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Autore: elenacarax    18/06/2012    4 recensioni
Non era un liceo americano di una commedia da quattro soldi. Lì i ragazzi non mettevano le matricole con la testa nel gabinetto. Alle assemblee parlavano di rispetto e solidarietà. Ma di ragazzi che credevano in quegli ideali, lì dentro, ce n’erano davvero pochi.
Non ti facevano accorgere di essere lo zimbello della combriccola. Era qualcosa di subdolo, di intrinseco, che affondava le sue radici molto più a fondo di qualche stupido rituale da fichi della scuola. Loro ti uccidevano dall’interno.

Questa è la storia di un percorso la cui meta è la completa indipendenza dai giudizi altrui. Forse a volte dovremmo fermarci un secondo, guardarci attorno e domandarci se l'accettazione altrui è davvero la nostra massima aspirazione.
Se non siete pronti a confutare ogni strato di falsità che vi portate addosso, è meglio che non andate avanti.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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WISE
While I'm someone else



1.Mi piacerebbe restare nel gregge






-Buon pomeriggio, giovani fanciulli. Per voi, il mio nome è Robert Trebor, vostro maestro, vostra guida, vostro guru o messia o chicchessia. Il mio compito è di soffiare via da ognuno di voi quella patina di falsità che vi accompagna da tutta una vita. Vi libererò da voi stessi -
-Oh ma chi cazzo è questo? Anvedi.. e poi che cazzo significa patina oh?-
-Non capisco con quale presunzione crede che viviamo nella falsità, ma soprattutto che lei possa aiutarci.-
-Le dispiacerebbe spiegarci cosa ci facciamo materialmente qui?-
-E perché noi scusa bello? Io non c’ho tempo da perdere, sai?-
-Che roba è? Una specie di esperimento?-
-Io me ne vado-
-Avreste davvero il coraggio di allontanarvi da qualcosa che vi aiuterà a trovare la strada per esprimere la vostra vera essenza?-

Sembrava uno schifo di film

Circa trenta ore prima..

-Michele! Michele! Ti prego ci dici che come hai fatto la numero diciassette?- Flavia bisbigliò rivolgendosi al compagno dall’altra parte della classe. Carolina si domandò come sperasse che Michele-mezzo-sordo sentisse.
-Michi! Mi dici come hai fatto la diciassette?-
-No!-
-Ti prego! Io ti ho detto quello della puma e della Tezenis! Dai!-
-Ti piacerebbe!-
Carolina cercò di distrarsi dall’immagine della sua compagna di banco impegnata in una patetica supplica nella speranza che le suggerissero una soluzione al “Quiz dei loghi”, la nuova “app” di tendenza tra i ragazzi della sua generazione.
La Buono raccontava il nuovo-vecchio scoop di come -Petrarca in realtà non si chiamava Petrarca ma Petracchi, ovvero figlio di Petracco, e solo da adulto cambiò il proprio nome per renderlo più orecchiabile.- Carolina si domandò se i suoi compagni di classe l’avrebbero ascoltata se all’improvviso avesse iniziato ad elencare tutte le risposte che andavano bisbigliando da più di un’ora.
-Caro! Conosci questo logo?- Flavia si protese verso di lei con l’espressione assorta nella sua nuova attività.
Carolina restò a fissarla per un secondo, chiedendosi se facesse sul serio.
-No Fla, mai vista-
-Sicura, sicura?-
-Sicura, sicura-
Cercò di concentrarsi sulla lezione, su Petracchi-Petrarca e il suo amore per Laura.
-Vedete… Petrarca non è uno scrittore qualunque. Petrarca visse un tormento per tutto il corso della sua vita. Lui era.. era spezzato in due, tra il desiderio di religione, di ascesa verso Dio, di purezza completa e il desiderio di gloria terrena, l’amore per questa donna che ha segnato tutto il corso della sua vita, condannandolo. Petrarca comprende la natura corrotta del suo sentimento eppure non riesce ad abbandonarlo. Desiderava ardentemente una fede indistruttibile, come quella di Dante, eppure non poteva che restare racchiuso nel suo tormento bipolare, come Sant’Agostino. Ve lo ricordate Sant’Agostino?-
A Carolina piaceva molto osservare il modo in cui la professoressa Buono parlava degli autori che studiavano. Così assorto, così passionale. Come se li sentisse dentro di lei.
-è questo suo conflitto che lo rende un autore molto più attuale di Dante. Dante era il classico uomo medioevale, con la piramide della Reductio ad unum impressa nella mente in ogni singolo istante. Petrarca invece è quello che mette in dubbio, quello che non è più certo. Io mi ci-
La porta dell’aula si aprì e comparve uno degli inservienti del piano.
-Può uscire un secondo.. - controllò il foglio spiegazzato che teneva tra le mani –Carolina Diana?-
Carolina si destò dal suo stato catatonico chiedendosi per quale motivo volevano che uscisse. Non le sembrava di aver dimenticato qualche libro a casa.
-Prego- La professoressa fece un’espressione rassegnata, probabilmente all’idea di far allontanare una delle poche persone che stavano seguendo la lezione.
Carolina si richiuse la porta alle sue spalle con sguardo interrogativo.
Il bidello recitò il testo del biglietto. –Carissima signorina/giovanotto, ti aspetto domani dopo l’orario scolastico in aula 13 per un interessante laboratorio di espressione. A più tardi, professor R.T.-
-Ma che sta dicendo?- pensò si trattasse di uno scherzo. O forse no, Carolina non credeva granchè negli scherzi costruiti con tanta minuzia. Lei era di certo la più sveglia e astuta per sperare che qualcuno architettasse qualcosa senza che lei sospettasse nulla. Forse era uno sbaglio. -Sarà uno sbaglio, io non ho fatto richiesta per nessun corso di espressione-
-Guarda, non dirlo a me che è da un’ora che giro per le classi a fare questo giochetto quindi per piacere, agg pac e vai in aula 13 dopo l’orario scolastico- Carolina si stupiva continuamente della mancanza di professionalità di certe persone nel suo liceo, ma era una persona talmente immediata, sotto questo punto di vista, che di certo non la infastidiva. Anzi, rideva.
Rientrò in classe, tuttavia, senza che le fosse venuta in mente qualche spiegazione a quella convocazione. Forse era uno sbaglio. No, lì c’era il suo nome. Forse aveva dato l’adesione al corso all’inizio dell’anno e se n’era dimenticata. No, un corso di espressione non sarebbe passato inosservato nei suoi pensieri. L’avrebbe atteso fino a che non fosse iniziato.
-Che volevano?- Flavia si dimostrò tutt’un tratto interessata al mondo esterno. In quella classe, certe cose non passavano inosservate. Prendete una manciata di vecchiette di paese, raggruppatele in un luogo dove gli scandali sono a portata di mano e forse raggiungerete il livello di impicciosità di metà dei suoi compagni.
-Boh- Carolina fece spallucce.
-Come boh?-
-Non lo so Fla, hanno sbagliato- Formulò questa risposta, malgrado non ci credesse nemmeno lei. Ma la parola “laboratorio di espressione” in una frase rivolta a Flavia non suonava proprio bene. Probabilmente avrebbe assunto una delle sue espressioni dubbiose e un po’ schifate che dicono Ecco che se ne sono usciti con un’altra boiata. L’avrà pensata qualche cretino che non ci sta col cervello. E Carolina quelle espressioni proprio non le sopportava. Sentiva di dover proteggere quel corso dalle smorfie di Flavia.

-Che volevano prima, D?- Donato la fermò sulla porta. Era sul fondo della classe, intento a recuperare casco e pseudo giacca – più simile a un sacco della spazzatura. Carolina sapeva che l’aveva fermata per avere compagnia finchè non avesse recuperato tutta la sua roba.
Opportunista.
-Volevano che facessi un corso, boh..- si finse poco interessata alla questione. Qualche pazzo ha deciso di farmi uno scherzo, chi lo sa.
-Un corso? E di cosa?- Donato chiuse la cartella.
-E che ne so io- proteggerlo. Doveva proteggerlo.
-Mammamia, però sei una bella ragazza, e pure simpatica. Soprattutto bella.-
Carolina si era abituata a quel modo di parlare, a quel modo di fare. I significati delle parole totalmente invertiti. Bello è brutto, brutto è bello, simpatico è antipatico, antipatico è simpatico, poco è molto, molto è poco.
-Pure tu, specialmente simpatico.- Sapeva dove sarebbe finita la conversazione. Ma non era di certo una sprovveduta, Carolina. Si architettava per mantenere buoni rapporti con i suoi compagni. Fingeva di interessarsi alle conversazioni povere che intrattenevano, fingeva di divertirsi quando si incontravano, fingeva di voler loro del bene. Non che le riuscisse difficile, aveva una gran capacità di adattamento, Carolina. Si era adattata a parlare come loro. Ma non aveva dimenticato l’arte della risposta pronta.
Lo lasciò a recuperare le sue cose, da solo.
Ma quello stupido dardo colpì per bene il suo bersaglio. Sono davvero così brutta?

**

Erano le otto meno un quarto. Tardi, troppo tardi.
Dove cazzo è l’ipod?
Carolina girava per la stanza arraffando oggetti, vestiti. Li spostava e li gettava dietro di sé, senza far caso a dove cadessero. Sul comodino, nello zaino di ieri, forse sotto le coperte?
Merdaccia, dove si nasconde?
Fece un gridolino di nervosismo, afferrò la borsa, rassegnata e incazzata.
-io esco!- sperò di non doverlo ripetere.
-Aspetta che ti vengo a salutare- la raggiunse la risposta della madre, dal tono un po’ dispiaciuto e un po’ preoccupato per il nervosismo diffuso della figlia. Carolina sbuffò. Uscire senza ipod.. che modo di merda di iniziare una fottuta giornata.
-Ciao amore, in bocca al lupo- la baciò. Carolina uscì dalla porta e chiamò l’ascensore.
–Crepi- Perché l’ascensore di merda non è mai sul piano quando serve?
-In bocca al lupo!- ripetè la madre. Carolina iniziava a stancarsi dell’ udito delle persone attorno a lei. Cazzo, ti ho risposto perché mai nessuno mi sente?
-CREPI!- prese le scale.
Si sentì in colpa.


Ora buca, Dio ti ringrazi. Carolina sfogliava le pagine del libro di biologia, cercando di focalizzare ogni piccolo dettaglio di ogni singolo argomento. Il nervosismo si era eclissato per un po’. Carolina era un fascio di nervi perennemente tirati, in attesa del minimo tocco per schizzare. E schizzava sul serio, Carolina. Perennemente come una pila elettrica, bastava un piccolo dettaglio che non andava come desiderava e il meccanismo si innescava e cresceva, cresceva..
Aveva le mani tra i capelli per la concentrazione e un accenno di occhiaie che si affacciavano sotto gli occhi. Brutta storia, la fine del quadrimestre.
Flavia continuava a parlare e ridere di quella risata stupida e forzata, anche l’unica che le apparteneva. Parlavano forse dei capelli perennemente unti di Anna Barallo della IV D e della sua oscena nuova trovata di indossare pantaloni a pinocchietto.
Carolina non potè smentire. Però, diamine, lei non ne avrebbe mai riso a quel modo. Cattiveria ad ogni respiro. Insopportabile.
-Vabbè Meri, poverina.. infondo mi dispiace se le si è allagata la casa..- Flavia scoppiò di nuovo a ridere.
Si alzò all’in piedi, stufa, e si andò a sedere al banco davanti, affianco a Giulio. I suoi movimenti erano bruschi, incazzati. Possibile che qui dentro uno non possa ripassare in pace? Vaffanculo.
-Qual buon vento..- Giulio si voltò nella sua direzione. Non era esattamente un buon vicino di banco. Troppo petulante. Non riconosceva quando poteva scocciare e quando invece era il caso di fermarsi. Ma nel complesso, a paragone con il branco di pecore di classe sua, non era poi così male. Troppo vittima, troppo emo. Ma almeno diverso.
-Il vento di Flavia. Ho bisogno di un po’ di pace- sospirò nervosa e chiuse il libro. Sapeva tutto, sapeva pure troppo. –Che hai fatto di bello sabato?- domanda jolly.
-Sono sceso con dei miei amici.. tra l’altro c’era pure una tipa con cui sono uscito due anni fa che però abita in un paesino sperduto in Toscana. Siamo stati benissimo, abbiamo parlato tutta la sera ed è pure fan dei 30 second to Mars! Infatti, ci sono rimasto quando me l’ha detto..-
-La tua anima gemella in pratica-
-Sì, cioè più o meno. È troppo tosta, biondina con i capelli lisci e gli occhi azzurri. Anche se ad un certo punto abbiamo incontrato la ragazza per cui l’ho appesa e quindi eravamo un po’ imbarazzati, sai..-
Sceso, tosta, appeso. Uccidetemi.
Per Carolina era sempre stato un mistero come un personaggio come Giulio potesse acchiappare tutte queste rappresentanti del gentil sesso. Non era un fustaccione e aveva un po' di acne qua e là. Ma aveva parecchie conferme veritiere delle sue imprevedibili conquiste. In classe loro era una sorta di emarginato volontario. Non aveva mai fatto nulla per farsi accettare e molto per farsi disprezzare. Non che ci volesse molto, in quella classe. Bastava mostrarsi differenti e non far nulla per amalgamarsi. Ed era esattamente quello, l’intento di Giulio.
-E tu invece, come stai a ragazzi?- Carolina detestò quel tentativo di sdebitarsi dell’attenzione ricevuta. È okay, Giulio, mi sta bene ascoltare dei tuoi mille amori. Non c’è bisogno che ti interessi ai miei.
-Come sto? La mia situazione sentimentale è tutto un programma- Carolina assunse un tono falso, era entrata nella difensiva. Tentò di scoraggiarlo.
-Perché? Qual è l’ultimo ragazzo con cui sei stata?- Peggiore domanda non poteva porre. Carolina aveva sbloccato il fantomatico “primo bacio”, ma di fidanzati, dalle sue parti non ce n’era proprio l’ombra. Troppa falsità, troppi modelli di perfezione inculcati nelle menti perché una ragazza non perfetta e un po’ lunatica come lei potesse interessare a qualcuno. Dal canto suo, Carolina non era una che si accontentava di poco. Aveva un certo cervello, quella ragazza, e malgrado l’idea di fidanzarsi con qualched’uno la attraesse ingenuamente dalla tenera età di 12 anni, non aveva davvero il coraggio di mischiarsi con un brutto bacato. Perché solo quel genere di persone la trovava appetibile.
A Carolina si chiuse qualcosa nella pancia. Che bella parola, pancia. Pensò che potesse essere il cardias, o forse lo sfintere pilorico. Ma sentì lo stomaco contorcersi.
-Vaffanculo. Non svelo certe cose della mia vita così, su due piedi- Quel vaffanculo le uscì senza che nemmeno la sua mente l’avesse formulato. Difesa. Pensò di essere stata credibile, forse un po’ troppo violenta, ma credibile. Giulio non era abbastanza accorto da rendersi conto che una Carolina fidanzata con qualcuno non avrebbe mai risposto così. Ma lì dentro un po’ tutti erano abituati alle sue sporadiche rispostacce. Giulio pensò fosse semplicemente una di quelle.
-Devo ripassare.- Carolina riaprì il mattone di biologia e si fiondò nell’apparato digerente, in cerca di un riferimento su qualcosa nella parte bassa del busto che si contraeva all’improvviso.


-Ciao ragà- Carolina uscì dall’aula salutando tutti e nessuno. La giornata era terminata e a lei cominciò a stringersi quel cerchio nello stomaco. Non sapeva dove fosse l’aula 13 e cominciò a domandarsi se fosse il caso di andarci. Magari poteva passare prima in segreteria a chiedere spiegazioni..
-Hey D- Vincenzo la affiancò in corridoio e le circondò le spalle con un braccio. Da quelle parti era assolutamente normale che tutti toccassero tutti. A Carolina sul momento non dava mai fastidio, perché significava che qualcuno avesse voglia di abbracciarla. Che stesse abbracciando e lei e non Flavia o Giorgia, magari.
-Uè Vinz- Gli passò un braccio attorno ai fianchi e stirò le labbra in un sorriso. –Che si dice?-
-Niente..- Vincenzo rispose svogliatamente, ma poi si illuminò –Ah, lo sai, oggi pomeriggio io e Doni andiamo a correre?- sorrise eccitato
-Grande!-
-Vuoi venire?- Cazzo. L’avevano appena invitata a un pomeriggio assieme a loro che probabilmente avrebbero monitorato su facebook con registrazioni, stati e foto che sarebbero stati al centro dell’attenzione per la settimana successiva. Carolina si sentì strana. Interiormente molto eccitata all’idea di essere associata da qualched’uno con Donato e Vincenzo, allo stesso tempo impaurita perché sapeva che avrebbe fatto cattiva figura per la sua debole resistenza o per le guance che le sarebbero diventate rosse dopo due minuti. Devo pure andare a quel cazzo di coso! Non posso di certo dirglielo però! Proteggerlo.
-Non posso, devo studiare arte- storse la bocca in una smorfia scocciata. Carolina a dire le bugie era sempre stata veramente brava. Il suo cervello era ben allenato a fare in pochi secondi lunghi ragionamenti su cosa poteva dire e cosa invece era meglio tacere.
-Devi essere interrogata?- Vincenzo la compatì con lo sguardo
-No.. però ha finito il secondo giro quindi potrebbe rinterrogarmi e c’ho venti pagine di arretrato-
Vincenzo non rispose. In classe sua nessun ragazzo si architettava per mantenere vive le conversazioni, né si preoccupava di dover rispondere o meno. Si staccò da Carolina e abbracciò Giorgio Russo di III E, appena uscito dalla classe.
-Che si dice Giò?- Si dimenticò di Carolina, o forse non se ne dimenticò ma fu come se lo avesse fatto. Ci era perfettamente abituata. Perciò si allontanò da loro e si sporse a leggere la leggenda delle aule affisa alla porta. Aula 13, secondo piano. Era troppo ansiosa persino per lamentarsi delle scale da fare.
Esitò un attimo davanti alla porta dell’aula. Prima che prendesse coraggio per mettere la mano sulla maniglia, si vide affiancata da un ragazzo in camicia che qualche volta aveva intravisto al bar della scuola. Nessuno portava la camicia a scuola sua. Carolina aveva un vago ricordo di una volta che lo aveva trovato con una brioche in mano a fare una specie di paternale alla barista più giovane perché non aveva ben capito il significato del termine ‘calda’. Lo osservò di sottecchi e pensò di sembrare davvero patetica ferma davanti a una porta chiusa, quindi finse tranquillità e aprì la porta con decisione .
L’aula13 era un luogo piuttosto ristretto, probabilmente una delle più piccole di tutta la scuola. Non doveva essere un corso numeroso.
C’erano tre ragazzi seduti tra i banchi, in silenzio. Lo sguardo di Carolina si focalizzò subito sull’ammasso di nero all’ultimo banco. Un ragazzo con il cappuccio della felpa alzato era seduto sul fondo della classe, Carolina poteva scorgere una cuffietta nel suo orecchio sinistro. Non aveva nemmeno alzato lo sguardo, totalmente disinteressato.
Passò a osservare di sfuggita un tipo seduto al secondo banco che sembrava in attesa di qualcuno con cui lamentarsi. Indossava un giubbotto/sacchetto dell’immondizia e una borsa della Vespa a tracolla. A Carolina non piacque quella presenza, le sembrava tanto uno dei tanti, anche se nello sguardo aveva qualcosa di molto più insicuro ed umano. Un terzo ragazzo dall’aria innocua e annoiata sedeva in prima fila. Aveva uno sguardo in cui Carolina scorse noia, un accenno di irrequietezza e davvero poco interesse per quello che gli accadeva attorno. Carolina si sentì vagamente in soggezione. Le piaceva il disinteresse, e in quell’aria ce n’era parecchio.
Prese posto in terza fila, con la schiena vicino alla parete e i piedi appoggiati alla sedia accanto a lei. Era sempre il posto che la confortava di più.
L’atmosfera lì dentro era strana, stavano tutti in silenzio, ma sui volti –fatta eccezione per quello del ragazzo in nero- si leggeva che erano in attesa di spiegazioni. Eppure nessuno di loro le cercava dall’altro. Non era un clima confidenziale.
La porta si aprì e Carolina fu una dei pochi a rivolgere un minimo di attenzione ai due ragazzi che entravano. Una ragazzina dalla corporatura esile ed i capelli acconciati con una sgraziata fila al centro precedette un ragazzo che in quella scuola era ben conosciuto da tutti per il suo diverso orientamento sessuale. Essere gay in quella scuola era una cosa che superava di molto il limite della fottuta “normalità”. Essere gay dichiarato era una cosa molto coraggiosa. Carolina lo stimava. Anche se talvolta si era trovata coinvolta in conversazioni in cui lui e la sua “frociaggine” erano i protagonisti e ricordava di aver contrastato i giudizi degli altri soltanto in maniera molto blanda. Nel suo essere ideale Carolina avrebbe chiuso i rapporti con tutti quegli omofobi bacati. Ma, Carolina era molto lontana dall’essere il suo essere ideale.
La ragazzina con la fila al centro, molto insicura nei suoi movimenti prese posto al primo banco e si strinse in se stessa. Carolina pensò che doveva frequentare il primo o al massimo il secondo anno.
Qui funziona così. Quelli di prima e seconda sono la feccia della scuola. In terza cominci a guadagnarti un po’ di rispetto. In quarta puoi sentirti importante e in quinta hai diritto a guardare tutti dall’alto verso il basso.
Non era un liceo americano di una commedia da quattro soldi. Lì i ragazzi non mettevano le matricole con la testa nel gabinetto. Alle assemblee parlavano di rispetto e solidarietà. Ma di ragazzi che credevano in quegli ideali, lì dentro, ce n’erano davvero pochi.
Non ti facevano accorgere di essere lo zimbello della combriccola. Era qualcosa di subdolo, di intrinseco, che affondava le sue radici molto più a fondo di qualche stupido rituale da fichi della scuola. Loro ti uccidevano dall’interno.
Entrambe le ante della porta si spalancarono in maniera decisa





Appunti:
Salve gioventù! Innanzitutto, grazie per essere arrivati fino in fondo a questa follia! Questa long è un progetto a cui tengo molto perchè parla molto di me. è sulla scia della mia one shot Celeste che rispecchia i pensieri che raggiungeranno Carolina un po' più avanti. Ci tengo a precisare che questo primo capitolo rispecchia un modo di vedere le cose piuttosto acerbo e condizionato. Il grosso numero di parolacce presenti è una scelta di conseguenza e sottolinea i pensieri così irritati di Carolina. Ho dovuto spiegare un po' di situazioni che cambieranno nel corso della storia. Il punto di arrivo di questo percorso che inizierà dal prossimo capitolo sarà anche la serenità d'animo. Ci tengo comunque a dire che questa non è una storia d'amore. Non mancherà, ma non è l'argomento principale. Quindi l'obiettivo non è quello di far mettere Carolina con qualcuno per renderla felice e contenta, ma di farle superare il suo disagio. Per questo ho messo la storia in 'introspettivo', anche se non è un settore molto frequentato, ma preferisco avere poche persone pronte ad imbarcarsi in qualcosa di mentale, soprattutto, piuttosto che deludere le aspettative di qualche ragazzina in più che cerca soltanto il bacetto.
Preciso un altro paio di cose:
"agg pac" è un'espressione del dialetto napoletano che significa "abbi pazienza"
il titolo è l'abbreviazione di una frase proveniente da una canzone del mio cantante preferito, John Mayer che si chiama Not Myself che a me fa impazzire, e che credo si adegui alla perfezione al contenuto della storia. Tra l'altro, dolce scoperta, l'abbreviazione significa 'Saggio' :)
Il titolo del capitolo invece proviene da un'altra canzone molto importante per me che è Dentro me di J-ax, che comunque tornerà presto :)
Mi piacerebbe sapere cosa ve n'è parso e se avete qualche perplessità!
Il tutto è dedicato a Skikki, mia consigliera, suggeritrice e amica super speciale ♥ (che chi sa se mai leggerà questa dedica!)
Ringrazio anche sist che ha letto il tutto in anteprima e mi ha sopportata ♥
Scusate il papiro infinito XD
Baci,
Ele
  
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