Fanfic su artisti musicali > Arashi
Ricorda la storia  |      
Autore: The Mad Tinhatter    17/06/2012    1 recensioni
[Crossover Arashi/Twilight] Alice stava ridendo ad una battuta di Emmett, stretta al braccio di Jasper; tuttavia, nel momento in cui raggiunsero il bordo della strada, posò lo sguardo sul giovane che, assieme a loro, attendeva di poter attraversare, e la sua espressione divertita mutò in uno sguardo terrorizzato.
Genere: Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Himitsu no Arashi-chan - The Secret Arashi'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

The Truth Unveiled


Alice l'aveva previsto. Aveva avuto una visione, e aveva visto che la loro vacanza in Giappone avrebbe preso una piega piuttosto particolare. Non era riuscita a raccontare loro tutto nei dettagli, dato che si trattava di luoghi e persone che nessuno di loro aveva mai visitato, pur avendo vissuto ben più a lungo di un umano; tuttavia erano consci del fatto che sarebbe successo.
Un incidente... un incidente molto grave... un ragazzo... un ospedale....”
Era la seconda notte che passavano a Tokyo. Le luci della città dovevano sembrare meravigliose anche agli occhi dei comuni mortali, ma per loro lo spettacolo era ancora più stupefacente. Aveva visitato molti posti, sia da solo che assieme alla sua famiglia, ma mai avevano raggiunto il Giappone. La loro sarebbe stata solo una breve vacanza: non avendo idea delle possibilità di trovare cibo in quel luogo senza essere scoperti, erano partiti subito dopo aver cacciato, e sarebbero rimasti fino al momento in cui la sete avrebbe ricominciato a farsi sentire.
Stavano passeggiando per le vie della città, e mentre tutti stavano facendo del loro meglio per rendere l'atmosfera più allegra possibile, la tensione nell'aria era palpabile: erano al corrente della visione, e nessuno di loro aveva idea di come o di quando tutto sarebbe successo.
Non era loro solito preoccuparsi troppo per un singolo umano: certo, lui era Carlisle Cullen, uno dei chirurghi più quotati dello stato di Washington, e il suo compito era salvare vite umane, ma mai aveva pensato troppo alla vita di una singola persona.
Questa volta era diverso, e non certo per un fatto affettivo: del resto, non aveva mai visto il ragazzo della visione di Alice; no, la verità era che se lei, tra tutti gli incidenti che capitavano ogni giorno nel mondo, aveva visto proprio quello che coinvolgeva il ragazzo, in lui doveva esserci qualcosa di importante, che in una certa misura avrebbe coinvolto anche loro.
Alice stava ridendo ad una battuta di Emmett, stretta al braccio di Jasper; tuttavia, nel momento in cui raggiunsero il bordo della strada, posò lo sguardo sul giovane che, assieme a loro, attendeva di poter attraversare, e la sua espressione divertita mutò in uno sguardo terrorizzato.
- è lui - mormorò Alice. - Sta per succedere.
Prima che la ragazza potesse aggiungere altro, il ragazzo abbandonò il marciapiede e, correndo, fece per attraversare la strada.
- Non possiamo fermarlo - sibilò Carlisle. - Non possiamo farci scoprire, non qui!
Quello che successe dopo sarebbe stato troppo veloce per qualsiasi umano, ma per loro no.
Carlisle notò ogni singolo dettaglio dell'incidente: vide la macchina che sbucava fuori all'improvviso... vide l'inutile tentativo dell'autista di fermarsi, sentì lo stridio della frenata... vide il ragazzo urtare il parabrezza e venire sbalzato dall'urto qualche metro più in là... poi, il suo naso fiutò un odore inconfondibile. Sangue.
- Emmett, Rosalie, cercate di trattenere Jasper. Tutti quanti, scappate il più lontano possibile. Vado a soccorrerlo - disse Carlisle.
Attorno al ragazzo si era già radunato un capannello di gente. L'autista che aveva causato l'incidente era sceso dalla macchina, e stava chiamando l'ambulanza.
Carlisle si avvicinò al luogo in cui si trovava il ragazzo, e si fece spazio tra la folla. Ordinò alla gente di allontanarsi, poi si chinò sul ragazzo.
Gli bastò uno sguardo per capire che era in condizioni gravissime. C'era una buona probabilità che l'impatto gli avesse fratturato la colonna vertebrale, oltre ad avergli provocato un trauma cranico, e i vetri del parabrezza l'avevano ferito.
Il ragazzo non era cosciente, ma a Carlisle bastò un'occhiata per riconoscerlo. Già, lui l'aveva già visto, e giusto la sera prima.
In albergo, Alice stava trafficando col televisore. Durante tutti i loro viaggi si era sempre divertita a guardare i canali locali anche se, non avendo studiato tutte le lingue del mondo, spesso non capiva nulla di ciò che sentiva. Naturalmente, il Giappone non faceva eccezione.
Aveva smesso di fare zapping solo dopo aver trovato un canale di video musicali, e si era messa a guardare le immagini sullo schermo con molto interesse.
- Oh, questi sembrano simpatici! - disse la ragazza.
- Sembrano soltanto stupidi - replicò Rosalie.
- Potrei cercare qualcosa di loro, quando torniamo a Forks. Carlisle, potresti leggere come si chiamano?
Sullo schermo, cinque ragazzi ballavano al ritmo di una canzone allegra, in una colorata stazione di servizio. Carlisle osservò il piccolo kanji in basso a sinistra dello schermo.
- Si chiamano Arashi, Alice - disse.
Il ragazzo che in quel momento era a terra in un lago di sangue era uno di loro. Uno degli Arashi.
L'ambulanza non tardò ad arrivare. Carlisle riuscì ad assicurarsi in quale ospedale avrebbero portato il ragazzo, e chiamò un taxi per raggiungere il posto.
Nella sua visione, Alice aveva visto anche l'ospedale, quindi questo significava che, svolto il suo compito di semplice soccorritore, non avrebbe potuto lasciare quel ragazzo a se stesso.
Sembrava giovanissimo, e l'aveva visto in televisione: questo significava che aveva una carriera lì da portare avanti, dei sogni, qualcosa per cui vivere; comunque fossero andate le cose, anche se fosse sopravvissuto sarebbe rimasto bloccato in una sedia a rotelle, mandando così in frantumi la sua carriera e le sue speranze. Era una possibilità terribile a qualsiasi età, ma doveva esserlo ancora di più da adolescenti.
Un modo per evitare che tutto ciò accadesse, però, c'era. Si trattava di un'idea folle, dal momento in cui di certo non l'avrebbe potuto prendere con sé, e non sarebbe mai stato in grado di controllarlo. Così, però, lo avrebbe salvato, e gli avrebbe permesso di continuare a vivere. Avrebbe potuto semplicemente trasformarlo.
Raggiunto l'ospedale, corse verso l'ala dedicata al pronto soccorso. Chiese informazioni ad un'infermiera, e scoprì che il ragazzo era appena arrivato, e per poterlo vedere avrebbe dovuto aspettare.
L'attesa non durò molto.
- La colonna vertebrale è spezzata in due punti - disse l'infermiera - e si teme che non possa riprendere le normali funzioni motorie. Ha subito un trauma cranico, e al momento è immobilizzato. È grave, ma stabile.
Il ragazzo era sdraiato sul lettino, la testa e il collo immobilizzati. Attraverso dei tubi era collegato a diversi macchinari. Era in stanza da solo, e questo avrebbe reso le cose molto più semplici.
L'infermiera uscì dalla stanza, e Carlisle si avvicinò al letto. Gli unici rumori erano quelli dei macchinari a cui il ragazzo era attaccato.
Il vampiro era ancora indeciso sul da farsi.
Se lo trasformerai, la sua vita cambierà radicalmente.
Sarebbe cambiata comunque.
Con ogni probabilità non sarà in grado di stare accanto agli umani, quindi non potrà continuare il suo lavoro.
Ma potrà permettergli di avere una vita migliore, un giorno, cosa che forse così non accadrà.
Potresti rendere la sua esistenza un inferno.
O sarebbe potuto diventare una persona importante. Se Alice aveva visto proprio lui, un motivo doveva esserci.
In quei pochi giorni in cui sarebbe rimasto lì, avrebbe potuto aiutarlo. E, chissà, magari un giorno gli sarebbe addirittura stato grato per quel gesto.
Carlisle si chinò sul braccio del ragazzo, e lo morse.

*

Brucia. Tutto brucia.
Non ricordava nulla di cosa potesse essere successo. Ricordava l'incidente, ma non aveva visto fiamme. Ricordava l'impatto, il dolore provato sul momento, poi niente.
La sua coscienza si era risvegliata nel momento in cui aveva sentito il suo cuore battere, più forte di quanto mai fosse stato, ma non era sangue quello che veniva pompato nelle sue vene, no: quello era fuoco. Ogni singolo centimetro del suo corpo bruciava: sicuramente il suo corpo si stava contorcendo in spasmi, preda del dolore, ma lui non poteva sentirli; era tutto così forte ed assoluto che non gli era possibile concentrarsi su qualcos'altro.
Tentò di urlare, ma non riuscì a sentire la sua voce. Era come se qualcosa lo stesse tenendo fermo sul posto.
Desiderò di morire. Se qualcosa davvero lo stava bruciando, questo sarebbe dovuto accadere tra poco, no?
E allora, come mai non moriva?
Dov'era finito? Come mai stava soffrendo così tanto? Chi gli stava infliggendo tutto quel dolore? Sapeva che esistevano persone che facevano cose del genere per divertimento, ma perché doveva capitare proprio a lui? Perché non la smettevano, e ponevano fine alla sua vita?
Anche la morte sarebbe stata migliore di quell'agonia. Da morto, non avrebbe sentito più nulla....
Pensava che prima o poi si sarebbe abituato al dolore. Nulla di più sbagliato. Gli sembrava che fossero passati secoli, e la sensazione di andare a fuoco era ancora lì, immutata, a sconvolgergli la mente.
Il tempo iniziò a non avere più senso per lui: secondi, minuti, giorni... non riusciva a quantificarli con esattezza.
Fino a che, quando ormai aveva perso tutte le speranze, qualcosa cambiò.
Il suo corpo smise di essere un'unica fiamma. Lentamente, ricominciò ad avere coscienza di sé.
All'inizio si trattava di una cosa piuttosto circoscritta: poteva muovere un dito della mano, sentiva le dita dei piedi che toccavano il lenzuolo, mentre ancora il resto del corpo bruciava....
Poi, la sensazione si diffuse: era come se le fiamme si stessero ritraendo. Non stava recuperando solo la percezione del suo corpo, ma anche del mondo che lo circondava: sentiva degli oggetti appuntiti sulla sua pelle, e qualcosa che gli teneva ferma la testa; sentiva profumo di fiori, odore di medicine e di qualcos'altro che non riusciva bene ad identificare, ma che sembrava delizioso; un miscuglio di rumori si affacciava sulla sua mente: voci, passi, il ticchettare di migliaia di orologi....
Ma, soprattutto, stava iniziando a sentirsi più forte. Ancora più di quanto si fosse mai sentito in precedenza.
La sensazione bruciante si stava attenuando sempre di più. Ormai sembrava essere localizzata solo in un punto: la gola.
Credo che chiederò un bicchiere d'acqua, pensò, ma in cuor suo sapeva già che quella non gli sarebbe bastata. Inspirò una boccata d'aria, e di nuovo il miscuglio di odori riempì le sue narici; quella nota che ancora non era riuscito ad identificare era ancora lì, forte come prima, e la sua gola iniziò a bruciare un po' di più.
- Mi senti?
La voce apparteneva ad un uomo. Aprì gli occhi.

*

Il ragazzo si era svegliato. Sapeva che non sarebbe stato saggio far restare un vampiro appena creato in un edificio pieno di umani, quindi aveva intenzione di farlo fuggire al più presto. Era riuscito a rubare delle sacche di sangue per trasfusioni, in modo tale da placare almeno per un minimo la sete del ragazzo. Era notte, e lui sarebbe potuto scappare dalla finestra senza dare troppo nell'occhio. Ovviamente, cadendo non si sarebbe fatto male.
Il giovane aprì gli occhi. Nel suo sguardo lesse un enorme stupore. Era normale, no? Il mondo visto con gli occhi di un vampiro era completamente diverso da quello che gli occhi umani permettevano di vedere. Purtroppo, però, non c'era tempo per guardarsi intorno.
Carlisle prese una delle sacche, e la porse al ragazzo. Lui lo guardò perplesso.
- Cosa...?
- Devi bere - disse Carlisle. - Ti spiegherò tutto nel frattempo.
Il ragazzo sembrò riluttante, ma poi, dopo aver emesso un lungo sospiro, si avventò sulla sacca.
- Come sicuramente avrai capito, sei diventato un vampiro. Anche io sono un vampiro. Mi chiamo Carlisle Cullen, e ho usato il mio veleno per salvarti. Una macchina ti ha investito, e anche se fossi sopravvissuto, molto probabilmente non saresti più stato in grado di camminare. Per questo ho deciso di trasformarti.
Il ragazzo prese un'altra sacca di sangue, troppo impegnato a bere per parlare.
- Sono passati tre giorni dall'incidente, e ora la tua trasformazione è completa. Sono riuscito a convincere gli infermieri a farmi rimanere con te, nel frattempo. Ora, però, devi scappare da qui. Ci sono troppi umani, in giro, e sarebbe meglio che tu non ti faccia notare. Non so se tutto il sangue che sono riuscito a racimolare possa bastare.
Il ragazzo annuì, continuando a bere.
- Ora, ascoltami. Ci sono un paio di cose che devi sapere, prima di andare. Resterò in Giappone ancora per qualche giorno, quindi se hai bisogno di me, io ci sarò. Per prima cosa, cerca di non farti notare. Noi vampiri possiamo sopravvivere anche grazie al sangue degli animali, ma se proprio non riesci a trattenerti, cerca di essere il più discreto possibile. Nessuno deve scoprire la tua natura, a meno che tu non voglia essere annientato. Poi, cerca di non farti vedere alla luce del sole. Non brucerai, ma non è uno spettacolo che gli umani dovrebbero vedere. E infine, stai attento. Sei appena stato creato, dunque sei molto forte. Se non dosi le tue energie, potresti fare del male a qualcuno, o rompere qualcosa. È tutto chiaro?
Il ragazzo annuì. Aveva trangugiato tutto il sangue in pochi minuti. - Dove... dove posso andare? - chiese.
- Puoi saltare giù dalla finestra. Non ti succederà nulla, ora che sei un vampiro - disse Carlisle.
Il ragazzo scese dal letto, e si diresse verso la finestra.
- Grazie, ma... perché l'ha fatto? - domandò.
Carlisle non avrebbe saputo dargli una risposta certa. - Perché... perché sentivo che era giusto farlo. A proposito, come ti chiami?
- Ninomiya... Kazunari Ninomiya.
- Conoscerti è stato un piacere - rispose Carlisle. In realtà, non aveva avuto certo l'occasione di conoscerlo veramente, ma era sicuro di aver appena contribuito a qualcosa di importante. - Ora vai, prima che arrivino le infermiere - disse.
Buona fortuna, Kazunari Ninomiya, pensò, mentre il ragazzo saltava giù dalla finestra.


Non sembrerebbe, ma questa fic è stata scritta (un pochino in ritardo, lo so) per il compleanno di Nino... beh, insomma, qualcosa deve aver fatto se anche a ventinove anni sembra che ne abbia diciassette xD so bene che leggendo questa fic non sembrerebbe, ma in realtà io gli voglio tanto bene <3 e gli auguro di aver passato un felicissimo compleanno, anche se non credo che leggerà mai xDD
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Arashi / Vai alla pagina dell'autore: The Mad Tinhatter