopo aver esaminato la macchina per un po’. - Ci vorrà qualche giorno! – aggiunse sogghignando, sembrava che la cosa lo divertisse molto.

Alberto invece non era dello stesso parere, furioso pensava a centinaia di modi per fargliela pagare a Erika.

Ben presto però capì a pagare stavolta sarebbe stato lui.

 

Il giorno dopo recandosi, a piedi, all’università il ragazzo capì subito che qualcosa non andava. Mentre camminava tranquillo tutti quelli che venivano dal lato opposto al suo lo guardavano e cominciavano a bisbigliare tra di loro.

- Non posso crederci! – disse una biondina guardandolo schifata.

- È lui. – le rispose sdegnata l’amica.

- Che stronzo! – disse un ragazzo con la maglia a strisce rivolgendosi a degli amici vicino.

- Sembra lui? – disse un moretta all’amica tirandola per un braccio.

Alberto gli guardava tutti sorpreso, passandosi un braccio sulla nuca e chiedendosi cosa avesse che non andava. Ma mentre continuava a pensare fu attratto da una piccola folla che si era formata poco più avanti. Sembrava che tutti stessero ascoltando una ragazza che parlava con il megafono, nonostante la voce alterata per l’oggetto non ci volle molto a riconoscerla.

- Vi prego! Aiutatemi a trovare il padre di mio figlio. – urlava Erika al megafono, muovendosi tra la folla.

- Ci ha lasciati dicendo che andava in gita scolastica e non è più tornato. – continuava la giovane con voce sofferente.

- TESORO! – continuava disperata.

- E’ un donnaiolo che gira sulla sua Lexus 430! – aggiunse la ragazza.

- È il più grande stronzo! – continuò. – Cerco il padre di mio figlio! – ricominciò a dire mentre consegnava dei volantini.

Alberto le si avvicinò e a quel punto riuscì a vedere meglio la ragazza. Portava alle spalle un bambolotto e davanti un cartello con la sua foto e sopra scritto le cose che aveva appena detto alla folla.

Anche lei lo vide e con aria di sfida lo guardò beffarda, mentre continuava a lanciare i volantini alla folla.

- Io ti ammazzo! – borbottò il ragazzo mentre si avvicinò alla folla e prendendo Erika per un braccio la trascinò lontana.

- Ma sei pazza? – le urlò una volta lontani. – Vuoi morire? – aggiunse minaccioso.

- Cos’è questo? – le chiese strappandole il bambolotto.

- Mio figlio! – urlò Erika.

Alberto la guardò torvo e lanciò il pupazzo lontano.

- Il mio bambino! – insistette Erika con voce piagnucolosa saltellando qua e là.

Lui continuò a guardarla, non riusciva a capire se doveva essere furioso o pensare che fosse pazza.

Perché l’hai fatto! – chiese la ragazza, ora aveva un tono furioso. – Sei stato tu il primo che mi ha mentito su cinquemila euro. – spiegò furibonda.

- Vuoi vendicarti? – chiese il ragazzo tranquillo, aveva capito che Erika aveva scoperto l’inganno. – Bene… e cosa dici del contratto? – le domandò dandole un colpetto sulla spalla.

La ragazza non rispose.

- Forse sei troppo piccola per saperlo… - cominciò a dirle lui prendendole il mento con le mani. - …ma puoi andare in galera se vieni meno ad un contratto! – le spiegò.

- Bene… allora anche io ti denuncio! – replicò la giovane. – Per… per… per truffa! – concluse trionfante.

- Truffa? – domandò Alberto guardandola sorpreso. – Mi dispiace! È tutta colpa mia… non denunciarmi! – disse poi con voce docile, dopo essersi messo in ginocchio.

Erika lo guardava confusa, non sapeva se esultare o perdonarlo.

- Pensi che direi questo? – le chiese subito dopo il ragazzo distogliendola dai suoi pensieri e guardandola in modo derisorio. – Vuoi denunciarmi? Bene… denunciami! – continuò il giovane sollevandosi da terra.

- Pensi di farmi paura? – insiste a chiederle senza darle il tempo di rispondere. – Sei carne morta se non mi denunci, ok? – concluse sussurrando.

- Pensi che non lo faccia? – urlò, dopo essersi ripresa Erika, spingendolo e allontanandosi di corsa.

Alberto rimase a fissarla divertito.

 

 

 

 

Grazie per i complimenti sina07... sono felice ti piaccia! Oddio non farmi ritrovare con una denuncia per aver dato strane idee alle mie lettrici è ;o)! Amore? Eheh… stiamo a vedere!!! Purtroppo per Natale non c’è stato verso… ecco però l’ultimo aggiornamento del 2006!

 

Grazie anche a te bychan!!! Non fate complimenti falsi però… scrivo DAVVERO bene è un po’ troppo ahah. Spero che per te una settimana sia presto :o)!!!

 

È sempre difficile scegliere un nome… quello di Erika e Alberto mi è venuto così. Alberto è un nome che neanche mi piace… forse essendo una storia non mia non tenevo molto ai nomi. Beh Chaosreborn grazie e… spero la cosa con la tua amica sia risolvibile ;o)!

 

Il koba per il film contattami in privato! Non dovrebbero esserci problemi a parlarne qui, visto che non è in commercio qua n Italia, ma sempre meglio privatamente! A proposito devo rispondere ad una ragazza che mi ha contattata. ME SBADATA!!!

 

Machi… idem che con il koba, per sapere del film contattami in pvt! Comunque no, non lo si trova a noleggio… come ho detto qui in Italia non esiste! Vero? L’idea del film è geniale… l’ho trovata davvero unica, oltre che troppo spassosa! Come vedi ho aggiornato prima del anno nuovo… temevo che non facendolo la terza recensione sarebbe stata di minacce ahah!!! ME FIFONA!

 

Lissa sono davvero felice che piaccia la fic… vuol dire che ci avevo indovinato quando vedendo il film ho pensato: “devo dividerlo con quelli di EFP”! Spero che anche per te otto giorni siano presto hehe!

 

Un GRAZIE a tutte… BUON ANNO… ma soprattutto BUONA LETTURA!!!

 

Ah sì… ho corretto il titolo che non è “100 days with Mr. ARROGANCE”… ma “100 days with MR. ARROGANT”… che ignorante!!! Anche per questo o tolto e ripostato il capitolo SCUSATEMI!!!

 

 

  
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