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Autore: Zawa chan    17/06/2012    0 recensioni
Alexandra Robins è una ragazza allegra, che vive nel suo tranquillo villaggio con sua zia. Alexandra Robins è l'unica figlia del drago della luce Lyter, fondatore della gilda oscura Dragon Force. Dopo la scomparsa dei draghi, tutto è cambiato e la sua vecchia casa distrutta, come i maghi della gilda. Riconquistato un posto nel mondo Alex si prepara ad una normale giornata di lavoro, senza sapere che un suo simile dai capelli rosati sta arrivando sconvolgendole la vita.
[Il titolo è simile a quello di Mangetsu chan, non segnalare plagio visto che la mia storia è un crossover con la sua]
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Natsu, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Salve a tutti! Ecco a voi il secondo capitolo di questa prima saga! Abbiamo lasciato Alex e Yuki partire verso una meta ignota (ma si è capito dove vanno a finire, no?) e uno strano e misterioso Taron che compare improvvisamente, suscitando l'attenzione della nostra Dragon Slayer... come andrà a finire? Chi sarà questo Taron? Se volete saperlo continuate a leggere!


CAPITOLO OTTO
Ricordi e vecchie conoscenze
Chapter Soundtrack: Fix You



 


Pochi minuti dopo che il treno partì, cominciò a piovere, e ben presto la pioggia lieve si trasformò in un vero e proprio temporale. Continuò questo tempaccio per ore, finché, alle prime luci dell’alba, non cominciò a spuntare il sole e, finalmente, una voce metallica annunciò ai passeggeri i loro arrivo. Le due scesero con molta calma, nessuna disse una parola, ma la piccola mente della felina era piena di domande.
Decise di tenersele per sé, sapendo benissimo che, quando sarebbe stato il momento giusto la sua padrona gliene avrebbe parlato. Così si limitò ad osservare i dintorni nelle braccia della castana, e notò che, vedendole, i passanti sussurravano frasi dal contesto ovvio, la loro presenza aveva scatenato un certo tremore tra la popolazione. I bambini che uscivano felici per strada, ora che potevano finalmente giocare indisturbati dal maltempo, venivano fermati dalle madri e riportati in casa, mentre le due passavano spedite. E, anche se solo per un attimo, la gattina avvertì la stretta che la teneva farsi più forte. Camminarono per svariati minuti, mentre le case piccole e semplici cominciavano a diradarsi e il confine del villaggio cominciava via via a farsi sempre più chiaro e un immenso edificio si ergeva in tutta la sua grandezza. Era abbastanza malridotto: pieno di polvere e ragnatele, alcune parti del tetto avevano ceduto ma, in tutto quell’ammasso di legname sudicio e dimenticato, una scritta polverosa era ancora ben visibile e riportava le parole che più incutevano timore in quel paesino e nel cuore della maga. Posò il felino a terra e le fece segno di seguirla e dopo sette anni attraversò di nuovo quella porta, avvertendo l’odore di alcolici e sangue che era presente fin da quando aveva memoria. E con gli odori arrivarono anche i ricordi, la investirono in pieno e prima che se ne rendesse conto: tutti i maghi erano davanti a lei vivi e vegeti, che facevano a botte e discutevano come al loro solito. Girò lo sguardo e lo vide, un piccolo spazietto di nemmeno un metri quadrato nell’angolo, delimitato da una linea fatta con il gesso che non si era ancora sbiadita. La Dragon Slayer la attraversò senza calpestarla e si sedette in quel minuscolo spiazzo di pavimento, portando le gambe al petto e rannicchiandosi come una bambina spaventata. In effetti aveva cominciato a tremare, le faceva uno strano effetto venire di nuovo lì e quei maledetti ricordi stavano riaffiorando davvero troppo velocemente, quasi volesse davvero rammendare le atrocità che erano avvenute qui. Si rese improvvisamente conto della presenza della gattina e, sicura di doverle dare una spiegazione, sussurrò: « Questa è, come avrai capito, la mia vecchia gilda: Dragon Force. Era da quando sono andata via che non venivo a fare una visita qui. Lo vedi questo segno? Lo feci io all’età di cinque anni, credevo che fosse una barriera contro le cose spiacevoli che succedevano qui. Mi dicevo che stando qui sarei stata al sicuro, finché stavo all’interno di questo spazio non poteva succedermi niente, me ne stavo ore qua dentro, quando Lyter se ne andava via per qualche tempo e raramente uscivo se non c’era lei. Poi, una notte come le altre, arrivò lui ». Raccontare tutto ciò le aveva fatto tornare in mente quei giorni felici, in cui non si preoccupava di niente, e senza che se ne rendesse minimamente conto, cominciò a raccontare.

« Master! Questa è una gilda non un asilo! », esclamò a gran voce un mago mingherlino, alla vista dell’ennesimo ragazzino che la dragonessa adottava. Questo però, a differenza dell’altra, era più taciturno e spesso se ne stava zitto mentre leggeva un libro, proprio come in quel momento. Alzò lo sguardo seccato e i due occhi verdi e profondo squadrarono l’uomo, quello sguardo era talmente penetranti che il mago se ne stette zitto.
Taron era in quella gilda da un paio di giorni e non aveva mai parlato praticamente con nessuno, fatta eccezione di Alex. Quella mocciosa, come la chiamava lui, era molto insistente e quando faceva una domanda non se ne andava fino a quando non aveva ottenuto una risposta. Per lui era un vero mistero e quando lui le diceva che era strana, lei si metteva a ridere. Anche quel giorno, mentre era immerso nella lettura, sentì la solita voce squillante della bambina che domandava:
« Cosa stai leggendo? ». Il moro alzò il volume e si ritrovò il volto rotondo e sorridente a una decina di centimetri dal suo. Ritornò silenziosamente alla lettura, ignorando la domanda, mentre quella nanetta di un metro e dieci gli girava intorno.
Passarono parecchi minuti e la bambina non aveva minimamente accennato alla stanchezza, mentre il ragazzo cominciava ad essere leggermente nervoso ed infastidito. Alla fine non resistette, si alzò improvvisamente e prese per la collottola la castana, portandola nel piccolo giardino sul retro. Lei chiese cosa gli fosse preso e lui, per tutta risposta esclamò:
« Che è preso a me? Mi giri intorno da mezz’ora e chiedi a me che mi è preso? Sei strana! ». La sua voce, solitamente pacata e cupa, aveva raggiunto livelli altissimi ed allo stesso tempo divertiti.
Sarà stato proprio per questo che la Dragon Slayer si era messa a ridere a crepapelle e, quando si era finalmente calmata, aveva dato una spiegazione alquanto insolita, in linea con quanto affermava lui.
« Scusami, davvero. È solo che è la prima volta che vedo qualcuno della mia età e mi piaceva osservare come si comportava. Anche se, in realtà, tu sei più grande di me. Non è vero, Onii-chan? », disse, anche se si pentì subito delle sue parole.
Il sorriso che spuntava sul suo viso fu sostituito immediatamente da un broncio, mentre sulla sua guancia diventava di un colore rossiccio. La mano di Taron era ferma a mezz’aria, dopo aver sferrato un sonoro ceffone alla bambina. Il tempo che servì ad entrambi per rendersi conto di cos’era successo fu un solo secondo, ma a loro parve molto di più. Il gesto del ragazzo era stato involontario e qualsiasi persona si sarebbe immediatamente scusata, ma lui era orgoglioso e non poteva certo ammettere di aver sbagliato, così volle sostenere la sua tesi gridando:
« I MIEI FRATELLI E SORELLE SONO STATI UCCISI DA MAGHI OSCURI, TU NON HAI IL DIRITTO DI CHIAMARMI COSÌ! ». Dai grandi occhioni scuri di Alex cominciavano a spuntare grossi goccioloni ed era risaputo che quando lei si metteva a piangere, Lyter diventava di pessimo umore. Così per non ricevere l’ira della dragonessa tirò alla castana un altro schiaffo, esclamando: « Prova a piangere o dire a qualcuno quello che è successo e io ti tiro un di quei ceffoni che te lo ricordi fino a quando non muori! ». Lei si affrettò a ricacciare dentro le lacrime. Questa scena si ripeté per molte e molte volte nel corso degli anni, anche perché la Dragon Slayer aveva cominciato a chiamarlo automaticamente ‘Onii-chan’ e, se dapprima i maghi erano curiosi e sospettosi, alla fine si abituarono al fatto che, quando la bambina pronunciava quella parola, in risposta le arrivava un sonoro schiaffo.

Erano ormai passati tre anni dall’arrivo di Taron, e proprio in quella fatidica giornata avrebbe svolto la sua prima missione, a lungo rimandata per la sua inesperienza nel campo della magia. Ad accompagnarlo ci sarebbe stata Alex, leggermente più esperta nelle missioni in quanto presente da più tempo a Dragon Force. L’incarico consisteva nel rubare una scatola contenete qualcosa di estremamente importante per il cliente. Si misero in viaggio abbastanza presto, l’intento era di finire velocemente il tutto, in modo da tornare a casa in fretta. Giunsero al villaggio del cliente e fecero rapporto, scoprendo che il mandante era un vecchietto alto si e no come la bambina, calvo e con due ispidi baffetti. Questo chiese loro di recuperare un baule che alcuni teppisti avevano trovato e che non ne conoscevano il loro valore, mentre lui se ne sarebbe occupato certamente meglio. I due si fecero dare l’indicazione del covo degli adolescenti che l’anziano indicò loro borbottando qualcosa come “Dei bambini che si mettono a rubare, dove andremo a finire!”, pur sapendo di essere stato lui a chiedere loro di commettere un crimine.
Non passò nemmeno mezz’ora che si ritrovarono davanti i quattro teppisti, dei quali uno teneva tra le braccia una scatola, quella che cercavano loro. I quattro si lanciarono verso di loro nella speranza di avere la meglio con la forza bruta ma non avevano la minima speranza contro dei maghi e bastarono pochi attacchi per sconfiggerli. Taron si diresse allora verso il baule, per prenderlo e completare ufficialmente la missione, mentre dall’altra parte Alex stava osservando gli adolescenti. Di quel che successo dopo ricordava solo brevi immagini: uno dei teppisti che sorrideva e premeva un pulsante, lei che correva verso il suo fratellone e lo spingeva via, poi una luce accecante ed infine il buio totale.

Quando aprì gli occhi era nel suo letto, nella sua stanza, dentro la sua casa, mentre la dragonessa sbirciava dalla finestra ciò che succedeva, in quanto era troppo grande per entrare anche solo con il muso. La bambina si stiracchiò ma subito avvertì un dolore al torace e al braccio destro che le fecero emettere un piccolo gridolino. Dopo un paio di tentativi riuscì a mettersi seduta e vide, appoggiato allo stipite della porta, il ragazzo che la fissava.
« Cos’è successo? », domandò, quasi sottovoce ad entrambi gli spettatori, prendendo con la mano sinistra il bicchiere di acqua posato sul suo comodino.
Lyter, con la sua voce possente e gentile allo stesso tempo ed udibile persino dall’esterno, si affrettò a rispondere alla figlia.
« All’interno del baule che cercavate c’era una bomba, l’oggetto vero era conservato in un’altra scatola che Taron ha recuperato e portato al cliente. Quando la bomba è esplosa, tu lo hai protetto e sei rimasta incosciente per due giorni e ti sei procurata un paio di ferite superficiali. Ora che ti sei svegliata posso tornarmene alla gilda tranquilla, mi raccomando Taron, prenditi cura di lei! », esclamò e detto questo prese il volo verso l’edificio a cui era a capo.
I due rimasero soli e quando il moro si fu accertato che la dragonessa si fosse effettivamente allontanata, si avvicinò alla castana e le tirò un leggero pugno sulla testa. Lei lo guardò interrogativa e lui allora esclamò:
« Tre costole rotte, una frattura al braccio e una slogatura del piede, tutto questo perché mi hai protetto. Si può sapere che ti salta in mente? Saresti potuta morire solo per aver cercato di impedire che io mi facessi male! Sei una vera incosciente! Un’incosciente scema! », sbraitò, mentre lei lo guardava con i suoi grandi occhioni grigi.
Alex si mise a ridere sommessamente, mentre il ragazzo si arrabbiava.
« Fai tanto il duro mai poi ti preoccupi sempre per gli altri, Onii-chan. E poi, anche se mi sono fatta male non importa, a me importa solo che tu stia bene, Onii-chan », disse lei, mentre un sorriso a trentadue denti si apriva sul suo viso e le guance di Taron diventavano color porpora. Per tutta risposta lui le disse che sarebbe passato sopra a queste due trasgressioni e non le avrebbe tirato degli schiaffi solo perché era ferita, dopodiché uscì velocemente dalla stanza, mentre la maga ancora rideva.

Erano quelli i ricordi tanto preziosi che aveva, quelli in cui, malgrado tutto, era felice e spensierata. Poi, tutto quello che aveva facilmente costruito in tutti quegli anni, fu distrutto in una sola e semplice giornata: quella del 7 luglio di sette anni prima. Sua madre scomparve in tante piccole particelle di luce, come quelle che lei usava quando si teletrasportava, e non la rivide più. Così decise di fare la cosa più logica in quel caso: andare ad avvisare tutta la gilda dell’accaduto. Cominciò allora a correre per il bosco, con le lacrime agli occhi. Uscita dalla boscaglia cominciò a sussurrare parole come “Non c’è più. Ci ha abbandonato ed è andata via”. Si avvicinò con velocità all’edificio colorato da toni scuri quale la sua gilda. La scritta a grandi linee era visibile all’entrata, lo stemma di un drago giallo e nero spiccava in tutto quell’ammasso di colori tendenti all’oscurità. Si scontrò contro la porta chiusa e, velocemente, l’aprì entrando nella locanda e gridando: « Si è volatilizzata. Lyter è sparita davanti ai miei… », le parole le morirono sulle labbra, mentre si guardava intorno terrorizzata. Erano giusto due o tre i posti, tra i quali il suo piccolo angolino, in cui il pavimento non era sporco di sangue, un liquido scarlatto che continuava a sgorgare da ogni dove. A destra e a manca si vedevano i corpi dei maghi oscuri membri della gilda, ammassati sui tavoli o per terra. Avrebbe voluto vedere se stessero bene ma non aveva il coraggio di muovere un passo. La luce era minima: solo un raggio di sole serale entrava da una finestrella. Sentì un paio di passi pesanti e non appena si girò, vide un grosso omone estendersi sopra di lei, grondante di sangue e pieno di ferite. Le mise le due grandi manone sulle spalle, ma prima che dicesse qualcosa, la bambina vide il corpo del mago dividersi a metà, come tagliato da una lama invisibile. Gli schizzi le sporcarono gli abiti, mentre alcune lacrime calde cominciavano a scendere. Anche l’uomo era morto ora, o meglio, viveva a terra contorcendosi nei suoi ultimi istanti di vita. Dietro di lui una figura più bassa e minuta spiccava nell’oscurità, l’unica cosa che si poteva distinguere chiaramente erano due occhi rosso vivido, rosso come il sangue delle persone che aveva versato. Lo sguardo scarlatto si tramutò in due occhi verdi, mentre un ragazzino di quindici anni veniva avanti e la castana indietreggiava terrorizzata.
« Onii-chan, cosa sta succedendo? Cos’hai fatto?! », gridò lei, mentre le lacrime lavavano via il sangue che le aveva macchiato il viso.
Dal canto suo, il mago si guardò intorno per scrutare altri possibili sopravvissuti. Dopodiché si girò verso la Dragon Slayer ed esclamò soddisfatto:
« Con questo mi sa che ho finito! Cosa stavi dicendo tu? Lyter è scomparsa? Meglio così, avrò un nemico in meno di cui preoccuparmi. Vedi, da un po’ avevo in mente di mettere in riga questa gilda, che fa quello che le pare e piace. Ho deciso che avrei creato la mia Dragon Force, dove i deboli non sono ammessi! Purtroppo, gli unici abbastanza forti per sopravvivere siamo solo io, te e Lyter, e sapevo che quest’ultima mi avrebbe sicuramente voluto uccidere per aver sterminato quasi tutti, quindi avevo intenzione di scappare. Esatto! Me ne andrò e troverò dei maghi degni di tal nome, in modo da formare la gilda oscura più forte di tutte, e magari riuscirò ad entrare nell’alleanza Baliam! Ma non ti preoccupare, non mi dimenticherò di te. Ora come ora non sei ancora degna di far parte della mia squadra, ma sei sulla buona strada. Va, diventa la Dragon Slayer più forte di tutte e poi, quando sarai diventata alla mia altezza, ti verrò a prendere per far parte della mia gilda, la mia imbattibile gilda! ». Scoppiò in una risata che Alex non gli aveva mai sentito fare, e quando smise di ridere, lei stava già scappando via, ancora parzialmente macchiata di sangue sul gomito e sul collo.

Nel presente, Alex era rimasta in silenzio dopo aver finito di raccontare la sua storia, e nemmeno Yuki aveva emesso una parola. A rompere questo silenzio, furono dei passi, dei passi fin troppo vicini per essere qualcuno che “per caso” si imbatteva in una gilda oscura abbandonata. La castana si alzò e corse verso la porta per vedere chi era, ormai non aveva paura di affrontare qualcuno. « Chi… », cercò di domandare, ma le parole le morirono sulle labbra. Gli occhi sgranati e il corpo tremante, alla vista della persona che stava venendo in quella direzione. « Onii-chan? », sussurrò, mentre un uomo dai capelli scuri e dagli occhi verdi sorrideva.


NOTA 1: Per chi non lo sapesse, Onii-chan significa letteralmente fratello maggiore, e non è qualcosa che solitamente si dice agli estranei.

Alex: Quindi mi stai facendo passare per una maleducata?!
Io: E da quando ti importa di esserlo?
Alex: ……… Maledetta autrice!
Io: Eh, sono una belva XD
  
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