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Autore: Stateless    11/06/2012    6 recensioni
La consapevolezza di guardarsi nei corridoi e di non provare più nulla era l'esempio tangibile di una causa persa.
Ci metteva svariati secondi per ricordare di odiarlo e desiderare che non esistesse, per il semplice motivo che le mancava guardarlo negli occhi e confondersi con il suo petto, come quando da piccoli, nemmeno fossero passati anni, si abbracciavano dietro le tende viola e nere della villa, rincorrendosi nei corridoi e scambiandosi le figurine delle cioccorane seduti sul pavimento freddo.
Era un ricordo perfetto e così reale da portarla a chiedersi come avesse davvero potuto dimenticare tutto.
Perché?
Doveva soltanto limitarsi ad esistere, almeno per provarci.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Pansy Parkinson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, Da VI libro alternativo
- Questa storia fa parte della serie 'Produzioni seriali di cieli stellati'
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Dobbiamo solo far finta che vada tutto bene.

(atto unico)

" Nasconditi pure dietro una maschera,
ma fa' attenzione: anche gli altri potrebbero fingere."

                                                              ( Skins)






Se non fosse stato per il suo taglio di capelli del passato, o per il fastidioso ghigno mal riuscito che portava impresso sulla bocca ogni giorno, - forse - qualcuno avrebbe potuto dire che certamente Pansy Parkinson era una donna di fatto. Non che non lo sembrasse, semplicemente, non lo dava troppo a vedere, passando tutto il tempo con i maschi e allenandosi a Quidditch, pur non trovandosi ufficialmente nella squadra. Aveva deciso così, per caso, di volersi tagliare i capelli neri e rinunciare per sempre alla vera Pansy dalla chioma liscia e nera. Ogni tanto le mancava infilare le mani nei capelli lunghi e intrecciarli, aggiungendo fiori o corone, proprio come faceva la madre da piccola. Prendeva la spazzola e lentamente li pettinava, contando il numero delle spazzolate e sussurrandogliele lentamente nelle orecchie. Era diventato un rito serale e - pur provandoci, - non riusciva ad addormentasi senza quello. Ma poi aveva compiuto gli undici anni ed era andata a Hogwarts, proprio come ogni Purosangue della sua famiglia. E la madre non c'era più con lei.
 Aveva iniziato ad odiare i fiori, e se c'era una cosa che mal sopportava, quelle erano proprio le viole; e chiamarsi in quel modo non l'aiutava nemmeno un po'. Aveva imparato a sottovalutarsi quand'era da sola e riusciva a guardarsi allo specchio per quello che era davvero, né più né meno il riflesso di una ragazza di appena diciassette anni. Si sentiva così tanto sporca, che ogni volta - dopo essersi accuratamente osservata - faceva un bagno e si strofinava così forte la pelle che diventava di un rosso acceso. Credeva di poter cancellare tutto, anche le piccolezze impresse in ogni singola molecola del suo corpo. Fu semplicemente come avrebbe dovuto essere: inutile. Si aggrappò ai drappi dell'asciugamano e lasciò che le lacrime le rigassero le guance e scivolassero lente sul suo viso. Erano quelli i momenti in cui si sentiva quello che era davvero. Abbattuta da piccole gocce d'acqua che non facevano altro che denudarla e  farla cadere ai suoi piedi; e lei, questo, lo aveva sempre odiato. Pensare a quell'argomento era come camminare su una pellicola di acqua e fango in cui sprofondavi se non stavi attento, allo stesso modo se restavi al tuo posto e decidevi di non fare un passo avanti. Con lui non era possibile, perché era un manipolatore e - nello stesso momento in cui stava per sbloccare la trappola - avanzava quando sapeva di aver varcato il limite che li separava.
Cadeva ai suoi piedi non per sua volontà.
Draco non lo sopportava.
- Perché non mi rispondi? Parlami.
- Non voglio litigare. Di nuovo.

Le sue trappole erano un perfetto meccanismo studiato con quella consapevolezza di prenderla in pieno e di ferirla. A volte lei si meravigliava di come riuscisse a cascarci, a volte si meravigliava di come lui le impostasse nei suoi confronti. E questo metteva un punto fermo alla sua fantasticheria su Draco, che nei suoi sogni riusciva a dirottare a suo piacimento e a farsi piacere. Forse era solo un'impressione o un'illusione che nascondeva tra le pieghe del mantello, quando serrava i pugni vedendolo sorridere malizioso a Daphne, o facendo cenno a Millicent di restare in sua compagnia, con quel suo solito ghigno e quel suo toccarsi i capelli che la faceva impazzire ogni qual volta le capitasse di osservarlo. Una visione così patetica che avrebbe anche potuto evitarla. Ma in ogni caso, era tutta colpa sua; lo era stata da sempre. Avrebbe anche potuto uscire dalla sua vita, ma non l'aveva mai fatto per paura di sentirsi tagliata fuori da tutto. Ed era quello che la spaventava di più.
Bastava girarsi, non guardare, fare finta di niente, restare inerti. Ma era come se il collo fosse bloccato e gli occhi - per quanto si muovessero - restassero incollati sul suo mantello e sul suo viso pallido. Gli trapassava le spalle con lo sguardo e lui, girato e incurante, ormai era abituato a sentirsi tutti gli occhi puntati addosso, nel bene e nel male, in ogni caso non gli importava niente, anche incontrare i suoi occhi e far finta di niente.
Quel niente che racchiudeva mille parole e sospiri e gemiti e sere passate da sola a riguardare le sue foto.

Draco aveva gli occhi così chiari - e a volte così scuri - che le risultava impossibile riconoscere di che colore fossero davvero.
Sapeva solo che erano una perfetta antitesi di ciò che lui era davvero; un'imperiosità spaventosa che comunicava gelo, in contrasto con quel Draco Malfoy, così diverso, così cambiato.
- Sai che è brutta educazione fissare così le persone, Pansy?

Se c'era un motivo per cui si era tagliata i capelli - anni prima -, quello si chiamava Draco Malfoy.
 E nessuno, eccetto lei, sapeva il perché.
Se c'era un motivo per cui odiava, quello era Draco Malfoy. 

Il suo amico.
Solo un amico.
La bambina con i capelli neri e corti era cresciuta, ma non aveva dimenticato.
Si chiedeva quanto tempo, quanti secondi ci mettesse a capire di odiarlo nel preciso momento in cui lo vedeva. L'anticipazione del suo arrivo alle sue spalle, in Sala Grande, nella Sala Comune, erano brividi che le correvano lungo la schiena e lungo le spine conficcate nel cuore. Ogni tanto percepiva il suo arrivo e aveva ancora in bocca il sapore del suo profumo. E se lui avesse sentito il suo sangue scorrere nelle vene senza intralci e il pulsare del suo cuore, che accelerava sempre di più al ritmo delle sue parole, forse avrebbe capito cosa si celava sotto quella maschera di perfetta e ostentata felicità.
Ma forse, anche la sua era una maschera.
Perfetta per i suoi piani. 
Impossibile da riconoscere, ma almeno, non per Pansy, che non aveva mai accettato l'idea di essere l'unica a fingere. Sarebbe stato troppo sporco per una sola persona ; ed anche eccessivamente insensato, almeno per i suoi gusti.

§

 



Pansy Parkinson era cresciuta insieme a Draco Malfoy, nel loro Maniero di famiglia, quando nemmeno la loro infanzia avrebbe potuto separarli. Ogni giorno Pansy lo trascorreva  con lui e forse, passava più tempo a casa di Draco che in quella sua.
Il Maggiordomo di villa Parkinson la prelevava ogni sera dalla dimora dei Malfoy, e andarsene, era stato sempre come abbandonare un pezzetto del suo cuore nelle mani di Draco.
Finché, andarsene sempre, aveva fatto sì che il suo - di cuore - fosse nelle mani di Draco.
Le viole e le giunchiglie crescevano in una serra annessa alla villa, circondata da rampicanti profumati e ginestre che d'estate lasciavano l'odore sulla pelle e il sapore di fresco sulle labbra. Faceva caldo lì dentro. Le camice bruciavano addosso e il collo pallido era lucido per le gocce di sudore. Le sue labbra - così infantili - che si avvicinavano alle sue; e poi, le sue mani le cingevano dolcemente le spalle.
Non muoverti.
Era stata rigida per tutto il tempo ed era arrossita, incurante che lui la stesse guardando, ridendo felice.
Era solo un sogno?
Ma era l'unica evidenza, l'unica immagine del tempo che - fra giochi e baci leggeri - avevano passato insieme. Una cornice perfetta per vivere entro il limite e non permettere a nessuno di valicarlo. Era solo loro, quei giochi erano solo i loro. 

Per tutto quel tempo Pansy si era convinta di essere l'unica a esserne spettatrice, l'unico viso che Draco avesse avanti nelle loro lunghe ore la mattina e il pomeriggio. Camminavano e andavano al lago, insieme, per mano. E non c'era cosa più bella che constatare che le sue mani erano calde e che le sue labbra erano allargate in un sorriso sincero. Già da piccolo aveva quel suo portamento altezzoso che gli vedeva ostentare in compagnia dei genitori, ma quando trascorrevano il tempo insieme, sembrava che si lasciassero tutto alle spalle e che farsi accarezzare dai petali delle rose e dalla farina bianca e marroncina dei cuochi del Manor - di nascosto - fosse uno dei loro passatempi preferiti.
Non osava ricordarglielo. 
Ricordava che in mezzo al lago c'era una piccola isoletta e che Draco - ogni volta - si chiedeva come quell'isoletta potesse trovarsi giusto in mezzo e non ai lati, più vicina alla riva  in modo che lui e lei avrebbero potuto salirci. Gli dispiaceva e glielo si leggeva in volto, perché avrebbe davvero desiderato provare come ci si sentisse ad essere circondati dall'acqua e guardarsi intorno, insieme, pensando alla stessa e identica cosa.
Probabilmente, lo aveva anche dimenticato.
Avevano dormito insieme, quando non potevano altro che condividere il sonno e intrecciare le mani sotto le lenzuola bianche e profumate di fresco e di menta, di Draco. Lei l'aveva guardato dormire, e non sapeva se lui l'avesse fatto o meno, ma le bastava.
Non necessitava di essere osservata, ma almeno presa in considerazione per pochi minuti. Avrebbe voluto offrirgli un sonno falso, sapendo che lui la stava guardando, magari con un sorriso sul volto, ignaro che lei lo sentisse, lo percepisse.
Da piccola non aveva potuto godere di quel momento, ma aveva sentito il sospiro caldo di Draco sulla spalla e conosceva ogni punto del suo corpo già magro e snello, così che avrebbe potuto abbracciarlo anche a occhi chiusi.
Da quanti anni non lo abbracciava?
Era dai primi giorni a Hogwarts che Draco aveva deciso di lasciarsi tutto alle spalle, quasi volendo cancellare la sua infanzia, con lei.
L'aveva quasi abbandonata in un angolo e oramai, non faceva che parte del suo gruppo, alla pari con Tiger e Goyle, o quasi, di più o di meno, non contava. L'irritava così tanto che per pochi secondi aveva pensato di lanciare tutto all'aria e di mandare per vie traverse anche quella poca amicizia che le era restata.
Possibile che lui non se ne rendesse minimamente conto?
La consapevolezza di guardarsi nei corridoi e di non provare più nulla era l'esempio tangibile di una causa persa.
Ci metteva svariati secondi per ricordare di odiarlo e desiderare che non esistesse, per il semplice motivo che le mancava guardarlo negli occhi e confondersi con il suo petto, come quando da piccoli, nemmeno fossero passati anni, si abbracciavano dietro le tende viola e nere della villa, rincorrendosi nei corridoi e scambiandosi le figurine delle cioccorane seduti sul pavimento freddo.
Era un ricordo perfetto e così reale da portarla a chiedersi di come avesse davvero potuto dimenticare tutto. 
Perché?
Doveva soltanto limitarsi ad esistere, almeno per provarci.

§
 


Era il Ballo del Ceppo e forse occasione migliore non c'era. Aveva commesso un errore, però: abbassare lo sguardo e incontrare, quasi per caso, le mani nervose di Draco che non sapevano dove poggiarsi.
L'aveva sempre saputo che, anche se ci aveva provato, non ci sarebbe mai riuscito. In ogni caso, le prese la mano e le sue dita erano dure ma avevano quel poco di dolcezza che forse avrebbe potuto sciogliere il suo animo prolisso.
Aveva volteggiato con lui maldestramente, ostentando sicurezza, e pestandogli i piedi almeno una centinaia di volte. Ogni tanto il suo vestito color rosa antico - che le stava stritolando il petto - prendeva sbuffi e si abbassava lento. La sua serata perfetta stava andando in fumo e non la rincuorava affatto pensare che in poche ore sarebbe finito tutto.  Fece per domandarsi se anche la sua spensieratezza e sicurezza fosse dovuta alla evidente indifferenza verso di lei.
Il cuore le martellava, forte, fortissimo.
E non capiva perché, di nuovo.
La prese di nuovo per mano e le fece fare una nuova giravolta, come dettava il regolamento della McGranitt, e quando le lasciò le mani per rivolgerle un leggero inchino - alquanto inutile - sparì improvvisamente tra tavoli imbanditi e vestiti eleganti profumati di felicità.
Ma non della sua.
Aveva cercato di raccogliere tutto il suo odio e abbandonarlo all'aria, respirando profondamente come una dama offesa dal proprio cavaliere. Leggeri movimenti d'aria le incresparono il vestito, spandendo nella sala odori e parole sussurrate. Poi l'arrivo delle Sorelle Stravagarie e il solito trambusto. Gente che si agitava e si aggrappava alle spalle dei compagni di Casa, gridolini d'euforia. 
Draco era lì in mezzo con la Greengrass.
- Sei gelosa, Pansy?-
- Non quanto lo sia tu di Daphne.-
- Cosa credi di fare?-
- Tentare e fallire di nuovo.-
- Ottima scelta, davvero.-

Lo sforzo di volontà di rispondere a Blaise furente le era costato caro. Le parole quasi le morirono in bocca e il petto, già stretto di suo, iniziò a gonfiarsi e abbassarsi a ritmo delle note musicali. Se l'avesse vista - oh, sì che l'aveva vista - avrebbe visto la vendetta e l'odio dipinti nei suoi occhi.
- Che cosa provi?-
Niente.-
- Sei molto brava a fingere.-
- Non per molto.-
- Per quanto, allora?-
- Solo per stasera...credo.-

Pansy lo aveva guardato spaesata. Lui era così perfetto che dubitò per un secondo che fosse davvero geloso. Che stesse facendo quello solo per un semplice e puro interesse personale.
-  Oh mio Dio, Pansy. Credevi che non me ne fossi accorto?-
Distolse lo sguardo non potendo vedere l'ondata di rancore che attraversò gli occhi del ragazzo, e capì di essersi illusa come una semplice adolescente.  Non che lo lasciasse a vedere, ma quello che sentiva era molto di più che una semplice cotta. Faceva male, le doleva ogni giorno di più
La gelosia le scivolava lenta sulle pareti della pelle, e Pansy Parkinson non avrebbe mai ammesso di essere gelosa.
Era nella sua natura.
 

§

 
And the only solution was to stand and fight
And my body was loose and
 I was set alight
But she came over me like some holy rite
And although I was burning,
 you’re the only light
(Only if for a night)



Per una strana coincidenza si trovavano insieme a pulire delle boccettine per Piton. Il silenzio intorno a loro sembrava quasi indistruttibile, e Draco non si decideva ad alzare lo sguardo. Il cuore le martellava e sentiva con ogni fibra del suo corpo la sua presenza e il suo profumo leggero. Lui aveva la fronte corrucciata e le mani scivolavano lente su quella boccettina trasparente, piena di un veleno che si faceva ammirare in tutta la sua pericolosità. Quasi che Pansy riuscisse a scorgere le sue mani sudate che lentamente lasciavano scivolare la boccetta. All'improvviso, con un gesto inaudito, scattò in piedi e rimase ad ascoltare il rumore di mille pezzettini di vetro che si infrangevano al suolo. Si chiese se lui avesse abbandonato le sue manie da calcolatore, se i suoi studi sulle trappole da tenderle fossero terminati.
Si accasciò a terra e iniziò a raccogliere i residui di vetro.
Quel silenzio era ancora più imbarazzante, ma Pansy credeva di aver finalmente trovato le parole.
- Ti aiuto - aveva sussurrato a bassa voce. Forse lo aveva udito solo lei.
- Grazie.- la sua voce era sommessa e lentamente spostò lo sguardo negli occhi di Pansy.
Gli occhi di Draco erano limpidi, pieni di sfumature grigie. Abbassò la testa e continuò a raccogliere: le mani si muovevano fameliche e Pansy quasi le sfiorò con le sue.
- Ti ricordi di quella storia che ci raccontava Narcissa? - gli chiese con tono incolore, sperando in una sua risposta.
- No, non ricordo.- il tono era pastoso e sapeva di più di un ricordo negato.
- Oh, sì, di quella ragazza con i capelli rossi come il sangue e la pelle bianca come la neve. Era la figlia di un re e viveva alla corte del castello, in un villaggio disperso tra foreste e monti e cime innevate. Tutta la servitù credeva che tenesse lontani i fantasmi, ma la ragazza di notte spariva. Avevano provato a cercarla, ma lei puntualmente, non ricordava mai niente. Così, una mattina tornò con la bocca piena di sangue e gli occhi spalancati. Il padre le corse incontro e l'abbracciò, finché lei non cadde morta.-
Pansy si interruppe, scrutando Draco che la guardava interessato.
- Perché? Perché è morta? -
- Perché era una revenant. Una ritornata dal mondo dei morti. Si era avvicinata troppo a quello che l'aveva resa felice prima della sua morte, al suo ricordo più bello: il padre e l'infanzia.-
Pansy sorrise amaramente e tornò a giocherellare con i pezzetti di vetro.
- Perché l'hai fatto? - gli chiese all'improvviso - Perché io non sono più reale...per te? Niente di quello che c'era è più reale, vero?-
- Io ho paura, ed avevo paura di questo, Pansy - sussurrò lui lentamente.
- Oh, paura. Tu hai paura.-
- Mi dispiace, Pansy.- Draco le aveva raccolto la mano e stava spingendo le dita verso il suo volto contratto dal dolore.  
- Non preoccuparti. Passa.-


§

Fine


NOTE DELL'AUTRICE:

La One Shot  ripercorre alcuni momenti dell'infanzia e adolescenza di Pansy, puramente inventati da me.
Le frasi in corsivo a volte non rientrano nel contesto, ma sono di spessore e di molta rilevanza, almeno per i miei gusti! La storia raccontata è frutto di uno studio scolastico: i "revenant" sono i ritornati dal mondo dei morti. Secondo la cultura Greca ritornavano con un aspetto attraente e la voglia di compensare un amore fisico e morale perso prima di morire. 

  • La citazione è di Skins, generazione 2, puntata 8.
  • La canzone, cui c'è il link diretto, è Only if for a Night, dei Florence and the machine.


Stateless
   
 
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