SENSITIVE
Questa sarà
una serie di oneshot tutte collegate tra loro, con la stessa protagonista.
Alcune di queste sono basate su fatti realmente accaduti. La prima vicenda è
stata vissuta dalla mia amica Kairi, che me l’ha raccontata un pò di tempo fa.
Io ho solo narrato i fatti come sono avvenuti.
1: DATE.
E’ Novembre.
Siamo tornati nella nostra casa delle vacanze per un weekend. Mi ha sempre
fatto uno strano effetto, questo posto. Sa di tante cose: di passato, di paura,
di ricordi, di sogni. E’ uno dei luoghi in cui mi accadono più spesso strane
cose. A volte vedo strane luci, sento rumori che non provengono da nessuna
parte, ho sulla lingua il sapore metallico del sangue. Forse sono sensitiva, o
forse pazza. Quello che so è che gli altri non vedono, non sentono come me.
Inizio a pensare all’ultima volta che sono stata qui. La prima notte mi è
sembrato di sentire una voce chiamare il mio nome. ‘’Sarah... Ti aspetto...’’
Il suono mi rieccheggia nella mente, finchè mia madre non interrompe il flusso
dei ricordi. –E’ pronta la cena.- Io la seguo in sala da pranzo e mi siedo
guardando il piatto. Di nuovo pasta al pesto, la odio. Ne mangio un po’ a
fatica e mi congedo con la scusa della stanchezza per il viaggio. Salgo in
camera mia e mi corico, perdendomi di nuovo nei ricordi. Mi addormento senza
nemmeno accorgermene.
Vengo
svegliata da un rumore. Cos’è? Non riesco a sentire bene, fuori sta passando
un’auto. Sento il veicolo allontanarsi e riesco ad ascoltare con chiarezza.
Sembra una motosega. Mi alzo e mi affaccio al balconcino che dà sulla strada:
nessuno. Decido di svegliare mia madre e scendo le scale, andando fino in
camera sua. La scuoto un po’ e la vedo muoversi. Mi guarda assonnata. –Che
c’è?- -Non la senti?- -Di che parli?- -Della motosega. Qualcuno sta usando una
motosega.- -Te lo sarai immaginato, torna a dormire.- -Ma...- -Non dicevi di
essere stanca per il viaggio? Forza, vai e lasciami in pace.- Mi rassegno ed
esco. Forse sto impazzendo di nuovo. In sottofondo la motosega continua ad
andare; la ignoro e mi rimetto a letto. Dopo qualche minuto mi sveglio ancora:
stavolta a disturbarmi è un martello. Non mi preoccupo nemmeno di svegliare mamma,
so che non lo sentirà, quindi decido di scendere in giardino, da dove sembra
venire il rumore. Corro giù dalle scale e inciampo in qualcosa: mia sorella ha
lasciato in giro un paio di scarpe. Nella caduta ho battuto il piede destro, ma
continuo a correre ignorando il dolore. Avvicinandomi il volume aumenta sempre
di più. Vedo la porta scorrevole aperta, mi sporgo e rimango pietrificata: vedo
davanti a me una luce azzurrina, all’altezza degli occhi. All’inizio sembra una
lucciola, ma si ingrandisce pian piano fino a diventare grossa quanto una palla
da biliardo, per poi scomparire, e insieme a lei anche i rumori. Ora tutto è
tranquillo, tranne me.
Mi
precipito in camera di mia madre e la sveglio nuovamente. –Mamma! Sveglia!- Lei
apre di nuovo gli occhi e mi guarda male. –Di nuovo? Che cosa vuoi ora?- -Non
so cos’è successo! Ho sentito il rumore di un martello, sono andata a vedere in
giardino e c’era una luce che fluttuava nell’aria! Poi è scomparsa e i rumori
sono finiti...- -Sarà stata una lucciola...- -No, era troppo grossa! Devi
venire a vedere!- -Va bene, va bene...- Si alza in piedi e mi segue fino in giardino.
La luce ovviamente non c’è più, però vedo un foglietto di carta dall’aspetto
antico appoggiato sull’erba. Mamma accende la luce e riesco a leggere cosa c’è
scritto. 2/2/1972. Strano. Non mi
dice niente, però. Faccio un passo in avanti per poterlo prendere. –Non
provarci, signorina! Sei a piedi nudi, non puoi uscire in giardino!- -Ma mamma,
quel foglio...- Lei sembra voler cambiare discorso. –La luce che dicevi non
c’è... Anzi, qui non c’è proprio niente di strano, vai a letto...- Mi arrendo e
torno in camera, ripensando alla data sul biglietto. Mi sdraio e cado subito
addormentata.
Finalmente
mi desto per un rumore normale: mia madre mi chiama perché è pronta la
colazione. Mi vesto in fretta e furia. Scendo di sotto e trangugio in fretta il
caffellatte, voglio uscire di nuovo e vedere se il pezzo di carta è ancora lì.
Apro la porta che dà sul cortile e guardo a terra. Solo un numero di Diabolik
vecchio di non so quanti anni. Rimango ferma lì, un pò incerta. Concludo che me
lo sono sognato e vado a mettermi un paio di scarpe. Mi siedo sul letto e alzo
il piede destro per infilare una calza. Mi blocco: c’è un grosso livido che non
ricordavo di avere. Mi torna in mente che quella notte ero inciampata sulle
scale. Quindi quello non era un sogno... Ma cosa voleva dire quella data?
Un mese dopo
Sono al
funerale di mia nonna. E’ morta due giorni fa, il 2 Dicembre. Non sono poi così
triste, anche se la nonna mi manca: dopotutto la morte è parte della vita,
tutti moriamo prima o poi. E sono sicura che un giorno la rivedrò. La
processione arriva fino al cimitero, dove la bara viene sepolta di fianco a
quella di mio nonno. L’occhio mi ricade sulla sua data di morte. 2/2/1972. Lo stesso giorno di mia nonna,
trent’anni prima, due mesi dopo. La stessa data del foglietto. Un segno?
Chissà.