Nota: i pensieri sono tra “ e ” o
quando parla con sé stessa senza le virgolette, mentre tra * e * sono i
dialoghi. Buona lettura ^^
1.
Bianco,
codardo Natale
Era Natale.
E io ero ferma, immobile. La neve mi cadeva addosso,
accarezzandomi il naso, la fronte, i capelli, il giubbotto, e sfiorava
dolcemente le mani che reggevano un pacchetto. Appoggiata al lampione, quasi
non sentivo il freddo che mi attanagliava le gambe, coperte solo dai jeans.
Fissavo ostinatamente la casa di
fronte a me. Le finestre del piano terra accese in
corrispondenza del salotto. Al primo piano era accesa solo la finestra della
sua camera.
Il mio sguardo era puntato su
quella finestra da circa un’ora e un quarto, secondo l’orologio da polso che di
tanto in tanto sfioravo con gli occhi.
Ormai i muscoli si stavano
intorpidendo e cominciavo ad avere il naso chiuso. Sospirai, fissando per un
millesimo di secondo la nuvoletta di vapore che si formò davanti alla punta
rossa del mio naso. Poi mi dissi “O la va, o la spacca”. Colmai in pochi
secondi la distanza fra il lampione e la staccionata del giardino. Abbassai lo
sguardo in direzione del campanello. Sospirai ancora, eterna incertezza sul
suonare o meno. Forse avrei disturbato la cena di Natale. Ma
dato che la luce in camera sua era accesa, forse era già finita, erano già
arrivati al momento in cui i ragazzi vanno in camera e gli adulti rimangono a
tavola a parlare del più e del meno. Ma che c’avranno
sempre da dirsi, gli adulti… ogni volta che si incontrano, anche per breve
tempo, quando vanno a prendere la figlia a scuola e incrociano un altro
genitore, hanno sempre qualcosa da dirsi, li guardi e li vedi tutti intenti a
parlottare tra loro… misteri del mondo.
Improvvisamente, il mio dito si
mosse da solo, verso il campanello. Jada, fermati, stoppati.
Sei tu a controllarmi adesso, vero?
“No, no, no! Cosa
fai??, fermati!”
Ancora qualche millimetro e
avrebbe (il dito manovrato da Jada) premuto il
pulsante.
“Aspetta,
aspetta, fermati! Non sono ancora pronta!”
Eccolo. È fatta,
Jody, l’ha premuto. Sentii il suono del
campanello risuonare in casa, e un rumore di passi verso l’ingresso. Vidi la
porta di legno aprirsi e spuntò la madre.
*Chi... oh, Jody,
sei tu!* fece, l’aria particolarmente contenta. Lei
sembrava l’unica a non aver ancora compreso ciò che
era accaduto fra me e suo figlio, *Entra cara, entra! Che
bella sorpresa! Ah, a proposito, tantissimi auguri!*
Il suo tono entusiasta mi bruciò
qualcosa dentro. Codarda, abbassai lo sguardo sul cancelletto
che lei mi aveva gentilmente aperto, tenendo gli occhi codardi fissi sulla mano
codarda che lentamente lo spingeva in avanti. Mossi qualche passo codardo all’interno del cortile e
codardamente mi voltai a chiuderlo, dando per un attimo le spalle codarde alla
cara signora. Si è capito che mi ritenevo una dannata codarda..?
Tanto gentile e tanto onesta le
parevo, ma in realtà la signora non sapeva niente.
Girandomi nuovamente per
guardarla, il suo volto gioioso fu come una coltellata in pieno stomaco. No, la
coltellata fa male. Meglio un gancio ben assestato. Sì, fu proprio quella la
sensazione che sentii non appena incrociai i suoi occhi.
*Buo-buonasera signora Holidar*
feci, intimidita da quello sguardo così potente e così innocente.
Mossi ancora
qualche passo verso di lei, che mi attendeva alla porta, la figura incorniciata
dalla luce proveniente dal salotto.
Sembrava un angelo, quella cara signora.
*Buonasera, cara. Qual buon vento..?* fece lei, inevitabilmente il suo sguardo cadde sul
pacco che avevo in mano. In effetti, la carta verde acido con orsacchiotti
marrone scuro vestiti da babbo natale e la striscia che lo chiudeva, larga e
viola, che rifletteva la luce della casa, si faceva notare.
Io rimasi (codardamente) in
silenzio.
Ovviamente fu lei ad attaccare
bottone.
*Sei qui per Stephen, vero? Te lo
chiamo, aspetta un secondo, cara!* disse la signora Holidar, arretrando nell’ingresso per permettermi una più
libera entrata.
Mossi qualche
passo incerto e leggero nel patio,
rimanendo immobile mentre lei chiudeva la porta.
*Vuoi accomodarti in salotto?* mi
chiese lei.
*Non si disturbi, signora, vado a
chiamarlo io.* dissi, rimanendo all’improvviso interdetta
dalle mie stesse parole. Era stata Jada a parlare, ne ero sicura. Difatti scossi la testa, ma oramai la
frittata era fatta. *È in camera sua, giusto?*
Dannata Jada.
Spunta fuori nei momenti meno opportuni e crea solo casini. Proprio a me doveva
capitare una doppia personalità?
*Sì sì,
cara, è di sopra…* rispose lei, il tono non troppo
convinto, nonostante mantenesse il sorriso.
*Grazie, signora. Buon Natale…*
dissi, cominciando ad incamminarmi verso le scale.
*Buon Natale!* la sentii, salendo
i primi gradini.
I gradini verso la morte.
Bene, Jada,
meraviglioso. E adesso? Devi darglielo per forza, quel
dannato pacco. La stretta su di esso si… strinse. Mi
fermai poco prima della rottura.
Continuai a salire le scale in
silenzio, lo sguardo fisso sulla porta che a poco a poco riuscivo
a intravedere. Era socchiusa. La luce proveniente dall’interno formava una
strana figura trapezoidale nell’oscurità totale che invadeva il resto del
corridoio.
La raggiunsi senza tanti
complimenti.
“Bene, Jody,
ora i casi sono due: o lasci il pacco qui davanti, bussi e fuggi via da codarda
quale sei… o bussi e ti inchiodi al pavimento,
affrontando la realtà come dovresti realmente fare.”
Direi che per non farmi odiare dai
lettori e dalla mia coscienza dovevo fare una sola
cosa.
Per cui inchiodai i miei piedi al
pavimento e, con una forza immane, bussai. In quel momento era Jada a controllarmi. Ripresi il controllo
pochi secondi prima di sentire dei passi, i suoi
passi dietro la porta. Che si aprì, pochi
istanti dopo.
Vedere la sua espressione meravigliata
fu insieme appagante e maledettamente brutale.
*Ciao…* esordii.
Che deficiente inizio.
*Jody.*
fece lui. Mi venne da rispondergli –Ma bravo, hai imparato il mio nome!–, ma mi parve una cosa troppo cattiva da dire. Però in quel momento mi venivano in mente solo frasi
taglienti.
“Ma perché..?”
*Questo è per
te!!* esclamai, chiudendo forte le palpebre e ficcandogli l’enorme pacco
fra le mani, spingendolo contro il suo petto. Accertatami che l’avesse preso, anche distrattamente, mi allontanai di
slancio. Jada decise di venirmi a rompere le uova nel
paniere e manovrò la mia testa in modo tale che i miei occhi incrociassero
i suoi. Una volta lì, non ci fu più bisogno di lei: come tutte le altre volte,
non riuscii a staccare lo sguardo da quelle iridi verdi che mi avevano sempre
ipnotizzato.
Lui era fermo immobile, contornato
dalla porta, essendo così alto da arrivare quasi a sfiorar lì dove io solo
sognavo d’approdare. Lui mi guardava negli occhi con un’espressione confusa,
sincera, sorpresa… così carina!
*Perché?* chiese solo.
Inizialmente volevo rispondergli –Perché è Natale,
razza di sciocco!– però non riuscii a
spiccicare alcuna parola. Rimasi lì come una scema a boccheggiare effetto pesce
morto, balbettando qualcosa che somigliava a un
*A-aah-ah-aa-aaah*. Che pessima figura.
Poi riuscii a racimolare la
quantità necessaria di lettere per poter articolare qualcosa di decente.
*B-beh…
a parte perché è Natale, ma… insomma, volevo farti un
regalo, non posso?!*
Jada, accidenti a lei! Perché deve
manovrarmi nei momenti meno opportuni??
A quel miscuglio di sensazioni che
mi trasmettevano i suoi occhi si aggiunse qualcosa che
assomigliava agli occhi del tuo cane quando lo sgridi.
L’avevo ferito. Anzi l’aveva
ferito Jada.
Abbassai lo sguardo, per
l’ennesima volta codarda.
*Spero ti piacciano.*
E con queste ultime parole, riuscii a muovere qualche passo
– ricordiamo che avevo inchiodato i miei piedi al pavimento – in direzione
delle scale.
*Jody!*
Mi stava chiamando. Rispondi, Jody, girati, avanti!
Impossibile. Jada
mi stava controllando perfettamente in quel momento. Facendo finta di non
sentire, continuai a scendere le scale. Attraversando il salotto, Jada riuscì a farmi fare
l’ennesima figura del cavolo.
*Arrivederci a presto, signora Holidar.*
Non riuscii a sentire la risposta
della madre, che la mia mano codarda aveva aperto la porta e spinto il pulsante
del cancelletto, i miei piedi codardi avevano attraversato il vialetto e mi stavano accompagnando
codardamente verso casa.
Codarda, codarda, codarda.