- 21 -
Cadevano, una goccia dopo l’altra, nel silenzio bruciante, quelle
lacrime continuavano a cadere. No, non riusciva a fermarle.
Ma neppure credeva realmente di volerlo. Era in grado solo di
giacere fra le braccia di Sanzo, e certo avrebbe
dovuto esserne felice. Avrebbe dovuto.
E allora perché, perché era così malamente prostrato dal dolore da
trovare a malapena fiato per respirare? Perché il suo cuore era così
drammaticamente vuoto, così impossibilmente straziato?
Dannazione, dannazione, mai avrebbe voluto che accadesse quello!
Perché sì, ricordava tutto. Ogni singola cosa, ogni singolo attimo
di quel solitario calvario silenzioso, di quella pena soffocante, di quello
struggente amore che l’altro aveva provato.
Ricordava anche i momenti di odio, le maledizioni soffocate che
tanto avrebbe voluto urlargli ma che mai aveva avuto il coraggio di proferire,
ricordava il bene che nonostante tutto gli aveva voluto.
Ricordava ciò che aveva visto nello specchio, quell’unica volta che
l’aveva quasi portato sull’orlo della morte.
Ed era disperato nel sapere che lui aveva creduto che lo stesse
compatendo. Era disperato nel sapere che aveva sentito di avere perso la
battaglia, di essere stato in competizione con se stesso.
Lui mai, mai avrebbe voluto competere.
Perché… forse era un comportamento stupido da parte sua, ma lui era
solo felice di sapere che anche l’altra parte di se stesso, quella parte che
mai aveva compreso e di cui aveva sempre avuto paura, provasse per Sanzo un sentimento che nulla aveva di inferiore al suo. Un
amore che era stato portato dalla passione, da un desiderio così intenso che
alla fine l’aveva soverchiato, finché non era rimasto distrutto e disperato.
E niente, non era stato possibile fermare quel cammino. Ma ora… ora
cosa sarebbe cambiato? Forse ogni cosa.
E lui…
Serrò gli occhi, e rimase immobile. Piangere non aveva senso. Non
aveva senso anche se il dolore lo stava massacrando.
C’era qualcosa che anche lui doveva fare. Qualcosa che gli doveva.
Non sapeva se ci sarebbe riuscito, ma il minimo che poteva fare era
provarci, e ricambiò per un istante ma con forza l’abbraccio di Sanzo, serrando gli occhi e imponendosi, per una volta, di
non pensare a ciò che era accaduto.
Imponendosi solo di pensare all’ultimo desiderio che l’altro aveva
espresso.
Si scostò da Sanzo, senza guardarlo ma
alzandosi in piedi, dirigendosi verso lo specchio. Vi si riflesse, ma non c’era
altro, e la cosa ebbe il potere di farlo innervosire e tranquillizzarlo a un
tempo.
Alzò una mano, chiusa a pugno, che volò ad infrangersi contro la
vetrosa superficie di quello specchio.
Un crack, qualcosa che s’infrangeva, delle piccole gocce rosse che
cadevano.
Percepì che Sanzo aveva alzato lo
sguardo, ma ancora non si voltò, rimase con entrambe le mani poggiate su quello
che una volta era stato uno specchio, quello che lui aveva fracassato e i cui
frammenti erano tinti del sangue che gli usciva dalla mano che aveva colpito,
ove lunghe schegge s’erano conficcate come acuminati coltelli.
Ignorò il dolore, e mosse le dita, le palme. Ignorò quelle gocce di
sangue che stillavano prepotentemente verso terra. Graffiò un’ultima volta la
superficie dello specchio, poi, finalmente, seppe di poter guardare Sanzo e di potergli sorridere.
Lo fece.
Si girò, e lo guardò solo sorridendo.
Non per ipocrisia, o per qualcosa del genere. Solo perché era
l’unica cosa che sentiva di voler fare.
Sospirò stancamente, e si avvicinò a Sanzo.
Non aveva proprio idea di cosa dire, in realtà. Supponeva che fosse normale,
comunque. Che altro commento ci sarebbe stato bisogno di fare?
Sanzo alzò finalmente lo sguardo, puntando i suoi meravigliosi
occhi d’ametista nei suoi color dell’oro, ma ancora nessuno dei due proferì
parola. Proprio nulla di nulla.
“Sanzo…”
Goku ci provò ancora, testardamente, anche se sapeva che ottenere
l’attenzione del bonzo in quel momento sarebbe stato molto difficile.
Poi il bonzo si alzò in piedi, mentre Goku
voltava gli occhi verso la porta chiusa. Sentiva dei passi avvicinarsi, e
sapeva che erano Hakkai e Gojyo,
attirati probabilmente dal sordo rumore dello specchio che s’era infranto.
Quando finalmente quella porta s’aprì, e gli sembravano passate
delle ore, sorrise ai loro volti sorpresi.
“Ciao, ragazzi!” disse.
Gojyo lo fissava, inebetito per non dire sconvolto.
“Stu… stupida scimmia…”
Goku gli fece l’occhiolino, scherzosamente, senza lasciare che il
sorriso gli svanisse dalle labbra: “Perché, non ti vado bene forse?”
“Oh, altrochè!” Gojyo gli si avvicino e
gli diede una pacca sulla spalla “Bentornata, stupida scimmia!”
Ma Goku lo sapeva fin troppo bene, che
come tutti loro stava cercando in qualche modo di dissimulare lo sconcerto, e
perché no, il dolore. Quella situazione l’amaro in bocca l’aveva lasciato a
tutti, a lui per primo. Ma doveva sforzarsi, se voleva riportare le cose almeno
ai limiti del tollerabile.
Hakkai intanto si guardava intorno, come spaesato,
sicuramente confuso.
“Ma… allora il Seiten…”
Fu allora e solo allora che Sanzo
intervenne: “Se n’è andato.”
Aveva la voce atona, piatta, che fece male al cuore di Goku. Eppure il ragazzo non s’arrese. Non pensò neppure per
un momento di arrendersi. Gli doveva parlare. Bastava quello. Bastava che
mettessero in chiaro una cosa che Sanzo non sembrava
voler capire.
In quel momento, il Kappa notò la ferita
alla mano.
“Che hai fatto a quella mano?” gli domandò, con voce allarmata.
“Nulla,” fu la risposta che ottenne “non è niente, davvero.”
“Dobbiamo estrarre le schegge,” Hakkai si
avvicinò, esaminando la mano “sarà un lavoro lungo.”
Goku fu grato che non gli chiedesse nient’altro, perché
probabilmente aveva già capito. Annuì distrattamente, perché in quel momento
era a Sanzo che pensava in realtà, a quel Sanzo che non proferiva parola. Non è che non sapesse cosa
fare, ma non poteva fare a meno di sentirsi leggermente a disagio. Aveva ben
chiaro cosa Sanzo aveva provato nei confronti
dell’altro, ma non quello che sentiva verso di lui in quel momento. La cosa lo
metteva un poco in ansia, ma scelse di ignorare quella brutta sensazione.
Si portò la mano buona al petto, e pregò in silenzio: ‘Guidami tu…
dammi la forza di uscire da questa situazione…’
Fremette mentre Hakkai, con fare da
medico navigato, iniziava a lavorare sulle schegge estraendole una ad una.
“Mi dispiace di farti male”, gli disse.
“Dov’è Sanzo?” chiese Goku,
rabbrividendo mentre il demone estraeva un altro frammento.
“È uscito, non so dov’è andato di preciso.”
Goku annuì. Forse sapeva dov’era, più tardi sarebbe pure andato a
cercarlo. C’erano molte, molte cose che voleva dirgli, e pretendeva di essere
ascoltato.
In modo da non avere alcun rimpianto. In modo da poterne uscire a
testa alta, comunque si fosse conclusa quella vicenda.
Ah, se c’era una cosa di cui ringraziava il Seiten,
era d’avergli messo in corpo una determinazione quale mai ne aveva provata
prima. Grazie a lui aveva compreso davvero tantissimo, e di questo gli sarebbe
stato grato in eterno.
Attese tranquillamente che Hakkai finisse
di medicargli le ferite e le guarisse, poi disse che andava a farsi un giro per
sgranchirsi le gambe dopo tanta immobilità.
Effettivamente era vero anche quello.
Comunque si diresse verso il lago. E se lui non era là, si sarebbe
sputato in faccia da solo.
Non seppe definire il moto improvviso di tenerezza che gli sciolse
il cuore a vederlo là sul serio.
Gli si avvicinò in silenzio, guardandolo mentre si sedeva sulla
riva, accanto a lui.
“Che ci fai qui?”
Gli domandò il monaco. Non c’era rabbia nella voce del monaco,
neppure caustica indifferenza. Era una pura domanda retorica, la sua. Sapevano
entrambi fin troppo bene cosa ci facevano in quel posto.
“Lo sai, no? Voglio solo parlarti. Non penso che ignorare questa
situazione ci porterà molto lontano. E se non vuoi parlare, basta che mi
ascolti.”
Non ottenne risposta, e seppe che quello era il suo assenso.
Sorrise leggermente.
“Io… quello che ho fatto, l’ho voluto io. Ho chiesto io a Hyaris di farlo, e scommetto che ti starai chiedendo
perché. Vedi… finora avevo sempre più o meno ignorato la cosa… voglio dire,
quello che sono io senza dispositivo di controllo. In realtà forse ne avevo
sempre avuto paura. Solo che quando mi sono riflesso nello specchio e l’ho visto
ho capito che… che desideravo solo conoscerlo, forse. Solo arrivare a capirlo.
E in effetti ce l’ho fatta. Ce l’ho fatta molto molto
bene.”
Tacque. Non aveva bene idea di come continuare.
“Mi spiace che sia finita in questo modo…” aggiunse poi “non lo avrei
voluto, davvero.”
“E che avresti voluto fare, scusa?” la voce di Sanzo
lo scosse, facendogli alzare lo sguardo verso di lui. S’accorse che lo
guardava, finalmente, e per un attimo il suo cuore mancò un battito.
“Saresti voluto rimanere tu senza svegliarti, razza di stupido?”
Goku sgranò gli occhi dorati. Davvero, non si aspettava una
simile reazione da parte del monaco.
“Ma… no, però…”
“Vedo che non ti ha insegnato ad essere un po’ più egoista…” Sanzo abbassò lo sguardo “lui è stato egoista fino alla
fine.”
Goku continuò a guardarlo, come non capendo, ma poi disse: “Be’…
però… io lo capisco. Non so se sia per il fatto che ricordo tutto quello che è
accaduto, ma lo capisco. Credo che sia perfettamente naturale comportarsi così
nella sua situazione.”
Tacque per un attimo, poi: “E comunque… ci tengo solo a
puntualizzare una cosa: io e lui… siamo la stessa persona.”
Chiuse gli occhi, senza sapere mai da dove gli venne il coraggio di
aprire la bocca, di proferire una nuova, piccola frase.
“E come una sola persona ti amiamo.”
Forse era stato proprio lui, lui che era tornato dentro se stesso a
darglielo, quel coraggio.
Tenne gli occhi chiusi, per non vedere il volto del bonzo, ma lo
sentì alzarsi e allontanarsi.
E lo sentì, sottovoce, sussurrare.
“Lo so.”
Allora, e solo allora, si strinse le mani al petto e dai suoi occhi
uscì una lacrima che gli solcò la guancia, inconsapevole se fosse di gioia, o
di dolore.
- continua -
N.d.A. Ci siamo ci siamo ci
siamo, il prossimo capitolo è il penultimo! >_< Ipse
Dixit stopperà al capitolo 23! Che dire, spero che
anche questo lo abbiate gradito… e buon capodanno! (La parte peggiore l’abbiamo
superata comunque…)
Vitani