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Autore: Aleena    16/06/2012    0 recensioni
Il sogno è il nutrimento del suo corpo di Incubo, la speranza di continuare a esistere
Ogni desiderio lo è, ogni coscienza, ogni vita che ruba e poi spegne.
E' la sua natura e il suo tormento
E' la cosa più dolce che ci sia.
A parte il sapore della pelle di lei, così ribelle, così viva...
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1a Classificata al contest "Light and Darkness - Supernatural Contest" indetto da romyechelon e giudicato da ro-chan sul forum di Efp
5a Classificata al contest "Fly To The Infinite, Because Everything Is Possible" indetto da Luna Ginny Jackson sul forum di Efp
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 9



SANGUE 

 
 
  «Ricordi la nostra prima notte?» disse Talith a voce bassa, chinandosi ad osservare il volto esangue di Siryo. L'incubo non rispose, limitandosi a scrollare il capo con un movimento lento, disperato.  «Io si. È uno dei ricordi che ancora non le ho donato. Ma presto... presto dimenticherò.
«Io...» .» mormorò il fu Farshee, la voce un canto triste e malinconico, vagamente dispiaciuto.
«Si, anche tu, molto anni fa.» disse Talith, pettinando con le dita i capelli dell’uomo che amava: con dolcezza e tenerezza, le stesse emozioni che le pervadevano il volto. 
«Come?» domandò Siryo, muovendo appena le labbra.
«Sapevi troppo, amore mio. Ricordi quello spaccio, poco distante al locale nel quale lavoravi? No, immagino. Comunque, c'era un vecchio folletto lì. Vendeva riviste illustrate degli anni della rivoluzione, vecchi fumetti e fumo di tabacco. Quell'esserino era tuo amico e sapeva tante...» Talith si bloccò, increspando le labbra in un sorriso furbo «... bhe, tante cose che interessavano me. Era un testimone, capisci? La sera della festa lui, come me, aveva visto Kay’den nutrirsi... e te lo raccontò. Fu la tua rovina.»
«Acanti?» mormorò Siryo, ora decisamente più sicuro e deferente, il volto addolcito da qualcosa che poteva essere solamente desiderio.
«Acanti. Lei ti prese e io venni a cercarti. Seguendo le tue tracce incontrai Shaun e Ancilla, che mi dissero di restarne fuori. Se mi conoscessi come un tempo, marito mio, sapresti che non mi è possibile.» il volto di Talith si aprì ad un sorriso per metà amaro e per metà divertito. «Shaun era la più debole. Le piacevo da sempre. Mi diede un indirizzo dicendomi che ti avrei trovato lì e concludendo poi con un “lascia stare, te ne prego”. Non avevo notato la fiamma nei suoi occhi, ma anche se l'avessi fatto? C'eri in gioco tu, cosa poteva cambiare? Dunque andai dritta nella tana del lupo. Acanti mi prese e mi disse che eri morto, Kay'den smentì e mi promise la tua vita se solamente avessi lavorato per lui.»
«Una cacciatrice di sogni?» Disse Siryo con sicurezza e Talith annuì. 
«Una puttana il cui scopo era portare uomini alla casa. Procuravo cibo per Acanti sperando servisse a saziare la sua fame: adescavo ragazzi e uomini civettando con loro, permettendogli di toccarmi; e qualche volta dovevo donarmi a loro perché si convincessero a seguirmi, la sera successiva. Facevo questo per te e intanto tu passavi le notti con Acanti, facendoti rubare la nostra vita.» Siryo chinò il capo, imbarazzato e sorpreso, apparentemente interessato al rosso vitale che dalle sue mani colava al suolo in pigre gocce. «Ogni tanto rubavo dei documenti o scoprivo la data del prossimo raid del corpo militare. Nessuno poteva trovarci: eravamo troppo protetti, troppo vigili. E io svolgevo al meglio il mio lavoro, per te, nonostante ti odiassi, nonostante sapessi del tuo tradimento.» c’era una traccia di lacrime nella voce di Talith, il fantasma di quelle che i suoi occhi non sapevano versare.
«Talith...» cominciò Siryo, senza enfasi.
«Ora so cosa vuol dire essere costretti. Né tu né io potemmo resistere al loro potere, benché la rabbia e l'odio mi tennero lontana da Kay'den a lungo. Sette anni, durante i quali ti vedevo passarmi accanto senza riconoscermi. Capisci cosa vuol dire?» disse Talith, affrettandosi a volgere lo sguardo altrove e ad aggiungere: «No. Non rispondere, ti prego.»
«Non mi hai detto perché lei ancora ricordava.» disse Siryo, indicando con una mano la forma nera riversa scompostamente al suolo.
«Lei?» domandò Talith, quindi scrollò le spalle. «Tutti perdono i ricordi quando finiscono per essere mangiati. Succubi, Incubi... loro ti rubano la vita e l'anima assieme ai sogni e la fanno propria. Alcuni, i più giovani, vi credono al punto di non accettare altra identità che non quella che acquisiscono. I più anziani, quelli che nacquero tali, hanno una vita, ma gli altri...»
«Che vuoi dire?»
«Shaun fu la prima a lasciarci. Aveva già perso gran parte di sé quando mi avvertì e non resistette molto: cadde nell'oblio tre mesi dopo la mia cattura, interamente prosciugata dalla neonata succuba che l'aveva eletta suo pasto. Ancilla fu più sfortunata. Vive ancora, sebbene i suoi ricordi siano quelli di un giovane delle campagne dell'est, suo pasto prediletto. Le due femmine...» Talith fece una pausa, abbracciando con lo sguardo i due cadaveri impietosamente illuminati dalle lune. «i due cadaveri che hai finito, sono solo due succubi neonate i cui ricordi principali appartengono alle mie amiche. Lei...» un gesto vago della mano indicò il corpo più distante, quello di Ancilla «era sua sorella. Le somiglia talmente tanto...»
«Ed ora?»
«Ora ti bacerò e poi torneremo a casa insieme. Sai...» Talith fece una pausa, prendendosi il tempo necessario ad alzarsi e spostarsi dinnanzi al marito prima di riprendere. «Ho sempre amato il veleno. È l'arma perfetta, l'unica che, una volta scatenata, può essere contenuta. Kay’den me l’ha iniettato nelle vene, pensando che un attentato alla mia vita sarebbe stato sufficiente; lui, che teme la morte, ha il mio antidoto. Eppure non posso morire per mano sua... del veleno. Mi restano quattro ore, quattro sole ore...»
«E cosa vuoi fare?»
«Scolpirci nella storia.»


 


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