CAPITOLO 2
“Ciao
Cristine, ci vediamo domani” disse Miyu uscendo dall’ufficio.
“Sì, ciao” rispose lei.
-Un’altra giornata è finita, sono
esausta! Non vedo l’ora di tornare a casa!- pensò mentre
percorreva il vialetto.
Quella stradina secondaria le incuteva un po’ di
timore: era sempre vuota e gli alberi alti che la costeggiavano, non
permettevano al sole primaverile di far penetrare i suoi deboli raggi del
tramonto. Ogni volta che girava l’angolo, per poi ritrovarsi davanti la
scalinata del tempio, tirava un sospiro di sollievo, ma aveva sempre la
sensazione di essere pedinata!
E non era solo un timore…
Da dietro la parete di un palazzo che faceva angolo
con la strada principale, apparve un’ombra…
“Sarai mia… Miyu!” sussurrò
quell’uomo mentre la osservava attraversare; poi scomparve.
“Eccomi! Sono tornata! Oh… Ma chi
c’è qui? C’è il mio angelo” disse, correndo in
cucina per abbracciare Davis che stava sul seggiolone.
“Beh… Non si saluta più la propria
madre?!” brontolò la donna americana uscendo dalla sala.
“Scusa… Hai ragione” fece una
linguaccia spiritosa e le corse incontro.
“Ah… Ti volevo anche ringraziare per
esserti presa cura di Davis per tutto questo tempo, mentre noi siamo a
lavoro” continuò.
“Ma scherzi! È un piacere stare con lui:
è così buono… Altro che te: tu eri una vera peste!”
“Uffa, mamma!”
Poi sorrisero entrambe.
“Guarda che carino, Miyu! Si è
addormentato sul seggiolone…”
“Poverino, è stanco. Ma infondo, è
normale per un bambino di appena sedici mesi. Vieni andiamo nel lettino”
sussurrò, prendendolo in braccio delicatamente per non svegliarlo.
La signora Kozuki rimase e guardare la figlia
canticchiare una ninnananna al nipote, e pensò –E sì…
Non è più una bambina….-; poi sorrise ancora.
“Sono a casa!” disse Kanata, entrando.
“Ben tornato! Vieni, ti ho tenuto in caldo la
cena”
“Grazie Miyu”
“Non c’è di che” e lo
guardò cenare.
Le piaceva molto osservarlo gustare i suoi piatti: le
dava un senso di pace. Ora poi che tutto andava per il meglio…
Lui era finalmente riuscito a trovare un lavoro:
faceva il fotografo e il critico per una rivista sportiva, più
precisamente, si occupava delle squadre di basket. Con la sua esperienza in
materia, era molto conosciuto nel campo e tutti rispettavano le sue opinioni.
Aveva molti amici importanti e, a volte, era richiesto anche come giocatore.
Era entusiasta di quel lavoro: il basket gli piaceva davvero tanto!
Senza contare poi che quel singolo, scritto da lui,
aveva davvero spopolato e ne ricavavano molto!
Insomma, un anno coi fiocchi!
L’unica ad avere delle preoccupazioni era Miyu;
quel timore cresceva ogni giorno di più: ormai n’era certa,
qualcuno la seguiva!
Si teneva tutto dentro perché non voleva
preoccupare Kanata per le sue paranoie…
“Sai Kanata, ho detto a mia madre che da domani
Davis lo terrò io e che non ci sarà più bisogno che stia
qui. Ripartirà domani stesso, la potresti accompagnare
all’aeroporto?”
“Certo! Ma sei sicura di riuscire a lavorare con
Davis a seguito?”
“Sì” –Così almeno non
sarò sola- pensò.
“Allora, ok!” e finì di mangiare.
“Scusa se mi alzo; vado a letto perché
sono molto stanca”
“Sì, tranquilla non c’è
problema. Ma stai male? Hai la febbre?” intanto si era alzato e le aveva
appoggiato una mano sulla fronte.
“No, sto bene, è solo
stanchezza…”
Lui la guardò intensamente, poi l’abbracciò
“Se qualcosa ti preoccupa, parlane con me…
Non tenerti tutto dentro come al solito…” e le accarezzò i
capelli. Lei si strappò dal suo abbraccio.
“Ti ho già detto che è solo
stanchezza!” e corse in camera in preda all’agitazione.
–So che lui vorrebbe aiutarmi…- poi si
gettò sul letto ancora vestita e pianse.
Kanata la guardò correre ed incrociò le
braccia dietro la testa.
-La solita bambina: non cambierà mai! Possibile
che anche ora che siamo sposati, mi tenga all’oscuro delle cose…
Come al solito si preoccupa più per gli altri che per sé stessa.
Chissà cos’ha…-
Entrò nella stanza del piccolo e
l’osservò dormire. Guardò i suoi capelli castani;
guardò quegli occhietti verdi, ora chiusi; guardò il corpicino
paffutello… Poi gli accarezzò i capelli folti, spettinandolo un
po’.
“Sei il nostro dono più grande,
Davis… Dormi e sogni d’oro, piccolo mio” si allungò,
scavalcò col busto la ringhiera di legno del lettino, lo baciò
sulla fronte, e si allontanò richiudendo dietro di sé la porta
della stanzetta, lasciandola buia.
Entrò in camera e si stese sul letto. Miyu era
girata dall’altro lato, così lui non vide quelle lacrime. Ad un
certo punto, si girò verso di lei e guardò la sua schiena. La
coperta leggera era bassa: la copriva solo fino al sedere. Osservò la
vestaglia che si era messa mentre lui era da Davis, di un rosa candido,
adagiata sul suo corpo ancora così perfetto. Improvvisamente, col
braccio le avvolse la vita, facendola tremare per un attimo. Lui cercò
la mano di lei e gliela strinse forte. Con la mano libera le accarezzò i
capelli, poi alzò la testa dal cuscino, e le sussurrò
all’orecchio
“Non avere paura… Qualsiasi cosa ti
preoccupi, non avere paura… Ci sono io accanto a te: non
permetterò a niente e nessuno di farti del male” e la baciò
sulla guancia.
Lei aprì gli occhi, sbalordita: come faceva a
sapere tutto? Poi si rasserenò, sorrise, richiudendo gli occhi. Strinse
a sua volta la mano di Kanata, tranquillizzandolo.
-Fin che Kanata sarà accanto a me, niente e
nessuno potrà farmi del male…-
Così si addormentarono: petto contro schiena e
mano nella mano.
La mattina seguente, i due coniugi, si svegliarono
presto e si diressero in cucina, dove trovarono la signora Kozuki ai fornelli.
“Buon giorno, sposini!”
“Buon giorno, mamma”
“Buon giorno, signora Kozuki”
“Kanata, quante volte ti ho detto di non
chiamarmi signora! Mi fai sentire vecchia!” affermò, piagnucolando
per finta e facendo una faccia buffissima.
“Ha ragione, scusi…” rispose un
po’ imbarazzato.
Miyu rise tantissimo. Quella scena divertente le fece
venire in mente il passato: il vedere Kanata così imbarazzato, glielo
fece rivedere ragazzo… Fu un ricordo bellissimo!
“Allora io vado” disse Miyu, con Davis in
braccio.
“E noi andiamo all’aeroporto. Ci vediamo
stasera”
“Sì” poi lo baciò sulle labbra
e salutò la madre.
Alla fine della giornata lavorativa, Miyu si
avviò verso casa.
“Allora Davis, ti è piaciuto lo studio
della mamma?”
Lui le sorrise.
“Devo dedurre di sì…” e gli
fece il solletico al pancino con due dita; lui non la smetteva di ridere.
Poi un rumore di passi veloci dietro di lei;
un’ombra coprì, da dietro, il volto di Davis che cominciò a
piangere ed ad urlare; un colpo forte alla testa; e poi più nulla, solo
buio…
Kanata tornò a casa presto dall’ufficio
stampa.
“Miyu sono a casa: oggi ho fatto presto…
Ma… Miyu?! Sarà ancora a lavoro. Strano però, mi avrebbe
avvertito…” e rimase seduto in cucina ad aspettarla.
Quando si risvegliò, Miyu si ritrovò in
una specie di magazzino. Era molto buio e non distingueva quasi niente; solo
una finestrella in alto faceva penetrare la luce intensa della luna. Per quel
poco che riusciva a vedere, era circondata da scatoloni impilati l’uno
sull’altro. Il pavimento su cui era sdraiata, era composto da ciottoli
scomodi.
Poi realizzò cos’era successo; si alzò
a sedere e si massaggiò la testa: le faceva male.
“Davis!!! Dove sei?!” urlò.
“Non ti preoccupare, lui sta bene” rispose
una voce maschile.
“Tu chi sei?!” chiese terrorizzata
“E dov’è mio figlio?!”
“Davvero non ti ricordi la mia voce, Miyu?
Comunque, tuo figlio è al sicuro: l’ho in custodia io”
“Come fai ha conoscere il mio nome? E come
sarebbe a dire < Non ti ricordi la mia voce >, io ti conosco?”
“Oh sì… e molto bene
anche…”
“Che cosa vuoi da me?”
“No Miyu… non fare queste domande
affrettate”
“Fatti vedere! Dove sei? E fammi vedere mio
figlio!”
“Ok… Te lo farò vedere…
infondo non sono cattivo… Lo troverai in una culla vicino alla parete;
sta dormendo tranquillamente”
Lei corse in direzione del muro, e trovò la
culla in penombra. Lo prese in braccio delicatamente e lo strinse a sé.
“Oh… stai bene!” sussurrò,
piangendo.
“Sei felice adesso?”
Lei non seppe rispondere a quella domanda:
perché gliela aveva fatta?
“Ma si può sapere cosa vuoi?!” si
affrettò a dire.
“Voglio solo la tua felicità: io tengo a
te…”
“Ah davvero! Hai un bel modo per
dimostrarmelo!”
“Devi sapere che io ti ho sempre ammirato, fin
dal primo giorno che ti ho conosciuta; ma hai commesso un errore; mi hai deluso
e ora sei qui per rimediare…”
“Cosa intendi dire?”
“Lo capirai presto… Ora dormi.
C’è un letto dietro di te. Non è molto comodo, ma ti
accontenterai”
Lei guardò dietro perplessa. Trovò il
letto e vi s’accucciò, abbracciata a Davis.
“Non ti preoccupare piccolo: papà ci
troverà!” poi chiuse gli occhi e cercò di dormire. Sentii
gli occhi bagnarsi, ma si asciugò in fretta; strinse ancora più
forte il figlio e pensò a Kanata.
Kanata intanto, preoccupato, aveva già
contattato lo studio di Miyu; nessuno rispose perché tutti se
n’erano già andati.
“Ma dove può essere?! Ormai è
molto tardi!”
Chiamò Cristine.
“Scusa se ti disturbo a quest’ora, ma Miyu
è per caso da te?”
“No, perché non è a casa?”
“No! All’inizio pensavo che avesse fatto
tardi a lavoro, ma poi ho chiamato e non c’era nessuno; ho provato da te,
ma non è neanche lì. Non so più cosa fare! Tu sai dove
può essere?”
“No. Dall’ufficio è uscita al
solito orario e si è diretta verso casa. Oddio! Dove può
essere?!”
“Andrò a cercarla!”
“Ti mando Nozomu, così la cercherete
insieme, ok?”
“Ok” e riattaccò.
“Miyu, ma dove ti sei cacciata?!” si disse
tra sé e sé, poi uscì da quella casa vuota di corsa.
Miyu si alzò tardi, quando il sole era
già alto.
Davis stava ancora dormendo e lo lasciò
riposare.
“Ben alzata, tesorino…” disse la
voce.
“Ancora tu, allora non era un incubo”
“Ma cosa dici, stare con me ti è sempre
piaciuto… Hai cambiato idea?”
“Ma se non so neanche chi sei! Fatti vedere
vigliacco! Cos’hai, paura d’affrontarmi?!” urlò,
provocandolo.
“Come osi!” rispose; poi avanzò.
Dalla penombra, comparve un uomo con il volto mezzo coperto dalla visiera di un
capellino. Aveva un bel fisico slanciato e i capelli biondi, lunghi fino alle
spalle.
“Ora ti ricordi di me, Miyu?”
In effetti, si ricordava qualcosa, ma non riusciva a
capire cosa.
“Dovrei vederti bene in faccia…”
azzardò.
L’uomo allora si tolse il cappellino, scoprendo
completamente il volto; mostrò i bellissimi occhi castani, in contrasto
col chiaro dei capelli, che lo facevano apparire davvero bello.
L’uomo si avvicinò a lei che, per la
paura, cadde a terra, a sedere; lui si chinò, fino a mettersi in
ginocchio; con due dita, le prese il mento e l’alzò.
“Allora… adesso, ti ricordi di me?”
Lei guardò intensamente quegli occhi in cui
poteva specchiarsi; per un attimo si perse in essi, poi un nome uscì
dalla sua bocca
“Ryo!”
“Oh… Vedo che ti è tornata la
memoria”
“Ma cosa ci fai qui, in Giappone? E,
soprattutto, perché mi hai fatto tutto questo? Tu, che sei sempre stato
gentile con me, in America… Cosa ti è successo?”
“Beh… Ormai dovresti averlo capito”
“Capito cosa?”
Lui sorrise, rialzandosi
“Sei rimasta la solita… Anche quattro anni
fa eri così ingenua. Devo ammettere che è una delle cose che
più mi piace di te”
“Che ti piace di me?”
Lui sorrise ancora
“Sì… Tu vivi senza mai accorgerti
di quanto piaci alla gente… Fai innamorare e non te n’accorgi
neanche. Pochi si salvano e io non sono certo uno di quelli…”
-Io piaccio a Ryo?- pensò lei, sgranando gli
occhi. Lui continuò
“Ti ricordi i bei momenti vissuti al
liceo?”
“Ehm…”
“Fin dal primo giorno mi sei piaciuta. Non sai
quanto ho faticato per conoscerti, per diventare tuo amico…
già… tuo amico… per te non sono mai stato altro, non
è vero?!” urlò, facendole paura.
“Ma, infondo, non m’interessava; a me
bastava starti accanto, parlarti, sentire le tue lamentele su un brutto voto a
scuola… Sapere che con me riuscivi a parlare liberamente, sapere che io
ero l’unico con cui ti confidavi, a me bastava… Poi…”
“Poi cosa?!” lo interruppe lei
preoccupata.
“Poi ho scoperto che non ero l’unico! Nel
tuo cuore c’era qualcun altro!” cambiò espressione: ora i
suoi bellissimi occhi apparivano minacciosi.
“Ma mi ero detto che non era importante: visto
che lui stava lontano, potevo ancora sperare. Poi l’incidente, il tuo
trasferimento, il tuo matrimonio… Non potevo perdonarti: tu ti eri
dimenticata di me! Ma neanche questo ora è più importante: ora
noi scapperemo insieme, ti porterò lontano da quella
nullità… Saremo felici, vedrai!” e le prese le mani,
sogghignando.
Lei si sorprese per tutte quelle rivelazioni. Poi si
riprese, si rialzò e si strappò dalla sua presa
“Noi non scapperemo proprio da nessuna parte! Io
non voglio! E non permetterti di chiamare Kanata, nullità!” disse
tutto d’un fiato.
“Ah… è così…”
“Sì, è così” rispose
per le righe.
Lui a quel punto perse il controllo e la
schiaffeggiò, facendola cadere a terra di nuovo. Lei, mentre si
massaggiava la guancia con la mano, lo guardò con terrore.
“E ora stai lì, buona!” le
ordinò; poi si allontanò. Lei cominciò a piangere a
dirotto, chinandosi sulle ginocchia.
“Ma com’è possibile… come
è potuto cambiare così tanto? Oh… Kanata dove sei?” sussurrò e
continuò a piangere.
Kanata intanto, insieme a Nozomu, aveva setacciato la
città; Miyu non si trovava!
“Ma dove può essere?”
“Vedrai che la troveremo” cercò di
rassicurarlo l’amico, con poco successo “Su, continuiamo a cercarla”
“Sì…” –Miyu, ma cosa ti
è successo? Perché non hai parlato con me del problema che ti
affliggeva? Oh… Miyu…- pensò poi.
Ryo era ricomparso dal nulla.
“Allora, piccola, hai cambiato idea?”
“No! E mai la farò! Ah... un’altra
cosa: non osare chiamarmi piccola, solo Kanata può farlo!”
Lui aveva alzato il braccio e stava per colpirla
ancora; lei si protesse con le braccia.
Non fu colpita! Aprì lentamente gli occhi e
vide un ragazzo davanti a lei che la stava proteggendo...
“Ehi, Kanata, hai visto quel bagliore?”
cominciò Nozomu
“Sì, veniva dal porto! Andiamo a
vedere!” –Possibile che sia...?- pensò.
Quel ragazzo stese velocemente Ryo, mentre Miyu era
accorsa da Davis che aveva cominciato a piangere. Lei osservò quella
schiena, quelle braccia forti... Chi poteva essere? E perché
l’aveva aiutata?
Poi lui si voltò lentamente. Lei lo
guardò intensamente negli occhi blu profondo, in cui si perdeva;
guardò quei lineamenti, quei capelli biondi tagliati corti... Quel
ragazzo l’aveva già visto, ma non se lo ricordava.
Successivamente lui le si avvicinò,
l’aiutò ad alzarsi e le chiese
“Tutto bene? Anche tuo figlio sta bene?”
“Sì... sì, grazie! Ma chi
sei?”
“Io sono...” fu interrotto da un uomo.
“Miyu! Finalmente ti ho trovata! Come stai? Cosa
ti è successo?” disse Kanata non appena entrò in quel
magazzino del porto.
Quando lo vide, cominciò a piangere e gli corse
incontro
“Kanata! Finalmente sei arrivato!”
“Cos’è successo? E Davis sta
bene?”
“Sì, per fortuna quel pazzo ce
l’aveva solo con me!” poi gli spiegò tutto l’accaduto.
“Sei un’incosciente! Perché non me
ne hai parlato prima?!” le urlò contro, subito dopo che lei ebbe
finito.
“Sì... hai ragione.... scusa...”
disse un po’ imbarazzata.
“No, scusami tu, piccola. L’importante
è che tu e Davis stiate bene. Ma chi è quel ragazzo di cui mi hai
parlato prima?”
“Non lo so neppure io. Mi ricorda qualcosa, ma
non capisco cosa! Eccolo là, è appoggiato al muro”
Tutti e tre si avvicinarono a lui.
Quando Kanata lo vide, non poteva credere ai suoi
occhi.
“Allora sei proprio tu?!”
“Sì, sono tornato...”
“Potreste far capire anche a noi!” dissero
all’unisono Miyu e Nozomu.
“Come, non ti ricordi di me?” chiese il
ragazzo, rivolgendosi a Miyu.
“Ecco... Non proprio...” cercò di
salvarsi lei.
“Non preoccuparti, non si è dimenticata
di te. Devi sapere che quattro anni fa, ha avuto un incidente in cui ha perso
la memoria. Poi l’ha riacquistata... Forse non riesce a collegare il tuo
volto alla tua persona...” si affrettò a dire Kanata
“Infondo sei così cambiato... Lou”
“Che cosa hai detto?!!!” urlò Miyu.
“Ho detto che lui è Lou. Avevo pensato
che fosse tornato, quando ho visto quel bagliore nel cielo, e avevo ragione!
È bello riaverti qui!” e lo abbracciò.
“Anche per me è bello essere tornato,
papà...” rispose commosso.
Miyu rimase allibita! Guardò attentamente quel
diciassettenne: non riusciva a credere di non aver riconosciuto suo figlio!
Si sentiva in colpa. Voleva salutarlo, abbracciarlo,
ma non ci riusciva: si sentiva un mostro!
Lui le si avvicinò
“Allora, mamma, mi riconosci ora?”
Lei lo guardò un’altra volta negli occhi;
in quel momento lo riconobbe e si dimenticò delle preoccupazioni che
l’assillavano un secondo prima. Diede Davis a Nozomu, lo abbracciò
intensamente e gli accarezzò i capelli.
Un’immagine occupò la sua mente: vide lei
da ragazza che teneva in braccio il suo piccolo Lou, poi sorrideva a Kanata e
Baumiao che comparivano dietro... Le comparve l’immagine di una famiglia
felice...
“Oh... Lou... è bellissimo riaverti qui!
Ti voglio bene, figlio mio!” disse, piangendo di gioia.
Lui le asciugò le lacrime, passando un dito
sulle palpebre
“Non devi piangere, mamma...”
sussurrò con voce dolce.
“Allora, come mai sei qui?” chiese Kanata.
“Io e Baumiao, che aspetta sulla navicella,
siamo tornati per mantenere la promessa.... la promessa che dopo dieci anni
terrestri, ci saremmo rincontrati e avremmo aperto il vaso dei
ricordi...”
“Hai ragione! Allora andiamo tutti a
casa!”
“Io andrò a casa mia... avvertirò
una persona del tuo arrivo, Lou; sono sicuro che ne sarà entusiasta!”
disse Nozomu, filandosela e restituendo il piccolo.
Quando arrivarono a casa, Miyu mise a letto Davis e
raggiunse gli altri tre in giardino. Aprirono il vaso e passarono una bella
serata a raccontarsi tutto quello che era successo, da quando si separarono.
“Sei proprio sicuro di voler ripartire
così presto? Potresti stare ancora un po’...” propose Miyu,
a notte inoltrata, mentre Lou stava aprendo la navicella.
“No... è meglio che parta. Tanto ci
rivedremo ancora: tornerò presto!”
Salì la passerella lentamente, accompagnato dai
saluti dei suoi genitori, poi sentì una voce...
“Lou, aspetta non partire! Lou!!!” una
voce femminile fermò la salita del ragazzo.
Guardò attentamente quella ragazza, mentre
correva verso di lui.
Miyu e Kanata, quando videro arrivare Momoka,
entrarono in casa
“Lasciamoli soli...” sussurrò
Kanata.
“Lou, aspetta...” disse ansimando, quando
fermò la sua corsa.
“Ma tu sei... Momoka!” affermò Lou.
Lei alzò lo sguardo e una lacrima di gioia
bagnò il suo volto.
“Lou, ti ricordi di me?” e sorrise, mentre
ormai le lacrime cadevano copiose.
Lui corse giù dalla rampa della navicella e
l’abbracciò. Con un braccio avvolse il fianco e con l’altra
accarezzò quei capelli castano-rossicci, legati a codini.
“E come potevo dimenticarmi della mia fidanzata...
Sai, con i codini lunghi sei ancora più bella...”
Lei ricambiò l’abbraccio
“Grazie...” e stettero abbracciati per
molto tempo.
Quando si staccarono, lui risalì la passerella
e disse
“Ci rivedremo: io tornerò presto...
è una promessa! Ti prometto che tornerò solo per te... Ti voglio
bene, Momoka”
A quelle parole, lei non seppe trattenersi e gli corse
incontro, l’abbracciò da dietro e rispose
“Anche io ti voglio bene. Aspetterò con
ansia il tuo ritorno, come ho aspettato per questi dieci anni”
Lui allora, si voltò di scatto e baciò
intensamente quella tredicenne innamorata.
La navicella si alzò in volo e i due si
separarono.
Lei guardò a lungo il cielo, mentre il velivolo
diventava sempre più piccolo. Poi vide qualcosa: un pezzo di carta era
caduto dall’astronave; lo prese al volo, lo lesse in fretta e sorrise
guardando il cielo stellato.
< Tornerò presto, te lo prometto; e ti
giuro, davanti a tutte queste stelle, che quando sarò di nuovo sulla
terra, ci resterò per sempre... sì... perché
resterò per sempre insieme a te.
Lou
>
Premetto che quest’ultima coppia non mi piace
molto; preferisco di gran lunga la coppia originale del manga Luo-Myu. Ma,
ahimè… anche questa coppia è necessaria per il continuo
della storia…
Per cui non perdetevi il prossimo capitolo. È
già in cantiere “Per sempre insieme 3”
A presto.