CAPITOLO 2
Passarono sei anni da quel giorno.
Kanata ormai era un uomo. Frequentava l’ultimo
anno di liceo ed era molto corteggiato dalle compagne. E come biasimarle! In
tutti quegli anni non aveva affatto perso il suo fascino, anzi, era migliorato!
Aveva sempre la solita frangetta sbarazzina che gli
copriva parzialmente i bellissimi occhi bruni; i capelli erano più corti
e gli stavano un po’ su, come se avesse costantemente il gel, dandogli
l’aria da duro che faceva impazzire le ragazze. Aveva il fisico slanciato
con un po’ di muscoli, non un’esagerazione, il giusto per apparire
in gran forma. Il momento migliore per metterli in mostra, era
l’allenamento… già… perché era entrato a far
parte della squadra di basket ed era un vero campione!
Aveva tutto: bei voti, un futuro come sportivo, una
marea di ragazze che morivano per lui… Solo una cosa gli mancava…
lei!
Da quel giorno non avevano mai smesso di sentirsi:
almeno due lettere al mese! Si parlavano del più e del meno, delle
avventure scolastiche, degli amici, e delle nuove esperienze. Non si dicevano
mai niente di veramente serio, ma questo a lui bastava: il solo leggere di una
caduta imbarazzante a scuola o delle uscite con le sue nuove amiche, già
lo faceva stare meglio.
Ma negli ultimi mesi questo non accadde…
Non aveva più ricevuto una sua lettera, una
chiamata… niente!!!
In quel periodo era diventato irascibile e scontroso,
molti si erano allontanati da lui, non andava più neanche agli
allenamenti…
Pensava solo al perché di
quell’interruzione: perché la sua Miyu non gli scriveva
più? Che era successo?
Ogni giorno quando tornava a casa, la prima cosa che
faceva, era guardare nella cassetta delle lettere, ma niente!
Cercava di apparire un duro, senza preoccupazioni, e
ci riusciva benissimo: non aveva perso neanche la sua dote d’attore!
Ma… quando era solo… nel tempio… si
lasciava andare e pensava a lei, all’ultimo momento vissuto insieme, alla
sua partenza, alla sua promessa… Come aveva potuto farlo? Come aveva
potuto dimenticarsi di lui?!
Questo pensiero l’assillava, anche se aveva
cercato di smentirsi, dicendosi che non poteva essere vero. Però…
ogni mese che passava il pensiero cresceva… e cresceva… ormai
n’era certo! E questo lo intristiva ancora di più.
I suoi amici più cari si erano accorti di questo
cambiamento, sapevano anche il motivo; benché fosse un ragazzo chiuso,
era trasparente su queste cose, almeno per chi riusciva a vederle… come
Santa, per esempio!
Un giorno si diede appuntamento con la sua ragazza,
Nozomu e Cristine.
Quest’ultima era molto cambiata: si era
rassegnata con Kanata ed era riuscita a dimenticarlo facilmente… si era
messa con Nozomu! Ormai erano coppia fissa da tre anni: avevano messo la testa
a posto!
Durante quest’uscita concordarono di fare una
festa a sorpresa per lui: la sorpresa sarebbe stata… Miyu! Già,
perché Cristine, che aveva una casa in America, sarebbe andata a
prenderla e l’avrebbe costretta a seguirla.
“Un ottimo piano!” affermò Santa
“Allora è deciso! A Miyu ci penso
io…” disse Cristine, più che mai convinta di quello che
faceva.
“Riusciremo a farli rincontrare!”
urlò Nozomu.
“Io anche se non conosco questa Miyu, vi
aiuterò lo stesso: mi piacciono queste storie d’amore a lieto
fine!” disse determinata la ragazza di Santa.
“Ok… Allora tutti d’accordo!
Brindiamo al nostro piano!” urlò Santa che alzò il suo
bicchiere
“Sì!!!” urlarono tutti.
Ormai erano sicuri del successo, ma…
Miyu si ritrovò seduta con indosso solo la sua
vestaglia da notte; non riusciva a vedere niente, solo buio… vedeva tutto
nero!
Strinse a se un peluche a forma di orsacchiotto che
trovo lì vicino; le ricordava qualcosa quel pupazzo, ma non capiva cosa!
Si alzò in piedi e cominciò a camminare
in quel buio innaturale, senza meta, senza sapere dove stesse andando, spinta
dalla curiosità…
Ad un certo punto vide una cosa stranissima: un
bambino che volava! Le girava intorno, sorridendole. Poi scomparve…
Ritornò ad essere sola, con l’orsacchiotto in mano.
Pian piano, avvicinandosi, nel buio, cominciò a
distinguere una figura maschile: un ragazzo! Chi era? Cercò di chiamarlo
ma dalla sua bocca non usciva alcun suono… lui continuava a camminare
davanti a lei… lo vedeva di spalle e non riusciva a capire chi fosse.
Poi lui si fermò di scatto, lentamente
cominciò a girarsi e…
Lei si svegliò… che strano sogno aveva
fatto!
Si ritrovò in quella stanza odiosa: non ne
poteva più di stare lì! Stare nella stessa stanza per sette mesi,
con tutte quelle macchine che ti controllano, che ti studiano, è davvero
odioso! Vedere tutti quegli sconosciuti formulare ipotesi su di te, su un
rimedio fattibile, è insopportabile!
Lei davvero non ne poteva più: ormai le
giornate si ripetevano all’infinito, aveva perso la cognizione del tempo,
non sapeva neanche che giorno fosse!
Si sdraiò di nuovo in quel letto scomodo e pensò;
pensò a quella situazione, a quella stanza, a quel sogno… Era
davvero stanca, così diede un’ultima occhiata a quella specie di
prigione, appena illuminata da un lampione della strada che faceva penetrare la
sua luce dalla finestra, e si riaddormentò.
La sera della festa era arrivata e tutti erano molto
entusiasti; tutti, tranne lui: non sapeva ancora la sorpresa che gli avevano
preparato i suoi amici, ma sapeva che non l’avrebbe tirato su.
“E dai… un po’ di vita Kanata! In
fondo questa festa è per te… Ti assicuro che quando vedrai la
sorpresa starai meglio… Questa è una promessa!” disse Santa
determinato. Lui sembrò ignorarlo.
Fece il suo ingresso Cristine; spalancò il
portone di casa sua, luogo della festa. Aveva il viso pallido, sembrava
sconvolta. Tutti accorsero verso di lei; Kanata la soccorse.
“Tutto bene? Ti senti male?”
“Kanata… proprio te cercavo… ho una
brutta notizia da darti!…” disse lei stravolta “… Devi
sapere che sono appena tornata dall’America… Ero andata a prendere
Miyu, doveva essere lei la tua sorpresa, ma…”
“Ma cosa?!” urlò lui in preda al
panico.
“Oh… Non riesco a dirtelo! Recati subito
in questo posto…” e gli consegnò un biglietto con su scritto
un indirizzo “… Fallo subito! Userai il mio jet privato,
così arriverai immediatamente… Miyu ha bisogno del tuo
aiuto!”
Lui senza farselo dire due volte, partì
lasciando gli amici in agitazione.
Poi Cristine spiegò loro cos’era
successo.
“Accidenti… Che guaio…” disse
Nozomu
“Mi dispiace per lui… avrà una
brutta sorpresa al suo arrivo. Speriamo vada tutto bene!” concluse Santa,
e tutti lasciarono la casa in attesa di notizie.
Kanata per tutto il viaggio non fece altro che
guardare dal finestrino; sembrava quasi che volesse sapere sempre dove fosse e
quanto mancasse all’arrivo… Ma soprattutto voleva scoprire cosa
fosse successo a Miyu!
Lei si svegliò presto, anzi, per meglio dire,
fu svegliata presto! I soliti sconosciuti erano venuti, anche quella mattina,
per fare i loro soliti accertamenti… Ma ormai era abituata quindi non ci
fece neanche caso.
Poi spostò il suo sguardo verso la finestra
interna che separava quella stanza dal corridoio; lì c’erano
sempre loro…
Quelle due persone continuavano a venire, continuavano
a preoccuparsi per lei, continuavano a trattarla come una figlia… lo
affermavano anche, continuavano a dirle che loro erano i suoi genitori…
lei gli assecondava ma non n’era convinta.
Rivoltò la testa e cominciò ad osservare
quel soffitto monotono che ormai tutti i giorni fissava, e si lasciò
esaminare dagli sconosciuti.
Quando l’aereo atterrò, lui scese subito
e cominciò a chiedere informazioni ai passanti su quell’indirizzo;
alla fine arrivò nell’ultimo posto che si sarebbe aspettato e il
meno desiderato: l’ospedale della città in cui abitava la sua
Miyu!
Entrò subito e chiese notizie all’ufficio
informazioni.
“Sì, la signorina è ricoverata
qui. Chi è lei, signore?”
“Ecco… io… sono il fidanzato!”
disse tutto d’un fiato
“Ah…Poteva presentarsi prima: sono
già sette mesi che è qui!…” lui fece un breve calcolo
mentale e capì che era per quello che non gli aveva più scritto
“… In ogni caso le chiedo gentilmente di non entrare nella camera
della signorina.” continuò l’infermiera
“E per quale motivo?” chiese lui
preoccupato
“Beh… è meglio così, mi
creda.”
“Posso almeno sapere che ha?!”
“Posso chiamarle il dottore che si occupa del
suo caso…” poi disse al microfono “… La dottoressa
Perkins all’ufficio informazioni”
Arrivò una donna molto bella: con i capelli
mossi, lunghi e mori, gli occhi chiari e un fisico invidiabile.
“Buon giorno, chi mi ha cercato?” disse
“Sono stato io!”
“E voi chi siete?”
“Ah, già… scusi… Mi chiamo
Kanata Saionji e sono il fidanzato di Miyu Kozuki… potrai sapere cosa le
è successo? Sono stato informato solo ieri che era qui.”
“Certo mi segua.”
Entrarono nel reparto di psichiatria.
“Come mai siamo entrati qui? Che cosa è
successo a Miyu?!”
“Deve sapere che sette mesi fa, la signorina
Kozuki, ha avuto un brutto incidente: pare che stesse cercando di salvare una
ragazzina che stava attraversando la strada e che stava per essere investita da
un camion; c’è rimasta lei sotto. Aveva subito lesioni gravi alla
colonna vertebrale e non era più in grado di camminare, poi, in seguito
all’intervento riuscito e alla sua buona volontà, ha ricominciato
a farlo, e anche troppo bene per il breve periodo passato…”
“Meno male…”
“Aspetti ad esultare… Deve sapere che,
oltre alla colonna vertebrale, anche la scatola cranica ha risentito del colpo:
è rimasta in coma per qualche giorno…”
“Cosa?!!!”
“L’abbiamo operata immediatamente, senza
complicazioni; il problema è che, quando si è risvegliata,
presentava i sintomi di un’amnesia: in particolare non riesce a
riconoscere le persone… Non ha riconosciuto neanche i suoi
genitori!”
In quel momento gli cadde il mondo addosso. Fino ad
allora era rimasto ad ascoltare quasi senza reazione, ma quella notizia fu la
goccia che fece traboccare il vaso! Si fermò in mezzo al corridoio.
“Che cosa ha detto?” sussurrò; la
dottoressa corse verso di lui
“Su… dai… Non faccia
così… L’abbiamo trattenuta qui per tenerla sotto controllo e
le assicuro che sta benissimo!… E…Ah… Deve sapere che, tempo
fa, un mio collega ha ipotizzato un possibile rimedio: secondo lui, se venisse
in contatto con una persona davvero importante per lei, allora riuscirebbe ad
avere una specie di reazione che la porterà poi alla guarigione; fu
bocciata perché non riconobbe neanche i suoi genitori, ma io ci
credo… forse è lei, signore, la soluzione… Ah… Ecco la
stanza, può vederla dal vetro. Io vado a parlare con i suoi genitori su
gli ultimi sviluppi… La lascio solo…”
Lui rimase lì, attaccato al vetro, a guardarla
sonnecchiare circondata da tante macchine collegate a lei con dei tubicini: uno
spettacolo orribile!
Vederla così era una tortura; saperla in
difficoltà e non poter far niente per aiutarla…
La osservò meglio; non gli sembrava neanche
cambiata, se non fosse stato per i capelli più corti a causa
dell’operazione: in soli sette mesi erano cresciuti molto, ora gli
arrivavano alle spalle, incorniciandole il viso… Era bella come
sempre…
Successivamente vide un medico entrare per farle
un’iniezione; non poteva sopportare che la torturassero ancora, non
poteva sopportare che la toccassero… che toccassero la sua Miyu!
Entrò istintivamente in quella stanza
spalancando la porta; con uno scatto felino si mise tra lei e il medico.
“Non osi toccarla… Non osi toccare ancora
questa ragazza!” urlò.
Miyu guardò quel ragazzo che la stava
proteggendo. Chi era? Perché lo stava facendo?
Osservò meglio la sua schiena: la ricordava,
l’aveva già vista… nel sogno!
Poi una parola uscì dalla sua bocca
“Ka… Ka…
Kanata...”
Lui si voltò di scatto, era sbalordito: si
ricordava di lui!
I genitori e la dottoressa, che intanto erano entrati
per la confusione causata da Kanata, rimasero allibiti: com’era
possibile?!
Lei osservava i suoi occhi speranzosi; erano
bellissimi… Si perse in essi. Poi lui disse “Miyu, tu ti ricordi di
me?!”
Lei non rispose. Continuava a guardare quegli occhi;
le davano una strana sensazione: si ricordava qualcosa ma non riusciva a
mettere in ordine le idee. Una serie infinita di immagini cominciarono ad
apparirle davanti agli occhi, forse ricordi… Ma erano troppi!
Si dimenava, le faceva male la testa, poi svenne:
erano state troppe le emozioni provate.
Lui la soccorse
“Miyu! Che ti è successo?! Miyu
rispondimi… Miyu!” urlò preoccupato
“Non si preoccupi…” intervenne la
dottoressa “… è una reazione normale. La teoria del mio
collega era esatta, deve essere molto importante per quella ragazza, signore!
Probabilmente la reazione che ha scaturito il vostro incontro è stata
eccessiva e l’ha portata ad avere un collasso, ma sta bene e ora, ne sono
certa, riuscirà a riacquistare la memoria… è tutta
questione di tempo; dovremo tenerla qui ancora per un po’… per
aiutarla”
“No!…” disse Kanata “…
Non tenete qui proprio nessuno! Non vi permetterò di usarla ancora come
se fosse una cavia! L’aiuterò io!” e così dicendo la
prese in braccio, staccando tutti quei tubi inutili, e la portò via. I
medici cercarono di fermarlo, ma era troppo veloce.
“Lasciatelo fare…” intervenne la
madre
“Ma cosa dice, signora?!” disse la
dottoressa
“In sette mesi non siete riusciti a far niente
per lei! Non è forse vero?! A lui invece è bastato uno sguardo
per aiutarla… Mi fido di lui… Riuscirà a farle ritornare la
memoria, ne sono convinta!”
“Forse ha ragione… Ok, lasceremo fare a
lui, ma se non migliora, la riporti subito qui!”
“Ok…” –Ti prego aiuta mia
figlia!- pensò mentre li guardava allontanarsi.
Miyu si risvegliò in un letto molto comodo;
ormai non era più abituata alla comodità…
Quella nuova stanza era spaziosa: non era molto
arredata, il giusto per apparire accogliente… certo più
accogliente di quella dell’ospedale!
Si mise a sedere sul letto e si guardò: non
indossava più la vestaglia di quella prigione, ma una azzurrina molto
fine… le piaceva molto e, dopo tanto, sorrise. Non lo faceva da
un’eternità e le fece uno strano effetto.
All’improvviso la porta si aprì,
inondando la stanza di luce; si coprì parzialmente gli occhi.
Distinse un’ombra sulla porta… Lui
entrò.
“Miyu finalmente ti sei svegliata! Come
stai?”
S’inginocchiò davanti a lei e
l’accarezzò. Lei arrossì.
“Che c’è? Non sei più
abituata alle mie carezze…?”
Lei si voltò molto imbarazzata. Era cresciuta,
almeno fisicamente, ma rimaneva sempre la solita bambina.
“Scusa…” disse timorosa
“… Sono tesa perché tu sei la prima persona che riconosco,
sento di conoscerti, ma non mi ricordo molto… Non è che potresti
parlarmi di te…?”
“Certo… Ma in un altro momento… ora
avrei voglia di mangiare qualcosa, e tu, hai fame?” disse lui dirigendosi
verso la porta
“Non vorrei essere scortese, però, in
effetti… un po’ di fame ce l’avrei…”
“Perfetto allora mangiamo! E…
comunque… non preoccuparti… non sarai mai scortese…”
poi si voltò verso di lei e le fece una linguaccia spiritosa
“… Lo sai che abitavi qui sei anni fa? Sì, proprio qui: al
tempio Saionji!”
Lei rimase sorpresa. Com’era possibile che lei
avesse abitato in quella casa? Che rapporto aveva con quel ragazzo?
Non seppe darsi risposta ma si fidava di lui e sapeva
che in quel luogo avrebbe riacquistato la felicità.
Si alzò e, in vestaglia, percorse quel
porticato a lei noto ma così misterioso.
Si fermò un attimo ed osservò la luna
splendente; da molto non la vedeva: dalla stanza dell’ospedale non ci
riusciva. Era splendida e le infondeva fiducia.
“Allora ti muovi?!” disse lui uscendo
dalla sala
“Sì, eccomi” gli rispose e corse
verso quel ragazzo con la gioia nel cuore.