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Autore: Akemi_Kaires    12/06/2012    3 recensioni
{NaruMayo; Phoenix/Maya}
- Chi sarebbe il cretino? – domandò il giovane, sfoderando un ghigno beffardo, guardandola sottecchi. Una risatina divertita sfuggì dalle sue labbra, non appena gli occhi della Maestra si illuminarono di gioia ed incredulità.
Sette anni di silenzio erano davvero troppi.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Maya Fey, Phoenix Wright
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ci sono anch’Io

Ci sono anch’Io

 

 

Alla mia dolcissima Mayoi, il mio Ammore. Grazie di tutto!

 

{Io di risposte non ne ho

Mai avute, mai ne avrò

Di domande, ne ho quante ne vuoi.

E tu, neanche tu mi fermerai

Neanche tu ci riuscirai

Io non sono quel tipo di uomo e non lo sarò mai.

Non so se la rotta è giusta,

o se mi sono perduto ed è troppo tardi per tornare indietro.

Così, meglio che io vada via.

Non pensarci, è colpa mia.

Questo mondo non sarà mio}

 

Non poté fare a meno di esibire un’espressione di pura sorpresa ed incredulità, non appena i suoi occhi caddero sull’enorme titolo dell’articolo in prima pagina. Sbatté più volte le palpebre, stentando a credere in ciò che aveva appena letto. Per un attimo, pensò che la stanchezza gli stesse giocando uno scherzo alquanto meschino e di poco gusto.

Era questione di poche ore e la Maestra di Kurain sarebbe arrivata in città per tenere una lezione sulle forze dell’occulto, più precisamente sulla tecnica dell’evocazione tramandata nella famiglia Fey di generazione in generazione. Maya sarebbe scesa dalle montagne per tenere un seminario proprio lì, a pochi passi dall’Agenzia Vattelapesca Wright, ad un passo dai ricordi.

Erano trascorsi sette lunghi anni dal loro ultimo incontro.

Sette anni di lettere mai risposte.

Sette anni di messaggi in segreteria mai ascoltati.

Sette anni di silenzio forzato.

L’aveva cacciata dalla sua vita senza degnarla di una plausibile spiegazione, mettendo fine alla loro relazione senza alcun ripensamento. L’aveva sbattuta brutalmente fuori da quella porta senza troppi indugi, tagliando definitamente i ponti con il passato, ignorando freddamente tutti i bei momenti passati assieme e le avventure affrontate fianco a fianco.

Proprio ora, dopo tutto quel tempo trascorso dalla loro brusca separazione, lei stava per ritornare nella città dove era cresciuta. Phoenix faticava davvero ad accettarlo.

Si alzò lentamente dalla malconcia poltrona ove sedeva e, facendosi largo tra il disordine generale della stanza, si avviò verso la porta d’ingresso per chiuderla a chiave. Probabilmente quello fu un gesto inutile da parte sua, perché le probabilità che la giovane Fey si sarebbe presentata l’indomani nel vecchio ufficio erano alquanto scarse, per non dire nulla. Tuttavia, l’ex avvocato non voleva correre il rischio di doverla affrontare, non in quello stato. Non era ancora pronto per riceverla e per mostrarsi a lei, e mai lo sarebbe stato.

Voltarle ancora una volta le spalle era l’ultima cosa che desiderava fare. Se le avesse parlato, un’altra separazione sarebbe stata sicuramente inevitabile. Ormai non aveva neanche più senso incontrarla nuovamente, ora che non faceva più parte della sua vita.

Non c’era più spazio per lei in quel presente così sbagliato, non c’era posto in quel futuro disastrato così diverso dal tanto amato passato. Tenerla lontana da ciò che era diventato, da quel perdente incapace di reagire, era l’unico modo per salvarla un’ultima volta.

Scoprirlo in quel modo, permetterle di osservare anche solo per un attimo il fallito che era divenuto, l’avrebbe solo uccisa.

Phoenix Wright non poteva permettersi altri errori.

 

{Non so se è soltanto fantasia,

o se è solo una follia,

quella stella lontana laggiù.

Però io la seguo

E, anche se so che non la raggiungerò,

potrò dire

ci sono anch’io}

 

Per quanto avesse cercato di tener fede ai buoni propositi, non era riuscito a contenere la sua enorme curiosità. Nonostante avesse voluto restarsene barricato in casa per tutta la giornata, evitando così di incrociare anche per errore lo sguardo di Maya Fey, non era stato capace di rimanere nell’ufficio oltremodo.

Appostato poco distante dall’uscita dell’edificio ove si teneva il congresso, attese fino a quando le tenebre calarono sulla città ormai dormiente. Aspettò a lungo, indugiando su ciò che avrebbe fatto una volta scorta la Maestra in lontananza.

Si sarebbe mostrato a lei, fingendo che la loro relazione non fosse mai finita? Sarebbe stato troppo crudele da parte sua: dopotutto, l’aveva fatta soffrire in modo immagine, scomparendo in quel modo senza degnarla in una sola spiegazione. Sicuramente l’avrebbe ferita mortalmente, agendo in quel modo sconsiderato.

Ma non poteva neppure rimanere lì, in silenzio, facendo finta di nulla. Doveva in qualche modo rivederla, sentire la sua voce accarezzarlo e chiamare un’ultima volta in suo nome. Era forse egoismo, quello?

Purtroppo, però, era troppo distante per avvicinarla ancora. Ironicamente, era stato proprio lui ad allontanarla in malo modo sette anni prima. Ora che la desiderava come l’aria, rimpiangendo il passato lontano e il loro futuro perduto, si diede dello sciocco. Quanto era stato infantile e ingenuo, a quel tempo.

- Pearly! Dove sei finita?

Il suo cuore cessò di battere, non appena allegre e spensierate parole giunsero alle sue orecchie. Nascosto in un vicolo poco distante dalla via principale, si affacciò leggermente, trattenendo il respiro non appena scorse la bella e leggiadra figura di quella che sembrava essere Maya Fey.

Sette anni di silenzio e lontananza erano troppi.

 

{Non è stato facile perché

Nessun’altro a parte me ha creduto

Però ora so che tu vedi quel che vedo io

Il tuo mondo è come il mio

E hai guardato nell’uomo che sono e sarò

Ti potranno dire che non può esistere

Niente che non si tocca o si conta o si compra perché

Chi è deserto non vuole che qualcosa fiorisca in te}

 

Per un breve istante, Maya Fey ebbe la fastidiosa sensazione di essere osservata. Si guardò attorno, confusa e alquanto stordita, cercando con lo sguardo chi la stava fissando con insistenza. N non vedendo nessuno, diede la colpa di quell’allucinazione sensoriale alla stanchezza.

Sospirò, rassegnata, tornando sui suoi passi.

- Mistica Maya, qualcosa non va? – domandò Pearl, affiancando preoccupata la cugina. Era raro vederla così provata e turbata.

La Maestra abbozzò un mesto sorriso, scuotendo la testa, come per rincuorarla.

Forse la sua inquietudine era dovuto al fatto che si trovassero da sole, al buio, in un vicolo poco frequentato di una città a stento conosciuta. Non era stata una buona idea prendere una scorciatoia così pericolosa per far ritorno alla stazione, specie se senza scorta.

E se, invece, tutto ciò era dovuto all’estrema vicinanza ad un posto che aveva segnato particolarmente la sua vita? Istintivamente, volse lo sguardo verso un palazzo poco distante da loro, ancora facilmente visibile nonostante le tenebre.

Nonostante gli anni passati in solitudine e l’odio nutrito nei confronti di quell’uomo che l’aveva tradita, le era risultato impossibile scordare tutti i ricordi che la legavano a quell’ufficio. I momenti trascorsi tra quelle quattro mura erano troppo preziosi ed importanti per essere scordati.

Aveva creduto ciecamente in lui, anche quando tutti lo avevano accusato, convinta della sua innocenza. E proprio lui aveva osato scacciarla, pugnalandola brutalmente alle spalle senza alcuna pietà. Perché lo aveva fatto? Per quale motivo l’aveva allontanata?

- Non andare – le suggerì Iris, sua consigliera, non appena la sensitiva si fermò, lo sguardo fisso sul palazzo. – Se davvero teneva a te, allora oggi doveva farsi vivo e venirti a trovare durante la conferenza. Tornare indietro e cercarlo non serve a nulla, ormai.

Rabbia cieca prese possesso del corpo di Maya, non appena quelle crudeli e fredde parole giunsero alle sue orecchie. Fece per ribattere, quando l’urlo spaventato di Pearl giunse alle sue orecchie. Spaventata, fece per voltarsi in direzione della cugina, quando due mani possenti l’afferrarono per le braccia, stringendole fino a farla strillare di paura e terrore.

 

{E so che non è una fantasia

Non è stata una follia

Quella stella la vedi anche tu

Perciò io la seguo ed adesso so che io la raggiungerò

Perché al mondo ci sono anch’io

Perché al mondo ci sono anch’io

Ci sono anch’io

Ci sono anch’io}

 

Gridò fino a farsi bruciare la gola, terrorizzata come non mai. Strillò, implorando aiuto, nella vana speranza che qualcuno udisse il suo appello disperato e accorresse in suo soccorso. Anche le sue cugine erano state aggredite, e nessuna di loro sembrava in grado di avere la meglio sui loro aggressori.

Chiuse gli occhi, mentre lacrime calde scorrevano sul suo volto, pregando che quell’incubo finisse al più presto. In quell’attimo di puro panico, il suo ultimo pensiero corse a Nick.

Chissà se stava bene. Chissà come aveva trascorso quei sette anni di silenzio. Chissà se aveva mai pensato a lei. Chissà se avrebbe pianto sulla sua tomba, una volta uccisa da quegli uomini.

Urlò il suo nome, poco prima di scivolare a terra priva di sensi, come se certa che sarebbe accorso in suo aiuto. Di solito, quando lo chiamava, lui veniva sempre. Quando si era trovata in difficoltà, sette anni fa, lui era sempre accorso a salvarla.

Allora perché non era lì ora, nel momento del bisogno? Dov’era? Perché la stava ignorando?

- Perché non arrivi?! – pianse, mentre veniva brutalmente trascinata verso una macchina poco distante da loro. Cercò di divincolarsi, per quanto la forza del rapitore fosse nettamente superiore alla sua, cercando di guadagnare tempo. – Se muoio, torno sulla Terra per maledirti, Nick, razza di cretino!

Uno schiocco violento catturò immediatamente la sua attenzione, facendola sobbalzare appena per lo stupore. Fece appena in tempo a voltarsi per vedere il suo nemico scivolare a terra, colpito da un violento destro in pieno volto. Sbarrò gli occhi, volgendo lo sguardo verso il suo salvatore.

Non impiegò molto tempo a sistemare gli altri due energumeni. Li affrontava con innata calma e maestria, facendosi quasi beffe di loro, stendendoli con poche ed abili mosse. Nonostante avesse un aspetto piuttosto trasandato, non sembrava avere cattive intenzioni. Anzi, le ricordava qualcuno.

Si avviò lentamente verso di lei, porgendole la mano per invitarla ad alzarsi. Le fu difficile scorgere il volto del suo salvatore, poiché era in parte nascosto dal buffo cappello blu calato sul volto. Quanto avrebbe voluto guardarlo negli occhi e dimostrargli tutta la sua gratitudine.

- Io la… - balbettò la Maestra, incapace di pronunciare altra parola. Restò a bocca aperta, non appena scorse un piccolo oggettino verde brillare nella tasca della felpa dell’uomo. Si stava sbagliando, o quello era proprio un magatama…?

- Chi sarebbe il cretino? – domandò il giovane, sfoderando un ghigno beffardo, guardandola sottecchi. Una risatina divertita sfuggì dalle sue labbra, non appena gli occhi della Maestra si illuminarono di gioia ed incredulità.

Sette anni di silenzio erano davvero troppi.

 

 

Ok, questa fa davvero pena. Mi spiace perché è dedicata a gm19961, la mia dolce Mayoi. Perdonami questo fallimento! Avrei potuto fare di meglio, lo so, ma l’ispirazione non mi dettava nulla di buono.

E’ un’accozzaglia di cose senza senso. Ma taciamo, vah. Chiedo solo scusa ai fan di Iris, perché l’ho inserita una sola volta e l’ho pure fatta comportare da carogna. Però mi serviva per ricondurmi al testo della canzone, precisamente alla frase “Chi è deserto non vuole che qualcosa fiorisca in te”. Ed ora scervellatevi a capire che cos’ha prodotto la mia testa bacata.

La canzone è di Max Pezzali, ed il titolo è “Ci sono anch’Io”. Vi consiglio di ascoltarla.

Ancora un grazie di cuore alla mia Mayoi! Spero ti sia piaciuta!

  
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