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Autore: nals    19/06/2012    3 recensioni
C’era il mare. Il mare e basta. Sopra, sotto, al lato, dietro, dentro. Dentro.
Acqua, tanta, tanta acqua a riempire il vuoto e ad affogare il resto...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mare. Il mare e basta.
 
 

A te.(xD)

 
 
 
 
C’era il mare. Il mare e basta. Sopra, sotto, al lato, dietro, dentro. Dentro.
Acqua, tanta, tanta acqua a riempire il vuoto e ad affogare il resto. 
C’era il mare, il mare e basta.
Nell’aria, negli occhi, tra le dita dei piedi e i chicchi di sabbia, sulle ali dei gabbiani in volo, nel verde delle alghe morte. E poi sugli spuntoni delle rocce scure, in pancia ai pesci, nei respiri  ̶  in quelli lasciati liberi, in quelli trattenuti. Chiusi dentro. Nei polmoni arsi di catrame, male e disperazione.
E sapeva di sale ed eterno, il mare.
Leggero come la spuma, invadente come un’onda, eterno come la morte, fuggevole come la libertà. Fuggevole come il mondo, fuggevole come lei.
Lei, che non sarebbe tornata mai: la vita.
 
 
 
 
 
 
C’era il mare. Il mare e basta.
Il vento anche, a rincorrere l'ombra delle tenebre andate, ma del sole ancora nulla: nient’altro che il riflesso.
Pochi raggi, opachi, mischiati all’azzurro del cielo smorto, appisolati da qualche parte, accovacciati nelle viscere gelide che facevano capo a Nettuno.
Il mare – il mare e basta –  non smetteva di brillare. Accecava gli occhi, bruciava lo sguardo. Si agitava cauto in quella culla di sabbia e caldo, vestito di diamanti preziosi a mo’ di mantello. Qualcuno avrebbe potuto farsi venire l'idea di rubarlo, il mare. Metterlo al sicuro – sotto una mattonella – e tenerlo per sé. Sarebbe valso milioni, forse.
Peccato che l'unico vero ladro fosse proprio lui: il mare. Rubava il vento, rubava il sole. Lo teneva lì, dentro, senza scottarsi, senza spaventarsi. Ed era caldo il sole nel mare; forse era caldo il mare con il sole dentro.
Rubava anche la vita, il mare. E non la restituiva. Non la restituiva quasi mai, se non eri tu a cercarla. E lui Francesco non lo aveva mai cercato.
Probabilmente perché alla fine non ci avrebbe trovato altro che la morte.
 
 
 
 
 
 
“Quant’è grande il mare?”
“Eh?”
“Quant’è grande il mare?”
“Oh cielo”
“…”
“Che razza di domande fai?!”
“Sembra così… ‘tanto’.”
“Lo è.”
“Ma... quanto?”
“Porca…”
“…”
“Qual è la cosa più grande che tu abbia mai visto?”
“N-non lo so.”
“Su ragazzo! Dovrà pur esserci qualcosa!”
“La barca del nonno?!”
Il vecchio scoppiò a ridere di gusto, ma soffocò la risata rischiando quasi di strozzarsi dopo aver fissato la nota di disappunto e delusione dipintasi sul volto chiaro del bimbo.
 “No, no. Devi pensare ad altro. A qualcosa che non riesci a rinchiudere in un occhio, ecco!”
“…”
“…”
“Il sole in faccia. Quando mi sveglio la mattina e non riesco a sollevare gli occhi. Il sole sì.”
“…”
“Non va bene?”
“NO! Cioè sì…allora pensa  al mare come a tanti soli affogati nell’acqua. Non scottano, però, né accecano. Si sciolgono e basta.”
 
 
 
 
 
 
 
L’odore di sale – mare – era dappertutto. Pizzicava le narici, raschiava la gola, bagnava gli occhi e le ciglia.
Era bello fissare il mare. Pino non faceva altro, per giornate intere. Rimaneva lì, accovacciato sulla riva, all’ombra di una barchetta abbandonata, troppo marcia per reggere più di dieci chili, troppo vecchia per poter galleggiare abbastanza a lungo; rimaneva lì a guardare, a respirare, ad aspettare.
Come se d’improvviso qualcosa avrebbe potuto essere sputato fuori. Qualcosa o qualcuno. E parlava, ogni tanto. Rispondeva borbottando, distratto. E qualche volta c’era un sorriso su quelle labbra aride. Scopriva i denti, mancanti, Pino. E a Lisa sembrava ancora più tenero.
“Ancora qui?”
“Non rubo l’aria a nessuno. Di sabbia ce n’è tanta. Il mare non m’ingoia, io non ho intenzione di ingoiare lui. La linguine di Ettore sono salate abbastanza. No?!”.
Lisa tentennò un attimo, colpita da quell’inatteso fiume di parole, e poi sorrise. I giorni “sì” erano sempre radi, tanto che aveva smesso di sperarci.
“Certo, certo.”
Combatté contro il vento, accomodandosi lì vicino. Spostò le ciocche rosse che quel prepotente scherzo della natura continua a soffiarle in faccia.
Stava per parlare ancora, quando il vecchio la precedette.
“Squali un corno! Cosa blateri ragazzo!? Al massimo qualche pesce spada. Queste non sono acque per predatori del genere. Quegli assassini stanno molto più in fondo.”
Sospirò.
“E’ qui?!”
“Uh?!”
Lui, dico.”
“Quanti anni hai, benedetta ragazza?! No perché non pensavo che a vent’anni sputati si potesse essere già ciechi. Certo che è qua! Non fa che chiacchierare e chiedere e chiedere ancora. Delle volte rispondergli è così stancante. Ma poi penso che da qualcuno dovrà pure imparare, no?!”
Chiuse gli occhi.
“Concordo.”
“Ecco.”
“Salutamelo.”
“Hai bevuto?!”
“EH?!”
“Hai la voce. Usala. Un benedetto ‘ciao’ puoi dirlo da te. Non pensavo che ti vergognassi anche di un marmocchio!”
“Ma…”
“Benissimo.”
“Cosa?!”
“Sta ridendo.”
“E…?!”
“Dio solo sa quando smetterà di sbellicarsi. Ben fatto, ragazza.”
“Prego.”
E lo sguardo di fuoco che il vecchio le riservò, costrinse Lisa ad ingoiare la risata e il magone, rischiando di strozzarsi. Gli sfiorò la spalla, sorridendo e andò via.
I piedi bianchi sommersi da calda sabbia dorata, il vuoto nel petto.
 
 
 
 
 
 
Aveva ventitré anni Pino, quando sfuggì al suo destino. Una tempesta avrebbe potuto ingoiarlo in un niente. Lui strinse i denti, imprecando fino a non aver voce. Ne uscì vivo. Da allora è conosciuto come il pescatore che vinse il mare. Dora ci scherzava su ogni volta, ci ha sempre scherzato. Era così bello guardarla ridere.
 
Il bastardo, poi, la sua rivincita se l’è presa. E ha vinto lui.
 
 
 
 
 
 
“Ti manco quando sono via?”
“Tu non sei mai via! Mi stai appiccicato addosso, sempre.”
“Quindi no.”
“Non è questo.”
“…”
“Se andassi via non sarebbe più la stessa cosa, ecco.”
“Ti voglio bene.”
“...”
“Come ero da grande?”
“Dovremmo andare a casa.”
“Com’ero?”
“…”
“Voglio saper…”
“Rompiscatole, esattamente come adesso.”
“E poi?”
“Bello. Sorridevi sempre e mi prendevi per i fondelli. Tua madre impazziva per il tuo sorriso. Io impazzivo cercando di starti dietro.”
“Mi manca.”
“Anche a me.”
“…”
“Andiamo a casa.”
 
 
 
 
 
 
“’Giorno.”
“…”
“Tieni.”
“Cos’è?”
“Il pranzo.”
“Grazie.”
“Basterà anche per…lui.”
“Oggi non c’è.”
“No?!”
“No.”
“E…”
“L’ho fatto incazzare ieri.”
“Mi disp...”
“A me no.”
“…”
“Non ci so fare con i marmocchi. Non ci ho mai saputo fare.”
“Non è vero e ti perdonerà, vedrai.”
“No.”
“…”
“Mangia , Pino.”
“…”
“Ho detto ad Ettore di stare attento con il sale. Lui mi ascolta.”
“Ha buttato in mare il pesce che avevo pescato. Bello grosso. Avrei potuto venderlo per un bel prezzo. Gli ho detto di sparire. Che lo preferivo morto. Che un povero vecchio non dovrebbe essere tormentato così, che avrebbe dovuto avere vent’anni e non…quanti diavolo di anni ha lui. Che avrebbe dovuto abbracciarmi, perdonarmi e non riempirmi la testa di stupide chiacchiere.”
“Pino…”
“Devo andare.”
“Pino!”
“Grazie, ragazza.”
“Pino. Aspetta, ti prego!”
“…”
“PINO!”
Ma l’urlo si consumò presto e Pino era già lontano. Un puntino scuro e stropicciato; spalle magre, curve sotto un peso troppo grande, troppo vuoto, troppo tutto.
Lisa ingoiò le lacrime, torturandosi le labbra con i denti. Il cuore le batteva talmente tanto forte che per qualche assurda ragione sembrò quasi farle male. Faceva male e c’era il mare. Tranquillo, sereno, immenso. E fissava, fissava, fissava.
Fissava e chiedeva. Prendeva e non restituiva, strappava cuori, spezzava respiri, uccideva la vita.
“BASTARDO!”
Si tuffò e lo prese a pugni e a calci, Lisa, il mare.
“NON NE AVEVI IL DIRITTO! NON AVEV…” Un’onda un po’ più violenta delle altre la colpì in pieno viso e ingoiò, mentre quel mostro salato continuava a mescolarsi alle lacrime e alle sue urla.
“PERCHE’?! Perché? Perché…”
Il sole scolorì piano e poi fu solo buio e rumore d’onde sbattute sulla sabbia.
“Io lo amavo…”
 
“Lo amavo così tanto.”
 
 
 
 
*************
 
 
 
 
 
Francesco è via da un anno, tre mesi e ventisei giorni. Il mare ha deciso di prenderselo un po’ con sé, per qualche ragione. Pescava assieme a suo padre a diverse miglia dalla costa. C’era il sole a bruciare nel cielo e ad abbrustolire gli uccelli. Aveva ventitré anni e tante cose in testa. Stava lavorando sodo, perché amava il rosso. E Lisa aveva i capelli rossi, rossi. Come il tramonto che guardavano insieme di sera. L’avrebbe sposata qualche mese dopo; glielo aveva chiesto lei, sussurrandoglielo sulle labbra. Era stato bellissimo.
Poi era arrivato il vento e le onde e tutto il resto. Il mare ha dovuto scegliere e ha scelto lui. Francesco è stato inghiottito in un attimo, Pino ne è uscito vivo, ancora una volta. Ma non Dora. Lei è morta di crepacuore due giorni dopo.
 
 
 
 
“Mi dispiace.”
“…”
“Torna da me. Ti prego.”
“…”
“Torna. Non urlerò più, promesso.”
 
 
 
 
“Non vuoi più avere a che fare con me, vero?”
“…”
“VERO?!”
“…”
“Rispondimi, dannazione! Stupido bamboccio! RISPONDI!”
“…”
“T-ti prego.”
“…”
“Perdonami.”
 
 
 
 
 
“Vuoi così male al tuo vecchio? EH?”
“…”
“Mi odi così’ tanto, da non venire nemmeno a trovarmi?”
“…”
“Bene.”
 
 
 
 
 
 
 
 
“Perdonami.”
 
 
 
 
 
 
 
 
“Vienimi a prendere.”
“…”
“Fa’ uno sforzo e vienimi a prendere! Venite entrambi!”
“…”
“NO?!”
“…”
“Mi odiate così tanto? EH?! MI ODIATE COSI’ TANTO?”
 
 
 
 
 
 
 
 
“…”
 
 
 
 
 
 
 
 
“Perdonami.”
 
 
 
 
 
 
 
 
“Sto arrivando.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
C’è il mare. Il mare e basta. Sopra, sotto, al lato, dietro, dentro. Dentro.
Acqua, tanta, tanta, tanta acqua a riempire il vuoto e ad affogare il resto. 
C’è il mare, il mare e basta.
Nell’aria, negli occhi, tra le dita dei piedi e i chicchi di sabbia, sulle ali dei gabbiani in volo, nel verde delle alghe morte. E poi sugli spuntoni delle rocce scure, in pancia ai pesci, nei respiri  ̶  in quelli lasciati liberi, in quelli trattenuti. Chiusi dentro. Nei polmoni arsi di catrame, male e disperazione.
E sa di sale ed eterno, il mare.
Leggero come la spuma, invadente come un’onda, eterno come la morte, fuggevole come la libertà. Fuggevole come il mondo, fuggevole come lei.
Lei, che non tornerà mai: la vita.
 
 
 
Non lo ha mai visto tanto piatto il mare, Lisa. Sorride, trattenendo le lacrime.
“Mi hai portato via tutto, sai?”
C’è poco vento ed il sole verrà ingoiato a momenti.
“Non ti perdonerò mai, ma ho da chiederti un favore. Trattameli bene. Entrambi. Loro ti hanno amato e ti amano, nonostante tutto. Sei la loro vita, così come un tempo eri la mia. Ora non più.”
Il mare – il mare e basta – ha preso anche lui. Pino si è lasciato masticare. Ha scelto, non ha fatto scegliere. Il mare lo ha semplicemente accontentato. E’ a casa, ormai. A casa, mentre Lisa lascia la sua, di casa.
Non vuole più saperne di sale e pesci, non vuole più saperne di barche, e scogli, e vento, e mare. Ne ha abbastanza. Forse un giorno riuscirà ad innamorarsene ancora. Forse.
 
 
 
 
 
Il mare, il mare e basta, non smette di brillare. Acceca gli occhi, brucia lo sguardo. Si agita cauto in quella culla di sabbia e caldo, vestito di diamanti preziosi a mo’ di mantello. Qualcuno potrebbe farsi venire l'idea di rubarlo, il mare. Metterlo al sicuro – sotto una mattonella – tenerlo per sé. Verrebbe milioni, forse.
Peccato che l'unico vero ladro sia proprio lui: il mare. Ruba il vento, ruba il sole. Lo tiene lì, dentro. Senza scottarsi, senza spaventarsi. Ed è caldo il sole nel mare, forse è caldo il mare con il sole dentro.
Ruba anche la vita, il mare. E non la restituisce. Non la restituisce mai.
Pino e Francesco nuotano lì dentro, ormai. Insieme. Sono a casa, o quasi.



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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