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Autore: The Guardians    15/06/2012    0 recensioni
L'Effetto Osmosi.
Chi ci dice che anche i Templari non ne conoscano le possibili applicazioni?
La Casa Farmaceutica sta ampliando i suoi orizzonti. Concluso l’assemblamento delle 190 celle di sincronizzazione, con i rispettivi Animus, le Abstergo Industries avviano il progetto di prova e collaudo delle stesse. I "campioni", scrupolosamente selezionati tra la massa, sono persone che hanno perso la loro dignità di uomini e donne nel momento in cui la società moderna le ha messe da parte. I soggetti del Progetto Delta combattono una guerra virtuale attraverso i ricordi genetici dei rispettivi Antenati: pupazzi computerizzati adattati a modelli rinascimentali preesistenti.
Al centro delle vicende Arder Hayes, uno scrittore caduto in depressione dopo la morte della sorella, nonché l'uomo che convenzionalmente chiameremmo il Soggetto Masnadiero. Quando l’Abstergo confesserà la sua essenzialità nel progetto, Arder sarà riluttante ma, a differenza dei suoi compagni e mentre i morti continueranno ad aumentare, cercherà in tutti i modi di rovesciare la sorte del proprio destino. Così facendo, scoprirà le carte di guerra ancora più spietata: quella contro se stessi.
Estratto dal capitolo 7°
Mi tende la piccola mano. E' poco più di una bambina. “Tu devi essere Arder.”
“Sì,” balbetto, sfiorandole appena la pelle. “Sono io.”
Al contrario, lei mi stringe le dita con forza, sicura di sé e molto professionale. “Io sono Hannah. Benvenuto all’Abstergo.”
A quel punto non dico più nulla, limitandomi ad inarcare un sopracciglio e dimenticare aperta la bocca. Era probabile che alla sua età non sarei mai riuscito a pronunciare senza sforzo una parola tanto difficile come Ab… Abresergo, no. Abtsre…Abtersgo, Ab…
“Abstergo,” mi corregge lei.
Genere: Introspettivo, Science-fiction, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Warren Vidic
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Capitolo *********


“Mi stai dicendo che qui dentro Sean ha radunato tutti gli evasori fiscali, gli ubriaconi, i drogati, gli assassini e gli stupratori in cerca di redenzione?”
“Esattamente.”
“E tu che colpa hai?”
“Va’ a dormire, ragazzo.”
A.H. e M.F.




Entriamo in una di quelle stanze con al centro il lettino metallico, che Alex mi indica poco dopo. “Quello è l’Animus,” dice avvicinandosi ad alcuni schermi sulla parete. Continua a parlare dandomi le spalle e compilando un modulo. “Fu inventato dal dottor Warren Vidic, che ora gestisce il settore più avanzato del dipartimento, il C18. Spesso viene a farci visita, uno di questi giorni probabile che avrai l’onore di conoscerlo. Con lui la nostra sezione ha fatto il balzo nella storia che a Sean piace tanto celebrare. Le masse qui sono arrivati a chiamarla macchina del tempo, ma in realtà funziona in una maniera ben più affascinante.” Portato a termine quel lavoretto manuale, Alex posa il modulo da parte e si avvicina al lettino. La stanza non è molto grande: escludendo i macchinari che formano un anello attorno al lettino metallico, il terreno calpestabile basta a sufficienza per ospitare quattro persone. “È semplice,” riprende Alex. “In una zona poco nota della corteccia celebrale, ma per noi dell’Abstergo diventata accessibile, stagnano informazioni che si tramandano attraverso il DNA. Sono i ricordi genetici, veri e propri files archiviati scrupolosamente nella mente umana. L’Animus è in grado di leggere questi ricordi, metterli in ordine cronologico e ripercorrere così le vite degli antenati di un individuo.”
Mi muovo con incertezza accanto alla macchina. Al suo interno sembra pulsare una grande energia, fasciata in lucide lastre metalliche. Pur nascondendo un grande potenziale, non produce alcun suono. Tutta la strumentazione è così avanzata da lasciare nella stanza un religioso silenzio.
Alex mi lancia un’occhiata. “Ora, non fraintendere, ma lo sbudellamento di questa mattina non ha niente a che vedere con i tuoi antenati,” si sbriga ad aggiungere.
Digita un codice su una tastierina incorporata nel lettino e all’istante l’Animus risponde con un mugolio elettronico. Dopodiché una voce femminile computerizzata ci avverte che i parametri sono impostati; i bagliori della macchina cambiano tonalità, da azzurrognolo a verde acqua.
“Saremmo pronti per cominciare,” dice il ragazzo, “ma senza supervisore tecnico non ho il permesso di metterti nell’Animus. E viceversa se Samantha fosse qui e io no. È lei l’esperta…”
Restiamo a lungo a fissarci senza dire nulla.
“Quindi io a cosa servo?” domando per rompere il silenzio, pur conoscendo la risposta.
Il ragazzo si allunga a scegliere una cartella tra le tante ammassate sull’unico ripiano lasciato libero da schermi e computer. Con una mano tiene il fascicolo aperto, con l’altra, come ricordandosene solo ora, apre e si mette gli occhiali sul naso. “Arder Hayes, giusto?”
Annuisco distratto. Fuori dalle vetrate della stanza c’è un intenso, insolito e dinamico via vai. Vedo passare di corsa due medici. Un addetto alla sicurezza si sofferma a controllare la nostra cella e poi va oltre.
Alex è troppo concentrato a studiare il contenuto della cartella per accorgersene. Ad un tratto esulta, facendomi sobbalzare: “Ah, eccoti qui! Hanno scritto male il tuo nome,” ridacchia apprestandosi a correggerlo con una penna a scatto che estrae dal taschino del camice.
“Non me ne va una dritta,” borbotto continuando a guardare fuori. Mi siedo distrattamente sull’Animus con una coscia e, nonostante l’apparenza gelida del materiale, avverto un cospicuo calore.
“Praticamente funziona così:” comincia Alex aggirando la macchina per mettersi di fronte a me. “Questi Animii in particolare, dal settore C01 al C10, sono stati settati su l’unica sequenza genetica di un determinato individuo pescato nel Rinascimento italiano. In realtà nessuno, a parte Warren e forse Sean, sanno precisamente come funziona il processo di sincronizzazione, nel nostro caso. Io come medico devo solo assicurarmi che i requisiti minimi combacino. Il supervisore, o coordinatore tecnico, conosce la formula del miracolo che ti fa entrare nel tuo antenato. Spero di essere stato abbastanza chiaro…” accortosi che il mio sguardo vaga oltre le sue spalle, si è voltato a dare un’occhiata. Sospira e, precedendo le mie preoccupazioni, dice: “Tranquillo, non è sempre così.”
Inarco un sopracciglio. “A maggior ragione, cos…”
Le ante di vetro si spalancano di colpo, e tutto il frastuono dell’esterno fa capolino nella stanza assieme alla figura trafelata di una donna che si fionda al computer, senza degnarci entrambi di uno sguardo. È un gran bel pezzo di femmina, penso sorprendendo me stesso: alta, rossa, e quel camice ben chiuso chissà quanto altro materiale interessante si mangia.
“Alla buon ora!” erompe Alex. “Dove sei stata?”
“A pararti il culo!” sbotta la donna trascrivendo dei codici sul PC da un foglio che ha in mano. “Quindi ora sta’ zitto e fammi fare!”
“Perché? Cos’è successo ‘sta volta?” domanda il ragazzo sbuffando.
“Ai piani alti hanno gestito male il server della Sessione dimostrativa, hai presente, no? Il finimondo di ‘sta mattina.”
“Hanno risolto un’ora fa, qual è il problema?” Alex sposta il peso sull’altra gamba.
“Le nostre chiavi non combaciano, ne stanno distribuendo altre. Perciò ringrazia che ero una delle prime, in fila per ritirarle!”
“E il settore è nel panico per così poco?” si stupisce lui.
La ragazza scoppia in una fragorosa risata. “Il settore, Viego?” fa sarcasmo voltandosi a guardarlo. “Stanno al buio da qui al settore C16. Dio solo sa cosa viene giù se Warren scopre questo casino.”
“Quindi è colpa di Trimarchi?” domando istintivamente.
I due si voltano a guardarmi, interdetti. La donna si è accorta di me solo adesso che ho parlato.
Dopo un lungo istante di silenzio, Samantha aggrotta la fronte e mi dice: “Tu non hai voce in capitolo, mezza tacca,” con molta cortesia, e ricomincia a scrivere concentrata.
Io guardo Alex.
“Saremo in due a doverci abituare,” mi sussurra fingendosi impegnato a controllare dei valori sul desktop. Poi, (con coraggio e tutta la mia stima) si rivolge alla ragazza chiedendo: “Posso avviare intanto che tu sistemi, oppure ho il tempo di andarmi a prendere un caffè?”
“Sì, sì,” fa distrattamente lei. “Mettilo dentro, ho quasi fatto.”
Alex annuisce e si avvicina a me. “Sdraiati,” e, come leggendo la mia espressione, aggiunge: “tranquillo, non sentirai dolore.”
Mi stendo lentamente e con cautela; le mani di Alex mi guidano a poggiare la testa su un leggero rigonfiamento metallico che, freddo, preme all’altezza della nuca. Soddisfatto, il ragazzo esce dal mio campo visivo.
Nessuno, ma soprattutto Alex, si è accorto che sto fingendo una certa tranquillità. Mentre fisso il soffitto, pienamente cosciente della pazzia che io stesso sto lasciando accadere, ascolto Samantha battere sulla tastiera e Alex trafficare al computer sulla mia destra.
Non so se scoppiare a ridere o a piangere. È una scena da film dell’orrore, ma di quelli scrausi in cui finisci sempre col chiederti perché l’hai affittato. Ho come l’impressione che da un momento all’altro verrò lobotomizzato e che non ricorderò una ceppa di cosa mi è successo o chi diavolo sono queste persone. Il cervello è un organo miracoloso ma altrettanto pericoloso. La gente qui sembra giocare col fuoco ogni volta che parla di ricordi e memoria genetica. Di che razza di esperimento si tratta? Sean è stato piuttosto vago, nella sua fretta di affidarmi al dottor Viego, che non è stato certo più chiaro di lui; ma allora cos…
“Arder, scusami, ma se continui così non possiamo iniziare.”
Il ragazzo è ricomparso d’un tratto nel mio campo visivo.
“Qual è il problema, Viego? Il paziente cerca di morderti?” domanda Samantha ridendo.
Alex la fulmina con un’occhiataccia. “C’è troppa attività celebrale,” spiega. “Devi rilassarti, Arder,” dice rivolto a me.
Annuisco. “Mi disp… AH!” Grido.
Un dolore lancinante mi ha aggredito improvvisamente al braccio destro, che non riesco a contrarre per via di una stretta ferrea attorno al polso. Alzo la testa e vedo Samantha estrarre in quel momento dalla mia carne uno ago spesso come una matita. “MA CHE CAZZO FAI?!” le sbotto contro, cercando di alzarmi, ma Alex mi ostacola spingendomi per le spalle nuovamente sdraiato.
La vista mi si offusca, i suoni sono sempre più ovattati. L’ultima cosa che vedo è il volto dispiaciuto di Alex, e l’ultima cosa che sento sono le risate della donna che, mentre l’oscurità si fa padrona, aggiunge: “Meno male che uno dei due ha le palle per fare queste porcate, vero Alex?”
  
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