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Autore: giambo    17/06/2012    5 recensioni
Un guerriero tormentato dai sensi di colpa.
Una cyborg incapace di lasciarsi alle spalle un passato di morte, dolore e follia.
Un mondo che cerca, dopo il Cell-Game, di ripartire.
Rabbia, dolore, sensi di colpa, amore, eros, follia.
Sono questi sentimenti che stanno provando gli eroi di questo mondo.
Sta a loro cercare un motivo per andare avanti e ricostruire questo mondo, oppure lasciarsi andare nell'oblio.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 18, Altri, Crilin | Coppie: 18/Crilin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Bene bene, rieccomi qui con un nuovo capitolo. Dunque visto il fatto che non mi hanno ammesso alla maturità perché non avevo con il sei fisica che è in seconda prova (ma hanno ammesso un mio compagno che aveva 4 in italiano ed inglese -.-) ho avuto più tempo per scrivere. Questo sarà, probabilmente, un capitolo più cupo, causato dal mio pessimo umore, con momenti anche forse un po' forti e scritto in una maniera leggermente diversa dal solito (avevo voglia di sperimentare xD). Spero che vi possa piacere comunque.

Riguardo le altre storie ci sto lavorando, ma ho preferito andare avanti con questa per chiudere un pezzo importante di questa long. Spero che mi perdonerete il ritardo.

Buona lettura!

 

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Capitolo 21

 

Che cos'è la vita?

La vita è la gioia di vivere.

La vita è luce.

La vita ti permette di vedere, assaporare e provare un infinità di emozioni, suoni, esperienze.

La vita è dunque la fonte della felicità?

No, sono tutte stronzate.

La vita è solo un cammino buio e carico di amarezza e dolore.

 

La sera era tranquilla. Una bellissima notte di fine estate carica di rumori ed odori tipici di quel periodo. Il frinire dei grilli era un delicato rumore di sottofondo che placava l'animo più turbolento. Il vento, carico di odori di una stagione ormai finita, sussurrava dolci parole tra gli alberi. Parole gentili e sagge che gli uomini non erano più in grado di capire.

In questo silenzio, in questa quiete così profonda, all'improvviso, si udì un rumore.

Il grido di rabbia di una donna.

C18 sfogò la propria collera urlando a squarciagola e prendendo a pugni ogni albero che si trovava davanti a lei. I suoi pugni, all'apparenza così delicati e piccoli, si conficcavano con profondità all'interno del tronco, creando una ferita che la pianta si sarebbe portata dietro fino alla fine dei suoi lunghi e pacifici giorni.

Erano ore che se ne era andata dalla Kame House e C18 era fuori di sé. Non sapeva dov'era, che ore erano, l'androide non avrebbe saputo dire se erano passate solo poche ore oppure una settimana da quando aveva urlato tutta la sua collera e la sua frustrazione contro Crilin. Tutto quello che la bionda sapeva era che provava un odio profondo contro tutto e tutti. Un odio immenso e bruciante che le divorava il cuore e la mente. Un sentimento così profondo e genuino che quasi era contenta di provarlo. Erano anni che non si sentiva così viva, così furiosa, così terribilmente umana.

Ad un tratto, resa ceca dalla sua collera, la cyborg conficcò un pugno troppo in profondità. Tentò diverse volte, irritandosi sempre di più, di liberarsi, ma il legno del tronco non voleva saperne di cedere alla sua pressione. Alla fine, con un urlo bestiale, la bionda perse totalmente il controllo di se. L'androide creò un enorme sfera di energia viola che formò un cratere di proporzioni immense. Ogni forma di vita, ad eccezione di lei, era stata spazzata via dalla sua immensa collera.

Con il respiro affannoso, C18 si guardò le mani. I suoi occhi cerulei osservarono ciò che aveva in mano.

Cenere. Grigia e soffice cenere le imbrattavano le bianche mani. Cenere che prima era stata una materia pulsante di vita. L'ennesimo, inutile omicidio che aveva commesso con le sue mani sporche di sangue.

Strinse i pugni con rabbia, facendo cadere a terra i resti di quello che era stato un bellissimo e maestoso albero. Non l'aveva deciso lei. Non l'aveva voluto lei tutto questo. Non aveva deciso lei di diventare un omicida, uno sterminatore di anime, un demonio assetato di sangue.

Si conficcò le unghie nei palmi della mani, assaporando quel dolce dolore che proveniva da quel gesto, quasi sperando di poter, in quel modo, pagare per le sue colpe.

“Non l'ho deciso io tutto questo.” dichiarò rivolta al nulla. “NON L'HO DECISO IO!!”

A poco a poco, l'eco della sua voce si affievolì, fino a scomparire del tutto. Poi, dopo, ci fu solo il vento che accarezzava la terra arsa e brulla.

E lei era lì. Sola, immortale, incapace di poter accettare quella condizione che le impediva di poter almeno fingere di essere una persona.

 

Cosa spinge le persone a vivere?

Cosa spinge una persona a scappare dalla morte?

La paura. La paura dell'ignoto. Il terrore di dover affrontare qualcosa di peggiore.

Ma per chi la morte l'ha vissuta, sa che è molto meglio della vita.

Eppure, anche per costoro che non la temono, arriverà il giorno in cui vorranno continuare a vivere.

 

Osservava una giovane madre che, nonostante fosse stanca dalla lunga giornata di lavoro, cercava di far addormentare il suo bambino che piangeva a squarciagola in collo a lei..

No, non fare così tesoro. Dai chiudi gli occhietti amore mio, chiudi gli occhietti...” la donna, una bella mora sui trent'anni, cominciò, per cercare di calmare suo figlio, a cantare una dolce ninna-nanna. Una lenta melodia che si sparse con dolcezza nelle vicinanze.

C18 osservava, stringendosi le ginocchia al petto, la giovane madre da un albero poco distante da quest'ultima. Grazie al suo sviluppatissimo udito di cyborg, all'androide sembrava che la donna stesse cantando al suo fianco. Era una melodia che non conosceva ma che, stranamente, la tranquillizzava.

La odiò per questo.

Odiava quella donna perché avrebbe potuto invecchiare come chiunque, vedere la crescita del suo bambino. Ricordare, con un filo di tristezza, i momenti che stava vivendo in quel preciso istante. Quando suo figlio sarebbe diventato un uomo e lei un'anziana donna che aspetta solo la visita della morte.

Ma lei no. Lei non avrebbe avuto quel dono. Lei non avrebbe potuto invecchiare. Lei sarebbe rimasta sempre giovane, sempre perfetta, sempre affascinante, sempre seducente, sempre fertile. Sarebbe rimasta una giovane donna maturata da poco per sempre, anche quando suo figlio sarebbe diventato un vecchio alla fine dei suoi anni.

Che razza di essere era? Quale persona avrebbe potuto accettare di avere una madre così?

Sono un mostro.” pensò con un filo di tristezza. Era da tempo che non pensava più a cosa significava di preciso essere un androide. A Crilin non era mai importato nulla di tutto ciò. Per il terrestre, lei era sempre stata una giovane donna con un passato terribile alle spalle.

Le labbra di C18 si piegarono in un sorriso amaro nel ricordare le parole che le diceva sempre il piccolo guerriero.

 

Non mi pare proprio che tu sei un robot. Io non vedo acciaio, circuiti o freddi specchi. Quello che io vedo e sento sono dolce carne calda, bollente sangue e profondi occhi azzurri.”

 

Prese il gioiello che lui gli aveva donato qualche mese fa. Lo osservò e lo soppesò a lungo, ricordando tutti i momenti passati insieme.

Stupido.” pensò con profonda amarezza. “Sei solo uno stupido.”

Strinse forte la mano fino a quando non sentì la pietra frantumarsi. A quel punto, l'aprì. Permettendo al vento di portare via ciò che restava del piccolo oggetto.

Sotto un certo aspetto, quella situazione era buffa. Lei, che per anni aveva disprezzato gli umani considerandoli solamente degli esseri inferiori, adesso li invidiava con tutta se stessa.

La giovane madre stava ancora cercando di far addormentare il suo bambino. Incapace di sopportare un secondo di più quella visione, C18 contrasse i muscoli delle cosce e fece un silenzioso balzo nelle tenebre. Passò davanti alla donna come una silenziosa ombra. Una tenebra nella tenebra. Uno spettro che popola gli incubi più nascosti della sua razza.

Dopo poco tempo, la bionda non riuscì più a sentire il dolce e lento canto della madre. Il suo turbamento, tuttavia, durò molto più tempo.

 

Si può arrivare a desiderare la morte?

Si può odiare la vita?

Ovviamente sì, tante persone lo fanno. Gente che non ha più nulla in cui credere, o che non vuole più avere a che fare con questa esistenza.

Ma cosa li spinge a questo gesto estremo? Convinzioni? Certezze?

Solo una.

Che, qualunque cosa ci sia dopo la vita, per quanto possa essere dolorosa o terribile, vale la pena di provare a vedere cos'è.

 

Cos'era lei?

Un mostro? Un robot? Un demone?

Cosa diavolo era lei? Quale mostruosa creatura era diventata contro la sua volontà?

Non lo sapeva. Da tempo aveva smesso di capire, di comprendere il suo corpo, quell'involucro all'apparenza indistruttibile in cui le sembrava di essere una perfetta estranea.

La cyborg osservava, senza in realtà vederli veramente, un gruppo di giovani che chiacchieravano allegramente seduti ad un tavolino all'aperto di un bar. Sembravano felici, rilassati, privi di qualunque preoccupazione.

C18 passò molto tempo ad osservarli. Il suo volto era impassibile, ma nei suoi occhi cerulei si poteva leggere un fortissimo disgusto.

No, lei non era più un'umana. Non aveva niente da condividere con quegli esseri così frivoli e rilassati. Lei era diversa, era una creatura totalmente diversa. Un ibrido che solo una mente malata come quella del Dottor Gero aveva potuto immaginare.

Ma allora lei cos'era? Come diavolo le restava da fare in quella vita maledetta?

Possibile che non esistesse più niente per lei? Possibile che, ora che Goku era morto, l'unico suo compito era quello di disattivarsi?

Rimase terrorizzata alla sua prima reazione per quel pensiero.

Un tempo l'idea di spegnersi non l'avrebbe mai e poi mai contemplata, ma adesso le cose erano cambiate. Quel pensiero non la disgustava più come un tempo.

Già...spegnersi. Dire addio a tutto. Dire basta una volta per tutte a quel destino maledetto. Smetterla di illudersi, smetterla con le speranze, smetterla con tutto.

Era allettante.

Eppure, una piccola parte di lei, non era del tutto sicura che quella fosse veramente la cosa giusta da fare. Infatti, nel profondo di se, l'androide non voleva smettere con quella vita. Non voleva abbandonarla.

La bionda sbuffò irritata. Perché non riusciva a prendere una decisione definitiva? Cosa le era accaduto? Che fine aveva fatto la C18 che decideva senza indugio, senza mai avere un rimorso o un ripensamento?

Forse non riusciva a prendere una decisione perché continuava ad illudersi. Perché, in fondo, lei ci credeva ancora nella possibilità di vivere una vita normale.

Un sogno? Una follia? Una pia illusione?

Oppure una speranza concreta?

 

Silenzio. C'era un silenzio di morte. Un vento freddo sibilava silenziosamente tra le rovine e le macerie degli edifici. Le sue fredde dita artigliavano la sua pelle, facendola rabbrividire dal freddo.

C18 si guardò intorno perplessa. Non capiva. Come ci era arrivata lei in quel posto? Il luogo le era vagamente famigliare ma, per qualche oscura ragione, non riusciva a ricordarsi quando di preciso aveva visitato quei luoghi.

Perplessa, ma non preoccupata, la cyborg cominciò ad incamminarsi lentamente per le vie deserte della cittadina. Più andava avanti, più i suoi occhi cerulei notavano come gli edifici fossero stati vittima di una potenza fuori dal comune. Il vento si intrufolava tra le brecce e le crepe degli edifici, eppure, per qualche ignoto motivo, la città era preda del silenzio più totale. Un silenzio irrealistico. Persino i suoi passi sul selciato spaccato erano insonorizzati.

Più si inoltrava tra le rovine della metropoli, più C18 notava con quanta furia e ferocia era stata distrutta. Era stata una furia ceca e terribile quella che si era abbattuta sulla metropoli. Una furia sconosciuta al genere umano. Eppure, per qualche motivo, quel luogo, quella distruzione, quella ferocia non le erano del tutto sconosciute. Le aveva già viste ed incontrate nel suo passato. Dove e quando però, erano enigmi a cui non sapeva ancora dare una risposta.

Ad un tratto, la bionda si bloccò di colpo. Il suo viso rimase impassibile, ma l'androide tese tutti i sensi e i muscoli all'istante.

Davanti a lei si trovavano uno stuolo di cadaveri. Uomini, donne, vecchi e bambini. Una moltitudine di corpi sfregiati e mutilati. Ovunque volgesse il suo sguardo, vedeva solamente espressioni di dolore e di indicibile sofferenza. In quel momento, davanti a quei corpi ormai privi di vita, la bionda capì.

Sapeva perché si ricordava di quel posto.

Sapeva perché tutta quella furia non le era sconosciuta.

Perché quel massacro, quella furia distruttrice, l'aveva generata lei.

Le sue labbra sottili andarono ad incurvarsi in un sorriso amaro.

Era questo dunque? Era questo che doveva vedere? Le sue vittime? Doveva ripetere l'esperienza di rivedere coloro che aveva ucciso?

Continuò ad avanzare tra le pile di cadaveri, incurante della morte che la circondava. Il sorriso amaro sempre sulle labbra. Tuttavia, con il passare dei minuti, il sorriso sparì, lasciando spazio ad un'espressione nervosa. C'era qualcosa di strano, di anormale in quel luogo. Primo fra tutti la totale assenza di odori e rumori. C18 non riusciva, nonostante i suoi sensi sviluppatissimi, a percepire il mino odore o rumore tipico di un luogo dove si è appena compiuta una strage. Non sentiva l'odore metallico del sangue, né quello dolciastro della carne in decomposizione, non riusciva a sentire il rumore dei vermi che si scavavano una strada all'interno dei cadaveri. Non udiva nulla. Solo un inquietante silenzio.

Ad un tratto, la cyborg vide un corpo infilzato su un sostegno d'acciaio sporgente di un edificio. Guardandosi attorno, C18 comprese di essersi addentrata, senza rendersene conto, in una grande piazza. Quest'ultima aveva una forma quadrata, con nicchie vuote agli angoli dove, probabilmente, erano state occupate in passato da delle statue. Il selciato era spaccato e rotto in più punti, ma le pietre che lo componevano erano piccole tessere di un mosaico che raffigurava una scena confusa, quasi impossibile da capire visto il fatto che molte tessere erano state distrutte dalla forza che aveva colpito quella città.

Perplessa, l'androide alzò le iridi chiare verso l'alto, riprendendo a fissare la figura appesa al sostegno. Avendo il sole negli occhi, la bionda non riusciva a vederne il volto. Tuttavia, all'improvviso, una nuvola coprì l'astro, permettendole di vedere in faccia l'ennesimo cadavere.

Rimase pietrificata.

Non poteva essere vero.

Non poteva essere lui.

Lei non poteva averlo ucciso.

Rimase immobile, con gli occhi spalancati verso il vuoto mentre le sue mani tremavano dall'orrore e dal terrore.

Sangue scuro gocciolava dal corpo senza vita di Crilin, formando un'orrenda pozza sotto il suo suo corpo. I suoi occhi scuri erano vuoti, sulla sua faccia c'era dipinta un'espressione di dolore terribile. Doveva aver sofferto molto prima di essere finito.

No...” sussurrò la bionda. Era attonita. Come aveva potuto ucciderlo? Come aveva potuto ripagarlo in quel modo da tutto quello che lui aveva fatto per lei?

Un lacrima scese dal suo occhio sinistro, una perla liquida che percorse lentamente l'ovale perfetto del suo viso, fino a raggiungere il selciato sporco di sangue.

Ad un tratto, il silenzio fu rotto da una risata. Era una risata derisoria, fredda e crudele.

Oh, poverina! La bambina ha perso il suo principe azzurro!”

C18 girò la testa alla sua sinistra. Ciò che vide la lasciò semplicemente senza fiato.

Nella zona della piazza alla sinistra della bionda, c'era una pila, alta parecchi metri, di cadaveri. Era una montagna orripilante. Un disgustoso monumento in onore di quella strage. Seduta sulla pila, c'era una donna.

Era una donna piuttosto giovane. Era alta e magra, con lucenti capelli biondi che le arrivavano fino alle spalle. Aveva due freddi occhi cerulei che, in quel momento, fissavano beffardi la figura di C18. Indossava un giubbotto di jeans, una gonna dello stesso materiale, stivali di pelle marroni, una maglietta nera con le maniche a righe e, sotto la gonna, delle calze nere. Un segno spiccava sul giubbotto della donna, un segno che C18 conosceva molto bene.

Era quello del Red Ribbon.

La donna seduta sulla pila di cadaveri rise di gusto nell'osservare l'espressione di profondo stupore che albergava nella faccia della bionda.

Cos'è, adesso non riesci neanche a riconoscermi? Eppure siamo state amiche per tanto tempo. Mi rincresce che tu non ti ricordi più di me.”

Chi diavolo sei?” sibilò tesa l'androide.

Mi domandi chi sono?” ripeté l'altra, le labbra sottili incurvate in un sorriso malvagio. “Mi deludi mia cara 18, credevo che tu ti ricordassi della tua unica amica. Mi sono sbagliata.”

Io non ho amici!” ringhiò la bionda con rabbia. “Chi sei?! Cosa cazzo hai fatto a Crilin?!”

A quella domanda, l'espressione di divertimento sparì dalla faccia della donna, sostituita da una più seria. Con un balzo, la bionda scese dall'orribile altura da cui aveva dominato la visuale fino a quel momento, atterrando proprio davanti a C18.

Vuoi sapere che cosa gli ho fatto?” domandò con voce seria la bionda. “Ho fatto quello che avresti dovuto fare tu molto tempo fa!”

Ti sbagli!” ribatté, furiosa, la cyborg. “Io non dovevo ucciderlo. Lui mi amava! Era l'unica persona che vedeva in me qualcosa di più di un semplice oggetto!”

Oh, sicuro!” fece con voce velenosa l'altra. Un sorriso di derisione era tornato ad aleggiare sul suo volto. “Che delusione! Credevo che l'esperienza con Gero ti avesse fatto capire che, per gli uomini, le donne, sono solo oggetti per soddisfare le loro voglie. Alcuni lo possono negare, altri cercano di far vedere che non è così.” Improvvisamente, l'espressione sul suo volto divenne torva. “Ma tutti gli uomini, nessuno escluso, desiderano nella donna solo il suo corpo. Perché pensi che il tuo caro Crilin ti abbia salvato? Perché pensi che abbia chiesto quel desiderio per te e per tuo fratello? Perché sei stata gentile con lui?” una risata fredda e crudele accompagnò la domanda retorica della donna. Sentendo quella risata, C18 perse il controllo.

Adesso basta!” sibilò, portando le mani davanti al petto. Immediatamente, un ki-blast violaceo si formò tra i suoi palmi. Subito dopo, la bionda lo lanciò contro la donna davanti a se che, tranquilla, lo incassò sorridendo.

Una nuvola di polvere si alzò dall'impatto tra la bionda e la sfera di energia. Pezzetti di selciato volarono in tutte le direzioni, mentre una grossa nube di polvere oscurò la visuale dell'androide per qualche minuto.

All'improvviso, quando il fumo cominciò a diradarsi, la cyborg incassò un pugno, dalla potenza devastante, all'altezza dello stomaco. Sorpresa dal colpo, alla bionda le si mozzò il fiato mentre sentiva una risata provenire vicino al suo orecchio destro.

Cosa pensavi di fare?” domandò divertita l'altra. “Adesso pensi davvero di potermi battere?”

C-chi diavolo sei tu?” domandò C18, trattenendo a stento un urlo di dolore. Neanche Cell era riuscito a farle così tanto male con un semplice pugno.

Alla domanda della cyborg, l'altra conficcò con più forza il pugno nell'addome dell'androide, causando una nuova ondata di dolore in quest'ultima.

Io sono te!” sibilò con rabbia la bionda. Subito dopo, C18 fu scagliata, a causa di un ki-blast, contro un muro di un edificio dietro di lei.

La bionda accusò il colpo. Intontita dal dolore, C18 ci mise qualche istante a comprendere dove si trovava. In quei frangenti, l'altra combattente ne approfittò bloccandole le braccia, le gambe ed il collo attraverso l'uso di alcuni cerchi energetici. L'androide tentò in tutti i modi di liberarsi ma, anche quando usò tutta la sua forza, non riuscì a romperli.

Impotente, la cyborg non poté fare altro che osservare la sua rivale avvicinarsi a lei. Fu in quei momenti che comprese come doveva apparire lei nei suoi giorni peggiori e folli. Una splendida macchina di morte. Un'assassina fredda, sadica, crudele e, soprattutto, inarrestabile.

Quando la bionda arrivò davanti alla sua prigioniera si limitò ad osservarla per qualche minuto con uno sguardo disgustato. Poi, lentamente, la schiaffeggiò, con violenza, in viso.

Mi fai schifo!” dichiarò con tono disgustato la donna. “Guardati! Guardati come sei ridotta! Tutto quello che ho fatto per noi, tutto quello che ho fatto per te, l'hai buttato via!” il suo tono di voce, da disgustato, passò ad iroso. I suoi bei lineamenti erano deformati dalla rabbia.

Chi ti ha salvato dalla pazzia nel laboratorio di Gero? Chi ti ha permesso di sopravvivere in quel buco dimenticato dagli dei? Chi ti ha dato l'opportunità di vendicarti di tutti i torti subiti? Chi ti ha dato l'occasione di diventare un essere superiore, la regina della morte, la dea della crudeltà?”

Mentre parlava, la donna cominciò ad accarezzare in volto la cyborg. Per tutta risposta quest'ultima sputò in faccia all'avversaria.

La bionda incassò il colpo sorridendo.

E adesso pure questo...” mormorò maligna. “Tu pensi di essere nel giusto, di aver imboccato la strada giusta dopo anni di tormenti, ma la verità, mia cara 18, è che di giusto a questo mondo non c'è nulla. Io ti avevo dato l'opportunità di cambiare questo mondo, di plasmarlo al tuo volere, al volere nostro e di tuo fratello. Ma tu hai scelto la strada della debolezza, preferendo essere la puttana di un misero essere inferiore, piuttosto che una crudele regina.”

A quelle parole, C18 si limitò a rispondere con un ringhio. Successivamente, l'androide sputò di nuovo contro il volto dell'altra combattente.

L'altra donna, reagì schiaffeggiandola con forza. Successivamente, essa prese il volto di C18 tra le mani.

Non ti conviene provocarmi.” sibilò. “Vedremo se avrai ancora voglia di sputarmi in faccia dopo il trattamento che ho in serbo per te.” dette queste parole, la bionda tolse i pantaloni e le mutande alla cyborg, lasciandola totalmente nuda dalla vita in giù.

Che cosa diavolo stai facendo?!” per la prima volta, C18 sembrò spaventata.

Cos'è, credevi che ti avrei picchiata? Le puttane come te non si meritano certi privilegi.” dichiarò con voce velenosa la sua avversaria. Successivamente, essa violentò, con due dita, l'intimità dell'androide. Un urlò strozzato uscì dalla gola di quest'ultima.

Vuoi essere una puttana? Eccoti accontentata!” dichiarò ridendo la sua rivale che cominciò a masturbare la bionda.

Passarono cinque minuti, cinque minuti di puro inferno per C18 che, disperata, tentò in ogni maniera di liberarsi. Tuttavia, nonostante tutti i suoi sforzi, l'androide non poté far altro che subire la violenza della rivale in silenzio.

Eppure, nonostante quel contatto la rivoltasse, il suo corpo reagì al tocco della sua avversaria. A poco a poco, l'eccitazione salì dentro di lei, fino a portarla ad un orgasmo incredibilmente lungo, che la lasciò senza fiato.

A quei segni, la donna rise, il riso di chi sa di aver la vittoria in pugno.

Guardate! La bella ed orgogliosa C18 che gode come una cagna sotto il tocco di colei che dovrebbe odiare di più.” avvicinò il proprio volto a quello sudato della rivale che, impotente, si limitava a guardarla con uno sguardo di puro odio. La sua avversaria sorrise davanti a quell'espressione.

E' inutile che fai quella faccia.” dichiarò con tono dolce. “Lo so che ti è piaciuto. Ammettilo. Ho la mano bagnata dei tuoi umori.”

Sei rivoltante!” urlò con tono schifato la cyborg. “Mi fai schifo! Sei solo un essere spregevole! Se c'è una puttana qui, quella sei tu!” queste parole furono accompagnate dall'ennesimo sputo in faccia.

L'altra combattente accolse la reazione di C18 con fare impassibile. Tuttavia, nei suoi freddi occhi, c'era una luce da far rabbrividire.

Come desideri.” dichiarò con voce dolce. Troppo dolce. “Non volevo arrivare a questo, ma se proprio insisti, non c'è problema.”

Nella piazza, ci furono alcuni secondi carichi di un silenzio denso e cupo.

Uccidere il tuo marmocchio ti farà abbassare la cresta.”

A quella notizia, C18 spalancò gli occhi cerulei, terrorizzata.

Non può farlo veramente.” pensò mentre sentiva la gelida morsa della paura attanagliarle il cuore.

Davanti a quell'espressione terrorizzata, le labbra sottili della donna si incurvarono in un sorriso crudele.

Sarà uno spasso vedere la tua faccia mentre farò questo lavoretto.” sussurrò divertita.

Disperata, la cyborg cercò, inutilmente, di liberarsi per l'ennesima volta.

Sempre con le labbra sottili incurvate in un sorriso crudele, la bionda violentò con due dita di nuovo l'intimità dell'androide che, a quel contatto, raddoppiò gli sforzi per liberarsi.

Rilassati.” fece con voce divertita la donna. “Non voglio mica ucciderti.”

Rise di gusto nel vedere l'espressione di puro terrore dell'altra.

Dì ciao ciao al tuo bambino.” dichiarò con un ghigno crudele stampato sul volto ad una C18 disperata e terrorizzata allo stesso tempo.

E poi arrivò.

Un dolore atroce partì dal ventre della cyborg, mandandole in tilt i circuiti. Il dolore si propagò in tutto il corpo ad una velocità pazzesca, facendole perdere il controllo di se.

Urlò. Urlò con tutto il fiato che aveva. Urlò dal dolore, dalla disperazione e dalla rabbia per la sua impotenza. Un liquido caldo e denso le usciva a fiotti dalle gambe, formando una pozza scura sui suoi piedi. La bionda sapeva che era sangue.

Inarcò il collo, urlando al cielo tutto il suo dolore, mentre la sua rivale se la rideva di gusto, urlò mentre sentiva il corpo dentro di lei agitarsi per l'ultima volta, prima di spegnersi definitivamente. Subito dopo, una nuova devastante ondata di dolore la sommerse, facendole perdere i sensi.

Precipitò in un abisso rosso, con le sue urla di disperazione e la risata di derisione della sua rivale che le rimbombavano nelle orecchie.

Poi, tutto fu buio.

 

C18 si svegliò di scattò, ritrovandosi a fissare un soffitto sconosciuto totalmente bagnata di sudore. Aveva gli occhi spalancati, il respiro affannoso ed una folle paura nel petto.

Rimase immobile per qualche istante, cercando di riprendere il controllo di se stessa. Poi, all'improvviso, quando i ricordi del sogno tornarono di prepotenza, l'androide si mise, di scatto, una mano sul ventre, quasi per accertarsi che il bambino stesse bene.

Prese un profondo respiro. Aveva i nervi a fior di pelle. Era passato parecchio tempo dal suo ultimo incubo, ma quello che aveva appena vissuto era diverso da tutti gli altri. Qui il nemico non era Cell, Gero o le sue vittime o qualche altra mostruosa creatura che popolava la sua mente.

Qui il nemico era lei stessa.

Si alzò di scatto dal letto, incapace di restare un secondo di più seduta. Attraversò velocemente la squallida camera da letto di un hotel di periferia dove si era fermata quella notte, dirigendosi verso il polveroso specchio appeso ad una parete.

Si specchiò con leggero timore. Osservò la sua figura perfetta con un certo ribrezzo. Si faceva schifo. Odiava quell'eterna bellezza, quell'eterna vita che il fato le aveva costretto ad accettare. In quel momento, la bionda avrebbe volentieri preferito spegnersi che continuare con la consapevolezza di dover vivere per sempre.

Spegnersi...lasciare quella vita...decidere il proprio destino.

Spalancò i suoi occhi cerulei, mentre una nuova consapevolezza prese corpo dentro di lei. Una consapevolezza incredibile, dura ma, allo stesso tempo, dolcissima. C18 l'assaggiò con molta lentezza quell'inebriante idea che aveva appena avuto. La soluzione a tutti i suoi problemi.

All'improvviso, vide nello specchio lei, la sua rivale, il suo carnefice. La vide sorridere maligna, soddisfatta, sicura di poterla dominare.

C18 ruppe il vetro dello specchio con un pugno.

Accolse con piacere il rumore argentino del vetro frantumato. Sentiva i frammenti dello specchio attraversarla senza ferirla minimamente mentre dentro di se si sentiva piena di rabbia, collera e determinazione.

Stronza!” sibilò, socchiudendo pericolosamente gli occhi cerulei. “Ora ti faccio vedere io!”

 

CONTINUA

  
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