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Autore: lievebrezza    18/06/2012    16 recensioni
Blaine arriva in una nuova scuola. L'ultima cosa che vuole è innamorarsi della persona sbagliata; però succede. E tutto improvvisamente, diventa molto complicato, perchè a volte non si può evitare di amare qualcuno di proibito.
[Teacher!Blaine + Student!Kurt]
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dunque, dopo la bellezza di sei mesi, ecco il capitolo conclusivo di Just...complicated. Abbiate pazienza, questa è solo la prima parte: la conclusione si  è rivelata qualcosa di talmente gigantesco che ho dovuto spezzarla in due parti.

La seconda parte arriverà tra martedì e mercoledì, promesso.


Capitolo trentacinquesimo

 (parte prima)


Con l'ammissione alla Nyada non c'era più tempo per immaginare e fantasticare; il futuro di Kurt stava bussando alla sua porta e si aspettava che facesse qualcosa di concreto al riguardo, senza limitarsi a favolosi sogni a occhi aperti. Stentava a realizzare che fosse tutto vero: aveva ottenuto un posto nella scuola dei suoi sogni, aveva un ragazzo meraviglioso che lo amava e andare a scuola non era più un incubo, perché finalmente Karofsky si era ravveduto. Erano settimane, mesi forse, che Kurt non incontrava più il suo marito senza volto, che non si rannicchiava con lui davanti a un camino inesistente per raccontargli la sua giornata; non aveva più bisogno di immaginare qualcuno cui importasse della sua vita, qualcuno con cui potesse condividere i suoi dubbi e le sue debolezze senza timore. Non era difficile rinunciare a quella figura sfocata, quando vedeva il viso di Blaine illuminarsi in un sorriso, quando poteva baciare di nascosto le sue labbra al caffè o sbirciarlo da sopra il suo quaderno durante una lezione. Almeno finchè avrebbe potuto stringergli la mano e godere della sua concretezza, accarezzargli le nocche, baciarne il palmo e mordicchiarne il polso, Kurt non aveva intenzione di rifugiarsi nella fantasia. Il presente e i presupposti per il futuro erano luminosi e soddisfacenti più di ogni volo pindarico.

Tuttavia, Kurt non sarebbe mai stato abbastanza grato a Blaine per averlo costretto a fermarsi quella sera dopo la seconda selezione, e averlo spinto ad assaporare il dolce sapore della vittoria, in un momento in cui era ancora libero dai sensi di colpa e dall'opprimente ombra del futuro.

Nei giorni successivi al suo provino, Kurt si aggrappò più e più volte alla sensazione che aveva provato guardando le strade di New York dalla finestra, durante la sua prima notte da matricola della Nyada: ogni volta che il pianto di Rachel lo aveva fatto sentire in colpa per il suo successo, aveva ripensato alla calda soddisfazione che gli si era acciambellata sul petto davanti a quello spettacolo straordinario e aveva ricominciato a respirare.

Lo aveva fatto quando Rachel e suoi genitori si erano offerti di accompagnarlo in segreteria e aiutarlo con l'iscrizione, salvo poi fare una scenata isterica nei corridoi e cercare di intrufolarsi tra i candidati per la terza selezione.

Lo aveva fatto quando Rachel non aveva voluto fare altro che starsene chiusa nella loro camera d'albergo, nonostante avessero ancora un paio di giorni a disposizione per visitare la città. Aveva sopportato teneramente i lunghi silenzi dell'amica, ascoltato fingendo interesse le teorie complottistiche dei suoi padri e si era nascosto ogni volta che doveva leggere un messaggino di congratulazioni. Tutto per non urtare i suoi sentimenti.

Si era confortato con quella sensazione perfino quando, al loro ritorno a Lima, l'attenzione di tutti i membri delle Nuove Direzioni si era focalizzata sulla personale tragedia di Rachel e su come fosse possibile aiutarla a ottenere un altro provino. Aveva taciuto, aveva sorriso e accettato volentieri i pochi, timidi, complimenti che qualcuno aveva avuto il coraggio di fargli quando lei non era presente.

Si era goduto i festeggiamenti con la sua famiglia, anche se Finn sembrava quasi aver paura a mostrarsi troppo entusiasta, e gli era bastato. Sapeva che per Rachel era dura attutire quella delusione, ma sapeva anche che se la sarebbe cavata: esattamente come lui, era una combattente. Avrebbe trovato la via per arrivare ai suoi sogni, in un modo o nell'altro.

Infatti Kurt non si stupì quando Rachel e Tina organizzarono un viaggio in auto per raggiungere madame Tibidaux in una città a pochi chilometri da Lima, dove l'artista teneva un importante seminario di recitazione; forse l'avrebbero convinta ad ascoltare le suppliche di Rachel e a darle una seconda chance. Tuttavia, il ragazzo insistette perché l'amica prendesse in considerazione anche accademie meno prestigiose della Nyada, inviando la domanda di iscrizione dove era ancora possibile; lui l'aveva fatto da tempo, ben conscio che era folle puntare tutto su un'unica scuola, soprattutto una che accettava venti studenti l'anno.

Con l'aiuto di Finn, riuscì a convincerla, ma nonostante tutto l'attenzione di Rachel continuava a rimanere concentrata su madame Tibidaux e la sua segreteria telefonica; in più di un'occasione lui e gli altri dovettero strapparle dalle mani il cellulare per impedirle di registrarci un'altra, lacrimosa, versione di Don't cry for me Argentina.

Ora tutto rimaneva nelle mani di quella imperturbabile donna e in quelle degli altri membri della commissione: in tutta onestà, Kurt non nutriva grandi speranze al riguardo. Per quanto il talento di Rachel fosse innegabile, concederle un secondo tentativo sarebbe stato ingiusto nei confronti di tutti coloro che avevano commesso un errore e non avevano avuto la possibilità di rimediare.

Nessuno ebbe il fegato di dirglielo in faccia, ma in realtà era quello che pensavano tutti. Ma Rachel era una di famiglia, quindi non era un problema farsi in quattro per lei e confortarla in ogni modo possibile, nonostante fosse assai improbabile la sua ammissione all'accademia dei suoi sogni. Data la vicinanza delle gare nazionali a Chicago, era davvero importante che la loro star riuscisse a ritrovare la sicurezza in sé e l'entusiasmo che l'aveva sempre caratterizzata, altrimenti avrebbero potuto dire addio al podio. Solo la notizia che la Tibidaux sarebbe stata a Chicago proprio nei giorni della loro performance aveva convinto Rachel a gettarsi a capofitto nelle prove, strenuamente aggrappata alla speranza che quella donna potesse palesarsi nell'auditorium proprio durante il suo assolo.

 

***


Mentre a scuola si consumava quel dramma, nei tre giorni che precedevano la partenza per le gare, Kurt si godette la ritrovata liberà: il ritorno da New York aveva coronato la fine del regime punitivo di suo padre e Kurt fu più che felice di celebrarla accoccolandosi sullo scalcinato divano di Blaine, dedicandosi a quelle numerose e didattiche attività che proprio non potevano essere messe in pratica nella cucina di casa Hummel. Sorprendentemente, Blaine sembrò più che felice di accontentarlo, sbattendo Sebastian ed Eric fuori dall'appartamento senza lasciarsi intenerire dalle loro suppliche; nonostante Kurt volesse un gran bene a quei ragazzi, fu senza un briciolo di rimorso che li guardò lamentarsi e andarsene via con passo pesante. Rimanevano tre giorni prima delle gare, degli esami finali e del prom; i momenti da rubare per stare con Blaine erano davvero pochi.

Stranamente però, il giorno prima della partenza per Chicago, quando Kurt si presentò a casa di Blaine con una grossa borsa stretta in mano e un sorriso soddisfatto stampato in volto, gli impedì di scagliare la sua consueta occhiata minacciosa ai due che al momento poltrivano sul tappeto, per invitarli silenziosamente a sparire per almeno un paio d'ore.

“Aspetta. Volevo farvi vedere una cosa.” disse Kurt, appoggiando con cura la borsa sul bracciolo del divano e guadagnandosi un piccolo applauso da Sebastian ed Eric, immediatamente ripiombati sul tappeto. Blaine lo guardò incuriosito, ma non disse nulla; si limitò ad avvicinarsi, cingergli i fianchi con un braccio e guardarlo adorante.

“Dovete sapere che vicino al nostro hotel, a New York, c'era questo posto assurdo in cui facevano delle svendite e...” cominciò a spiegare, eccitato, sfregando le mani una contro l'altra. “E sono riuscito ad approfittare di un momento di distrazione dei signori Berry per fuggire dall'albergo e tuffarmi in quel paradiso del fashion.”

Quando accennò alla sua rocambolesca fuga, che aveva richiesto una divisa da cameriere, una corsa a perdifiato giù per le scale di servizio e una scatola di fiammiferi, Sebastian sollevò un sopracciglio e domandò incredulo: “Kurt, sei dovuto scappare dalla tua stanza? Per andare... in un negozio?”

“I signori Berry si sono rivelati molto più severi di quanto io potessi immaginare. Dato che loro non volevano lasciare Rachel da sola e lei non voleva abbandonare il suo letto, non si fidavano a lasciarmi uscire da solo.” spiegò, ricordando come lui stesso avesse provato, inutilmente, a ribellarsi al loro divieto.

“Sì, io questo lo capisco ma... per andare in un negozio? Avrei capito una capatina notturna a un club, da te mi sarei anche aspettato una fuga di mezzanotte per andare a vedere un musical o fare stalking a qualche celebrità, ma un negozio... voglio dire, ce ne sono tonnellate, qui in Ohio.” ripeté, scuotendo la testa. L'espressione di Kurt si fece dura: “Sebastian. Era una svendita di Alexander McQueen, a DUE isolati dall'albergo. Conosco gente che venderebbe sua nonna su Ebay anche solo per metterci piede.”

“Ok, non ti scaldare!” Sebastian sollevò le mani per scusarsi e Kurt riprese a spiegare.

“Bene. Mio padre mi aveva lasciato la carta di credito per eventuali emergenze e quando ha saputo del provino mi ha dato il permesso di prendermi un regalo. Diciamo che aver saputo della svendita e avere una carta di credito in tasca mi ha dato il coraggio necessario a mentire e corrompere un cameriere. Ma ne è valsa la pena.” concluse, sognante.

“Va beh, ma allora io a questo punto voglio vedere che hai preso!” esclamò Eric, allungando le mani verso il borsone. Con uno scatto, Kurt lo bloccò, dopo essersi sciolto dall'abbraccio di Blaine.

“Voi aspettatemi qui. Voglio farvelo vedere indossato, dato che non verrete al prom.”

Strappò dalle curiose mani di Eric il famoso borsone e trotterellò elegantemente verso la camera di Blaine. “Rimarrete a bocca aperta!” gridò prima di chiudere la porta alle sue spalle. I tre ragazzi rimasti in salotto si accomodarono sul divano e nella stanza calò il silenzio.

“Blaine, ma questo Alexander chi è?” chiese Sebastian, sporgendosi verso l'amico, seduto dall'altro lato. “Voglio dire, a Kurt piace proprio tanto, eh.”

“E' uno stilista. Mi sembra.” aggiunse Eric, che era proprio in mezzo a loro. “Una delle cassiere compra sempre Vogue e mi costringe a sfogliarlo insieme a lei da quando ha saputo che sono gay. Se non sbaglio, è morto un paio d'anni fa.”

“Ah. Beh, questo spiegherebbe la svendita.” commentò imbarazzato Sebastian. Tacquero, finchè finalmente Kurt non si palesò sulla soglia della stanza, facendo una giravolta su se stesso e fermandosi trionfante, con le mani sui fianchi. Tutti e tre inclinarono la testa di lato, sforzandosi di mettere a fuoco quello che avevano davanti.

“Kurt, quello è... ” Blaine non concluse la domanda. Ma era un kilt, ovvio che lo era. Si morse un labbro quando Kurt girò di nuovo su se stesso, annunciando entusiasta che...

“Sì, è un kilt! E non ci crederete mai, l'ho pagato una miseria. Ho dovuto lavorarci un po' su con la macchina da cucire perché era troppo grande ma ora mi calza a pennello, non è vero?” Si passò le mani sulla giacca e spazzolò la stoffa da polvere immaginaria, poi li guardò speranzoso. “Vi piace?”

Blaine sembrava preoccupato, Eric era più che altro attonito, Sebastian era evidentemente su di giri.

“Mi piace!” disse battendo la mano su un ginocchio. “Dove si comprano questi affari?”

Eric si voltò di scatto verso di lui: “Non vorrai davvero mettertelo, spero! Con quelle cosce secche che ti ritrovi sembreresti un pollo spennato.”

In tutta risposta, Sebastian fece un ghigno compiaciuto: “Ma io non ho mai detto di volerlo comprare per me, caro. Ti vanti sempre della consistenza marmorea dei tuoi polpacci, è giunta l'ora di indossare qualcosa che li valorizzi.”

Scandalizzato, Eric spalancò la bocca: “Senza offesa, Kurt, ma io con quell'affare addosso in giro non ci vado!”

Il ghigno soddisfatto di Sebastian si fece più largo: “Non ho mai detto che devi andarci in giro. Dopo quello che ho intenzione di farti quando lo metterai... probabilmente non riusciresti ad andare in giro neanche volendo.”

L'espressione di Eric, da indignata, si fece interessata e lusingata: “Lo metterò se tu ti impegnerai a recuperare un caschetto da minatore. Lo sai che ho un debole per il fratello maggiore di Billy Elliot.”

Lo scambio verbale tra i due aveva lasciato Blaine e Kurt di stucco. In una manciata di secondi, un innocente capo d'abbigliamento era diventato il protagonista di una delle fantasie erotiche di Sebastian, e uno dei film preferiti di Kurt era stato profanato senza pietà. Fantastico, davvero.

“Ehm, ragazzi? Possiamo tornare a concentrarci su di me, per cortesia? Vorrei un parere sincero, come mi sta? Voglio metterlo al ballo della scuola.” domandò Kurt, schioccando le dita davanti agli occhi dei due per interrompere uno scambio di sguardi che poteva essere definito solo come rovente. Blaine ridacchiò e allungò le dita ad afferrare il bordo del kilt.

“Ti sta splendidamente, Kurt.” saggiò la consistenza del tessuto tra i polpastrelli, pensieroso.

“Ma?” lo incalzò l'altro, intravedendo l'incertezza nell'espressione di Blaine.

“Ma non vorrei che finissi per attirare troppo l'attenzione, ecco. Già andrai con quel Chandler... penseranno tutti che è il tuo ragazzo, anche se hai detto a tutti che siete solo amici. Mettere un kilt potrebbe essere la ciliegina sulla torta che potrebbe finire per infastidire qualcuno; manca così poco alla fine della scuola, non vorrei che per un capriccio fashionista perdessi l'opportunità di concludere l'anno serenamente.” Kurt non rispose.

“Kurt, per quanto mi riguarda, e lo dico nel più amichevole e disinteressato dei modi, sei uno schianto. Se entrassi in un club vestito così, nel giro di cinque minuti di te non rimarrebbero che brandelli. Ma moriresti felice, te lo posso assicurare.” commentò Sebastian. Eric, accanto a lui, annuì vigorosamente.

Kurt abbassò lo sguardo per osservare il kilt, combattuto tra l'ascoltare l'opinione di Blaine o dare libero sfogo alla sua eccentricità.

“Dopotutto è questo lo scopo di questi eventi, no? Mettersi in mostra e farsi belli. Non voglio rinunciarci, non dopo quello che ho passato per comprarlo. Solo per metterci sopra le mani ho affrontato corpo a corpo due tizi che erano il doppio di me, e ho cucito per ore per adattarlo alla mia taglia. No, non si discute, questo sarà il mio outfit per il ballo.”

Davanti alla sua determinazione l'istinto di Blaine fu quello di farsi piccolo piccolo contro lo schienale del divano e lasciare che Kurt facesse quello che preferiva, ma il ricordo di quanto era accaduto all'unico ballo cui aveva preso parte era troppo vivido per lasciar correre. Quindi provò comunque a ribadire quello che pensava, anche se aveva la netta impressione che Kurt non volesse ascoltarlo: “Non saprei, Kurt... sarai sicuramente bellissimo, ma se dovesse succedere qualcosa di grave? Non dico che debba per forza succedere la stessa cosa, ma un po' di prudenza potrebbe essere una buona idea.”

“Non voglio nascondermi, Blaine.” strappò dalla mano di Blaine il bordo del kilt. “Ne ho passate di tutti i colori quest'anno, voglio che il mio prom sia qualcosa che in futuro ricorderò con piacere, non l'ennesima occasione in cui ho dovuto adattare me stesso al contesto in cui mi trovo per non urtare i sentimenti altrui.”

“E io questo lo capisco, ma...” rispose Blaine.

“No, Blaine. Niente ma. Almeno da te mi sarei aspettato un briciolo di sostegno. So bene quello che è successo al tuo ballo e so che vuoi proteggermi, ma sono stanco di avere paura. Andrà tutto bene. Io e Chandler arriveremo con Rachel e Finn, berremo bevante annacquate e dondoleremo a ritmo di musica, poi ce ne andremo a casa. Se hai davvero il timore che possa succederci qualcosa, puoi scortarci tu stesso alla macchina, per controllare che non ci sia nessuno in agguato nel parcheggio.”

“Io credo che non sia davvero una buona idea, Kurt. Sembra proprio che tu stia andando a cercare guai.” concluse Blaine, scuotendo la testa. Kurt s'irrigidì e fece una smorfia, poi girò su se stesso, abbandonando la stanza.

“Kurt, aspetta...” Il suono sordo della porta della sua camera che veniva sbattuta lo fece desistere dall'avanzare una qualunque spiegazione. Quando si alzò, scoprì con sorpresa che Kurt aveva chiuso la porta a chiave.

“Ehm... Kurt?” bussò delicatamente, ma l'altro non rispose. Sentì solamente il fruscio di abiti che venivano lanciati sul letto e i passi di Kurt che si muoveva avanti e indietro, borbottando tra sé e sé.

“Kurt, possiamo parlarne un momento per favore?” provò a dire, aggrappandosi alla maniglia.

“No. Vai via.” fu l'articolata risposta di Kurt.

“Andiamo, non puoi essere davvero arrabbiato. Lo sai che l'ho detto solo perchè ho paura che ti succeda qualcosa! Non puoi prendertela con me solo perchè sono preoccupato!”

Kurt non rispose e Blaine rimase lì davanti ancora per qualche minuto, finchè non decise di tornare in salotto, dove Sebastian ed Eric lo aspettavano ansiosi.

“Allora?” domandarono all'unisono.

“Niente, si è chiuso nella mia stanza e non vuole parlarmi.”

Sia Sebastian che Eric fecero un tentativo di stanarlo, ma senza successo. Fu solo due ore più tardi, dopo svariate suppliche sussurrate da Blaine attraverso la porta, che Kurt decise di uscire; indossava un paio di jeans e la maglia di Harvard di Blaine, oltre che un'espressione tremendamente scocciata.

“Esco solo perchè ho fame. Sono ancora arrabbiato con te.” disse puntando il dito sul petto di Blaine con aria risoluta. Era del tutto intenzionato a non lasciare cadere l'argomento.

“E io continuo a pensare che tu sia cocciuto e testardo. E che mettere un kilt potrebbe attirare troppo l'attenzione di qualche malintenzionato e cacciarti nei guai, ma ti coccolerò comunque sul divano.”

Kurt, con le braccia incrociate sul petto, sollevò un sopracciglio: “Davvero?”

“Volente o nolente, ti atterrerò di forza sui cuscini e ti somministrerò una dose mortale di grattini. Ma rimango della mia idea.” scherzò Blaine.

“E io della mia.” rispose Kurt di rimando.

“Bene, almeno su questo siamo d'accordo. So che pensi che mi preoccupo per niente ma...”

Kurt lo guardò intensamente, poi annuì: “Staremo attenti, promesso.”

Blaine sarebbe stato presente, se fosse successo qualcosa sarebbe potuto intervenire e aiutarlo. Proteggerlo, se necessario: non avrebbe mai permesso che gli accadesse qualcosa di grave. Blaine sorrise, rassicurato, e seguì Kurt in salotto, sprofondando seduto accanto a lui.

A quel punto, Sebastian sollevò un argomento che tutti i presenti avevano paura di affrontare.

“Bene, ora che la nostra drama queen ha finito di tormentarci con la sua sindrome premestruale, possiamo riflettere su qualcosa di davvero importante? Fra tre mesi questo appartamento non sarà più il bilocale con il più alto tasso di gay di Lima? Voglio dire, perfino allo Scandals di tanto in tanto mette piede qualche etero, qui perfino il ragazzo delle consegne è più queer di un unicorno che cavalca l'arcobaleno.” disse con un sospiro.

“Già. Tre mesi.” rispose Blaine, sospirando di rimando. Tre mesi e lui sarebbe stato alla Brown.

E Kurt, con il suo amato kilt, a New York.

“Avete già pensato come... ehm, diffondere la notizia che voi due state insieme? Voglio dire, con la fine della scuola non sarà più necessario nascondersi, giusto? Non che siate mai stati esattamente dei maghi nel tenere un profilo basso, ma...” domandò Eric, sporgendosi verso Blaine e Kurt.

“Oh. Beh... veramente io non ci avevo ancora pensato. Forse dirlo il giorno dopo la fine della scuola sarebbe un po' come ammettere che la relazione è nata durante l'anno scolastico, quindi probabilmente farebbe comunque nascere un po' di pettegolezzi. Potremmo andare avanti così ancora per qualche settimana, poi semplicemente cominciare a farci vedere in giro e...” Improvvisamente, Blaine si sentì spaventato. Con la fine della scuola alle porte, il rischio di uno scandalo si faceva più reale che mai: chissà che cosa avrebbe detto la gente, magari sarebbero arrivati i giornalisti, addirittura avrebbero finito per avvisare i suoi professori alla Brown. Di bocca in bocca, la storia del giovane insegnante innamorato sarebbe diventata quella di un educatore perverso che approfittava di un ragazzino.

Anche se ancora arrabbiato, Kurt lo baciò su una tempia e gli passò una mano sulla schiena, quando vide che si stava agitando: “Tranquillo, Blaine. Non dobbiamo appendere manifesti per le strade un minuto dopo la fine della scuola. I miei genitori lo sanno già, i tuoi amici anche. Ci penserò io a dirlo ai ragazzi del Glee, ma sono certo che, a parte lo stupore iniziale, si limiteranno a chiedermi se sono ancora in tempo per corromperti e far alzare i loro voti di fine anno. Non c'è bisogno che lo sappiano altre persone, ma noi potremo finalmente andarcene a cena, al bowling e al ristorante senza timore di ripercussioni. Solo io e te, ok? Non succederà nulla di quello che già so stai immaginando sotto quel cuscino di ricci.” sorrise, sforzandosi di essere rassicurante.

E Blaine riprese a respirare normalmente: “Già. Sì. Scusami... mi è presa un po' d'ansia all'improvviso. Comunque mi mancherà, questo appartamento. E le nostre serate tutti insieme.”

Non avevano ancora parlato di quello che avrebbero fatto a settembre, se avrebbero dato o meno una chance a una relazione a distanza, così ignoravano che nessuno dei due aveva intenzione di concedere all'altro la possibilità di abbandonarlo. Avevano paura di dirlo ad alta voce, ma il desiderio di mettersi in gioco era forte.

Blaine stava quasi per dire a tutti che avrebbero potuto organizzare serate simili nell'appartamento newyorchese di Kurt, dando voce alla sua speranza di rimanere con lui anche dopo le rispettive partenze, quando fu il turno di Sebastian di alzarsi e annunciare qualcosa ai presenti.

“Ragazzi, a proposito dell'appartamento, anche io ed Eric vogliamo rendervi partecipi di una decisione molto importante che abbiamo preso mentre Kurt era a New York per i provini.” Eric si alzò e Sebastian lo strinse a sé, appoggiandogli il braccio sulle spalle. “Come sapete già, lui studia qui in Ohio e io ad Harvard. Fino a oggi ho potuto giustificare questi lunghi soggiorni a Lima dicendo ai miei che stavo da Blaine, ma non appena si trasferirà alla Brown non sarà più una scusa plausibile. Quindi... l'appartamento lo prenderemo in affitto noi due non appena Blaine chiuderà il suo contratto, abbiamo già parlato con il proprietario. E domani porterò Eric a conoscere i miei. Cena ufficiale e tutto quanto.”

Non aveva ancora finito di parlare, che Eric strillò, allargando le braccia in modo teatrale: “Andiamo a vivere insieme! Ci potete credere?”

Mentre Kurt ed Eric si abbracciavano entusiasti, saltellando qua e là per la stanza e discutendo delle possibili modifiche che potevano introdurre per rimediare al pessimo gusto dell'attuale occupante, Blaine si alzò dal divano e strinse solennemente la mano di Sebastian, che poi lo tirò in un abbraccio, per sussurrargli terrorizzato all'orecchio: “Mi sto letteralmente cagando sotto all'idea, sappilo. Ma se non dessi davvero una chance a questa cosa, non potrei mai perdonarmelo.”

“Sono sicuro che tua madre lo adorerà. Ovvio, non è nemmeno paragonabile alla perfezione fatta persona quale invece sono io, ma suppongo che si accontenterà. Ma la convivenza andrà bene, praticamente vivete insieme sotto questo tetto già da mesi. Non hai intenzione di lasciare Harvard, vero?” chiese, realizzando che forse era quella l'idea dell'amico.

“No, no. Alla fine qui con Eric studio più di quanto non facessi a Boston, la media dei miei voti è addirittura migliorata. Non rimarrò sempre qui, ma sarà il posto dove tornerò non appena possibile. Ed Eric aveva davvero bisogno di cambiare aria. Qualche giorno fa ne abbiamo parlato e ci siamo trovati d'accordo, è stato quasi naturale decidere di rimanere qui. È stato troppo spontaneo per essere qualcosa di cui potrei pentirmi.” Si scambiarono una lunga occhiata eloquente, poi Kurt sbucò all'improvviso in mezzo a loro e abbracciò stretto Sebastian.

“Ragazzi, è meraviglioso! Dobbiamo assolutamente festeggiare.” annunciò.

“Orsetti alla vodka?” gridò interrogativo Eric dalla cucina.

Disapprovando la proposta alcolica di Eric, Blaine scosse la testa e urlò in risposta: “C'è del sidro frizzante nel frigorifero, prendi quello e le patatine nella dispensa. Poi ordiniamo qualcosa da asporto!”

“Sushi?” supplicarono Sebastian e Kurt all'unisono. Blaine annuì, perchè aveva paura della possibile reazione di Kurt, se avesse proposto di ordinare ancora thailandese.

“E che sushi sia.”

Kurt raggiunse Eric in cucina, poi passò la serata chiacchierando con i ragazzi di quanto costavano i voli tra Columbus e Boston, della necessità di cambiare il materasso del letto della camera matrimoniale e di quanto sarebbero state carine le pareti se le avessero coperte di tappezzeria color lavanda. L'allegria e l'ottimismo di Sebastian ed Eric, eccitati per la prossima convivenza, fu contagiosa: stretto tra le braccia di Blaine, con la possibilità di un futuro radioso e la fine della scuola alle porte, Kurt pensò di non poter essere più felice di così.

Anche se rimaneva ancora un po' arrabbiato con Blaine, ovvio.


***

 

Nonostante le raccomandazioni di Blaine, in cuor suo Kurt si convinse addirittura che nulla sarebbe più potuto andare storto. Tale illusione sembrò irrobustirsi ulteriormente quando dopo qualche giorno le Nuove Direzioni vinsero a Chicago e madame Tibidaux fece la sua improvvisa comparsa nel pubblico del teatro proprio durante l'assolo di Rachel, rendendo così più concreta la possibilità di portare Rachel con sé a New York.

L'ingresso a scuola tra i coriandoli e i festeggiamenti degli altri studenti fu qualcosa di epico, che lui e gli altri ragazzi non avrebbero mai dimenticato: i perdenti del Glee erano finalmente dei campioni. Camminare per i corridoi, beandosi degli applausi entusiasti, fu catartico, quasi terapeutico: tutti volevano abbracciarli, congratularsi o stringergli la mano. Se non fosse stato tanto elettrizzante, avrebbero avuto la forza di realizzare che quelle erano le stesse persone che si erano rifiutate di dividere il banco con loro, che avevano boicottato ogni loro iniziativa e che avevano mormorato alle loro spalle le peggiori malignità. In quel momento, tuttavia, non aveva importanza: l'adrenalina e l'eccitazione avevano creato un'atmosfera unica e loro intendevano godersela fino alla fine.

Forse fu proprio per quello che, trasportato dall'ottimismo, quando Kurt incontrò in corridoio Dave non esitò nell'accettare la sua proposta di andare in un'aula appartata per parlare un momento da soli. Il ragazzone chiuse la porta e giocherellò con uno dei cordini della sua felpa, bofonchiando nervosamente qualche complimento per la vittoria, mentre Kurt si accomodò su uno dei banchi vuoti. Lo osservò incuriosito, senza sapere qual fosse il vero motivo della richiesta di Dave o di cosa intendesse parlargli: fece dondolare le gambe e attese pazientemente che trovasse da sé la forza di dirglielo. Si spazzolò dalle spalle i coriandoli che i giocatori di hockey gli avevano scherzosamente tirato addosso e rispose alle cortesi, seppure imbarazzate, domande di Dave sulle gare e su New York in primavera; si sentiva a suo agio a stare da solo con lui, perché da settimane non vedeva più, nei suoi movimenti, la furia trattenuta stento che nei mesi precedenti aveva imparato a temere.

“Grace, la mia... ehm, terapeuta, mi ha detto che devo parlarti.” disse improvvisamente, interrompendo le chiacchiere senza importanza che li avevano intrattenuti fino a quel momento. Kurt annuì in silenzio e gli fece cenno di continuare, lasciando cadere a terra i coriandoli che aveva raccolto fino a quel momento. “Stavamo parlando del ballo e mi è sfuggito... le ho detto che avrei voluto andare al ballo con te.”

Kurt sgranò gli occhi, sorpreso da quella confessione. Dave agitò le mani tra di loro e si affrettò a spiegarsi: “Non fraintendermi, non è mai stata mia intenzione chiederti effettivamente di venire al ballo con me. Non sono pronto per far sapere a tutti che... che forse sono gay. Secondo Grace ho davvero molto lavoro da fare su me stesso prima di poter reggere la pressione psicologica e sociale di un coming out. Quello che intendevo dire, è che ero molto confuso circa quello che provavo per te, l'idea che avevo... per un certo momento ho pensato che forse mi piacevi, non lo so. Che forse c'erano dei sentimenti da parte mia, nei tuoi... nei tuoi confronti.”

Agli occhi sgranati, Kurt accompagnò una bocca poco elegantemente spalancata. Non aveva mai preso in considerazione quella possibilità, aveva semplicemente pensato che Dave avesse smesso di essere omofobo e fosse venuto ai patti con la sua possibile omosessualità.

“Dave, io...” cominciò a dire, ma l'altro lo interruppe, afferrando una mano che Kurt teneva appoggiata sulle ginocchia e riprendendo a parlare, con voce rotta, ma determinata.

“Non devi dire niente. In realtà io... provavo sentimenti molto contrastanti. E a volte li provo tutt'ora, ma quello su cui devo concentrarmi per adesso è solo me stesso. Uno dei tanti passi che devo compiere è chiederti scusa, Kurt. Mi dispiace che la mia frustrazione sia stata causa per te di tanta sofferenza; per poter andare avanti ho bisogno di sapere che potrai perdonarmi, un giorno.”

“Sì. Voglio poter essere tuo amico, un giorno. Ma se è questo ciò di cui hai bisogno ora, sappi che vedo che sei cambiato. E sono felice per te, davvero.”

Kurt abbassò lo sguardo sulle loro mani e voltò la sua, contraccambiando la stretta gentile di Dave, sorridendo timidamente davanti a quell'immagine: mesi prima, avrebbe considerato folle l'idea di prendere per mano Karofsky. Ma erano cambiate tante cose, durante quei mesi: lui stesso era cambiato ed era in grado di perdonare qualcuno che credeva non gli avrebbe mai chiesto scusa.

Rimasero così, per qualche istante, finchè il silenzio e quell'intima immobilità non li fecero sentire a disagio: Dave fece un passo indietro, Kurt sfilò la mano e la infilò in tasca.

“Con chi verrai al ballo, dunque?” chiese, giusto per spezzare l'imbarazzo del momento.

“Con Santana Lopez. Mi ha chiesto di aiutarla nella sua campagna di reginetta.” rispose l'altro, stringendosi nelle spalle. Essere un giocatore di football aiutava, almeno in quelle circostanze.

“Santana? Ma lei è innamorata di...” Kurt non concluse la frase. Dopotutto, erano solo i ragazzi del Glee a sapere di lei e Brittany; non avevano ancora ben chiaro che cosa ci fosse tra di loro, ma sapevano che c'erano in ballo dei sentimenti.

“Di Brittany, la cheerleader bionda che crede che esistano gli unicorni. Sì, ne sono a conoscenza.”

Fu Dave a finire la sua frase, lasciando Kurt di stucco. Quella conversazione si stava rivelando assai più sorprendente di quanto si fosse aspettato.

“Ma come fai a saperlo?” sbottò, saltando giù dal banco.

“Diciamo che incrocio Santana in un certo posto, un paio di volte a settimana. E a volte ci capita di sederci insieme in sala d'attesa e parlare un po'. Abbiamo qualche problema in comune, qualche dubbio da chiarire, ma ci stiamo lavorando su. Qualche giorno fa eravamo in caffetteria, siamo inciampati nell'argomento prom e abbiamo convenuto che andarci con un... beh, con un amico potesse essere il giusto compromesso. Piuttosto che andarci da soli o... ecco, lo sai.”

Kurt sollevò un sopracciglio, elaborando rapidamente quello che Dave gli aveva appena detto. Dunque anche Santana stava vedendo una terapeuta; era lieto di saperlo, perché lui per primo aveva osservato con perplessità il suo improvviso disinteresse per i ragazzi del McKinley in favore delle attenzioni di Brittany. Non aveva osato dirle nulla al riguardo, ma sapeva che si era trattato di un cambiamento troppo repentino per lasciare che lo affrontasse da sola.

“Hai ragione, se non vi sentite pronti, è meglio così.”

“Ho saputo che tu invece verrai con un certo... Chandler, giusto? Sono felice per te. Insomma, dopo tutti questi casini trovare qualcuno disposto a mettersi in gioco così tanto con te, è roba grossa. Giusto?” commentò imbarazzato. Kurt si affrettò a spiegare i pettegolezzi che gli erano giunti.

“E' solo un amico. Rachel non voleva che venissi da solo e ha pensato bene di chiedere a Chandler di accompagnarmi, ma non è il mio ragazzo. Proprio no, ecco.”

“Oh. Scusami, allora. Ho pensato che quella degli amici fosse solo una scusa. È quello che penseranno tutti, lo sai.”

“Sì, lo so. Ma non volevo rimangiarmi l'invito e ferirlo, dato che sembrava tenerci così tanto. Gli esami sono alle porte e il sabato del ballo la scuola ormai sarà finita, che vuoi che ci succeda?”

L'entusiasmo e l'ottimismo di Kurt lasciarono Dave comunque preoccupato. Si sfregò il mento tra indice e pollice, pensieroso: “Meglio che facciate attenzione. Non ero di certo l'unico ad averti preso di mira.”

Kurt stava per rispondergli, quando Sugar aprì la porta dell'aula e strillò eccitata nella sua direzione, per poi correre via barcollando su dei tacchi vertiginosi: “Eccoti, finalmente ti ho trovato! Corri Kurt, stiamo per mettere il trofeo nella teca! Che aspetti, forza, vieni!”

Si voltò a guardare Dave, che gli fece silenziosamente cenno di andare; quando raggiunse gli altri ragazzi nella sala del coro, le raccomandazioni del giocatore scivolarono in un angolo recondito della sua mente, insieme alle riserve di Blaine circa le possibili reazioni al suo kilt. Il trofeo era sfarzoso, luccicante e pretenzioso, ma in quel momento a Kurt non importava che fosse kitsch: era un simbolo, il fiore all'occhiello di un anno iniziato sotto i peggiori auspici e che ora si concludeva in bellezza. Rimase a contemplarlo insieme agli altri, tenendo Rachel per mano, finchè lei non si sciolse dalla sua stretta per pomiciare con Finn; Kurt avrebbe voluto che anche Blaine fosse lì in quel momento, per condividere con lui la gioia dei festeggiamenti. Si lasciò sfuggire un lamento, poi tornò a buttarsi nella mischia dei ragazzi, che stavano spruzzando sidro e mangiando torta.

Sarebbe venuto il loro momento. Mancavano solo una settimana di esami e il prom, poi la scuola sarebbe finita e avrebbero potuto comportarsi come una coppia normale. Assaggiare finalmente quale gusto avrebbe avuto concedersi quel tutto che ora sembrava ancora così lontano.

 

***

 

Durante la settimana degli esami, decisero di comune accordo che era meglio non vedersi ogni giorno. Kurt doveva studiare e Blaine aveva numerosi impegni, dovuti agli scrutini, che lo costringevano a rimanere a scuola anche dopo la fine delle lezioni. Il giorno del prom giunse in un battito di ciglia, lasciando alle loro spalle la stanchezza dello studio e l'estenuante ritmo delle prove finali: riuscirono a incontrarsi per fare colazione insieme il sabato mattina al Lima Bean, beandosi dei caldi raggi di sole che filtravano attraverso le vetrate del locale.

Sfiancato dalla settimana appena conclusa, Kurt decise di premiarsi con un frappuccino al caramello e un enorme biscotto ripieno: al diavolo la dieta, si era detto. Ormai tutti i pantaloni gli andavano larghi a causa dello stress da provino, nazionali ed esami: poteva concedersi un po' di cibo spazzatura, altrimenti il suo sedere avrebbe finito per assomigliare a una prugna secca. Seduto davanti a lui, Blaine stava sfogliando un giornale, sbocconcellando distrattamente un muffin gigantesco e canticchiando la canzone di Katy Perry che era trasmessa dalla radio della caffetteria.

Ormai aveva abbandonato i suoi tentativi di convincere Kurt a cambiare abbigliamento per il ballo di fine anno: neppure il sostegno di Burt era servito a qualcosa. Se possibile, Kurt si era impuntato ancora di più su quella scelta appariscente.

Seduti al loro solito tavolino, erano rilassati, confortati da quel rassicurante silenzio; questo almeno finchè il cellulare di Kurt non emise il caratteristico suono che segnalava l'arrivo di un messaggino. Kurt ignorò il suono e continuò a guardare fuori dalla vetrina, succhiando la cannuccia con la ferma determinazione di godersi l'unico frappuccino che avrebbe bevuto nel 2012.

Poi il telefono suonò ancora.

E ancora.

E ancora.

“Dovresti rispondere.” commentò Blaine, smettendo di canticchiare e alzando gli occhi dal giornale che stava coprendo di ditate al cioccolato fondente. “Potrebbe essere qualcosa di importante.”

Kurt mordicchiò infastidito la cannuccia, poi sbuffò: “So già di chi si tratta. Può aspettare.”

Un altro messaggino.

Poi un altro ancora.

Blaine fece per parlare e Kurt sollevò una mano per fargli cenno di fermarsi: “Va bene. Ora leggo. Ma so già che è Chandler. E' da ieri che sta dando di matto per l'outfit di stasera. Da quando ha saputo del kilt non fa che tormentarmi, perché vuole indossare qualcosa di altrettanto originale; ma so già che non riuscirà mai a essere elegante quanto me, per quanto si sforzi.”

Blaine sollevò un sopracciglio, lanciandogli un'occhiata di rimprovero. Kurt si strinse nelle spalle: “Ehi! Guarda che, nonostante i tuoi dubbi, l'idea del kilt è stata geniale, l'ha ammesso anche lui. Comunque ora mi sta scrivendo per sapere se deve passare lui a prendermi o se passo io da lui. E di che colore metto la cravatta, così può prendermi una boutonnière coordinata.” Alzò gli occhi al cielo, esasperato.

“Non fare così, dai... è molto gentile da parte sua. Ha voglia di farti passare una bella serata e dovresti apprezzare i suoi sforzi.” Precisò Blaine, facendolo sentire immediatamente in colpa. Kurt digitò rapidamente un paio di sms di risposta, poi tolse la suoneria.

“Gli ho detto che passo a prenderlo io con la limousine noleggiata da Rachel e Finn, e che la mia cravatta è nera. Contento? Così oggi al mucchio di cose che ho da fare devo anche aggiungere una visita al fiorista, perché mi sentirei un idiota a non contraccambiare il suo pensiero.” Si sfregò il viso con una mano, esasperato.

“Accidenti Kurt, rilassati... che avrai poi da fare.” commentò Blaine, roteando gli occhi e prendendolo in giro. L'altro, in tutta risposta, gli fece una linguaccia; Blaine sapeva benissimo che avrebbe passato il pomeriggio correndo da Rachel, Tina, Santana e Brittany per aiutarle a sistemare gli ultimi dettagli dei loro abiti, per poi tornare da Finn e costringerlo brutalmente a indossare lo smoking a nolo che aveva ritirato in lavanderia prima di arrivare al Lima Bean.

“Ammettilo, adori sentirti indispensabile.” Blaine si sporse verso di lui e gli pizzicò teneramente il braccio. Ancora un giorno, e dopo ogni scherzosa presa in giro, avrebbe potuto farsi perdonare con un bacio. A quelle parole, Kurt rise cristallino e Blaine desiderò ancora di più di poterlo baciare.

“Lo ammetto. Ma sai cosa mi piacerebbe ancora di più?” rispose facendosi improvvisamente serio.

“Cosa?” Blaine sorrideva ancora.

“Poter ballare con te. Stasera. Sarebbe catartico.” buttò lì, come se avesse proposto qualcosa che avrebbero potuto fare in tutta tranquillità.

“Kurt... ne avevamo parlato. Non possiamo. Io vorrei ma... non eri d'accordo anche tu di limitarci ai ragazzi del Glee e di lasciare che le cose prendano la loro strada da sé? Ballare insieme al promo sarebbe come mettere l'annuncio su Lima Today.” spiegò Blaine, sorpreso dall'improvvisa proposta di Kurt. Ma poteva capirlo, lui stesso avrebbe dato tutto per avere quattro anni in meno ed essere un senion in quello stupido liceo.

“Lo so... è solo che più programmo l'uscita con Chandler, più mi rendo conto che sarebbe stato meraviglioso poter stare con te, questa sera. Ci saremmo fatti forza a vicenda, avremmo ballato e cantato insieme agli altri... Che cosa poteva essere meglio di ballare con il ragazzo che amo? Lo so, è una sciocchezza. Non avremmo mai il coraggio di farlo, in più non è possibile, quindi... fingiamo che io non abbia detto nulla, va bene?” Kurt tamburellò le dita sul tavolo, perso nei suoi pensieri.

A Blaine passò l'appetito, così appoggiò il muffin vicino al giornale, stordito dalla sua improvvisa inappetenza. Il caffè era improvvisamente troppo forte, così spinse indietro anche quello, verso il centro del tavolo. Era fiero di stare con Kurt, ma quello che gli stava chiedendo era troppo.

Allora perché stava accarezzando l'idea di farlo lo stesso?

Scosse la testa e abbassò lo sguardo sul giornale, sforzandosi di ricordare quello che Kurt gli aveva detto la settimana prima, quando erano seduti sul divano del suo appartamento, e riprese a respirare.

Sarebbe andato tutto bene, il prom sarebbe passato e loro avrebbero avuto un'estate intera da trascorrere insieme per capire se c'era o meno un futuro per la loro storia. Kurt cominciò a parlare della possibilità di passare un paio di settimane insieme presso la casa al lago e Blaine fu grato di quel cambio d'argomento: l'idea di partecipare al ballo per fare qualcosa di diverso dal sorvegliare le bevande lo terrorizzava.

Il potere che il ricordo di quel pestaggio riusciva ad avere ancora su di lui dopo tanti anni lo faceva infuriare. Ma lo spaventava anche.

   
 
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