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Autore: falloutcitty    17/06/2012    4 recensioni
All’alba Unghierosse se ne tornava a casa, consapevole che a lei quella domanda non sarebbe mai stata posta.
Le unghie rosse.
Il cuore leggero.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Unghierosse.
 
Unghierosse non era una bambina come le altre. Abitava in quella casa, che avrete sicuramente visto passandoci davanti in macchina, al limitare dell’orizzonte e che fin da bambini ha popolato i vostri sogni tormentati. Un tetto. Quattro muri. Niente finestre. Questa era la casa di Unghierosse. La sua unica amica era una bambola fatta di lana senza volto. Non parlava molto e Unghierosse se ne sentiva responsabile, e si rimproverava di non essere abbastanza simpatica. Così talvolta per trovare qualcuno con cui parlare si avventurava nel bosco. Poteva anche restare seduta per delle ore ad osservare la sua preda, studiandola, fin quando non diventavano un tutt’uno. Poi le tendeva una trappola. Ogni animale aveva bisogno di una particolare esca. Il bello stava proprio nel capire a cosa anelasse nel suo profondo ogni singola creatura. Una volta preparata la trappola aspettava, aspettava. Era capace di stare seduta a fissare l’esca anche per delle settimane, senza muovere un solo muscolo. Si dice che una volta le fosse addirittura cresciuto del muschio su una mano. Ma queste sono solo leggende. Una volta che l’animale cadeva nella sua trappola, gli rivolgeva questa domanda:

“Tu, Animale, che ardi come un fuoco ma bruci come uno sterpo, dimmi: che valore ha la tua vita?
Vale la pena di essere vissuta?”

Se l’animale rispondeva di si, Unghierosse lo lasciava andare. Se invece rispondeva di no, aveva diritto alla giornata più bella della sua vita: dall’alba al tramonto. Veniva nutrito, accudito, coccolato, viziato. Ma al calar del sole, dopo aver legato la sua vittima al terreno, Unghierosse la torturava. Non godeva nel farlo. Non era per nulla sadica. Era più razionale di quanto non potremmo mai esserlo io e voi. Se qualcuno vi ha raccontato di aver sentito dei lamenti animaleschi provenire dal bosco: sicuramente vi ha mentito. Nessun animale si è mai lamentato. Nessuno poteva sfuggire al suo sguardo amorevole e al contempo penetrante. Estremamente metodica incideva il ventre dell’animale con le sole unghie e ne estraeva le interiora. Poi le distribuiva in modo da creare una cornice intorno al corpo dell’animale ancora vivo. Così facendo celebrava la loro, ormai prossima, dipartita e li riempiva di parole dolci e calde. Così calde da bruciare più delle sue unghie nella loro carne. Come un bicchiere di latte e miele appena scaldato che rotola giù per le gole infreddolite, che scalda ma allo stesso ustiona e fa intorpidire la gola. In quel momento di agonia e piacere gli animali le parlavano, tutti, dal primo all’ultimo. C’era chi le raccontava di quanto la sua vita fosse stata insignificante fino a quel giorno e la ringraziava. C’era chi le rivolgeva gli ultimi desideri. C’era anche chi, senza rancore, le chiedeva perché facesse tutto questo. A quel punto lei rispondeva che voleva dare agli altri ciò che a lei era stato negato.

All’alba se ne tornava a casa, consapevole che a lei quella domanda non sarebbe mai stata posta.
Le unghie rosse.
Il cuore leggero.
  
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