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Autore: MomokA_TakahashI    30/12/2006    0 recensioni
Una storia che mi è venuta così, dato che ho voglia di continuarla spero di riuscirci. Una storia un po' complicata, doppia, tra passato, presente e un futuro che appare lontano e buio, messo un po' in disparte. Spero vi possa piacere.
By Momoka
Genere: Romantico, Triste, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Era Natale

Nota: i pensieri sono tra “ e ” o quando parla con sé stessa senza le virgolette, mentre tra * e * sono i dialoghi. Buona lettura ^^

 

 

1.

Bianco, codardo Natale

 

 

Era Natale.

E io ero ferma, immobile. La neve mi cadeva addosso, accarezzandomi il naso, la fronte, i capelli, il giubbotto, e sfiorava dolcemente le mani che reggevano un pacchetto. Appoggiata al lampione, quasi non sentivo il freddo che mi attanagliava le gambe, coperte solo dai jeans.

Fissavo ostinatamente la casa di fronte a me. Le finestre del piano terra accese in corrispondenza del salotto. Al primo piano era accesa solo la finestra della sua camera.

Il mio sguardo era puntato su quella finestra da circa un’ora e un quarto, secondo l’orologio da polso che di tanto in tanto sfioravo con gli occhi.

Ormai i muscoli si stavano intorpidendo e cominciavo ad avere il naso chiuso. Sospirai, fissando per un millesimo di secondo la nuvoletta di vapore che si formò davanti alla punta rossa del mio naso. Poi mi dissi “O la va, o la spacca”. Colmai in pochi secondi la distanza fra il lampione e la staccionata del giardino. Abbassai lo sguardo in direzione del campanello. Sospirai ancora, eterna incertezza sul suonare o meno. Forse avrei disturbato la cena di Natale. Ma dato che la luce in camera sua era accesa, forse era già finita, erano già arrivati al momento in cui i ragazzi vanno in camera e gli adulti rimangono a tavola a parlare del più e del meno. Ma che c’avranno sempre da dirsi, gli adulti… ogni volta che si incontrano, anche per breve tempo, quando vanno a prendere la figlia a scuola e incrociano un altro genitore, hanno sempre qualcosa da dirsi, li guardi e li vedi tutti intenti a parlottare tra loro… misteri del mondo.

Improvvisamente, il mio dito si mosse da solo, verso il campanello. Jada, fermati, stoppati. Sei tu a controllarmi adesso, vero?

“No, no, no! Cosa fai??, fermati!”

Ancora qualche millimetro e avrebbe (il dito manovrato da Jada) premuto il pulsante.

Aspetta, aspetta, fermati! Non sono ancora pronta!”

Eccolo. È fatta, Jody, l’ha premuto. Sentii il suono del campanello risuonare in casa, e un rumore di passi verso l’ingresso. Vidi la porta di legno aprirsi e spuntò la madre.

*Chi... oh, Jody, sei tu!* fece, l’aria particolarmente contenta. Lei sembrava l’unica a non aver ancora compreso ciò che era accaduto fra me e suo figlio, *Entra cara, entra! Che bella sorpresa! Ah, a proposito, tantissimi auguri!*

Il suo tono entusiasta mi bruciò qualcosa dentro. Codarda, abbassai lo sguardo sul cancelletto che lei mi aveva gentilmente aperto, tenendo gli occhi codardi fissi sulla mano codarda che lentamente lo spingeva in avanti. Mossi qualche passo codardo all’interno del cortile e codardamente mi voltai a chiuderlo, dando per un attimo le spalle codarde alla cara signora. Si è capito che mi ritenevo una dannata codarda..?

Tanto gentile e tanto onesta le parevo, ma in realtà la signora non sapeva niente.

Girandomi nuovamente per guardarla, il suo volto gioioso fu come una coltellata in pieno stomaco. No, la coltellata fa male. Meglio un gancio ben assestato. Sì, fu proprio quella la sensazione che sentii non appena incrociai i suoi occhi.

*Buo-buonasera signora Holidar* feci, intimidita da quello sguardo così potente e così innocente.

Mossi ancora qualche passo verso di lei, che mi attendeva alla porta, la figura incorniciata dalla luce proveniente dal salotto. Sembrava un angelo, quella cara signora.

*Buonasera, cara. Qual buon vento..?* fece lei, inevitabilmente il suo sguardo cadde sul pacco che avevo in mano. In effetti, la carta verde acido con orsacchiotti marrone scuro vestiti da babbo natale e la striscia che lo chiudeva, larga e viola, che rifletteva la luce della casa, si faceva notare.

Io rimasi (codardamente) in silenzio.

Ovviamente fu lei ad attaccare bottone.

*Sei qui per Stephen, vero? Te lo chiamo, aspetta un secondo, cara!* disse la signora Holidar, arretrando nell’ingresso per permettermi una più libera entrata.

Mossi qualche passo incerto e leggero nel patio, rimanendo immobile mentre lei chiudeva la porta.

*Vuoi accomodarti in salotto?* mi chiese lei.

*Non si disturbi, signora, vado a chiamarlo io.* dissi, rimanendo all’improvviso interdetta dalle mie stesse parole. Era stata Jada a parlare, ne ero sicura. Difatti scossi la testa, ma oramai la frittata era fatta. *È in camera sua, giusto?*

Dannata Jada. Spunta fuori nei momenti meno opportuni e crea solo casini. Proprio a me doveva capitare una doppia personalità?

*Sì , cara, è di sopra…* rispose lei, il tono non troppo convinto, nonostante mantenesse il sorriso.

*Grazie, signora. Buon Natale…* dissi, cominciando ad incamminarmi verso le scale.

*Buon Natale!* la sentii, salendo i primi gradini.

I gradini verso la morte.

Bene, Jada, meraviglioso. E adesso? Devi darglielo per forza, quel dannato pacco. La stretta su di esso si… strinse. Mi fermai poco prima della rottura.

Continuai a salire le scale in silenzio, lo sguardo fisso sulla porta che a poco a poco riuscivo a intravedere. Era socchiusa. La luce proveniente dall’interno formava una strana figura trapezoidale nell’oscurità totale che invadeva il resto del corridoio.

La raggiunsi senza tanti complimenti.

“Bene, Jody, ora i casi sono due: o lasci il pacco qui davanti, bussi e fuggi via da codarda quale sei… o bussi e ti inchiodi al pavimento, affrontando la realtà come dovresti realmente fare.”

Direi che per non farmi odiare dai lettori e dalla mia coscienza dovevo fare una sola cosa.

Per cui inchiodai i miei piedi al pavimento e, con una forza immane, bussai. In quel momento era Jada a controllarmi. Ripresi il controllo pochi secondi prima di sentire dei passi, i suoi passi dietro la porta. Che si aprì, pochi istanti dopo.

Vedere la sua espressione meravigliata fu insieme appagante e maledettamente brutale.

*Ciao…* esordii.

Che deficiente inizio.

*Jody.* fece lui. Mi venne da rispondergli –Ma bravo, hai imparato il mio nome!–,  ma mi parve una cosa troppo cattiva da dire. Però in quel momento mi venivano in mente solo frasi taglienti.

“Ma perché..?”

*Questo è per te!!* esclamai, chiudendo forte le palpebre e ficcandogli l’enorme pacco fra le mani, spingendolo contro il suo petto. Accertatami che l’avesse preso, anche distrattamente, mi allontanai di slancio. Jada decise di venirmi a rompere le uova nel paniere e manovrò la mia testa in modo tale che i miei occhi incrociassero i suoi. Una volta lì, non ci fu più bisogno di lei: come tutte le altre volte, non riuscii a staccare lo sguardo da quelle iridi verdi che mi avevano sempre ipnotizzato.

Lui era fermo immobile, contornato dalla porta, essendo così alto da arrivare quasi a sfiorar lì dove io solo sognavo d’approdare. Lui mi guardava negli occhi con un’espressione confusa, sincera, sorpresa… così carina!

*Perché?* chiese solo. Inizialmente volevo rispondergli –Perché è Natale, razza di sciocco!–  però non riuscii a spiccicare alcuna parola. Rimasi lì come una scema a boccheggiare effetto pesce morto, balbettando qualcosa che somigliava a un *A-aah-ah-aa-aaah*. Che pessima figura.

Poi riuscii a racimolare la quantità necessaria di lettere per poter articolare qualcosa di decente.

*B-beh… a parte perché è Natale, ma… insomma, volevo farti un regalo, non posso?!*

Jada, accidenti a lei! Perché deve manovrarmi nei momenti meno opportuni??

A quel miscuglio di sensazioni che mi trasmettevano i suoi occhi si aggiunse qualcosa che assomigliava agli occhi del tuo cane quando lo sgridi.

L’avevo ferito. Anzi l’aveva ferito Jada.

Abbassai lo sguardo, per l’ennesima volta codarda.

*Spero ti piacciano.*

E con queste ultime parole, riuscii a muovere qualche passo – ricordiamo che avevo inchiodato i miei piedi al pavimento – in direzione delle scale.

*Jody!*

Mi stava chiamando. Rispondi, Jody, girati, avanti!

Impossibile. Jada mi stava controllando perfettamente in quel momento. Facendo finta di non sentire, continuai a scendere le scale. Attraversando il salotto, Jada riuscì a farmi fare l’ennesima figura del cavolo.

*Arrivederci a presto, signora Holidar.*

Non riuscii a sentire la risposta della madre, che la mia mano codarda aveva aperto la porta e spinto il pulsante del cancelletto, i miei piedi codardi avevano attraversato il vialetto e mi stavano accompagnando codardamente verso casa.

 

Codarda, codarda, codarda.

  
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