Non avrei mai più rivisto quegli occhi azzurri pieni di dolore e di una pura innocenza. Ed era proprio la sua innocenza che faceva di lei ciò che era.
Nonostante un passato segnato dal lato oscuro, lei conservò la sua luce.
In cuor mio non vi era altro che il nulla. Non ero mai riuscito a capire quanto importante fosse per me. Ero così abituato a tenerla vicino, ad amarla, che non averla più accanto era come una morte lenta.
In me ardeva vendetta. Non avrei avuto pietà, nemmeno per la donna per la quale un tempo provavo un sentimento d’amore e che ora era regina degli elfi.
Selyria. Fu lei a liberarci, ma fu anche l’artefice della morte di mia sorella.
L’animo generoso di Sole, la portò ad accettare di combattere per il bene. Voleva che il mio volto esprimesse felicità, mostrando un sorriso sincero. Perché ciò avvenisse, doveva riportare la pace nel regno, anche a costo della sua stessa vita.
Se Dana non si fosse ribellata, Sole sarebbe viva.
Desideravo tornare indietro. Avrei preferito continuare a servire il male, a passare i miei giorni in una cella pur di riaverla.
Guidato dalla rabbia, mi recai ad Elaida, nel palazzo di Cristallo.
All’esterno somigliava a una grande reggia dalle mura dorate. Ricordava molto la reggia di Versailles. Solo una volta ammirai quell’antica residenza reale, ma lo stupore fu tale da non riuscire a dimenticare.
Entrai nel palazzo. L’interno differiva molto dall’aspetto esterno soprattutto per la diversa scelta di colori. Anche in quest’ultimo, proprio come nella reggia francese, c’era una galleria degli specchi.
Avanzai e mi ritrovai davanti alle scale in ferro battuto. Salii frettolosamente e corsi nella stanza della regina degli Elfi. Era ampia e non molto arredata. Le pareti erano tinte di rosa abbellite da disegni di fiori bianchi.
Raggiunsi Selyria e la guardai intensamente. In quei pochi istanti la rabbia si placò e provai un senso di malinconia. La sua pelle diafana, i suoi lunghi capelli, il suo carattere dolce ma forte e determinato. L’amavo ancora, ma il dovere di vendicare mia sorella prese il sopravvento sui miei sentimenti.
Convinsi Selyria a seguirmi avvisandola di un probabile nemico che si trovava nei pressi del bosco. Le dissi di andare a controllare da soli, se eravamo in molti c’era il rischio di essere scoperti.
Quando fummo abbastanza lontani, mi fermai. Estrassi la spada dalla guaina e la ferii a un braccio. Portò una mano sulla ferita e mi chiese il perché di tale gesto, ma non ebbe risposta.
- Malak, non voglio lottare contro di te, ti prego fermati. – supplicò.
Continuai a sferrare colpi, ma nonostante il suo braccio dolorante, riuscì a scansarli e ad usare i suoi poteri da fata. Nella lotta contro il male era ritornata ad essere metà fata, ciò significava che non possedeva tutte le abilità che aveva acquisito quando era un elfo completo.
Ciononostante, non ero molto avvantaggiato. La mia avversaria era molto più potente. Avrei potuto sfruttare la lotta fisica senza armi, ma l’idea di picchiare una donna, mi disgustava. Certo tentare di ucciderla, era molto peggio, ma ero cosciente che lei poteva fronteggiarmi. Forse non desideravo la vendetta, forse stavo solo trovando un pretesto per odiarmi e per raggiungere Sole. Ero troppo vigliacco per farlo da solo.
Scappai nel bosco. Non sapevo cosa fare, che tattica utilizzare.
Selyria non si alzò in volo spiegando le sue ali di piume bianche. La vidi attraversare il sentiero dove mi ero nascosto. Cautamente mi avvicinai e prima che lei potesse accorgersi della mia presenza, la spinsi facendola cadere.
Non restava altro che dare il colpo finale, quello fatale. Le mie mani strette intorno all’impugnatura, tremavano. Arrivato a quel punto, non potevo né esitare né tornare indietro.
Una lama lacerò le mie carni. Abbassai lo sguardo. Riconobbi la spada del Rizha del Fuoco.
Ero stato poco prudente. L'assenza della regina senza che nessuna guardia fosse stata avvertita, aveva fatto scattare l'allarme.
- L’amore che ti nutre tutti i giorni, quello che ti salva.
Quell’amore mi è stato sottratto. Tutto ciò che avevo è scomparso.
Ecco il perché, Selyria. – abbozzai un sorriso amareggiato.
Il dolore era straziante e si espanse per tutto il corpo. Mi accasciai a terra.
I miei occhi erano rivolti verso l'alto, fissi a guardare il cielo che d'un tratto divenne cupo, e gocce di pioggia caddero sul mio viso per poi scivolare sul terreno. Non percepii nessuna sensazione di freddo o caldo.
Probabilmente, basandomi sullo studio della religione cattolica, qualcuno da lassù era dispiaciuto e piangeva per me.
Era strano come la morte poteva, in poco tempo, cambiarti. Non ero mai stato un ragazzo che tendeva a sdrammatizzare, ma in quel momento mi obbligai a farlo.
Allargai le narici e respirai con fatica. L'odore di fiori, foglie e terreno bagnato, era come un profumo rilassante.
Raccolsi le poche forze e dissi ai due di andar via. Desideravo restare solo nei miei ultimi istanti di vita. Il Rizha capì e nonostante un’esitazione iniziale da parte di Selyria, riuscì a convincerla.
Prima di morire, vidi per un’ultima volta Sole. Era bella e felice. I suoi lineamenti delicati, la sua veste bianca. Sembrava un angelo.
La sua mano sfiorò la mia divisa sporca di sangue e poi si poggiò delicatamente sul mio cuore. Ora la mia anima era libera. Avevo finalmente trovato la pace.