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Autore: kaizu307    13/06/2012    2 recensioni
Ciao a tutti, questa è la nostra prima fanfic spero davvero possa piacervi...
Per Kai Hiwatari la vita è cambiata drasticamente dopo la vittoria sulla BEGA.
Si è trasferito in Giappone, ma non riesce ad adattarsi alla nuova quotidianità.
Il ragazzo è ancora tormentato da un passato doloroso.
Perseguitato dai fantasmi di una vita lontana Kai farà ritorno nella fredda Russia, in un antico monastero nei pressi di Mosca, teatro di orribili crimini.
Ma in quella bufera di dolore due occhi di ghiaccio sono l'unica ancora di salvezza...
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Hiwatari, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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LETTERE DALL’INFERNO

RIECCOCI CON IL NUOVO CAPITOLO.
LO SAPPIAMO CI ABBIAMO MESSO UN SACCO A SCRIVERLO, FACCIAMO MIA COLPA E CHINIAMO IL CAPO :) SPERIAMO VI PIACCIA...



Takao sfiorò con le dita il bordo del suo bey.
Dragoon era in grado di infondergli una grande calma, anche nei momenti più difficili; donandogli quella sicurezza che ora il ragazzo sembrava aver perso.
Si sentiva completamente inutile, impotente di fronte a una situazione a cui lui non poteva porre alcun rimedio.
Durante il campionato mondiale aveva più volte dovuto affrontare situazioni difficili, ma ne era sempre uscito, anche se con qualche difficoltà, grazie alla sua forza, al sostegno dei suoi amici ma soprattutto grazie alla sua ormai nota testardaggine.
Ma ora era tutto diverso, non poteva fare nulla, nulla se non aspettare nella speranza che le cose migliorassero; aspettando qualche miracolo divino che risolvesse il problema che lo stava logorando sempre più nel profondo.
Più il tempo passava più il ragazzo sentiva la tristezza farsi strada in lui, insieme alla consapevolezza che le cose non potevano continuare così.
Se poi pensava che la causa di tutti i suoi problemi era quell’idiota, asociale, lunatico di Kai sentiva il sangue salirgli alla testa.
Solo pochi mesi prima aveva proposto ai suoi ex-compagni di squadra di stabilirsi momentaneamente in Giappone, avevano tutti accettato con entusiasmo; solo Kai si era mostrato titubante all’idea di dover convivere con qualcuno. La sua scarsa dimestichezza con le relazioni interpersonali non era un segreto; per questo avevano deciso di non fargli pressioni, lasciandolo libero di scegliere.
Tuttavia, alla fine, anche il Russo aveva optato per quella nuova vita, stupendo un po’ tutti e dimostrando che in fondo qualcosa in lui era cambiato, che non era più il ragazzo cinico e freddo di qualche anno prima.
La loro convivenza era cominciata con le migliori premesse, facendo intravedere nuove opportunità in un futuro poi non troppo lontano.
Ovviamente ne Max ne Rei avevano tagliato i ponti con i loro compagni; entrambi mantenevano i contatti con i loro paesi di origine, di cui, Takao lo sapeva bene, non potevano fare a meno di sentirne la mancanza.
Lo stesso non si poteva certo dire di Kai.
Malgrado le proteste indignate di Takao e degli altri, il russo non aveva mai chiamato nessuno dei suoi ex-compagni di squadra, ne aveva più avuto alcun genere di contatti con loro.
Inoltre il ragazzo si era dimostrato molto sensibile sulla questione, faticava a parlare di quei ragazzi che un tempo considerava suoi amici; anzi era chiaro che cercava in tutti i modi di evitare l’argomento.
Alle continue sollecitazioni di Takao e degli altri a farsi avanti e far loro una telefonata, dava in risposta scuse improbabili e banali che non convincevano nessuno.
Dal canto loro neanche Yuriy, Boris e Sergey si erano più fatti vivi dalla fine del torneo.
Ma non era certo quello il problema; in fondo erano affari loro se quegli idioti dei Russi, Kai compreso, erano troppo orgogliosi per ammettere di sentire l’uno la mancanza dell’altro.
Il problema era l’atteggiamento dello stesso Kai.
Non era mai stato un tipo particolarmente estroverso, tutt’altro, fin dall’inizio aveva mostrato il suo lato più ombroso e sfuggente, che in un primo tempo aveva contribuito a mantenere distaccati i loro rapporti.
Takao ricordava bene il giorno in cui si erano conosciuti, ora però sorrideva al ricordo dei loro continui litigi, contornati da una vasta gamma di insulti; che all’epoca erano il motivo del suo malumore sempre più frequente.
Ma con il tempo, e con tanta tanta pazienza, erano riusciti a far emergere il lato sensibile di Kai sommerso sotto strati di rabbia e rancore.
La loro non era un amicizia semplice, come del resto non era semplice il carattere del russo; abituato fin dall’infanzia a nascondere i suoi sentimenti, aveva faticato non poco a dare la sua fiducia agli altri bladebreakers .
Ma alla fine avevano trovato un equilibrio, che seppur instabile e precario, era pur sempre un equilibrio.
Ma con il ritorno a casa Kinomya e l’inizio di una convivenza sempre più complessa, quei punti fissi che Takao aveva dato per scontati si erano frantumati in migliaia di pezzi, cogliendolo impreparato.
Kai era cambiato.
Non era stato un cambiamento istantaneo, ci erano volute settimane prima che si accorgessero che qualcosa non andava nel loro amico; e alla fine era stato troppo tardi.
Si erano trovati di fronte ad un Kai vuoto e spento, privo di quel fuoco che faceva brillare i suoi occhi ametista come due fiamme nella notte, apparentemente privo di sentimenti e di emozioni, disinteressato a tutto ciò che lo circondava. Un pallido ricordo di quello che il ragazzo era stato. Un’ombra di quel campione in grado di scatenare una forza e una determinazione apparentemente infiniti.
Il viso spento, lo sguardo vuoto, la voce atona e l’incredibile stanchezza che il ragazzo pareva portarsi dietro; sembravano i sintomi di qualche terribile malattia di cui Takao non conosceva la cura.
Ma la cosa peggiore era che nessuno di loro aveva idea di cosa avesse potuto scatenare tutto questo.
Sapevano che a grandi linee tutto era cominciato con qualcosa accaduto all’inizio del nuovo anno e della coabitazione a casa Kinomya, ma non riuscivano a collegare questi eventi con l’improvviso cambiamento di Kai.
Del resto il ragazzo non li aiutava affatto, limitandosi a rispondere alle loro domande preoccupate con lunghi silenzi e occhiate spente.
Avevano rinunciato a tentare un approccio diretto con Kai, consapevoli che non avrebbero ottenuto nulla.
Questo non voleva dire che si erano arresi, semplicemente si limitavano ad osservare i movimenti dell’amico cercando di tirare le loro conclusioni, anche se con scarsi risultati.

Kai osservava assorto fuori dalle grandi vetrate, scrutando le nuvole lattiginose che solcavano il cielo con grande lentezza; come se non avessero alcun problema al mondo, come se nulla potesse toccarle o sconvolgerle.
Kai avrebbe tanto voluto essere una nuvola.
Almeno loro erano libere, libere di vagare nel cielo senza una meta e senza un obiettivo, semplicemente per il gusto di farlo.
Senza rendersene conto cominciò a sfregarsi le mani, in un gesto nervoso.
Subito sentì gli occhi di Takao puntare in direzione delle sue dita.
Smise immediatamente di agitarsi, lanciando un’occhiata scocciata verso la cattedra.
Odiava essere osservato, ma da un po’ di tempo a quella parte non poteva fare nulla senza sentirsi gli occhi di un dei suoi tre coinquilini puntati addosso, pronti ad analizzare ogni suo movimento.
Lo innervosiva essere trattato come una bomba a mano pronta ad esplodere; ma del resto cosa poteva aspettarsi, era già fortunato che non l’avessero sbattuto in manicomio.
Forse sarebbe stato un bene per tutti se lui fosse sparito dalla circolazione per un po’.
Sicuramente avrebbe risparmiato a Takao e gli altri un bel po’ di problemi.
DRIIIIIIIIIINDRIIIIIIIIIIINDRIIIIIIIIIIIIIIIIN
A interrompere il filo dei suoi pensieri arrivò la campanella di fine lezione, squarciando il silenzio che regnava nell’aula con un trillo acuto.
Con uno scatto Kai si alzò in piedi, dirigendosi a grandi falcate fuori dall’aula, seguito a ruota dal resto degli studenti.

Rei osservò l’amico sparire oltre la porta dell’aula.
Faticava a reprimere il desiderio di seguirlo e assillarlo con le domande che gli frullavano in testa.br /> Forse Kai sperava di essere passato inosservato, ma Rei aveva notato immediatamente le bende che fasciavano le mani dell’amico che però non erano riuscite ad arginare completamente il flusso di sangue che aveva impregnato anche la stoffa; tingendola in alcuni punti di rosso.
Per non parlare dell’aspetto stravolto del russo all’arrivo in classe: a partire dalle occhiaie, così profonde da segnare i suoi occhi di nero, che insieme al pallore mortale del volto conferivano al ragazzo un aspetto decisamente inquietante.
Senza salutare nessuno Kai si era trascinato al suo banco, ignorando gli sguardi curiosi dei suoi compagni.
Solo l’occhio attento di Rei aveva notato le sopracciglia appena aggrottate e le labbra contratte del Russo, segno del suo evidente nervosismo.
Se si fosse trattato di chiunque altro non si sarebbe fatto alcun problema a chiedere il perché di quell’aria corrucciata; ma trattandosi di Kai sapeva che avrebbe finito solo con l’infierire ulteriormente, senza peraltro ottenere nulla.
Con un sospiro stanco il cinese uscì dall’aula.

RUSSIA
La neve aveva ricoperto completamente la città sotto un sottile strato bianco.
Da giorni il cielo era ricoperto da pesanti nuvole, mentre un vento gelido spazzava le strade.
Gli indumenti più estivi erano stati sostituiti da caldi cappotti, mentre un vago odore di legna bruciata aleggiava nelle case.
Verso la periferia, in mezzo alle campagne pareva che la temperatura si fosse abbassata ulteriormente; mentre alle ville signorili si sostituivano vecchie magioni dismesse abbandonate all’incuria del tempo.
Seguendo una delle strade secondarie che tagliava per i campi si raggiungeva una macchia di alberi che nascondeva le mura di un imponente edificio in pietra.
Nessuna insegna dava nome a quel luogo abbandonato da Dio.
Delle alte mura grigie delimitavano i confini di un luogo che era nientemeno che la rappresentazione dell’Inferno in Terra.

Tre ragazzi osservavano in silenzio, a pochi metri di distanza, il grande cancello in ferro battuto.
Il più alto doveva avere circa 19 anni, la statura esagerata e la corporatura massiccia gli conferivano un aspetto minaccioso, ma i capelli biondi e il viso angelico addolcivano i suoi tratti.
Al suo fianco il secondo giovane scrutava accigliato il cielo, spalancando le iridi smeraldo, in netto contrasto con i capelli viola.
L’ultimo dei tre, teneva lo sguardo fisso a terra, nascondendo in parte il viso dietro a ciocche di capelli rossi; tra le mani stringeva una lettera.
Per lunghi istanti sulla scena regnò un silenzio che nessuno sembrava intenzionato a rompere.
Nell’aria era percepibile una strana tensione, una sensazione malsana che impregnava quel luogo.
-Cosa ci facciamo qui?- disse Boris abbassando lo sguardo, fino a incrociare con gli occhi le imponenti vetrate, che si aprivano come dei baratri verso l’oscurità.
Sergey sospirò e quando parlò la sua voce sembrava infinitamente stanca.
-Penso che le spiegazioni tocchino a Yuriy…-
Si volse verso il rosso, rivolgendoli un’occhiata eloquente.
-Non sapevo cosa fare… - la voce di Yuriy era poco più che un sussurro.
Gli occhi del ragazzo si abbassarono, inevitabilmente attratti, dalla busta che ancora stringeva tra le mani.
-Qui non troverai nulla…lo sai questo vero?- disse Boris distorcendo il viso in una smorfia di disprezzo, verso l’edificio di fronte a lui.
-Lo so, non c’è bisogno che tu me lo ripeta…- Yuriy rivolse all’amico un’occhiata ironica.
-Ehi non ti scaldare il mio era solo un commento innocente!- Il russo volse gli occhi smeraldini verso l’altro in un espressione incerta; non voleva litigare con lui proprio ora.
-Ragazzi…- Sergey richiamò l’attenzione dei compagni -non penso che dovremmo fare qualcosa, anche venire qui è stato uno sbaglio; abbiamo cercato di dimenticare tutto questo e sono certo che le cose non cambieranno, nemmeno dopo…dopo quello che è successo; ormai è qualcosa che non ci riguarda più…-
Il discorso del russo fu interrotto dalla risata di Boris.
-Ci ha riguardato per tutta una vita, non puoi pensare che basti fingere che nulla sia avvenuto perché tutti i ricordi scompaiano realmente…e se lo pensi sei un illuso.- Il sorriso del ragazzo aveva qualcosa di terribilmente inquietante; nei suoi occhi si intravedeva solo una profonda amarezza.
-Allora cosa proponi di fare, stare qui a crogiolarsi nella disperazione, o peggio ancora lasciare che i ricordi ci impediscano di rifarci una vita…-
-Non si tratta di questo e lo sai- la voce di Yuriy tremava leggermente, mentre i suoi occhi incontravano quelli di Sergey, che si spalancarono per la sorpresa, nel trovare quelle iridi azzurre piene di ostilità -Non si tratta di ricordi ne di paranoie mentali, qui si tratta della realtà, della nostra realtà…una realtà che è cambiata davanti a noi, senza preavviso. Ora non ho più nulla non ho più certezze...-
-Yuriy…- sussurrò Boris, cercando di fermare quel flusso di parole.
-No anzi…- continuò il rosso -una certezza c’è l’ho, malgrado darei qualunque cosa perché fosse frutto della mia fantasia.-
Con lo sguardo seguì il profilo dei fogli che teneva in mano, mentre i suo occhi seguivano quelle poche, ma significative, parole che avevano sconvolto il suo mondo.
Il Sig. Hito Hiwatari ed il Sig. Vladmir Vorcov sono stati rilasciati in seguito al pagamento della cauzione, somma che ammonta a…
-Sono liberi- sussurrò Yuriy con voce atona -sono di nuovo liberi…-

-Mi faccia capire bene, se io le consegno questa busta lei mi darà ben 20000 yen…?- nel dire questo il ragazzo non potè non lasciarsi sfuggire un sorriso ironico, da quando faceva il postino non gli era mai capitata una cosa del genere- busta che naturalmente non è indirizzata a lei… giusto?-
-Giusto.- disse l’uomo, sorridendo cordialmente al ragazzo che lo guardava a bocca aperta.
-Si può sapere perché?- chiese il giovane, sempre più incuriosito da quello strano individuo.
-Il perché sono affari miei a te basta darmi quella lettera … certo se non sei d’accordo peggio per te in fondo si tratta solo 20000 yen …-
-No no accetto, accetto- esclamò il ragazzo.
L’uomo sorrise ironico, era stato più facile del previsto, era bastato toccare l’argomento “denaro” perché l’altro cedesse.
-La busta dovrebbe essere qui…- disse il ragzzo mentre frugava nella borsa che portava a tracolla -Infatti, eccola!- tra le mani stringeva l'oggetto della questione.
-L’indirizzo è questo giusto?…Kinomya, casa Kinomya esatto?- Il ragazzo lanciò un’occhiata al suo interlocutore.
-Kinomya…- disse l’uomo -Perfetto…


SEMPRE PIU' DEPRESSI.
CHE CI VOLETE FARE...INTANTO VOI SCRIVETICI LE VOSTRE IMPRESSIONI.
UN MEGA GRAZIE A COLORO CHE HANNO RECENSITO IL PRIMO CAPITOLO :) MA ANCHE SOLO A TUTTI QUELLI CHE LO HANNO LETTO. GRAZIE!




 
  
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