Fin da piccola conoscevo quelle strade come il palmo della mia mano: mi faceva stare bene passeggiare in mezzo alla gente con le cuffie alle orecchie,mi sentivo me stessa. Potevo isolarmi da tutto , da tutte le persone che mi avevo intralciato la strada.
Non avevo molto amici, ero considerata la “ strana” a cui piaceva isolarsi e fare le uniche due cose che a lei piacevano: ascoltare e fare musica e leggere. Ancora non riuscivo a capire il perché di avermi etichettata così ma forse ero realmente “strana” come dicevano, ma avevo comunque la mia amica del cuore: Angela. Lei era la persona su potevo sempre contare e che non aveva mai avuto pregiudizi su di me; mia mamma era sempre via per lavoro e non la vedevo quasi mai come mio fratello:lavoravano insieme. Mio padre se ne era andato dopo i miei 13 anni, voleva dedicarsi solamente alla musica e lasciò me, mia mamma e mio fratello da soli. Non lo consideravo più mio padre, il suo volto era ormai sepolto nel mio cuore.Per questo motivo mi trasferii dall'Italia a Londra per ricominciare una nuova vita, insieme ad Angela, anche lei italiana.
Da un po’ di tempo sulle strade di Londra c’era un po’ più di caos, giravano ragazze piene di cartelloni e magliette colorate che riempivano, appunto, le strade che amavo. Non avevo capito il perché di tutto questo ma non mi piaceva vedere Londra in questo aspetto, così,così confusionario: ero abituata a vederla così tranquilla che quasi mi spaventava questo cambiamento. Passavano i giorni e la gente aumentava sempre di più e aumentava tutto questo.Non potevo sopportare ancora di essere spinta da ragazze che viaggiava da una parte all’altra della strada con questi cartelloni e allora decisi di andare ad un bar lì vicino. Era un locale molto tranquillo e questo mi fece sentire già meglio: era quello che cercavo. Mi avvicinai al bancone e ordinai un cappuccino, il cameriere però sembrava turbato e fui costretta a ripetere l’ordine un’altra volta. Portandomi la tazzina tramballante vidi il cameriere avvicinarsi ad un tavolo distante da me un paio di metri: c’era seduto un ragazzo, con gli occhiali neri e un capelli grigio che non lasciava intravedere i suoi capelli. Non capii il perché di quel abbigliamento e rimasi a fissarlo per qualche minuto. Vidi i suoi occhiali puntati su di me: ero incuriosita e rimasi a guardarlo, volevo proprio sapere chi c’era dietro a quel cappello buffo. Poco dopo sentii qualcuno sulle mie spalle: era Angela!
Angela:Che stavi facendo?- mi chiese speranzosa della mia risposta mentre si sedeva vicino a me.
Io:Niente, stavo bevendo un cappuccino…- Mi voltai in cerca di quel ragazzo. Era ancora lì a guardarmi. Ricambiai fino a che Angela non mi diede un colpetto sulla spalla.
Angela:Una bella conquista? Chi è quel ragazzo che stavi fissando?
Io:Nessuno, non stavo fissando nessuno.- risposi improvvisando una bugia
Angela:Non fare la misteriosa con me: ti ho visto! Dai, allora chi è?- mi domandò piena di allegria. Non capivo il perché di tutta questa emozione, era un semplice scambio di sguardi.
Io:Non lo so. E’ un tipo un po’ strano- ribattei: sapevo che avevo ancora i suoi occhi fissi su di me.
Angela:Andiamo al suo tavolo!- mi disse Angela alzandosi, prendendomi il braccio.
Io: No, no. Em, andiamo via.- ero molto nervosa, non ero abituata a questo genere di “incontri”.
Me ne andai dal bar pagando il cameriere che cominciava a sudare quando vide alzarsi il ragazzo. “ Tutto alquanto strano” pensai intenta ad uscire dal quel locale.
Mi raggiunse anche Angela con il fiatone ma non riuscì a parlare, voleva sicuramente dirmi qualcosa. Ma non badai a lei ma a quello che era successo: non tanto lo scambio di sguardi ma l’agitazione che il cameriere mostrava per quel ragazzo e anche la folla impazzita di ragazzine che invadeva le strade, sicuramente le due cose erano strettamente legate.