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Autore: AkaneTachibana    01/01/2007    1 recensioni
Paura, mistero ed epilogo in uno dei posti più belli delle terra: il Big Sur.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stavo appoggiato sul cofano della mia auto, lo sguardo perso all’orizzonte. Mi ero fermato in un piccolo spiazzo accanto alla via per osservare il tramonto. Mi trovavo nel Big Sur, una delle zone più selvagge della California, una delle ultime zone conosciute del continente americano.
Il sole stava immergendosi nel mare all’orizzonte, il cielo aveva assunto un colore rossiccio e il vento spirava forte, scompigliandomi i capelli. Mi sentivo incredibilmente libero in quel luogo così selvatico, ero circondato da un lato da mare, moltissimi metri a picco sotto di me, dall’altro da enormi foreste di pini e sequoie, nessuna traccia di tecnologia umana: soltanto una via solcava quella zona ed era stata scavata a colpi di dinamite, non vi era nemmeno la copertura per i cellulari.
Ero totalmente solo, in quell’immenso luogo, mi sentivo padrone del mondo. Avanzai fino all’orlo del precipizio per sentire meglio il vento sul mio volto.
Guardai in basso, in un primo momento ebbi paura dell’altezza, poi tutto passò. Stetti lì qualche minuto ad osservare le onde infrangersi con la parete di roccia, poi il sole fu quasi completamente nascosto dietro l’orizzonte e decisi che era meglio riprendere il mio viaggio.
Montai in macchina e ritornai sulla via: era totalmente deserta a quell’ora, probabilmente nessuno voleva rischiare di rimanere isolato in un posto del genere di notte. Quando l’idea di un possibile problema al motore mi balenò alla mente, inizia a preoccuparmi e diedi un deciso aumento alla velocità del veicolo. Viaggiavo a finestrini aperti, così che l’aria scalfisse il mio viso e gli odore selvaggio del posto riempisse completamente le mie narici.
Immerso nei miei pensieri, continuavo ad avanzare sulla via senza prestare molta attenzione. All’improvviso vidi un autostoppista sul ciglio della via, d’istinto inchiodai fino a fermare l’auto proprio accanto all’uomo.
Salì senza dire niente e io feci altrettanto, soltanto dopo mi chiesi perché avevo fatto salire uno sconosciuto sulla mia auto, poteva essere chiunque, anche un ladro o un assassino. Lo fulminai con lo sguardo, ma l’uomo non ci fece caso e continuò a guardare avanti, mentre l’auto riprendeva velocità. Era un uomo non troppo giovane, con dei lunghi capelli bianchi che gli cadevano fin sopra le spalle, era abbigliato con strani abiti e portava al collo alcuni amuleti, che ad una prima occhiata giudicai di origine indiana.
Continuò a non fiatare, guardava solo in avanti e teneva le mani incrociate sulle gambe.
Chi me lo aveva fatto fare di caricare in macchina un tipo del genere? Dov’era finito il mio buon senso? Lo squadrai con la coda dell’occhio per vedere se poteva avere qualche arma nascosta sotto gli abiti, ma non vidi niente di sospetto in un primo momento, poi notai che teneva stretta fra le gambe la sua borsa. Chissà cosa conteneva quello zaino? Poteva esserci di tutto, a partire da alcuni vestiti fino, addirittura, ad un arma, una revolver o qualche coltello.
L’auto continuava ad avanzare lungo la strada, ormai si era fatto buio e avevo acceso i fanali per vedere più nitidamente. La nebbia stava calando silenziosamente sulla zona, coprendo la via con una cappa che impediva la vista di ciò che mi circondava. Ma continuavo a sentire l’acre odore della salsedine e dell’ambra che scendeva lentamente lungo i tronchi dei pini delle foreste sul lato destro della via.
“Meraviglioso” fu la prima parola che spiccicò l’uomo con la sua voce roca.
“Cosa?” Chiesi perplesso, cercando di capire a cosa si riferisse questo aggettivo.
“Non crede che questo posto sia meraviglioso di notte? Così misterioso, così selvaggio”
“Già” gli risposi, soprappensiero. A quelle sue parole mi calmai un po’, non credo che qualche assassino o ladro qualsiasi si sarebbe messo ad osservare il posto. Però rimaneva ancora un dubbio: cosa ci faceva in un posto del genere una persona sola e a piedi? Era praticamente una follia stare in quei luoghi senza alcun mezzo di locomozione, avrebbe potuto restarci giorni interi, senza vedere tracce di vita. O forse viveva nella zona, ma non credo vi sia qualche abitazione nei dintorni, se non qualche convento di eremiti. Già, quello era un luogo adatto per qualche anacoreta.
Ormai l’unica cosa che riuscivo a vedere era il serpeggiare della via, il vento era calato di intensità fino a placarsi del tutto, lo scroscio dell’acqua era impercettibile con il rumore del motore che lo copriva. Mi sembrava di essere rinchiuso in una campana di vetro, solo, niente intorno, nessun rumore, niente di niente. Quel atmosfera spettrale riportò a galla i miei timori e li accentuò ancora di più. Ormai era nervoso come una molla pronta a scattare.
L’uomo accanto a me si mosse leggermente sul sedile. Mi voltai di scatto. L’auto sbandò leggermente, ma ripresi subito in mano la situazione. L’uomo non fece una piega. Il mio respiro era diventato pesante e fatico.
“A volte questa zona può spaventare” sembrava avermi letto nel pensiero. Guardò il mio volto paonazzo e sorrise. Quel sorriso aveva qualcosa di sinistro, pareva una presa in giro, ma andava oltre, c’era qualcosa di più, che non riuscii a capire o, magari, questo qualcosa fu dettato solo dal mio terrore, anzi probabilmente era cosi. Inspirai e espirai profondamente un paio di volte e cercai di calmarmi, anche se non ebbi grandissimi risultati.
L’uomo, intanto, continuava a sorridere. Avrei voluto chiedergli che cosa ci fosse di tanto divertente, ma preferirei tenere la cosa per me, non sapendo chi mi trovavo accanto, qualunque poteva essere la sua reazione a quelle parole.
“La paura è una brutta bestia” fu di nuovo l’altro ad interrompere quel silenzio. Aveva anche il coraggio di sbeffeggiarmi. Strinsi il pugno sul cambio per sfogare la mia rabbia per evitare di fare cose sbagliate e avventate.
“Ci vuole un certo coraggio a viaggiare di notte in un posto come questo e, ancora di più, a dare un passaggio ad uno sconosciuto come me. In fondo non sai chi sono, potrei essere anche un serial-killer.”
Si fermò un attimo, continuando a sogghignare.
La paura ritrovò di nuovo spazio. Era davvero un assassino? Il suo atteggiamento non lasciava altre interpretazioni. Il mio volto impallidì di nuovo e il mio corpo si irrigidì per la paura, poi l’uomo riprese a parlare: “Io ammiro i coraggiosi… Quindi per questa volta non ti ucciderò” La sua risata fu così grassa, che infranse il silenzio che li circondava. “Ferma la macchina.” Il suo tono era diventato duro e deciso. Non ebbi il coraggio di opporre resistenza e feci ciò che mi aveva chiesto.
Accostai leggermente la macchina al ciglio della strada e rallentai, fino a fermare il veicolo. Mi voltai verso l’uomo, i miei occhi erano sbarrati dalla paura e lo osservai: si voltò verso di me, lasciò andare l’estremità superiore della borsa che teneva con la mano destra e la porse verso di me. Mi ritirai istintivamente verso la portiera dell’automobile, poi osservai l’arto: mi stava porgendo soltanto la mano aperta e priva di qualsiasi arma. Tornai a respirare e strinsi la sua mano con la mia imperlata di sudore. L’uomo mi sorrise gentilmente.
“Grazie mille, io scendo qui. Arrivederci, amico.” Scandì bene l’ultima parola, poi prese la sua borsa con la mano sinistra e con l’altra aprì lo sportello, uscì con calma e chiuse la portiera dietro di sé. Lo guardai un attimo ancora stupidamente, non riuscendo a capire esattamente cosa era successo. Poi i fanali di una macchina, che stava passando nell’altra corsia, mi abbagliarono. Quando guardai di nuovo alla mia destra l’uomo era sparito. Sentii il verso di un aquila. Poi guardai il sedile vuoto accanto a me, una penna marrone giaceva immobile su di esso. Sorrisi.
  
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