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Autore: almeisan_    13/06/2012    2 recensioni
[Prima classificata al contest "A spasso nel tempo indetto da Talismaa sul forum di EFP"]
[1845]
Quando il cielo estivo si tinse del rosato antico delle sue nubi voluminose e cariche di pioggia, un giovinetto era già desto e accorreva nelle cucine della casa patronale, floride di vitalità, per essere d’aiuto nella preparazione della colazione per i suoi signori. V’era un gran trambusto di pentole di coccio tintinnanti, posate d’argento da portare sulla tavola oramai imbandita e dello strepitio del fuoco scoppiettante. La cuoca, sua madre, una donna imponente e robusta, dal viso fulvo e imporporato e dalla fronte imperlata di sudore, sollevò la pentola contenente latte caldo appena munto, non prestando attenzione al fuoco sotto le sue braccia corpulente. Il figlio, che non avrebbe potuto aver più di sedici anni, un ragazzetto smagrito e vestito semplicemente con una camicia di tela bianca che aderiva al petto minuto sino ad essere scheletrico, dei pantaloni di juta marroncina che gli graffiava le gambe esili, e delle scarpe troppo piccole per lui, spense il fuoco con un secchio d’acqua sul tavolo di legno grezzo poco distante, dove oramai le pietanze sparivano per essere portate di sopra
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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Historie d’un impossible amour

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Quando il cielo estivo si tinse del rosato antico delle sue nubi voluminose e cariche di pioggia, un giovinetto era già desto e accorreva nelle cucine della casa patronale, floride di vitalità, per essere d’aiuto nella preparazione della colazione per i suoi signori. V’era un gran trambusto di pentole di coccio tintinnanti, posate d’argento da portare sulla tavola oramai imbandita e dello strepitio del fuoco scoppiettante. La cuoca, sua madre, una donna imponente e robusta, dal viso fulvo e imporporato e dalla fronte imperlata di sudore, sollevò la pentola contenente latte caldo appena munto, non prestando attenzione al fuoco sotto le sue braccia corpulente. Il figlio, che non avrebbe potuto aver più di sedici anni, un ragazzetto smagrito e vestito semplicemente con una camicia di tela bianca che aderiva al petto minuto sino ad essere scheletrico, dei pantaloni di juta marroncina che gli graffiava le gambe esili, e delle scarpe troppo piccole per lui, spense il fuoco con un secchio d’acqua sul tavolo di legno grezzo poco distante, dove oramai le pietanze sparivano per essere portate di sopra.
« Ti ringrazio, figliolo,» esclamò la madre, trafelata, poggiando la pentola sulla superficie lignea che scricchiolò poco sotto il suo peso. Il giovane sorrise, mostrando la dentatura bianca e forte, anche se era evidente che ne mancassero alcuni nelle zone più laterali. Gli occhi neri, stanchi e lievemente incavati, come le guance, a causa della spossatezza, si chiusero per un solo istante mentre le  ciglia, lunghe e folte, gli sfioravano gli zigomi sin troppo pronunciati. Si passò una mano tra i capelli stopposi, corvini anch’essi, per scostarli dalla fronte imperlata, poi aiuto la madre a versare il latte nel scodella di oro zecchino da cui lo servivano ai signori. Erano delle persone buone, i loro padroni, dei ricchi borghesi di Parigi possidenti di una villa ampissima e colma di quadri d’autore e un’opulenta biblioteca contenente migliaia di tomi antichi e altri più recenti. Avevano un unico figlio, un giovane aitante e prestane, ed era partito per un viaggio nelle Americhe solo poche settimane prima, per esplorare quei luoghi dei quali aveva udito durante i racconti avventurosi dei propri compagni, nobili e fieri discendenti di antiche dinastie e benestanti borghesi parigini. La padrona, una nobildonna dai lunghi capelli dorati come il miele, adornati da elaborate acconciature, e dagli occhi color del carbone e della pece vetrosa, quella con cui detergeva i crini dei violini nella grande sala della musica, era malinconica in quei giorni e vagava per le sale della sua dimora senza davvero comprendere dove si recasse, seguita dalla sua fedele dama di compagnia, una giovane Versaillaise[i] di nobili origini la cui famiglia era caduta in disgrazia dopo la condanna ad esilio del
duca d'Angoulême[ii]. Si mormorava tra la servitù, voci a cui il giovane Gaspard non soleva dar ascolto, che il figlio del padrone avesse abbandonato la casa paterna per sposare una donna di facili costumi e trasferirsi lontano da ogni maldicenza.
« Marianne, il latte,si’l te plait[iii],» esclamò Lorraine, la più adolescente tra le domestiche, che era solo di qualche anno più grande di lui. La madre lo passò e la ragazza, trafelata per la corsa dal piano superiore a quello inferiore, scomparve dietro la porta della cucina con un sorriso colmo di gratitudine sulle labbra rosee e sottili esteso anche agl’occhi di un verde chiarissimo. Sua madre sospirò lievemente e si asciugò la fronte con un canovaccio bianco prima posato sul tavolo.
« Fortunatamente abbiamo terminato i nostri compiti mattutini, mon petite garçon[iv],» sussurrò calma e posata, la voce da mezzosoprano velata di gioia e pacatezza, osservandolo serena. Gaspard annuì, un sorriso a increspargli le labbra sottili mentre si immergeva nello sguardo scuro, che egli stesso aveva ereditato, di Marianne. Era arrossito, imbarazzato dal pensiero improvviso che l’aveva colto, e aveva chinato il capo sul pavimento lindo e lievemente inumidito dall’acqua con la quale aveva spento il fuoco.
« Maman[v], potrei andare al fiume? Tornerei prochainement[vi],» aggiunse speranzoso quando notò il volto, rotondo e florido, della madre contrarsi in una smorfia di disappunto.
« Per incontrare quella nobildonna, Gaspard? La figlia dell’Ammiraglio? La fille est fiancée avec le Capitaine,[vii]» soggiunse scuotendo il capo con foga. Gaspard negò con un sorriso lieve e lo sguardo malinconico. La dama Renée, la giovane più avvenente ed educata di tutta Parigi. Era troppo per un servitore, però il ragazzetto provava piacere nell’osservarla da lontano mentre passeggiata per le vie più sofisticate della città accompagnata dalle proprie sorelle troppo piccole per essere in età da marito.
« Lo prometto, Maman,» mentì, scusandosi con lo sguardo di quella menzogna. Sua madre, conoscendo a fondo il suo buon cuore, lo comprese subito, però lo lasciò andare, pregando che non compiesse qualche sciocchezza. Gaspard sorrise, soddisfatto e felice, posò un bacio sulla guancia di sua madre e corse fuori, dalla porta seminascosta della cucina, prima che la donna cambiasse idea. I raggi del Sole, splendido e fiammeggiante, mostravano che la bella stagione era in procinto di arrivare in città, anche se le nubi si appropinquavano sempre di più. La primavera del 1845 aveva dato i propri frutti grazie al governo modesto del Re Cittadino[viii], soprattutto a vantaggio della media borghesia, e tutti speravano che quella pace non trovasse mai termine. Il giovane camminò tra le vie sfarzose della città, osservando l’aria di festa presente in esse. Era giorno del mercato e le grida dei venditori arrivano forti e nitide alle sue orecchie, facendolo sorridere. Gaspard amava le persone gioiose di ciò che possedevano poiché egli era uno tra essi. Pur non avendo mai conosciuto il proprio padre, morto durante la Seconda Reggenza, e facendo parte della servitù, era consapevole di essere molto più fortunato di altri tanti suoi coetanei. Giunse dinanzi al fiume in un attimo, la casa patronale era nel pieno centro storico della capitale, e osservò l’ameno panorama. In quel luogo v’era una tranquillità e una pace impagabile, che era capace di riempire il cuore di chi l’osservava assorto nella contemplazione della pura perfezione. Si guardò intorno, le labbra schiuse come quelle di un bambino incredulo e sorpreso, poi la vista si posò su tre figure, una in particolare, quella centrale, sul ponte di pietra proprio accanto a lui, sulla sinistra, il Pons de Arts. I capelli biondi, illuminati dai raggi solari che li rendevano ancora più splendenti, ricadevano come onde sulle spalle esili, candide e fasciate da un abito lungo, di un rosato antico e nobile, e poco scollato, com’era consuetudine per le donne non ancora maritate. Non era possibile scorgere i suoi occhi poiché le dava le spalle, però Gaspard li aveva osservati talmente tante volte nei suoi sogni da conoscere alla perfezione ogni minima luce nello sguardo color dell’Oceano. Sbatté le palpebre, il ragazzo, incantato dalla vista. Aveva potuto contemplare molti quadri femminili nella villa ed era in grado di affermare che la nobildonna Renée era bella, non dell’avvenenza tipica delle donne appariscenti, bensì come un Angelo, una Santa, e, forse, come la Regina del Cielo. Si torturò le dita e chinò il capo. Non era bene che egli, Gaspard Moreau, un servitore, guardasse una dama del calibro di Renée Dubois. I passanti avrebbero potuto pensar malignità e non voleva dar adito a voci fasulle e insensate. Il Capitan Dumont era un uomo giovane e vigoroso, nobile e rispettoso del sovrano e del governo, sebbene fossero noti i suoi comportamenti troppe volte iracondi e violenti.
« Gaspard,» lo chiamò una voce acuta e dolce, di bambina, la più piccola delle sorelle Dubois, Aliénor. La sua età infantile, di sei anni appena compiuti, la rendeva un tenero angelo coronato da un’aureola di boccoli dorati, più chiari di quelli della sorella maggiore. Tante volte le aveva donato un mazzolino di margherite raccolto sulla riva della Senna. In verità, erano un regalo per la sorella maggiore, però non aveva mai avuto il coraggio di porlo a lei. Il ragazzo sorrise, solare e felice, osservando gli occhi azzurri della bimba e facendo una profonda riverenza dinanzi alle tre sorelle, « Quanto sei buffo. Perché ti inchini? » le domandò innocente e incuriosita da quel gesto galante.
« Allie, non importunare il giovane,» mormorò Renée con delicatezza, guardandolo con gentilezza e domandandogli scusa per quella frase. Gaspard si immerse nei suoi occhi splendidi e avvampò, incapace di trattenersi e non sapendo cosa fare. Avrebbe dovuto salutare e andar via, ma era come immobilizzato lì, attirato da quella vista celestiale.
« Non hai delle margherite per me? A Renée piacciono tanto. Il Capitano non le porta mai i fiori,» esclamò la piccola, teneramente imbronciata. Gaspard scosse il capo, dispiaciuto.
« Domando perdono. Non credevo di potervi trovare, Mademoiselle Dubois,» sussurrò con un filo di voce mentre il cuore accelerava i propri battiti. Renée era arrossita e aveva chinato il volto verso il suolo, come per non far notare le proprie lacrime.
« Sciocchina,» borbottò Coralie, dalle tinte più scure delle sorelle. Aveva gli occhi marroncini, come la terra di Siena, profondi per una giovane di soli dodici anni, colmi di vitalità e arguzia, e i capelli, lisci e adornati da una crocchia signorile, di una tonalità più scura. La più grande scosse il capo e sorrise timidamente al giovane. Gaspard si immerse nel suo sorriso e ricambiò, tentando di controllarsi e non sbattere le palpebre.
« Perché? È vero. Gaspard è molto più gentile e cortese rispetto a quell’energumeno del Capitano,»  mormorò la bambina, innocente e candida, trasparente in quella sincerità così tipicamente infantile da lasciare ognuno che l’udisse senza respiro. Il giovane arrossì maggiormente e si passò una mano tra i capelli, imbarazzato. Renée, con suo sommo stupore, non commentò quella frase, anzi parve non udirla.
« Volete che vi accompagni a casa, Mademoiselles? » domandò con un sorriso. La più grande annuì e cominciarono ad avanzare tra le vie assolate della città, a ritroso, superando la villa dei suoi padroni per arrivare a una a pochi metri, dall’altra parte della strada ciottolata, ancora più imponente e maestosa. Le lasciò dinanzi agli scalini che conducevano alla porta d’ingresso, inchinandosi nuovamente, poi volgendosi. Le bambine entrarono, però Renée lo chiamò, speranzosa e incerta al contempo.
« Perdona mia sorella,» sussurrò dolcemente, la piccola mano candida abbandonata sulla superficie della portone possente, di legno di quercia. Gaspard l’osservò con un sorriso timido ed emozionato sulle labbra sottili. Annuì, incapace di proferir parola, « Sei stato davvero molto gentile ad accompagnarci quest’oggi.»
« Non è stato un disturbo, Mademoiselle Dubois, anzi un onore smisurato per me,» le comunicò dolcemente, gli occhi brillanti per la gioia. Renée sorrise e annuì, poi scese, rendendolo stupefatto e sbalordito. Era sconveniente per una donna trovarsi da sola con un uomo che non fosse il promesso sposo o un parente.
« Vorrei tanto che il Capitano mi rivolgesse cotante attenzioni,» mormorò infelice, poggiando i denti candidi sul labbro inferiore e posando lo sguardo al suolo. Poi arrossì e sobbalzò, portandosi la mano sulle labbra. Non avrebbe mai dovuto affermarlo.
« Mi spiace dichiararlo, ma il Capitano è uno sciocco e un villano se non vi stima come dovrebbe e come meritereste. Siete una fanciulla meravigliosa, Mademoiselle Renée,» esclamò con voce tremante, colma di emozioni, prima di spalancare gli occhi. Non poteva realmente averlo esplicato ad alta voce. Renée l’osservava, però non era incollerita né dispiaciuta, solo sorpresa.
« Continua,» affermò, avanzando di un altro passo, più audace di quanto avrebbe pensato ella stessa, « Per favore,» aggiunse più mite, quasi timorosa, i grandi occhi spalancati e supplici, le labbra sottili schiuse come boccioli di rose. Gaspard tremò, ma non avrebbe disobbedito a quell’ordine pronunciato con tanta dolcezza da colmare ogni mancanza nel suo cuore.
« Siete la fanciulla più bella ch’io abbia mai incontrato e v’amo, sebbene sappia quanto sia stolto e inutile,» mormorò gioioso di aver esplicato i propri sentimenti, sebbene il timore di esser preso per folle sopraggiunse come una tempesta nel suo animo acerbo. Renée spalancò maggiormente lo sguardo limpido e sorrise, felice quanto lui, il petto ansante per i troppi respiri.
« Nessuno mai mi dichiarò il suo amore con così soavi parole, Gaspard. Pronunciale ancora. Sussurramele dolcemente poiché necessito di loro come l’aria che respiriamo,» affermò accorata, la mano sul cuore e l’altra lungo il fianco. Una risata interruppe quel momento tanto agognato dal giovane. Era fragorosa, quasi volgare, certamente appartenente a un uomo adulto e vigoroso. Gaspard scostò, a malincuore, lo sguardo dall’amata per immergersi in quelli del Capitan Dumont, neri come l’Inferno più nero. Tremò, non per il sentimento, bensì a causa del forte timore che lo colse notando il suo abbigliamento militare, nobile e fiero come quello di un principe. Renée sussultò anch’ella e si volse lentamente verso il suo promesso sposo per poi chinare il capo, le gote arrossate e il corpo instabile, scosso da quella risata proprio come se fosse stata la ferita inferta da un pugnale. Batté le mani, il Capitano, come se stesse osservando i protagonisti di uno spettacolo teatrale, poi discese gli scalini di marmo bianco e pregiatissimo, interrompendo la risata e osservandolo austero, malevolo, gli occhi gelidi come lame affilate e pronte a colpire. Gaspard non si sottrasse al suo sguardo, sebbene non fosse consapevole della ragione per la quale non provava nemmeno il minimo istinto di fuggire. Non era mai stato un ragazzo coraggioso, però neanche un ignavo, e amava la dama Renée Dubois da troppo tempo per dilapidare in quel modo la propria occasione, nonostante fosse perfettamente in grado di comprendere che quella dichiarazione non fosse valsa a nulla. Non avrebbe mai trovato futuro, non a Parigi, non in quel tempo in cui la pace era in procinto di concludersi mentre il malcontento cresceva in quella stessa classe sociale che aveva tanto appoggiato il sovrano nei primi anni di regno. Gaspard aveva udito il padrone, mentre era intento ad aiutare Lorraine nel sistemare l’argenteria pregiata nella specchiera della padrona, discorrere con un collega banchiere, possidente di una delle più prestigiose proprietà in tutta la capitale. Si intrattenevano nel discutere sulle nuove tasse imposte e su una rivolta ordita contro il re. Il giovinetto si era prontamente allontanato, pregando la ragazza di fare lo stesso. Non era bene ascoltare quelle conversazioni politiche. Ancora intento a indugiare in quei pensieri, non si accorse che il Capitano aveva ordinato a Renée di tornare in casa e che la madamigella aveva prontamente, senza voltarsi indietro, asserito e obbedito. Era solo con uno degli uomini più dispotici di tutta Parigi. Gaspard non indietreggiò, però arrossì e al Capitano non sfuggì. Sembrò divertito da quell’imbarazzo, da lui e dal suo patetico tentativo di mostrare una forza che non era lecito possedere per un individuo di cotanto basso ordine sociale.
« Ragazzetto, qual è il tuo nome? » domandò con gentilezza forzata e falsa, totalmente demolita dall’espressione presente nei suoi occhi limpidi come il ghiaccio. Pur non ritenendosi un giovane orgoglioso, Gaspard fu infastidito da quell’appellativo e dal quel tono, però cercò di non mostrarlo apertamente per non incorrere nella rabbia ancora più marcata del Capitano. Non avrebbe provocato la soddisfazione nell’uomo dinanzi a lui. L’unico suo errore era stato dichiarare il proprio amore, avrebbe dovuto serbarlo nel suo animo sino al termine dei suoi giorni per far ammenda dinanzi al Buon Signore che governava il cielo più puro. Deglutì e scosse il capo, « Non possiedi un nome? » continuò arcuando le sopracciglia folte e nere prima di emettere una fragorosa, e gelida, risata che terminò prontamente. Subito dopo gli afferrò l’avambraccio, rude come il peggiore tra i mozzi dei galeoni spagnoli, ferendogli la poca carne intorno alle ossa sporgenti. Lo trasse verso di sé, scrutandolo come un rapace che si apprestava ad afferrare la propria preda, poi lo fece avanzare verso la villa dei suoi padroni. Gaspard puntellò i piedi per ancorarsi al suolo, però la forza del Capitano era incontrastabile e si lasciò guidare verso un vicoletto laterale, nel buio dei sontuosi palazzi borghesi e nobili.
« Signore,» esclamò dubbioso quando si sentì sospingere verso l’oscurità più nera, all’ombra, dove nessuno potesse scorgere nulla, nemmeno le sagome, vani simulacri di individui. Rise ancora, il Capitano, ma di un suono più malevolo e gutturale, animalesco persino. Percepì un suono che lo turbò, come quello di una lama che veniva sguainata, poi vide un bagliore argenteo e comprese. Il cuore accelerò i propri battiti, impaurito, temendo che sarebbero stati i suoi ultimi movimenti, e il respiro divenne più irregolare. Arretrò di un solo passo non appena vide la lama avvicinarsi. Un’ultima preghiera gli attraversò la mente. Era quella che aveva pronunciato, inginocchiato sul piccolo letto improvvisato nella camera che condivideva con sua madre, ogni sera della sua esistenza, prima di addormentarsi, domandano al signore una vita felice e duratura, longeva, ma non avventurosa, pacifica e colma di gioie familiari. Era il desiderio più recondito di Gaspard Mureau e il buon Dio non avrebbe mai potuto esaudirlo. La lama, decisa ed esperta, gli perforò il petto. Un gemito strozzato, ricolmo di timore e afflizione, sfuggì dalle labbra esangui del giovane. L’unico suono che fu capace di squassare le tenebre di quel vicolo. Il sangue scarlatto, colmo di vita, sgorgò e imbrattò la camicia candida. Cadde in ginocchia, Gaspard, chiudendo gli occhi, implorando il Signore di concedergli l’ultima grazia. E il buon Dio, padre misericordioso di ognuno, protettore dei propri figli, la concesse, coprendolo con la coltre accogliente della Morte pietosa e benigna. Percepì la vita fluire fuori dal proprio essere come quel sangue che macchiava le vie bianche della sua Parigi, splendente per i lumi dell’Illuminismo più autentico e puro. La sua anima si sollevò, separandosi dal quel corpo oramai morto, riverso scompostamente sulla strada del vicolo, carceriere e prigioniero insieme. Si innalzò verso Dio e lì riposò per l’eternità. Il Capitano sorrise, una lieve increspature della labbra rosee, poi sfilò la lama della sua spada dal petto, la sistemò nella guaina e tornò a passeggiare, non un’emozione sul suo volto. Incrociò una giovane servitrice sul suo percorso, appena uscita da una delle case borghesi. Si dirigeva a passo svelto, il capo chino, com’era adatto a una persona del suo rango, verso il quartiere nobile. Non la guardò per un istante, però la fanciulla osservò lui, rimuginando su quell’amico che era divenuto un fratello per lei. Il piccolo Gaspard s’era innamorato, Lorraine ne era perfettamente a conoscenza. Le aveva raccontato di Mademoiselle Dubois in innumerevoli occasioni, senza aver ben chiaro quanto quelle narrazioni avessero il potere di ferirla, di turbare il suo animo, di intristirla. Non lo rendeva mai palese, ne aveva timore. Assorta in quelle meditazioni tormentose, s’accorse di qualcosa che la scosse maggiormente. Un liquido rosso aveva colorato alcuni ciottoli bianchi appena fuori uno dei tanti vicoli tra una dimora e un’altra. Si portò la mano sul cuore e spalancò gli occhi chiari mentre altre persone si radunavano intorno ad esso, attirate da quel fenomeno cotanto insolito. Una donna, poco più grande di lei, gridò e il marito la sorresse per impedirle di svenire. Lorraine avanzò di un passo e assottigliò lo sguardo per poter scorgere meglio qualcosa nel buio. V’era un ragazzo riverso sulla strada, deceduto. Aveva qualcosa di tanto familiare da indurla a osservarlo ancora. Lo riconobbe e si lasciò cadere, esanime, tra le grida incredule delle persone al suo fianco. Sulle labbra un nome sussurrato appena. Quello del suo amor perduto che nessun’altra fanciulla pianse mai.



[i] Abitante di Versailles

[ii] Luigi Antonio di Borbone, Delfino di Francia

[iii]  Per favore

 

[iv]  Piccolo figlio mio

 

[v] Mamma

[vi]  A breve

 

 

[vii] La fanciulla è fidanzata con il Capitano

 

[viii] Luigi Filippo di Francia, re dal 1830 al 1848

 

 

1 Classificata: Almeisan 


Originalità della storia: 
9/10 
Correttezza della grammatica: 
10/10 
Fedeltà ai criteri richiesti:
 10/10 
Originalità dei personaggi: 
8/10 
Ambientazione della storia: 
8/10 

Totale punti: 47 





Inizierò spiegandoti passo per passo i punti che hai ricevuto: 

Originalità della storia: ovviamente il tema che hai scelto , ovvero la dichiarazione d'amore , temo sia il più difficile su cui scrivere e risultare originali, perchè su questo sentimento son state scritte tantissime storie, ma comunque come ho sempre detto, per originalità intendo il metodo con il quale lo scrittore riesce a far interessare il lettore alla sua storia, qui voglio complimentarmi perchè è stata davvero una storia bellissima da leggere, sia per le parole che hai usato per descrivere determinate scene, ma in tutta la storia anche, mi piace molto il linguaggio che adoperi, e poi le frasi con parole francesi hanno reso il tutto ancora più bello. Quindi, ti ho dato 8 perchè il tema non è originale se la vediamo dal lato del tema su cui hai scritto, però tu mi hai tenuta incollata allo schermo per vedere come andava a finire, quindi ti sei meritata un 9 pieno. 
Correttezza della grammatica: non posso dire nulla, era tutto corretto sia per quanto riguarda la punteggiatura sia per i verbi e quant'altro. 
Fedeltà ai criteri richiesti: ci sta un bel 10. 
Originalità dei personaggi: ecco, qui tocchiamo un tasto alquanto dolente per me, io sono quel tipo di lettore che è sempre in cerca di personaggi particolari, dal carattere strano , quindi è difficile per me valutare i personaggi; comunque devo dire che mi è piaciuto particolarmente il personaggio di Gaspard, ok che è il solito innamorato che non ha coraggio di dichiararsi, però il suo carattere mi è piaciuto notevolmente. 
Renèè è stata descritta poco, quindi non mi sento di dare un giudizio sul suo carattere, anche se a prima impressione potrei dire solamente che mi è sembrata una ragazza fragile, repressa e rassegnata al suo destino. 
Ambientazione della storia : mi è piaciuta, mi piace molto la Francia! E poi ho trovato la descrizione di ogni posto davvero magnifica e quindi sei stata molto brava su questo punto. 

In definitiva la storia è bellissima, mi è piaciuta davvero tanto. 
La narrazione è scorrevole senza però peccare di psicologia da parte dei protagonisti, poi mi sono piaciute particolarmente le descrizioni che hai fatto del cielo che si dipinge di rosa antico. 
Ah, anche la parte finale devo dire che è scritta benissimo, era come se fossi lì insieme a Lorainne. 
Insomma, compliment davvero , ti sei meritata la vittoria ! 

  
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