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Autore: miss moonlight    17/06/2012    11 recensioni
Marzio Chiba è il tipico ragazzo ribelle, conosciuto per le sue “bravate” e sempre sulla bocca di tutti. Leader del suo gruppo di amici, è l’unico che con la sua freddezza e calma riesce di tanto in tanto a tenerli a bada. Le mattine, i pomeriggi e le serate, scorrono con la loro monotonia caratterizzati dal mancato dialogo con il padre. Tutto cambia con l’arrivo di Bunny che, con la sua determinazione e la sua bontà incondizionata, mette Marzio difronte alla realtà e alle conseguenze dei suoi comportamenti. Marzio si ritroverà spesso a scoprire un nuovo mondo, il mondo di Bunny, fin quando i due non si troveranno coinvolti in una serie di situazioni che li porterà ad innamorarsi. Ma il lieto fine per i due è ancora lontano…
Due persone e due mondi a confronto, il tutto unito dalla magia che solo un sentimento potente può creare.
ATTENZIONE: Fanfic narrata dal punto di vista di Mamoru. Personaggi OOC!
Ogni riferimento a cose o persone è puramente casuale. I fatti narrati sono frutto dell’immaginazione dell’autrice.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Capitolo 6 : Love is only a feeling

- Ultimamente Heles è strana…-
-Lo è sempre stata per me, quella ragazza! –
Era pomeriggio inoltrato, io e Moran eravamo in palestra ad allenarci con i miei attrezzi.
- Parlo seriamente, non lo hai notato anche tu?-
 - Dipende da cosa intendi.- dissi con un po’ di sforzo.
- Non te ne sei accorto perché ultimamente non sei molto presente nel gruppo…-
- Non dire cazzate. Mi sembra di non avervi neanche una volta in questa settimana.- goccioline di sudore mi caddero negli occhi. Posai il bilanciere e mi passai velocemente un asciugamano sul viso.
- Non in quel senso. Ci sei, ma non sembri più coinvolto. Rea crede che ci sia qualcun’altra di mezzo…- le allusioni che fece su Bunny furono chiarissime.
Bevvi un sorso d’acqua, recuperando il fiato.
- È troppo possessiva nei tuoi confronti, sarebbe disposta a tutto. Se c’è qualcun'altra metti in chiaro le cose fin da ora - mi guardò divertito – Oppure a te piace il fatto che lei ti muoia dietro?-
-Non è così.- spiegai al mio migliore amico. Con lui potevo parlare liberamente. –Rea mi piace, fisicamente è il massimo, è anche troppo perfetta. Sono i suoi atteggiamenti che mi infastidiscono, il suo modo di porsi, di pensare. Non so dirti cosa manca, ma se solo riuscisse a far scattare qualcosa in più…- lasciai cadere la supposizione, certo che stesse capendo. - A proposito, più tardi usciamo insieme.-
Moran prese il mio posto per allenarsi con il bilanciere.
- Ritornando al discorso della tua ragazza, magari è solo un periodo. Le passerà, vedrai…- aspettai una sua risposta, ma quest’ultima non arrivò. – Non capisco perché non ne parli con lei!-
Ci mise più forza di me nel sollevare l’attrezzo: - Ormai ho dimenticato anche quando è stata l’ultima volta che siamo andati a letto insieme, riesci a capirmi? –
- Niente punti d’incontro, quindi! – Trattenni un sorriso. – Perché non vi unite a me e a Rea questa sera? Andiamo a prendere qualcosa in un discopub, magari pottrebbe essere una buona occasione per parlare.-
- Non mi sembra una cattiva idea. Proviamoci, mal che vada avrò passato una serata in compagnia.-
- Perfetto! Torno subito allora – lo lasciai da solo alle prese con i pesi e mi allontanai per fare qualche telefonata.
 
 
***
Quel sabato sera il locale che avevamo scelto era affollato. Non era molto grande, ma era abbastanza conosciuto, tanto da attirare volentieri l’attenzione di molti ragazzi.
Mi trovavo con Rea all’entrata, aspettavamo i nostri due amici.
- Pensavo di trascorrere una serata da sola con te. C’era proprio quest’urgenza di invitare anche loro? –chiese con un tono d’irritazione la mia accompagnatrice.
- Certo, hanno dei problemi…-
-… che a noi non riguardano! – disse interrompendomi.
- Non ci vedo niente di male nel cercare di aiutare un amico.- le mie stesse parole stuzzicarono la mia memoria.
Da chi le avevo sentite pronunciare?
- Da quando ti sei messo a risolvere le questioni d’amore? – mi guardò perplessa.
- Io non risolvo niente. – risposi – Mi sembra strano che Moran mi abbia parlato di questa situazione e che a te Heles non abbia detto nulla.-
- Non ne so niente. – rispose seccata – Senti entriamo? Ci raggiungeranno dentro.-
Acconsentì e la seguii. Passando per l’ingresso, notai alcuni ragazzi guardarla come se la stessero spogliando con gli occhi.
Non avevano tutti i torti, Rea era uno schianto. La gonna, che le arrivava fin sopra il ginocchio, lasciava scoperte le sue gambe e fasciava il suo fondoschiena, risaltandone la forma tonda e perfetta.
Avanzai per raggiungerla e le circondai la vita con un braccio.
Marcavo il mio territorio.
Un chiaro segno per gli spettatori che ci guardavano.
- È il nostro tavolo…- dissi bloccandola. Ci accomodammo e poco dopo ci venne incontro il cameriere. In attesa dei nostri amici, chiedemmo un drink.
Il dj mise uno dei dischi del momento, attirò sulla pista da ballo molta gente.
- Balliamo? – mi chiese Rea, iniziando a dondolare la testa a ritmo di musica.
- Dopo, ora non ne ho voglia.-
- Oh, Marzio. Ultimamente sei noioso! – scherzò – Dopo ti trascinerò con la forza se dovesse essere necessario.-
- Non ci riusciresti.- risposi tranquillo.
-… nessuno mi lascerebbe seduta ad un tavolo da sola.- lanciò un’occhiata alle mie spalle, dietro le quali vi erano quei ragazzi che avevano mostrato una particolare ammirazione verso di lei.
Credeva di ingelosirmi? In quel caso, sprecava le sue energie. Avevo una concezione tutta mia dei sentimenti.
Ero convinto che la gelosia fosse riservata solamente ad alcune persone, che fosse un’emozione destinata solo a qualcuno che faceva il grande sbaglio di far dipendere il proprio stato d’animo dal comportamento di un altro individuo.
Non era per me. Non era da Marzio Chiba essere geloso.
Il senso di irritazione nasceva dal comune impulso maschile che spingeva noi ragazzi a proteggere qualcosa che era di nostra proprietà.
Stavo per ribattere, ma proprio in quel momento intravidi Heles e Moran, così feci loro un segno per raggiungerci.
- Non è servito a niente, come immaginavo…- mi sussurrò Rea. Come me, aveva notato la tensione tra i due. Ma mi imposi un sorriso e li accolsi normalmente.
- Finalmente, vi stavamo aspettando. – dissi a Moran, dandogli una pacca sulla spalla. – Heles…- la salutai con un cenno.
- Ciao. – rispose indifferentemente, poi scambiò qualche parola con la sua amica. Approfittai per rivolgermi a Moran.
- Allora, che è successo? –
Il cameriere tornò con le nostre ordinazioni e ne prese delle altre. Quando si fu allontanato mi rispose, scuotendo la testa : - Lasciamo stare, sono passato a prenderla e non aveva ancora deciso se venire o meno. Diceva che questa sera preferiva andare a teatro… ribadiva che danno una sinfonia di non so quale noiosissimo musicista… non ricordo…-
- Teatro? – chiesi incredulo – Da quando si interessa al teatro e all’opera? –
Alzò le mani davanti a sé, spalancando gli occhi – Non ne ho la più pallida idea! –
- Glielo chiederò io.- gli risposi e prima che potesse replicare, mi ero già rivolto alla sua compagna : - Heles, perché non ci hai parlato del teatro? Ci potevamo andare insieme…- azzardai ma quando vidi la sua smorfia scettica, non insistetti.
- Voi? – disse rivolgendosi a noi due ragazzi – A teatro? No, credetemi, non reggereste neanche il primo atto.-
- Non capisco che cosa ci sia di tanto interessante. Uno spettacolo? Una di quelle noiosissime rappresentazioni come “Romeo e Giulietta” ?! - intervenne Rea.
Heles scosse la testa e dalla sua borsa, estrasse un piccolo dépliant.
Sulla facciata iniziale vi era una foto del palcoscenico, con le sue tende rosse, e una scritta in celeste, che risaltava agli occhi tanto quanto la graziosa fanciulla che vi era rappresentata: Milena.
- Milena? E chi sarebbe? – Moran diede voce ai nostri pensieri.
Annoiata, rispose : - Ecco perché non ti ci porterei mai a teatro! È una delle più famose violiniste del momento, ho sentito parlare di lei tempo fa. Ho ascoltato dei brani su internet, è molto brava. Sono riuscita a incontrarla anche un paio di volte e…-
- E tu vorresti andare lì per sentirla semplicemente suonare? – se il motivo era solo quello, davvero io e il teatro non avremmo mai avuto a che fare. Al contrario, se sarebbero riusciti a farmi addormentare per recuperare qualche ora di sonno, ci sarei andato volentieri. – Non pensavamo fossi amante della musica classica!- le dissi.
- Ora lo sai, fa una grande differenza? Sempre meglio che passare le serate in questi soliti posti.-
Intrattabile, ecco cos’era. – Beh, sei ancora in tempo per cambiare il tuo programma. – le risposi non curante.
- Ok, basta! – Rea mise fine alla disputa, mentre al mio fianco Moran tamburellava nervoso con le dita sul tavolo. – Marzio, andiamo a ballare? Ascolta, è la canzone del momento! –
- Non ora, non fanno per me questi pezzi. – ripetei.
- Heles, andiamo noi due! Lasciamoli qui a farsi compagnia da soli…- mi lanciò un’occhiata di sfida, prese il secondo drink direttamente dal vassoio del cameriere, che era giunto ancora al nostro tavolo, e tirando la sua amica per la mano, avanzò verso il centro della pista.
Le guardammo allontanarsi e muoversi a ritmo di musica.
- Hai intenzione di startene con la bocca chiusa anche con me? – chiesi al mio amico.
Lui bevve un sorso dal suo bicchiere – Che cosa vuoi che ti dica? –
Guardai Heles mentre ballava – Lo sai che non ho mai capito il motivo per il quale state insieme.-
-Perché ci amiamo? – mi rispose con una domanda, ma non sembrava molto convinto delle sue parole.
Intanto intorno alle ragazze si era formato un mezzo cerchio di persone che le guardavano divertirsi. Loro cantavano e muovevano i loro corpi :
 
(*) One and two and three and four, come on let me know if you want some more!
You know what I like right now get it right.
Boy talk that talk to me all night,
Yeah boy I like it yeah boy I like it.
 
Mi sfuggi un sorriso sarcastico quando vidi Rea muoversi in modo sensuale… stava attirando di proposito l’attenzione.
- A me questo non sembra amore. Non se lei continua a trattarti come un burattino e tu a star zitto e muto come un cane con la coda tra le gambe…- ritornai alla conversazione.
- È testarda, la conosco. Con lei è inutile parlare quando si mette in testa qualcosa. Ma non ho intenzione di continuare con questa situazione, deve rispettarmi. Ma non so cosa fare, come comportarmi.- ammise.
Mi voltai a guardarlo, il suo volto esprimeva tutto il disagio interiore che sicuramente provava. Gli diedi una pacca sulla spalla per confortarlo.
- Grazie, Marzio. Per questa serata ti devo un favore.- ricambiò il mio gesto ed io, per alleggerire l’atmosfera, scherzai : - Me ne devi così tanti che ormai ho perso il conto! –
- Facevo per dire, stupido! –
Scontrammo i pugni, come eravamo soliti fare, e ridemmo.
Quel momento durò poco, subito mi fece notare l’agitazione che si era creata sulla pista.
Un ragazzo, incitato dal suo gruppo di amici, continuava ad avvicinarsi a Rea per ballare. Provava a sfiorarla, toccarla…
Puntualmente arrivava il rifiuto di lei, anche se non troppo deciso.
- Ma che sta facendo quello? – iniziai ad arrabbiarmi quando riconobbi gli stessi tipi di poco prima. Scattai in piedi, decidendo di intervenire.
- Ehi, Marzio!!! – la voce di Moran mi giungeva lontana, sopraffatta dalla musica man mano che avanzavo verso Rea.
 
What you saying now ?
Give it to me baby,
I want it all night.
Give it to me baby !
What you saying now?
Give it to me baby!
Give it to me baby!
Give it to me baby!
 
Quando la raggiunsi, mi frapposi bruscamente tra lei e quel ragazzo, accompagnato da un’imprecazione di lui, ma lo ignorai.
- Oh, finalmente! – mi accolse, cingendomi il collo con le braccia.
– Torniamo al tavolo.- le dissi duramente.
- Ma io voglio divertirmi ancora! Tornaci tu se ti va tanto! – replicò staccandosi da me.
Il ragazzo mi diede un leggero colpo sulla spalla, richiamando la mia attenzione.
-Ehi! – disse – Non hai visto che ci stavo provando io? Tornatene da dove sei arrivato! – mi urlò contro, impettendosi e cercando di sovrastarmi.
Il solito pallone gonfiato che cercava guai. – Si da il caso che sia già impegnata con me, perciò sparisci! Quello di troppo sei tu! – gli ribadii, poi quando fu a pochi centimetri dal mio viso, tanto che potei sentire il suo alito puzzare d’alcool, lo allontanai con una spinta.
Scoppiò il caos.
Con un ringhio, si precipitò verso di me, le mani strette in due pugni. Sferrò il primo pugno contro il mio viso, troppo tardi perché io potessi intercettarlo.
Mi colpì in pieno, un colpo secco sul labbro.
Non rimasi inerme, sapevo incassare, ma anche reagire.
Caricai il braccio destro e lo colpii dritto nello stomaco, con una forza tale da fargli sputare saliva.
Si accasciò in ginocchio a terra, cingendosi il ventre, ma immaginavo che non sarebbe finita con due soli cazzotti.
Infatti, i suoi amici mi furono subito addosso. Tre contro uno.
Codardi.
Per quel che potevo, paravo i colpi che mi sferravano, ma non era facile tener testa da solo. Poi, avverti un dolore alla gamba, persi l’equilibrio e battei forte la testa a terra.
Forse persi i sensi per qualche minuto, ma non riuscii più a percepire niente con chiarezza. Sentivo il cuore pulsare nelle orecchie, così come il sangue pulsava dove ero ferito. Sentivo colpi e subito dopo dolore, su tutto il corpo.
Mi sembrò di essere in una bolla, tutti i suoni mi giungevano ovattati, ombre si accalcavano intorno a me. Avevo bisogno di ossigeno.
Stordito dalla musica, dal sapore nauseante del sangue, cercai di rimettermi in piedi.
- Fermatevi, fermatevi! – sentivo urlare Rea.
Stupida! Era stata lei a scatenare tutto ciò…
C’erano altre voci confuse, che diventavano quasi un tutt’uno con i bassi della musica…
- Moran, sta attento!!! – gridava Heles.
Moran? Perché si era messo in mezzo?
Feci leva sul braccio, cercando di rialzarmi, ma con un calcio, qualcuno mi rispedii a terra.
- Bastardo, lascialo! – sentii Moran.
Riprovai ad alzarmi ancora una volta, e fortunatamente ci riuscii. Vidi allora, che uno di loro aveva bloccato Moran per le braccia, mentre l’altro tirava dei pugni. Mi lanciai contro quello che lo stava attaccando, iniziando a sferrare una serie di colpi.
Cercò di liberarsi con una testata all’indietro, ma la evitai.
Qualcuno poi, mi bloccò dalle spalle. Mi dibattei per liberarmi, cercai di colpirlo con i gomiti.
- Smettila, ragazzo! – i miei colpi andarono a vuoto – Se non la pianti subito, dovrò cacciarti di qui con le manette. Calma ora! –
Manette? Merda! –imprecai. Qualcuno aveva chiamato gli sbirri.
A poco a poco, ritornai a prendere piena coscienza di ciò che stava accadendo e a vedere tutto più chiaramente.
Non c’era più musica, niente luci abbaglianti, niente più confusione.
C’erano solo uomini in divisa, che bloccavano tutti noi coinvolti nella rissa.
Guardai i volti dei miei avversari e non potei che sentirmi un po’ soddisfatto. Almeno ero riuscito anch’io a lasciare qualche bel segno su di loro. Poi vidi il mio amico, aveva una guancia gonfia, ma non sembrava conciato male quanto me. – Stai bene? – gli chiesi e mi pentii di aver parlato, sentivo delle piccole fitte all’addome ogni volta che respiravo e, constatai a quel punto, anche quando pronunciavo qualche parola,.
- Avete documenti? –
Annuii e con la testa indicai il tavolo, dove avevo lasciato il cappotto.
- Bene, prendeteli e seguiteci in caserma.- fece per accompagnarmi ma si arrestò quando qualcuno protestò: - Caserma? Per una scazzottata? –
- Niente obbiezioni! – ribadì con severità l’agente.
Presi tutto ciò che mi apparteneva, Rea mi raggiunse prima che mi accompagnassero dalla porta del locale alla loro auto di servizio.
- Vuoi che venga con te? –
Le lanciai un’occhiataccia : - Chiama qualcun altro e fatti venire a prendere. – le voltai le spalle e la lasciai lì, sperando che un minimo di senso di colpa, per ciò che era successo, la assalisse.
 
Prima di essere portati in caserma, ci sottoposero all’alcooltest. Solo per me e il mio amico, risultò negativo. Infatti, non avevamo bevuto più di due bicchieri.
Durante il tragitto in centrale, scambia qualche parola con lui. Eravamo stati lì altre volte, per altri motivi. Ci aspettavamo quasi un’accoglienza clamorosa, qualcosa simile ad una festa. Il maresciallo, il colonnello, il tenente, il brigadiere… l’uomo più giovane di loro che scriveva i verbali… Li conoscevamo quasi tutti.
Arrivati sul luogo, l’agente ci fece aspettare nel corridoio, prima di entrare nell’ufficio dell’ispettore. Dietro di noi, i nostri rivali si lamentavano a gran voce. Per questo motivo erano stati trattenuti subito dopo l’entrata.
Quando l’ispettore uscì dal suo ufficio e ci vide, scosse la testa.
- Chiba, ti hanno conciato male questa volta, eh? –
Scrollai le spalle e guardai l’uomo davanti a me. I capelli bruni, a tratti grigi, gli occhiali tondi e il viso con la solita espressione seria di chi indossava l’uniforme, erano sempre gli stessi.
- Bisogna anche saper incassare, abbiamo agito per legittima difesa.-
- Beh, io sono intervenuto per difenderlo, ma il principio è sempre quello, no? – intervenne Moran a voce più alta, cercando di sovrastare le urla di chi ancora si lamentava.
- Mi spiegherete tutto tra poco. Vado ad occuparmi di loro, appena avrò finito sarò da voi. Aspettatemi dentro. – disse indicandoci il suo ufficio, mentre ci superava.
- Dovrò chiamare mia sorella per farmi venire a tirare fuori di qui, vedrai…- preannunciai seccato a Moran, mentre aprivo la porta, entrando nell’ufficio.
Dietro la scrivania, l’enorme sedia di pelle era girata verso il muro e qualcuno ci rivolgeva le spalle, dondolandosi lentamente a destra e a sinistra. Quando ci sentì entrare, chiese:
- Che cosa sono tutte quelle urla, papà?- e prima ancora che si voltasse, avevo già riconosciuto la sua voce.
No. Mi rifiutavo di crederci.
Le possibilità di incontrarla quella sera erano una su un milione!
Se davvero esisteva qualcuno che scriveva il corso del destino, prima o poi avrebbe dovuto dirmi perché continuava a mettere Bunny sulla mia strada, proprio nei momenti in cui l’ultima persona che avessi voluto vedere era lei.
-Vuoi entrare si o no? – alle mie spalle, Moran mi incitò.
Alzai gli occhi al cielo ed entrai: - Sono troppo giovane per essere padre, testolina buffa! – avrei dovuto ricordarmi che era la figlia dell’ispettore. Ma la somiglianza con lui mancava. Dedussi che avesse preso tutto dalla madre.
Alla mia risposta, la vidi voltarsi all’improvviso. Sgranò sorpresa gli occhi anche quando vide Moran alle mie spalle.
- Salve! – disse lui cordialmente, prendendo posto ad una delle due sedie davanti la scrivania.
- Ciao…- rispose lei con un filo di voce. Poi aggiunse: - Siete degli stupidi, guardate come vi siete conciati! Vi siete presi a cazzotti, non è così? –
- Se avessi preso io a pugni Marzio, a quest’ora sarebbe direttamente in ospedale! – disse il mio amico con tono ironico.
Avanzai verso di lui ridendo, stavo per rispondere ad entrambi, ma una dolorosa fitta ad una costola mi fece trasalire : - Ahi! – esclamai portandomi una mano alla parte dolorante, mentre con l’altra mi appoggiavo al bracciolo dell’altra sedia.
- Beh, mi pare che ci sia quasi andato vicino! Guarda come è conciato, tu hai solo qualche livido, ma lui…- non terminò la frase, fece il giro della scrivania venendo ad aiutarmi.
- Sto bene. Ci sono già passato un sacco di volte.- mi scansai appena e cercai di sedermi, lei mi portò una mano alla spalla per accettarsi che fosse tutto apposto.
- Ah, lui è Moran. Moran, lei è Bunny.- feci con un gesto veloce le presentazioni. Ma lei era concentrata su di me, mi guardava con intensità e scuoteva la testa.
- Che c’è? – le chiesi.
Non mi rispose, si allontanò di pochi passi, prendendo da un cassetto uno strano flacone bianco e qualche fazzoletto. – Sei pieno di tagli e sangue. Non posso vederti in questo stato…- disse venendomi incontro.
- Che cosa hai in mano? – le chiesi stranito. Sembrava stesse brandendo un’arma pericolosa.
- Disinfettante! – esclamò, ed io mi ritrassi ancora più indietro sulla sedia.
- Ti hanno assunta qui come crocerossina? E che ci fa un disinfettate in una caserma?- chiesi, cercando di sviare il suo proposito.
- A volte anche gli agenti tornano con qualche graffio, sono attrezzati…- spiegò. Ormai era davanti a me.
- Disinfetta lui! – indicai Moran.
- Io vado a fare una telefonata, voglio sapere se Heles è già a casa!-  si affrettò a dire per svignarsela.
- Bravo, scappa! Anzi, aspetta. – gli passai il mio cellulare. – chiama anche Marta, per favore. Dille di non dire niente a mio padre.-
Bunny intanto stava imbevendo di disinfettante uno dei fazzoletti.
Quando Moran uscì, lei mi si avvicinò con uno sguardo eloquente. Ero intrappolato nella mia sedia, il dolore al fianco mi impediva movimenti bruschi, e Bunny non sembrava abbandonare la sua idea.
- Ti fa davvero paura il bruciore del disinfettante? – disse sorridendo.
- No. Più che altro non mi piace l’idea che sia tu a volerlo usare su di me.-
Scosse la testa, poi delicatamente mi sollevo il mento.
- Quindi ti infastidisce il pensiero che io voglia prendermi cura di te?-
Quelle parole, per qualche secondo, mi fecero perdere il filo del discorso. Altre volte era accaduta la stessa cosa, mi sembrava che ciò che Bunny mi diceva avesse più di un significato, che si riferisse a più cose contemporaneamente.
Con estrema semplicità, lei riusciva a fare troppa luce nelle mie insicurezze, quelle di cui ero consapevole e che cercavo di tener nascoste.
Dolcemente mi passò un dito sulla parte inferiore delle labbra. Avvertì un po’ di bruciore quando iniziò a picchiettare il fazzoletto contro la ferita.
- Non sono abituato a questo tipo di attenzioni…- confessai.
La vidi trattenere un sorriso. I suoi occhi, simili a due cristalli, scrutavano il mio volto.
Che cosa cercava veramente in me? Perché tutta quell’ attenzione nei miei riguardi?
- Non ti starai per caso innamorando di me ? – il pensiero uscì tutto ad un fiato.
Staccò le mani dal mio viso per prendere ancora un po’ di disinfettante. Fece tutto con una velocità innaturale e quando portò ancora le sue mani sul mio volto, per medicarmi l’occhio destro, fu meno delicata, ma non se ne accorse: - Non dire sciocchezze, Marzio! –
- Ahi! …Anche se ho due occhi, non significa che tu me ne debba privarne di uno!-
- … E comunque non mi innamorerei mai di qualcuno che si rivolge a me con un nomignolo.- continuò come se non mi avesse sentito.
- Ti riferisci al “testolina buffa” ? – sorrisi. – Lo adoro! Non è brutto e non è nemmeno un insulto. L’ho pensato per te, me lo ha suggerito il tuo modo di legare i capelli. È tutto tuo, personale. –
Mi lanciò un’occhiata torva. - E’ odio-so..- sillabò, mentre ripuliva i tagli sulla guancia.
– Vuoi che te ne trovi un altro più carino? –
- Come uno di quei soprannomi sdolcinati da fidanzatini, vero? Non ci starai provando con me, eh?– questa volta, con aria soddisfatta, fu lei a mettermi alle strette.
Scossi la testa – No. E forse è meglio piantarla qui, il discorso sta prendendo una strana piega…- rise con tranquillità. – Come mai sei qui? – le chiesi mentre ogni mio senso, inconsapevolmente, si stava concentrando sulle gentili carezze delle sue mani,  in quel momento scostavano i capelli dalla mia fronte. Chiusi gli occhi, sospirando…
- Da piccola capitava che papà mi portasse qui con lui. Non mi dispiace venire a trovarlo a lavoro.-
Per brevi istanti, immaginai quelle carezze, quei contatti, in un altro tipo di situazione…
Riaprii gli occhi e la osservai. Osservai come i capelli dorati le incorniciavano il viso, creando il giusto contrasto con la sua pelle chiara, le guance color pesca. Poi incatenai il mio sguardo ai suoi occhi color acquamarina… - Io e te siamo come due poli opposti. È un peccato che non riuscirò mai ad innamorarmi di te, perché sei bella, Bunny – mi sfuggì. Fui tentato di mordermi la lingua, mi stavo concedendo il lusso di dire troppe cavolate. Lei arrossì e mi ringrazio per il complimento, poi aggiunse ridendo: - Hai preso qualche botta in testa, vero? –
Mi portai una mano alla nuca, annuendo: - Perché?-
- Deve essere stata bella forte! – continuò con un sorriso. Mi stava prendendo in giro, come al solito. Applicò un cerotto, poi mi guardò quasi soddisfatta. – Mmm… non è un granché, ma sei leggermente più presentabile ora. –
La ringraziai e poco dopo ritornò Moran. Quando mi vide, scosse la testa: - Ci porteremo i segni sul viso per giorni.-
- Fiero delle mie ferite di guerra! – scherzai.
- Avevi tagli ovunque, il tuo viso tra qualche ora sarà gonfissimo.- Bunny si rivolse a me, poi guardò Moran – Tu te la sei cavata solamente con qualche livido, come mai? –
- Erano interessati a lui, io mi sono solo messo in mezzo per puro spirito d’ amicizia.-
- Tipico di voi maschi.- fu il suo semplice commento.
Quando Moran mi restituì il cellulare, mi ricordai delle telefonate che aveva fatto: - Allora? –
- Marta sta venendo a prenderci, non c’è stato nessun problema. Ha detto che le dispiaceva solamente non vedere la fine del film che stava guardando… e che te la farà pagare.- alzai gli occhi al cielo, si trattava sicuramente di una delle sue soap opera preferite. – Heles invece mi ha detto che Rea ha chiamato Seiya, si sono fermati ancora un po’ a bere qualcosa e poi le ha riaccompagnate a casa.-
- Almeno la loro serata non è andata persa.- dissi con tono sprezzante.
L’ispettore tornò da noi, sembrava tranquillo e aveva la calma tipica di chi aveva chiara la situazione e aveva deciso già cosa fare. Ma i protocolli non potevano essere del tutto ignorati, così interrogò anche noi, ma non scrisse nessun verbale. Anche Bunny ascoltò quello che avevamo da dire, ma non fece nessun commento. Di tanto in tanto si limitava a scuotere la testa.
Marta non tardò ad arrivare e, alla fine, l’ispettore decise di lasciarci andare senza conseguenze.
- Il test dimostra che non avete bevuto oltre i limiti, anche il resto della storia è più che credibile. Una piccola baruffa può sempre capitare. Per i vostri amici di là, invece, dovrò prendere altre misure cautelari. Ma voi potete anche andare… Ricordate che la prossima volta non chiuderò un occhio!- ci sottolineò con tono serio. Con lo sguardo basso, annuimmo. – Vado a chiudere la questione di là, così potremo tornarcene anche noi a casa.- rivolse le ultime parole a sua figlia. Poi andò via.
- Fatti un po’ vedere, fratellino! – mia sorella non mi diede neanche il tempo di dire una parola. C’era una strana luce nei suoi occhi, era quasi divertita…
- Che c’è? Conosco quel tuo sguardo, che cosa ti sta venendo in mente? –
Si morse le labbra guardandosi intorno. – Posso parlare davanti a loro, vero? Moran è tuo amico e lei…-
- Lei è la mia compagna di classe, Bunny.- le spiegai velocemente. Mi guardò con un sorriso, sicuramente si ricordò della nostra conversazione notturna.
- Davvero è lei? – le andò vicino e le porse una mano, che lei afferrò arrossendo lievemente. – Marzio mi ha parlato di te, sai? Io sono Marta, è un piacere conoscerti. – sperai che la lingua le si incollasse al palato e che non rivelasse niente di quello che le avevo confidato. A questo proposito decisi di intervenire: - Allora, dicevi?-
Rise: - Dovrai coprire quei segni, almeno un po’, conosci papà…- non terminò la frase, sapeva che avevo già capito. – Beh, pensavo che ho sempre desiderato avere una sorella da acconciare, vestire, e soprattutto truccare…- lanciò una breve occhiata divertita a Bunny – Prevedo delle sedute mattutine di trucco molto divertenti con te! –
- Cosa? Tu sei pazza! Ma che ti frulla in quel cervello? – esclamai. Bunny e Moran scoppiarono a ridere.
- Se temi che ti possa prendere in giro, sappi che lo farò comunque vedendoti con un occhio viola. Tanto vale lasciar divertire tua sorella, non credi? –
- Bunny ha ragione, lasciami divertire! – Marta aveva trovato un’alleata. Ma io ero stanco, non riuscivo a stare dietro ai loro giochetti: - Scordatevelo. Possiamo tornare a casa ora? –
Grazie al cielo, sembrò ascoltarmi. Salutai Bunny, poi mi avviai verso l’uscita seguito da Moran. Marta ci raggiunse qualche istante dopo, si era fermata a scambiare ancora qualche parola veloce con la mia amica. Le chiesi che cosa le avesse detto.
- Oh niente. Solo che è stato gentile da parte sua medicarti e poi le ho chiesto di venire da noi quando vuole! – esordì con un sorriso. Io ero incredulo.
- Perché? Neanche la conosci! – esclamai, incredulo, alla notizia dell’invito.
Lei scrollò le spalle e mi rispose come se la cosa fosse ovvia:- Bunny mi piace, è simpatica.-
 
Non appena fui a casa, andai a letto stremato. Nel bel mezzo del mio sonno turbolento, fui costretto ad alzarmi. Avevo un mal di testa insopportabile, così decisi di prendere un medicinale per alleviare il dolore. Mentre bevevo la mia soluzione di acqua e aspirina, mi soffermai sul riflesso del mio volto alla finestra, cosparso di tagli, cerotti e qualche livido, che distinguevo appena dallo sfondo scuro del vetro.
Passai una mano sul labbro ormai gonfio, ed al ricordo delle mani di Bunny su di esso, sentì una stretta allo stomaco.
Nel silenzio di quella stanza, le parole, che le dissi qualche ora prima, sembrarono risuonare ancora più forte nella mia mente: Non ti starai per caso innamorando di me ?
Mi chiesi cosa sarebbe potuto accadere in quel caso, se lei avesse iniziato a vedermi in modo diverso. Non riuscì a darmi una risposta, per il semplice fatto che Bunny era così imprevedibile che non faceva mai ciò che mi aspettavo. E poi perché dubitavo che una cosa del genere potesse accadere.
E se invece fosse successo a me? Se fossi stato io ad innamorarmi di lei?
L’amore è solo un sentimento! Ripetei mentalmente.
Un sentimento per me era solamente qualcosa di momentaneo, che durava il poco tempo che trovava… La gioia, il dolore, la tristezza, anche quelli erano sentimenti e, come tali, passeggeri. Un giorno si è felici, un altro ci si sente la persona più scontenta del mondo...
Ed era appena successo anche con Rea. Forse all’inizio provavo amore, ma ora mi ero solo abituato alla sua presenza costante accanto a me. Quella sera ne avevo avuto la conferma che aspettavo.
Feci l’errore di paragonare gli atteggiamenti che sia lei che Bunny avevano avuto nei miei confronti. Rea mi aveva condotto in una situazione dalla quale ne ero uscito malridotto e leso, solamente per soddisfare il suo ego femminile.
Un rapporto di scontri il nostro, dove l’unico compromesso riuscivamo a trovarlo tra le lenzuola di un letto.
Anche con Bunny mi fronteggiavo spesso, ma quei piccoli e bizzarri scontri erano anche i nostri punti d’incontro, ma lasciavano solo un sorriso e un insolito senso di leggerezza. E quella sera lei aveva curato le mie ferite…
L’amore è solo un sentimento! – pensai ancora.
Se mi fossi innamorato di Bunny, sarebbe stato qualcosa di provvisorio, senza importanza né durata.
E la stretta allo stomaco che provavo nel cuore di quella notte, era sicuramente uno dei tanti dolori che sentivo per via dei pugni presi.
Era sicuramente così.







(*) la canzone è Talk that talkt to me di Rihanna

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Bene, eccomi giunta anche alla fine di questo capitolo!
Pensavo di non riuscire ad aggiornare prima dei miei esami, ma meglio così no? :)
Ci tenevo a dedicare questo capitolo a Nene curiosa di leggere il nuovo capitolo. Eccolo qui per te! :)
E per tutti voi che lo aspettavate. Perdonatemi se vi ho fatto attendere. Spero di non avervi deluso!
Che ne pensate degli ultimi pensieri di Marzio? E che cosa accadrà secondo voi nel prossimo capitolo?
Fatemelo sapere, ci tengo!
... Ma in tanto scappo sui libri, il giorno 20 si avvicina e la maturità anche!
Grazie per avermi seguita fino ad oggi!

Debora

   
 
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