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Autore: Beads and Flowers    17/06/2012    2 recensioni
Non andava in Chiesa. Alcuni dicevano che fosse atea, altri pagana, altri ancora che non sapesse cosa fosse la religione. Mallaidh sarebbe andata all’Inferno. Avrebbe camminato per sempre in un limbo di torture e dolore. Bambini, non vi avvicinate alla Folle Mallaidh. Vi tenterà con i suoi occhi verdi, vi strapperà via il cuore dal petto, vi condurrà all’Inferno.
Non vi avvicinate a Mallaidh.
E’ pericolosa.
E’ una strega.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Storico
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4- Akaunon
 

And by that bede's side there standith a stone,
"Corpus Christi" wretyn theron.

 



 Il cavallo di Newlin era un magnifico sauro Red Dun. Era stato messo in palio come primo premio, in un torneo che il nobile ragazzo aveva vinto pochi anni prima. Era agile, forte e resistente. Si chiamava Terrowin. Fedelissimo al padrone, l’avrebbe condotto in qualsiasi luogo. In caso di pericolo, il cavallo avrebbe anche dato la sua stessa vita, solo per proteggere il proprio padrone.
 Il ragazzo amava il suo cavallo con tutto il cuore. A volte, aveva l’impressione che Terrowin e Maretak fossero gli unici a comprenderlo veramente. Amici fedeli, silenziosi e sinceri. Abili nello svolgere i loro compiti, dedicavano tutti i loro sforzi unicamente alla felicità di Newlin. Lui lo sapeva, ed era loro grato.
 A questo pensava il nobile giovane, mentre cavalcava velocemente attraverso i campi e le colline delle sue terre, impaziente di giungere al villaggio di Seabhag. Le nebbie autunnali scendevano dai monti ad ovest, coprendo ogni cosa con la loro eterea presenza. Tuttavia, all’orizzonte Newlin riuscì a distinguere le prime capanne di legno, pietra e fango. Il piccolo villaggio era circondato da muretti di pietra e staccionate, e per le sue vie di terra battuta si aggiravano dei vecchi contadini con i loro carretti. Vendevano ai passanti il contenuto dei loro cestini: nocciole, castagne e qualche mela asprigna. Al passaggio di Newlin, s’inchinavano tutti con grande rispetto. Alcuni si fecero il segno della croce, forse per esprimere il proprio dolore verso la morte imminente di Hamon Seabhag. Il nobile ragazzo, invece, cercò d’ignorare quei gesti ipocriti e carichi di falsa reverenza. Salutandoli con un semplice movimento della mano, proseguì all’interno del villaggio.
 Seabhag era un piccolo paesino di circa trenta case, costruite attorno ad una piccola chiesa di pietra. Le strade di terra battuta erano sporche e puzzavano di urina, di escrementi e malattia. Gli abitanti si aggiravano come ombre da una casa all’altra, dentro e fuori la Chiesa di Nostre Signore, attorno alla piccola piazza del mercato. Newlin chiese ad un ragazzino dove potesse trovare un luogo per far riposare Terrowin. Il bambino gl’indicò una locanda, fornita di scuderie, poco distante da lì.
 “Ti ringrazio, ragazzo. Ascolta, per caso sai dove risiede la famiglia Blacksmith?”
 “Certamente, mio Signore. La loro casa si affaccia sulla piazza del villaggio, a pochi passi dalla chiesa. Troverete alla porta l’insegna raffigurante un martello ed un’incudine.”
 “Ascolta. Recami questo favore, e ti donerò una moneta. Procedi pure fino alla casa dei Blacksmith e dì al padrone della casa che Sir Newlin Seabhag vorrebbe parlare in privato con sua figlia Emma. Io, nel frattempo, porterò il mio cavallo nelle scuderie della locanda. Ti raggiungerò in seguito.”
 Il ragazzo annuì, felice della fortuna che aveva avuto nell’ottenere una così generosa ricompensa. Newlin lo vide correre lungo le stradine del villaggio, un largo sorriso sulle labbra. Il nobile ragazzo scosse la testa, incapace di comprendere un tale entusiasmo per una semplice moneta. Si recò nella locanda, dove avrebbe lasciato Terrowin, e lì fu trattenuto per un po’ da una grassa locandiera dai modi gentili. La donna era disposta a tutto pur di farsi un po’ di pubblicità, ed il futuro signore delle loro terre doveva senz’altro essere una grande attrazione per tutti gli abitanti di Seabhag. Dopo un estenuante discorso sul raccolto, l’economia del villaggio ed un possibile matrimonio di Iseut, Newlin riuscì a separarsi dalla pedante signora. Si affrettò a raggiunger la casa dei Blacksmith.
 L’officina del fabbro di Seabhag era annerita dal fumo, ed il rumore dei martelli era assordante. Newlin entrò con circospezione, attento a non urtare nessuno di quegli strani utensili a lui sconosciuti. Non dovette attendere molto, che un omone completamente pelato gli si avvicinò con un inchino. Il volto era stato malamente pulito dal nero che lo imbrattava, probabilmente a causa del preannunciato arrivo di Newlin. Henry Blacksmith, questo il nome del fabbro, s’inchinò sorridendo al ragazzo. Accanto a lui, un bambino d circa otto anni si fece avanti e, con un gesto della mano, lo pregò di seguirlo nella stanza della sorella maggiore.
 Emma Blacksmith dormiva in una piccola stanzetta, accanto a quella dei suoi fratelli maggiori. Quando Newlin entrò, tuttavia, non fu la semplicità di quelle quattro pareti grigie, il giaciglio di paglia sporca, una minuscola finestrella a colpirlo. Invece, la ragazza di fronte a sé era veramente degna della lode di un principe. Il viso sottile, gli occhi grandi ed azzurri, i ricci capelli biondi lasciati sciolti sulle spalle. Il vestito sporco e macchiato metteva in risalto la figura perfetta e slanciata del suo corpo. Sedeva su un vecchio sgabello di legno, ed in mano teneva un rosario.
 “M- mio Signore…”
 La ragazza si alzò in piedi di scatto, esitò per pochi secondi e poi s’inchinò. I lunghi capelli le caddero sul viso, ma Newlin riuscì ad intravedere il rossore sulle guance di Emma. Leggermente a disagio, la pregò d’alzarsi. Non aveva mai fatto una simile richiesta, prima d’allora. Mai si era reputato indegno di un inchino. La ragazza alzò il viso, tremando. Sorrise, balbettando nervosamente.
 “M- mio Signore… ho saputo che mi desideravate…”
 “Come dite?”
 “Sì, insomma… volevate parlarmi…”
 “E’ così. Sedetevi, vi prego, mia Signora. Voi ora siete l’unica in grado di aiutarmi.”
 Il rossore sul volto di Emma fu tale che Newlin pensò che stesse per svenire. Ma la ragazza si sedette semplicemente sullo sgabello, aggiustandosi i capelli con un gesto impacciato. Newlin le sorrise.
 “Non dovete temere, mia Signora. Io conosco vostro fratello, lavora nelle mie scuderie. E’ stato lui a parlarmi di voi.”
 Emma si girò di scatto.
 “E che cosa vi ha detto?!”
 La sua domanda era quasi un urlo. La voce tremava di agitazione ed emozione.
 “Be’… mi ha detto che voi trascorrete molto tempo fuori dal villaggio. Anche nelle foreste che circondano Seabhag.”
 “Non faccio nulla di male, mio Signore. Io… io mi reco laggiù per raccogliere qualche mora, dei fiori… non dovete pensar male di me.”
 “Naturalmente, io non vi voglio giudicare, mia Signora. Ma, ditemi, è vero quello che si dice di voi? Che siete stata la prima a vedere la Folle Mallaidh?”
 La ragazza sgranò gli occhi, improvvisamente allarmata. Si segnò velocemente e baciò il rosario prima di annuire.
 “La strega… sì. Prima d’incontrarla, avevo già sentito parlare di lei. Mia madre è sempre stata contraria al mio vagare nei boschi. Da bambina, mi raccontava che tra gli alberi si nascondessero dei mostri terribili, donne nude e dai seni cadenti che mangiavano i bambini. Io ho sempre pensato che fossero solo delle storie. Non avrei mai e poi immaginato che… che ne avrei incontrata una.”
 “Vi prego, narratemi l’accaduto.”
 “D’accordo, mio Signore… ma tenete bene in mente che io non ho mai parlato con la miscredente. Appena ho visto quella… quella… cosa sono scappata via, urlando. Era terribile. Gli occhi erano verdi e spenti, pareva lo sguardo di una posseduta, di un demone. I capelli erano crespi ed intrecciati di fango. Ed il suo corpo… non ho mai visto una donna più priva di pudore. Vaga senza sosta per la foresta, completamente nuda. Si copre solo con un corto mantello. Mio Signore, io sono convinta che Mallaidh sia un demone. Sì, la personificazione della Lussuria. Chi altro potrebbe mostrare in tale modo le sue fattezze, anche quelle più intime, persino durante l’Inverno? Neanche le meretrici più volgari di Londra! Cammina sempre a piedi scalzi, anche nella neve. E parla da sola, in una lingua antica e sconosciuta. Le parole di Satana. Sì, mio Signore. La Folle Mallaidh è un demone, una strega. Spero non l’incontriate mai sul vostro cammino. Quel genere di mostro ha potere solo sugli uomini.”
 “Ma che cosa vi ha detto? Voi stessa l’avete ammesso. Siete una donna, non può avervi incantato o fatto del male. Che cosa vi ha detto?”
 “Buon Dio, non appena l’ho vista sono scappata via! Io, una semplice ragazza, soffermarmi alla presenza di una servitrice di Satana? L’ho vista guardarmi dall’alto in basso con i suoi occhi spenti, e… mi ha sorriso. Un ghigno diabolico, degno dell’Inferno. Ha sussurrato qualche parola incomprensibile, probabilmente un maleficio. Ho urlato. Sono scappata via.”
 “Vi ricordate, bene o male, che cosa vi ha detto?”
 “Erano parole strane, in una lingua a me sconosciuta: quella del Male.”
 “Non ricordate davvero nessuna parola di quella formula?”
 “No.”
 “E’ un vero peccato. Mi avreste aiutato moltissimo nella mia ricerca, e vi sarei sinceramente stato debitore.”
 “Dite davvero?”
 “Ma certamente!”
 “Allora… aspettate, aspettate! Io… qualche parola, sì… ricordo… tekmo… no, no, non era così… teksko, sì, teksko. Teksko ex ci, velo essiessi… Mio Dio, non ricordo… dogis? Topis?”
 “Teksko ex ci. Velo essi togis. E’ così?”
 “… Sì. Sì, è esattamente così. Ma voi come…?”
 Newlin sospirò, scuotendo debolmente la testa. Aveva passato quei quattro mesi in biblioteca cercando qualche straccio di insegnamento sulla lingua dei padri, ma aveva trovato ben poco. Eppure, quella frase era presente in una poesia nel libro dove aveva letto la filastrocca del Maretak.
 Ma non si trattava di un maleficio.
 Fuggi via da qui. Vedo che sei spaventata.
 Non aveva certo l’aria di essere una formula satanica. Forse si trattava di un consiglio, pronunciato con disprezzo e con sufficienza nei confronti di Emma. Nei confronti degli abitanti di Seabhag. Perché Mallaidh odiava tanto la gente di Newlin?
 “Emma Blacksmith, c’è un’altra cosa che vorrei chiedervi.”
 “Qualunque cosa, mio Signore. Sarò la vostra serva.”
 “Avete detto che trascorrete gran parte del vostro tempo fuori dal villaggio. Per caso, sareste in grado di condirmi alla caverna di Akaunon?”
 “Akaunon, avete detto? Certamente. Ma è un viaggio lungo, avremo bisogno di un cavallo e di un’intera giornata a nostra disposizione. Tornate domani mattina. Io so come raggiungere quel luogo per puro caso. Mi ero persa nei campi, qualche mese fa, e pensavo di non ritrovare più la via di casa. La mia disperazione è stata grande quando ho raggiunto una delle montagne ad ovest di qui. E’ lì che è situata Akaunon. Ma la mia gioia fu immensa, quando di fronte alla caverna trovai due sentinelle. Nei loro volti riconobbi due uomini di Seabhag.”
 Newlin aggrottò le sopracciglia, confuso.
 “Perché mai due sentinelle dovrebbero sorvegliare una semplice grotta?”
 “Naturalmente, per fare in modo che nessuno vi si addentri.”
 “E perché nessuno dovrebbe entrare in Akaunon?”
 “Non lo so. Nessun uomo di Seabhag può entrarvi. Ma può darsi che con voi facciano un’eccezione.”
 
 Terrowin galoppava nei campi di Seabhag, verso il monte d’Akaunon. Non era abituato a trasportare più di una sola persona, ed a stento sopportava la presenza di Emma Blacksmith. La ragazza non era evidentemente abituata a cavalcare, e si reggeva a Newlin, stringendo tanto le braccia attorno alla sua vita da smozzargli il respiro. Il ragazzo non si lamentava. Si era accorto di quanto lui fosse importante per Emma, anche se le attenzioni della ragazza nei suoi confronti lo annoiavano leggermente. Tuttavia, anche nella sua incredibile bellezza, non avrebbe mai potuto eguagliare il fascino che Mallaidh aveva avuto su di lui.
 E’ un demone. E’ la personificazione della Lussuria.
 Pazza, selvaggia, strega. Un’arpia che l’avrebbe portato via, nel mondo delle tenebre e della pazzia. Sarebbe stato così semplice credere in questo. Ogni problema sarebbe stato risolto con un piccolo ordine: ‘Catturatela. Datele fuoco.’ Ma, allora, perché mai Newlin era invaso da un tale desiderio di scoprire qualcosa di più su quella ragazza? E perché lei, una strega, un demone, aveva incitato Emma a scappare, se davvero il suo aspetto le incuteva timore? Perché, quando lui era entrato nella sua casa, lei aveva avuto così tanta paura di lui? Che cos’era la cenere in quel vaso?
 Dovette interrompere i suoi pensieri, rendendosi conto che Terrowin non poteva più procedere. Di fronte a loro vi era l’alta salita che conduceva alla montagna. Un terreno scosceso ed irregolare, qualche masso e centinaia, migliaia di alberi morti. Erano tutti coperti da vischio. Una pianta velenosa, anche se alcuni dicevano che avesse delle proprietà benefiche per lo spirito.
 “Dobbiamo procedere a piedi, mia Signora. Venite, vi aiuto a scendere dal mio destriero.”
 “V- vi ringrazio.”
 Sembrava più che felice di abbandonare Terrowin in quel luogo. Newlin legò il cavallo ad un alto masso, caduto lì vicino decine di anni fa, nella paura che potesse mangiare il vischio sugli alberi. Lui ed Emma proseguirono lungo la salita, in silenzio. La nebbia era ovunque, ed era difficile procedere nella fitta coltre che creava. Newlin aiutava Emma a salire, tenendola per mano. Anche nella bruma, il giovane poté distinguere il vivo rossore sulle guance della ragazza. Sorrise, divertito. Si ripromise che quello sarebbe stato il loro ultimo incontro. La ragazza sembrava dimenticarsi della differenza di rango tra loro due. Lui non avrebbe mai corteggiato una popolana, per quanto bella ed affascinante potesse essere.
 Dopo circa due ore di cammino, giunsero a destinazione. La grotta d’Akaunon era circondata da pioppi morti e coperti di vischio. Aveva un’entrata abbastanza grande, e di fronte ad essa erano sistemate due guardie. In mano avevano delle semplici lance, la loro espressione era annoiata. Non appena videro i due ragazzi avanzare verso la grotta, si stiracchiarono e sorrisero.
 “Ciao, Emma! Sei venuta a farci visita?”
 “Ciao Caleb! Ciao John!”
 La ragazza si girò sorridendo verso Newlin, indicando i due giovani.
 “Mio Signore, permettetemi di presentarvi Caleb e John Hawley, i fratelli della famiglia Hawley. Sono i figli del sarto di Seabhag, ed amici di mio padre. Qualche anno fa, si sono offerti volontari per sorvegliare Akaunon.”
 “Ah ah! E rimpiangiamo ogni giorno la nostra scelta.”
 A queste parole, sembrarono accorgersi della presenza di Newlin. Subito cessarono di ridere e s’inchinarono profondamente, attendendo un qualche ordine. Il nobile ragazzo si fece avanti, sorridendo, e chiese ai due giovani se gli era concesso visitare la grotta.
 “Certamente, mio Signore. Qui siamo ancora nelle terre di Seabhag, e questa è una vostra proprietà. Anche se l’entrata è proibita agli abitanti del villaggio, voi siete naturalmente un’eccezione. Ma temo che Emma non vi potrà seguire.”
 “Così sia. Vorrei anche porvi una domanda, se mi è concesso: perché la grotta è sorvegliata da ben due guardie?”
 “La risposta è all’interno, mio Signore. Se volete seguirmi, vi farò visitare la grotta.”
 Caleb, il più giovane dei due fratelli, afferrò una torcia posta accanto ai piedi di John e, dopo averla accesa, entrò nella grotta. Newlin sorrise ad Emma, e seguì il ragazzo, tenendosi vicino alla torcia della sua guida. I due ragazzi non dovettero attendere molto, prima che la luce del Sole li abbandonasse completamente. Ogni cosa che circondava la luce della torcia era avvolta dall’oscurità. Ombre minacciose sembravano seguirli, sussurrare antichi segreti tra le pietre della grotta. All’improvviso, qualcosa attirò l’attenzione di Newlin. Su una parete della grotta c’era un’incisione: la testa di un cervo, avvolta da un cerchio di rune.
 “Che cos’è?” chiese Newlin, con voce tremante.
 Caleb avvicinò la torcia all’incisione, e sputò a terra.
 “Segni blasfemi. La grotta ne è piena.”
 “Ma chi avrebbe mai fatto una cosa simile?”
 “I pagani. Coloro che abitavano queste terre, prima dell’arrivo dei Seabhag e della cristianizzazione.”
 Newlin sgranò gli occhi, incredulo. Aveva forse trovato la fonte delle sue risposte?
 “Continuiamo a camminare, ve ne prego. Potete dirmi qualcosa di più sui primi abitanti di queste terre?”
 “Certamente. Questo era il loro luogo di culto. Quando le loro barbare usanze erano ancora in uso, si riunivano in questo luogo per invocare spiriti maligni, sacrificare giovani animali e prigionieri di guerra. Alcuni di loro praticavano magia nera. Altri imparavano a memoria formule pericolose. Coltivavano e veneravano la pianta del vischio, credevano avesse dei poteri magici o qualcosa di simile.”
 “Il vischio? Una pianta velenosa?”
 “Sì. Erano pazzi, a mio parere. La consideravano al pari della quercia, dicevano che fosse un dono dei loro dèi pagani. Oloaiacet, lo chiamavano, oppure Maretak.”
 Newlin si girò di scatto.
 “Avete detto Maretak?”
 “Sì. Era anche il nome della loro tribù, e di queste terre. Consideravano questa regione fertile, poiché sulle foreste morte delle montagne cresce il vischio. Da non credersi. Poi, un giorno, la famiglia francese dei Faucon s’impossessò della regione. Alla vista dei loro stendardi, sui quali vi era raffigurato un falco, i pagani chiamarono i membri della famiglia Seabhag. Credo che nella loro lingua maledetta voglia dire…”
 “Falco.”
 “Esatto. La maggioranza degli abitanti di Maretak si convertì al Cristianesimo. Furono i fortunati che compresero quanto dolore avrebbe continuato a recare loro la miscredenza. Abbandonarono questa grotta, piena di rune maledette ed incisioni sataniche. Da allora, nessuno vi si addentra più. Almeno, nessun abitante del villaggio.”
 “Oh. Dunque è per questo che la sorvegliate. Non volete che gli abitanti possano ricordarsi delle loro origini pagane. Questo, in effetti, può essere da molti considerato un luogo di magia nera… sì, anche di satanismo.”
 Caleb scosse la testa, sorridendo.
 “Solo parte di quello che avete affermato è vero, mio Signore. Questo luogo è sempre stato interdetto agli abitanti di Seabhag, è vero, proprio a causa del suo scopo originario e di queste incisioni. Ma il nostro popolo la sorveglia solo da dieci anni.”
 Si fermò, all’improvviso. Si trovavano in un ampio spazio, dopo il lungo corridoio che avevano percorso. Le mura erano interamente coperte da rune ed anomale incisioni. Di fronte a loro, ad un certa distanza, v era un profondo buco nel pavimento, sormontato da un’alta parete oscura. Newlin non capì se anche su di essa vi fosse inciso qualche simbolo.
  “Questo è il luogo più terribile della grotta, dove magia nera e sfortuna sono talmente presenti da essere impresse nelle pietre. Quello laggiù è un fosso, un pozzo profondo in cui i sacerdoti miscredenti gettavano i corpi martoriati dei loro sacrifici. Di fronte a voi, mio Signore, è la risposta alla vostra domanda.”
 Newlin si avvicinò, incerto, verso il pozzo profondo. Guardò al suo interno, ed una forte vertigine lo scosse. Non riuscì a vederne il fondo.
 “Continuo a non capire. Questo pozzo è effettivamente prova di spargimenti di sangue e terribili sacrifici, degni di essere puniti con la morte e l’Inferno. Ma perché sorvegliare questo luogo, se non per il ricordo di un passato pagano? E’ forse caduto un bambino in questo pozzo, dieci anni fa?”
 “No, mio Signore. La risposta non è nel pozzo, ma sulla parete di fronte a voi.”
 Il ragazzo innalzò la torcia, in modo da illuminare la parete nascosta dall’ombra. Newlin sussultò, indietreggiando istintivamente.
 La parete era completamente ricoperta di sangue.



Angolo dell'Autrice.
 
D'accordo, potete linciarmi, se proprio ci tenete. Insomma, qualche giorno fa vi ho dato un capitolo di mezza pagina, oggi ve ne do' uno di sei. Non prendetevela con me, ma con il Dio Loki che mi ha reso completamente fuori di testa. Sono più pazza di Mallaidh, è ufficiale. ù_ù
Quindi, non so se non avete capito qualcosa della storia o del capitolo. Se qualcosa non vi è chiaro, chiedete pure! :)
Quindi nel prossimo capitolo scopriremo perché la parete è coperta di sangue, perché Mallaidh è una ragazza selvaggia, che cosa ne è stato dei pagani di Maretak, cos'era la cenere nel vaso rotto da Newlin, perché Mallaidh odia tanto Seabhag e Newlin e... avremo il secondo incontro con Mallaidh, e nascerà l'ammmoooreee. Ciò mi rende stranamente depressa.
Oky doky, vado a mangiare i cereali di mio fratello!
A presto! :)

 


   
 
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