Erano passati ormai 10 lunghi anni, da quel momento, da quel condominio, da quella situazione così complicata. 

Si erano inseguiti i propri sogni e si era diventati famosi con le proprie idee, anche se esistono lunghe scie di persone pronte a screditarti; le cose comuni piaciono a molti la vera personalità a pochi. 

Ma lei, Diane, inseguiva il suo sogno. Diane andava contro il tutto.; ed alla fine raggiunse la sua popolarità. 

Diane Arbus, 10 anni fa, moglie devota e madre premurosa. Adessa affermata fotografa. 

Diane, non “Daian”. 

Lei lo aveva corretto così, beh 10 anni fa. 

Il tempo era passato veloce da quell'ultima nuotata tutto era scomparso, rimeneva un' unica fotografia, un album vuoto ed una lunga pelliccia. 

Ma tutto questo era un vecchio ricordo chiuso in un cassetto, ormai dimenticato. 

Diane adesso si apprestava in questo giorno così piovoso, come quello di anni fa, a recarsi in un manicomio, per scatattare dell'uomo che l'avrebbe portata alla sua pazia. 

Pioveva a dirotto sulle vetrate della città londinese. 

Appena scesa dal taxi, aprì un ombrello nero, e levandosi dalla macchina si avviò verso l'entrata. 

Bussò. Una, due, tre volte. Con quella maniglia a forma di leone, che doveva rappresentare una forza che l'edificio non poteva portare. 

Da fuori, oltre il rumore della strada, del traffico londisene che si accalcava sotto al temporale, oltre il  vociare delle persone sul marciapiede, oltre al rumore della pioggia sugli oggetti di tutta la città; accanto a quella porta, difronte ad essa, si poteva ben udire il rumore che era stato provocato da quel bussare così intenso nell'istituto mentale. 

Era un rumore sordo che spezzava il tempo, era un rumore che dipingeva uno stranissimo silenzio. Un silenzio troppo immaginario. 

Aspettava sotto la pioggia cercando di capire questo silenzio così inquietante, che allettava la donna fino alla fine dell'anima. 

La intrigava ma che le provocava un brivo per la schiena, folgorante. 

Sul quasi ricrearsi di questo magico suono trasparente, la donna stava riprotraendo la mano per poter riafferrare la strana maniglia e rispezare quel silenzio così realizzato da colori scuri.

Ma lì, in quel secondo, qualcosa spezzò quella normalità. La porta iniziava ad aprirsi, lentamente cigolando, ed un uomo, con un sorriso carico di felictà e di salvezza nel ammirare la donna, la stava accogliendo in quel luogo così buio e giacente di ombre alle sue spalle.

Quell’uomo che presto le avrebbe ricordato il suo amore, Lionel.