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Autore: MrEvilside    19/06/2012    12 recensioni
[ CONCLUSA ]
Dopo la cattura di Loki, il suo scettro è stato affidato a Tony Stark, l'unico che abbia resistito alla sua magia soggiogatrice, e Loki consegnato ad Asgard, dove viene detenuto in attesa di giudizio. Quando fugge, i Vendicatori si preparano ad affrontarlo, convinti che il suo primo obiettivo sarà senza dubbio riappropriarsi dello scettro sconfiggendo Tony, ma quest'ultimo scoprirà che per una volta è Loki ad aver bisogno d'aiuto. Il semidio lo porrà di fronte a più di una scelta: vita o morte, verità o menzogna, amore o qualcos'altro, sullo sfondo di una guerra per garantire la pace sulla Terra.
Non sempre è tutto bianco o nero.
[ IronFrost ]
Genere: Azione, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi con il nuovo capitolo (e un'altra icon, sempre opera mia, non rubare o spezzo le braccine BD), l'ultimo prima di una pausa estiva, visto che parto per le vacanze e non potrò aggiornare, ma ho anche deciso di staccare un po' dalla fanfiction e concentrarmi sul mio (tentativo di) romanzo. Non disperate (o non gioite, dipende XD), ho già promesso a me stessa che questa long-fiction terminerà, prima o dopo. Non ho alcuna intenzione di abbandonarla <3
Ciò detto, sappiate che le vostre recensioni mi hanno resa molto, molto, molto felice - e, come promesso, ho risposto a tutti \o\ Una hola per me XD Grazie mille per la calda accoglienza, sinceramente non mi aspettavo così tanti commenti vista la scarsa popolarità del FrostIron nel fandom italiano e, davvero, sono rimasta piacevolmente sorpresa e lusingata :D Spero che la mia storia resti all'altezza delle aspettative!
Bene, so che nessuno legge mai le note, quindi la faccio finita e posto il capitolo XD Grazie a tutti voi che leggete, che commentate e inserite in preferiti/seguite/whatsoever! Riceverete un Tom Hiddleston in regalo per posta <3
(Solo un appunto: ho dovuto inserire la dicitura "Britney Spears" perché la canzone è sua, ma io ascolto solo e unicamente la cover di Juliet Lloyd, incommensurabilmente più bella <3 Provatela, if you feel like it BD)

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#01: The new secretary and personal assistant
 
I know you told me
I should stay away
I know you said
He’s just a dog astray
He is a bad boy with a tainted heart
And even I know this ain’t smart
-Criminal, Britney Spears
 
Loki non era il solito antagonista da fumetti, quello che rivelava il suo piano malefico quando era convinto di essere sul punto di vincere, salvo poi venire irrimediabilmente sconfitto. La sua vera arma non erano gli incantesimi o lo scettro che brandiva, ma le parole velenose che sapeva pronunciare con tanta astuzia.
Nessuno osava negare quella sua spaventosa abilità, anche superiore a quella di mago, e non sapere dove si trovasse, ora, stava innervosendo l’intero S.H.I.E.L.D.
Mancavano ancora trentadue minuti all’arrivo dell’Elivelivolo sopra Manhattan, contò Tony con una veloce occhiata all’orologio.
Di Loki ancora nessuna traccia, a parte il suono dell’allarme della cassaforte, ma lo scettro era al suo posto e non sembrava influenzato dall’arrivo del suo legittimo padrone, fatta eccezione per l’intensa luminescenza blu che emanava la pietra alla sua sommità, che però Tony stabilì essere inoffensiva.
In una chiamata successiva – “perché diavolo hai interrotto la telefonata, Stark?!” – Nicholas gli aveva fatto sapere che le guardie delle prigioni di Asgard avevano scoperto la fuga di Loki cinque minuti prima e che era soltanto questione di tempo prima che si materializzasse sulla Terra.
Lo S.H.I.E.L.D. non dubitava che, non appena avesse localizzato lo scettro, non avrebbe perso tempo ad attaccare la Stark Tower, nel tentativo di recuperarlo prima del sopraggiungere dell’Elivelivolo e degli altri Avengers.
Tony era pronto a riceverlo: in base ai calcoli che aveva fatto, avrebbe dovuto essere in grado di tenerlo a bada fino all’arrivo dei rinforzi e l’unico eventuale ostacolo alla riuscita del suo progetto avrebbe potuto essere il modo in cui Loki avrebbe sferrato l’attacco, perché avrebbe avuto dalla sua l’effetto sorpresa.
D’altra parte, però, Tony si trovava nella torre che aveva progettato lui stesso, mentre Loki avrebbe dovuto muoversi in un territorio pressoché sconosciuto. Le possibilità di sconfitta erano piuttosto basse, anche considerato che Thor sarebbe intervenuto appena possibile.
L’improvviso squillare del cellulare provocò l’immediata tensione del suo corpo, poi ritrovò la calma e controllò di chi fosse il numero.
«Jarvis, hai individuato Loki?»
«Per il momento non si trova sulla Terra, signore».
In realtà sapeva già di chi si trattava, non aveva davvero bisogno di scrutare il nome apparso sul display touch del suo telefono. Soltanto Fury e gli Avengers avevano il numero del suo cellulare – Pepper a parte –, per tutti gli altri c’era il cercapersone. E, tolti sia Nicholas che la segretaria, rimanevano ben poche alternative.
Per la verità, che davvero si sarebbe curata di chiamarlo c’era soltanto una persona.
«Ciao, Steve. Come te la passi?»
Dall’altra parte si udì un brusco risucchio, come se l’interlocutore avesse all’improvviso trattenuto il fiato. Malgrado il nervosismo, un sorriso divertito gli increspò gli angoli della bocca: Steve era sempre così adorabilmente sentimentale.
«Sono contento che tu non sia morto, Tony».
Tony ribatté in tono di rimprovero, inaspettatamente serio: «Quante volte ti ho detto che i saluti da Seconda Guerra Mondiale non vanno più di moda? Non puoi dire “sono contento che tu non sia morto” o “chi non muore si rivede” così, come se niente fosse… È troppo vintage, mi spiego? Sembri mio padre».
Steve prese in considerazione la possibilità di obiettare che, in realtà, aveva conosciuto suo padre, ma preferì optare per ignorare il sarcasmo pungente del compagno di squadra, come d’altra parte faceva più o meno chiunque avesse a che fare con lui.
«Sarò lì tra quindici minuti, Tony». Una pausa prolungata in risposta, Steve alzò gli occhi al cielo e si impose la calma – non importava che Anthony Stark, persino in una situazione a codice rosso, fosse peggio di un bambino; non importava che rischiasse di mandare all’aria la strategia e, naturalmente, la Terra. «… Tony? Ti sei offeso?»
Nell’apparecchio risuonò uno sbuffo sonoro. «Steve, sai che non sentivo questa domanda dai tempi dell’asilo?»
«Va bene. Allora a dopo».
«Okay». Possibile che Steve non fosse fisiologicamente in grado di prendere l’abitudine di dire “okay” anziché “va bene”? Certe cose – molte cose – di Steven Rogers lo stressavano, seriamente. «A dopo».
Abbassò il cellulare, interruppe la telefonata e lo fece scivolare lontano lungo il ripiano del tavolo, un’espressione accigliata a illividirgli i lineamenti. «Non so se ad Asgard funzioni diversamente, ma sulla Terra alle persone non piace essere interrotte al telefono o minacciate. Tu mi hai interrotto e minacciato, ci tengo a sottolinearlo».
Una risata di gola vibrò al suo orecchio, la pressione della punta acuminata sulla sua schiena non accennò a diminuire, l’uomo a pochi passi da lui increspò le labbra in un sogghigno. «Oh, per questa volta potrai perdonarmi, non credi?»
Tony lo esaminò con attenzione, la bocca tirata in una linea sottile.
Loki sembrava perfettamente in salute, troppo in salute. In realtà l’unica differenza visibile rispetto all’ultima volta che si erano incontrati, fatta eccezione per la mancanza dello scettro e dell’elmo, erano i capelli, molto più corti di prima, anche se immancabilmente lisciati all’indietro, come il semidio era solito portarli – Tony ipotizzò che rasare i prigionieri non fosse solo una pratica dei terrestri ma anche degli asgardiani.
«No, non credo. Non sono molto incline a perdonare chi mi punta un coltello alla schiena» obiettò in tono piattamente sarcastico.
Loki allargò le braccia e sorrise, divertito. «È una semplice precauzione» minimizzò e gli rifilò un’occhiata trionfante, di chi sappia di avere il coltello dalla parte del manico – in tutti i sensi, sbuffò tra sé Tony. «Non voglio rischiare che Captain America arrivi prima del previsto in soccorso del suo caro amico Iron Man».
L’uomo avrebbe voluto poter dire che quelli dello S.H.I.E.L.D. erano troppo paranoici, che la Terra aveva affrontato minacce peggiori, ma la verità era che quella voce bassa, insinuante, era senza dubbio quanto di più pericoloso in cui lui stesso si fosse mai imbattuto.
Più pericoloso di Obadiah, più pericoloso di Vanko: loro volevano soltanto soldi e potere e, per quanto forti potessero essere, erano legati a egoistici bisogni umani. Avevano un punto debole.
Loki era diverso.
Lui desiderava qualcosa di più, qualcosa di cui nessuno era ancora riuscito a stabilire l’identità precisa, ed era quell’ambizione incomprensibile a renderlo così temibile.
«Sarà comunque qui tra dodici minuti e diciassette secondi». Tony allargò le braccia e scrollò le spalle, un sorriso nervoso a incurvargli gli angoli della bocca. Quello di chi ostentava sicurezza pur essendo inquieto era un ruolo alquanto difficile da interpretare. «Sei davvero convinto di poter ottenere da me quello che cerchi in così poco tempo? Io no».
Il semidio non avrebbe mai sottovalutato una forza che non conosceva, nemmeno se fosse stato costretto ad ammettere che un volgare essere umano ne era più esperto di lui. Non lo avrebbe ammazzato, non se correva il rischio di non trovare il modo di riprendersi lo scettro protetto dal sistema di sicurezza di Jarvis.
La lama che un sosia del semidio teneva premuta contro le sue reni, però, non si muoveva di un millimetro.
Deciso o meno a ucciderlo che fosse, Loki non aveva alcuna intenzione di concedergli la minima libertà di deambulazione. Sfortunatamente sembrava che il suo soggiorno forzato nelle prigioni di Asgard gli avesse offerto molto tempo per riflettere e considerare con attenzione ogni falla nel suo precedente progetto di conquistare la Terra.
Tony non era così ingenuo da non capire che, come lui aveva pensato più volte al loro scontro, se non altro perché era stato punto nell’orgoglio, così doveva averlo rievocato spesso anche Loki, che aveva perso molto più di un po’ di autocompiacimento in quella battaglia.
«Forse dieci minuti non bastano» fu il sorprendente commento del semidio di fronte a lui. La sua copia si chinò fino a che l’uomo non avvertì distintamente le sue labbra contro l’orecchio. Fredde. «O forse sì, chi lo sa?» sussurrò, la voce d’un tratto cambiata, come se qualcosa – magia – vi si annidasse dentro. «In fondo si tratta solo di plagiare il tempo a mia discrezione. Tu credi, Stark, che io non ne sia in grado?»
Se Loki non avesse potuto guardarlo in viso, Tony avrebbe scoccato un’occhiata esasperata al soffitto. Ottimo, pensò, sarcastico, ora il supporto può andare a farsi fottere.
«Puoi minacciarmi per ore, come preferisci» affermò, dapprima accondiscendente e all’apparenza placido, poi, malgrado il tono ironico, la mascella si irrigidì, gli occhi si ridussero a due fessure. «Ma non riavrai la tua bacchetta magica».
Fu un errore, lo indovinò dal sorriso dipinto sul volto del semidio, che non accennava a svanire.
Aveva appena rivelato a Loki quella che riteneva la sua più probabile linea d’azione – la più probabile, non quella certa – e ora il semidio sapeva perfettamente che lui non conosceva né sospettava il motivo per cui si trovava nel suo attico, al di là del banale desiderio di vedersi restituito il proprio scettro.
Non era stata una delle sue mosse più intelligenti, dovette riconoscere, se non altro con se stesso.
In particolar modo perché era chiuso in casa con ben due sosia del più forte criminale con cui gli Avengers avessero mai avuto a che fare fino a quel momento. Se compiva gesti troppo bruschi, l’estremità affilata del coltello gli solleticava la schiena.
Era stata una mossa idiota, a voler essere precisi.
«Puoi tenerlo, se ti piace» lo schernì Loki. Allo sguardo di fuoco che l’uomo gli indirizzò, il semidio replicò con un ghigno sardonico. «Non è per quello che sono venuto da te, oggi».
Tony inarcò un sopracciglio. Se Loki si era presentato da lui, mettendo a rischio la libertà appena ritrovata, la ragione doveva essere fondamentale e, scettro a parte, quelle rimaste non erano esattamente rassicuranti – nella lista, il primo punto era, molto probabilmente, “strangolare Tony Stark”. «E per cosa, allora?»
All’improvviso la copia del semidio che lo fronteggiava si dissolse nell’aria e la pressione sulle reni venne meno; rimase solo la consapevolezza della presenza di Loki alle sue spalle, di quella bocca gelida così vicina alla sua pelle.
«Un drink. Me ne hai promesso uno, se non ricordo male».
L’uomo non si mosse, ciò che meno desiderava in quel momento era una collisione involontaria con le labbra del semidio se si fosse voltato. Specialmente perché, di tutte le cose cui avrebbe potuto pensare, la sua mente aveva subito rievocato il contatto effimero di quella bocca con il suo orecchio, poco più che una carezza d’impercettibile lascivia.
«Non credevo che bevessi» commentò in tono disinvolto, grato della propria capacità di celare le emozioni più imbarazzanti dietro una maschera di incrollabile pacatezza.
Peccato che Loki gli desse sempre l’impressione di essere in grado di spogliarlo di ogni difesa e scandagliare con accuratezza il suo animo con una semplice occhiata. Persino adesso, sebbene fosse dietro di lui, riusciva a percepire l’intensità del suo sguardo sulla propria nuca.
«Non hai mai visto cosa succede se mio frat— Thor e una birra sono nella stessa stanza?»
Tony non riuscì a trattenere un sussulto stupito, ma la voce dello stesso semidio, verso la fine della frase, aveva ceduto a una quasi intangibile nota di sorpresa.
Aveva quasi detto “mio fratello” anziché “Thor”.
Si premurò di appuntarselo con grande cura, ma scelse di non sfruttare subito l’unica breccia dell’invincibile Loki Io-faccio-quello-che-voglio. Non era la circostanza adatta per far arrabbiare il semidio e, modestamente parlando, Tony era un esperto nel cogliere il frangente migliore per infastidire qualcuno.
«Lo so, ma… diciamo che non dai esattamente l’impressione di essere un alcolista» tergiversò invece con disinvoltura, quasi che nulla fosse accaduto. «Più uno psicopatico, a essere sinceri».
Nella voce di Loki c’era l’eco di uno dei suoi sorrisi sardonici. «Non lusingarmi troppo, Stark».
Tony svicolò da quella posizione scomoda da cui non riusciva a seguire i suoi movimenti, aggirò il tavolo della cucina e rovistò nel frigobar in cerca di una bottiglia di scotch. Aveva bisogno di qualcosa di forte per convincersi che quello non era un sogno e che Loki Odinson voleva davvero bere con lui, come fossero due vecchi amici.
Alle sue spalle, il semidio lo osservò senza accennare a spostarsi fino a quando l’uomo non spinse un bicchiere colmo di liquore nella sua direzione attraverso il tavolo che ora li separava. Allora considerò la bevanda con uno sguardo e ne bevve un sorso, le palpebre socchiuse, la mascella tesa – somigliava a un animale che attenda di essere attaccato. Nel momento in cui si convinse che lo scotch non era avvelenato, la tensione delle sue spalle si sciolse e svuotò il bicchiere in una seconda sorsata.
«I liquori di Midgard sono piuttosto leggeri» commentò, occhieggiando il fondo del bicchiere con fare critico.
«Mi spiace che non sia di tuo gradimento». Era semplicemente assurdo: che lui si trovasse con Loki, che non stessero combattendo, che stessero chiacchierando amabilmente. Era evidente che dovesse esserci qualcosa sotto, ma non riusciva ancora a capire che cosa. Aveva bisogno di più tempo. «Sfortunatamente è il più forte che posso offrirti, Pepper mi ha proibito di tenerne altri in casa. Dice che bevo troppo».
Parlava del più e del meno, ma non aveva abbassato la guardia. Non poteva concederselo, non con il Dio dell’Inganno: persino lui, persino Tony Stark, ammetteva che era troppo rischioso.
Il semidio sollevò le sopracciglia in un’espressione indefinibile, l’uomo non avrebbe saputo affermare se fosse incredulo oppure irritato. O un miscuglio di entrambi. «La tua donna, presumo».
«Precisamente». Pepper non era un argomento pericoloso, dopotutto Loki non conosceva il suo aspetto o il suo nome, né Tony era intenzionato a informarlo a riguardo. «Anche se non la chiamerei “donna” in sua presenza, a meno che non ti piaccia subire violenza».
Forse, se mai l’avesse incontrato, la segretaria sarebbe stata troppo atterrita per colpire il semidio, ma fino ad allora non si era mai fatta scrupoli con lui.
Un sorriso sottile si fece strada sulle labbra di Loki. «Penso che la tua donna mi piacerebbe». Fece schioccare la lingua contro il palato e attorcigliò la bocca intorno al suo nome in un modo che non piacque affatto a Tony, come se lo stesse assaggiando. «Pepper».
Era stanco di giocare, men che meno a un gioco che coinvolgesse Pepper.
Serrò le labbra in una linea sottile, la fronte aggrottata, le dita più strette del dovuto attorno al bicchiere ancora mezzo pieno. «Credo che tu abbia tergiversato abbastanza. Che cosa sei venuto a fare?»
Il semidio allargò le braccia, i palmi aperti rivolti verso di lui, a indicare che era innocuo. Il suo sorriso, però, sembrava manifestare tutt’altro che inoffensività. «Pare che tu sia piuttosto suscettibile all’argomento, mi sbaglio?» lo provocò e Tony fu certo che stesse soffocando una delle sue risatine derisorie. «Non era mia intenzione infastidirti».
«Per essere soprannominato il Dio dell’Inganno, non sei così bravo a mentire» ribatté con asprezza, ma si maledisse nell’istante successivo.
Stava perdendo il controllo – proprio ciò che Loki desiderava.
Si costrinse ad appoggiare sul tavolo il bicchiere che stava stritolando e ostentò un sorriso beffardo, pienamente consapevole che, finché lui avesse tenuto testa al semidio, Pepper, così come chiunque altro sulla Terra, sarebbe stata salva.
Loki non avrebbe potuto dilatare il tempo all’infinito e forse avrebbe resistito ancora meno se sottoposto alla dovuta pressione. La dovuta pressione, si ripeté in mente, nascondendo a fatica il luccichio trionfante negli occhi scuri che minacciava di mettere il semidio all’erta. Finalmente aveva qualcosa su cui poteva lavorare.
Abbassò lo sguardo sul tavolo, sulle proprie dita che vi picchiettavano sopra, e riprese con fare più affabile: «Né a eludere le domande. Te lo ripeto: perché sei venuto?»
Nell’indecifrabile silenzio che seguì, un leggero fruscio catturò la sua attenzione.
«Come vuoi. Niente più giochetti». Loki stava muovendosi intorno al tavolo a passo lento, una mano lasciata scivolare pigramente sul ripiano lucido, le placche di metallo che frusciavano contro la pelle nera della sua armatura a ogni passo. Seguiva con attenzione ogni singolo gesto delle proprie dita sul legno, di modo che Tony non potesse vederlo in volto.
Lui non si spostò, gli permise di avvicinarsi di nuovo, ma il suo corpo era pronto a scattare, la sua voce a dare l’ordine di attivare il Mark VII migliorato. Non sarebbe rimasto scoperto, non sarebbe stato preso in giro. Non di nuovo.
Di tutto quel che sarebbe potuto accadere, però, non si aspettava certo che il semidio gli facesse una proposta simile. «Voglio fare un accordo con te, Stark».
L’affermazione lo stupì al punto che quasi cadde nell’errore di abbassare la guardia. Quasi. Dopotutto stava affrontando il Dio delle Menzogne e doveva essere preparato a qualsiasi sua linea d’azione, compreso un tentativo di avvicinamento, per quanto inaspettato.
Ma, oltre a essere Iron Man, era anche umano e quelle parole erano talmente stupefacenti che non poté impedire al suo volto di contrarsi in un’espressione incredula. «E perché dovresti?»
L’atteggiamento di Loki era molto serio, come Tony non l’aveva mai visto prima. Il suo sguardo color dell’oceano in tempesta lo stava soppesando, come se ancora non fosse del tutto sicuro di voler davvero avanzare con lui un simile progetto, ma la tensione dei suoi lineamenti dava invece l’impressione che non avesse scelta.
Dopo aver selezionato meticolosamente la risposta migliore da dare, il semidio ammise: «Perché tu sei l’unico con cui valga la pena di stipulare un simile patto». La sua voce era venata d’orgoglio, quasi gli stesse facendo una magnanima concessione con quel complimento sottointeso. «Mi darai ascolto?»
Non che l’uomo avesse molte altre possibilità, oltre a ingaggiare una battaglia. «Ti ascolterò».
Non domandò perché Loki avesse perso tempo a stuzzicarlo fino a quel momento prima di rivelare le proprie intenzioni, se si trattava di un’iniziativa amichevole. Conosceva già la risposta: semplicemente, l’aveva fatto perché lui era Loki e, prima di fare una mossa qualunque, avrebbe fatto in modo di carpire ogni possibile informazione sulle debolezze del nemico, per poterle sfruttare in caso di bisogno.
«Molto bene». Il semidio subì un cambiamento quasi invisibile, una traccia a malapena distinguibile di rilassamento che si insinuò nel suo comportamento. «L’accordo è semplice: nascondimi, e in cambio la Terra non verrà distrutta».
Di norma Tony avrebbe trovato una battuta pungente da replicare – non era la prima volta che Loki faceva una minaccia del genere – ma la gravità era talmente evidente nel tono del semidio che l’uomo intuì che non erano gli asgardiani coloro da cui voleva sottrarsi, ma qualcos’altro. Qualcosa che preoccupava persino Loki Odinson.
Non poteva, però, prendere decisioni affrettate e dettate dall’istinto, specie se c’era di mezzo il destino del pianeta.
«Okay» fu il suo primo commento, stillante nervoso imbarazzo. «Perché non ti siedi sul divano e mi spieghi bene come stanno le cose? Ma dovrai essere sincero» specificò, scoccandogli un’occhiata intensa «altrimenti non accetterò. Puoi farlo, Dio dell’Inganno?»
I contorni della figura del semidio vibrarono nell’aria fino a che egli non si dissolse, per riapparire subito dopo accomodato sul divano, le gambe accavallate con eleganza, il braccio ciondolante sul bordo dello schienale. «Non posso rispondere a tutte le tue domande» lo mise in guardia, mentre Tony si lasciava ricadere sul sofà e assorbire dalla sua pelle morbida, a mezzo metro di distanza da lui. «Cerco il tuo aiuto, ma non sono uno sciocco».
Era corretto. L’uomo scrollò le spalle, consapevole che, rifiutando quella condizione, non sarebbe mai riuscito a ottenere sincerità.
Poi Loki prese a parlare, senza mai distogliere lo sguardo dal suo, senza vergogna, senza timore, e Tony aveva la sensazione – non del tutto sgradevole – di stare affogando in quegli occhi, così come la prima volta che si erano trovati faccia a faccia, quando il semidio era rinchiuso nella cella in origine destinata a Hulk.
Che cosa sei venuto a fare, mortale?” era stata la sua prima domanda; ironicamente, la stessa che l’uomo gli aveva rivolto quando si era materializzato nell’attico.
Lui però aveva mentito, Loki, invece, stava dicendo la verità. “Voglio sapere dov’è il Tesseract”.
Paradossalmente, allora il semidio aveva smascherato subito la sua bugia e ora Tony aveva la stessa convinzione che lui fosse davvero onesto. “Menti al Dio dell’Inganno. Non lo trovi quanto mai patetico?
All’epoca, l’uomo l’aveva sottovalutato, intento com’era a crogiolarsi nella sicurezza della prigione che lo conteneva. Aveva pensato che le sue sole parole non sarebbero bastate a sconfiggerli. “Mi secca ammettere che hai ragione. La verità era che volevo vedere com’era questo famoso Loki – e, se vuoi il mio parere, non sei così minaccioso come ti dipingono. Un po’ pallidino, tipo vampiro, ma non minaccioso”.
Quel giorno lui aveva commesso lo stesso errore che riteneva stessero commettendo adesso i suoi compagni, prendendo sottogamba il ritorno di Loki.
Sfortunatamente aveva provato le conseguenze di quello sbaglio sulla propria pelle, quando, sotto i suoi occhi meravigliati, il semidio si era dissolto nell’aria ed era riapparso a pochi centimetri da lui. Aveva tentato di reagire per tempo, ma Loki era già su di lui, il suo sorriso a una manciata di millimetri di distanza. “Sei un umano estremamente singolare, Anthony Stark”.
Tony sapeva che, se il semidio l’avesse voluto, nessuno avrebbe potuto fare nulla per impedirgli di ucciderlo. Di conseguenza, si era ripromesso che non avrebbe più permesso di prendere Loki alla leggera né a se stesso né agli altri Avengers.
«Il mio accordo con i chitauri stabiliva che, in cambio del Tesseract, sarei stato posto alla guida di un loro esercito nella conquista della Terra». Il semidio fece solo una pausa di pochi istanti, dal momento che l’uomo conosceva già quella parte della storia. Per una volta, però, Tony non lo interruppe nemmeno con una battuta di spirito, ma restò paziente in attesa che riprendesse. «Poiché il mio progetto non ha avuto successo,» se l’uomo si aspettava un certo rancore, fu deluso dalla piattezza con cui Loki riassunse l’accaduto «non ho avuto modo di consegnare loro il Tesseract, dunque ora mi danno la caccia per punirmi. Non sanno che mi sono rifugiato su Midgard e staranno cercando il modo di penetrare le difese di Asgard, cosa che mi offre un considerevole vantaggio in termini di tempo, almeno per adesso».
Quando infine il semidio tacque, la prima reazione di Tony fu di passarsi una mano sul volto e decise che c’erano considerevoli probabilità di rimanere in vita, se anche avesse mostrato a Loki la stanchezza, mista a esasperazione, che quel racconto aveva generato.
Era quasi ridicolo che uno dei peggiori nemici degli Avengers si fosse presentato alla sua porta in cerca di riparo da coloro con cui aveva quasi conquistato il mondo.
«Perciò stai chiedendo agli Avengers di ospitarti per un po’ e difenderti dai chitauri?»
Il semidio scosse con decisione il capo e gli rifilò un’occhiata irritata, di quelle che si meritano le persone particolarmente ottuse. «Dovresti ascoltare con più attenzione, Stark. Non ho mai nominato il vostro sciocco gruppo di eroi. Io voglio il tuo aiuto, non il loro. Se accetti la mia proposta, tu sarai l’unico a sapere che mi trovo qui. È chiaro?»
Perché le cose non erano già abbastanza difficili, pensò Tony con una nota di amaro sarcasmo. Da un lato capiva Loki, capiva la sua diffidenza, in fondo gli Avengers lo avevano sconfitto e relegato in prigione in un’altra dimensione, ma dall’altro non capiva il resto.
Perché rivolgersi a lui?
Perché a lui, Tony, Anthony Stark, che, privo della sua armatura, era solo un genio, milionario, playboy, filantropo? Un umano estremamente singolare?
«Perché dovrei fidarmi di te?»
Altro scotch, elaborò la sua mente, mentre il semidio esibiva un piccolo sorriso.
Aveva un assoluto, impellente bisogno di altro scotch, perché doveva scegliere se nascondere Loki in casa sua, all’oscuro di tutti, di dormire vicino – in senso metaforico – a un semidio schizofrenico, di rischiare che Fury gli staccasse la testa dal collo, con o senza armatura, qualora avesse scoperto che stava coprendo Loki.
«Non ti sto chiedendo fiducia, Stark. Ti sto offrendo la possibilità di non finire ucciso per mano mia e il mio aiuto nel respingere i chitauri, in cambio di un posto dove stare. Nient’altro».
In realtà, l’uomo non riusciva a pensare ad argomentazioni contrarie che potessero reggere. A parte il classico “sei il Dio dell’Inganno, come faccio a crederti?” e “Tu, in casa mia? Sei pazzo?”, s’intendeva.
Fury l’avrebbe ucciso. No, Fury l’avrebbe vivisezionato. Steve l’avrebbe ucciso. Clint l’avrebbe ucciso. Natasha l’avrebbe ucciso. Bruce l’avrebbe ucciso. Thor- forse Thor sarebbe stato l’unico a esserne davvero felice. Pepper l’avrebbe ucciso, l’avrebbe fatto a pezzi, li avrebbe bruciati e sparsi in un fiume.
«Bene» sospirò, mettendo bruscamente fine al silenzio che era sceso tra loro. Loki si limitava a contemplarlo come si fa con un insetto che si comporti in modo strano, gli occhi azzurri accesi d’interesse. Tony sospettava che, se anche avesse rifiutato, il semidio se non altro avrebbe rimediato qualcosa di cui ridacchiare per i successivi cento anni – non che lui capisse l’umorismo asgardiano. «Ponendo che io ti dica di sì, tu dormi sul divano e quella sparisce». Gesticolò, teatralmente terrificato, in direzione dell’armatura. «E ovviamente dovrai mutare forma – perché lo sai fare, giusto? Tutti conoscono la tua faccia qui, e io non voglio morire di morte violenta, se non ti dispiace».
Lui stesso non credeva a quanto gli stava sfuggendo di bocca.
Poteva anche ammettere che Loki avesse delle ragioni valide per quello che stava facendo, ma le sue qual erano? Perché lo stava aiutando?
Se i chitauri avessero davvero attaccato la Terra, avrebbero avuto pur sempre Thor dalla loro parte, Thor, un macigno divino di cui ci si poteva fidare ciecamente. Loki non aveva mai fatto niente di buono per loro, non poteva redimersi di colpo soltanto perché, per una volta, aveva deciso di tendere la mano e dire la verità – se di verità si trattava sul serio.
Tony represse un altro sospiro.
I motivi convenzionali erano voler salvare il pianeta dall’ennesima minaccia e al tempo stesso avere l’opportunità di tenere a bada Loki. Fare qualcosa di buono, di altruista.
Il vero motivo era che si trattava di una sfida, e lui viveva di sfide. Una sfida tra lui e Loki, due delle entità più astute sulla Terra, un conflitto di menti più che di magia e metallo. L’idea lo stuzzicava profondamente, inutile nasconderselo. L’idea di qualcosa di sbagliato, di egoista.
Obadiah Stane l’aveva cambiato, ma il nocciolo del suo animo rimaneva lo stesso: cinquanta percento di altruismo, trenta percento di arrogante avventatezza, venti percento di egoismo.
«Mentirei se dicessi che mi dispiacerebbe molto».
L’aspetto del semidio si stava alterando. La sua armatura si restrinse, si fece aderente al suo corpo, si divise in due e sfumò dal verde e oro al nero di un paio di pantaloni e al bianco di una camicia. Gli stivali borchiati rimpicciolirono intorno ai suoi piedi in eleganti mocassini dall’aspetto costoso. Poi Tony udì un fischio nelle orecchie, come di una stanza che si depressurizzi, ma il volto di Loki rimase lo stesso.
L’uomo lo scrutò per qualche secondo, ma il semidio si limitò a ricambiare lo sguardo e a sorridere compiaciuto, come un bambino che aspetti di sentirsi dire quanto è bravo.
«Okay» disse Tony con lentezza, sollevò mani e sopracciglia e si schiarì la voce. «E… cosa hai intenzione di fare per, sai, la faccia da super cattivo Sono-molto-malvagio-e-anche-un-tantino-schizzato?»
Loki parve ricordarsi all’improvviso di qualcosa e ignorò bellamente il suo insulto, neppure troppo sottile. «Oh, giusto. Tu sei l’unico che possa vedere il mio vero aspetto. Per chiunque altro,» nel giro di un istante il suo volto si era accartocciato e di nuovo dispiegato in uno del tutto diverso, quello di un giovane uomo di non più di trentacinque anni dai corti capelli biondi e intelligenti occhi castani «sarò Damian Millark, il nuovo assistente di Tony Stark». Gli strizzò l’occhio, soddisfatto dal suo malcelato stupore, e riassunse le proprie autentiche sembianze. «Allora?»
Era evidente che il semidio desiderava essere lodato, così come divenne evidente che era più che mai seccato dal modo in cui Tony svicolò da quell’argomento.
«Frena. Tu, il mio assistente?» Non era il momento di preoccuparsi dei capricci di un Loki irritato perché non era stato elogiato a dovere. «Ho detto che ti avrei aiutato, non che ti avrei assunto. E comunque c’è Pepper, non ho bisogno di nessun altro».
Non era propriamente così. Sebbene la sua mente fosse abituata a collegare “Pepper” a “segretaria”, la donna era ora l’amministratore delegato delle Stark Industries e non aveva più il tempo materiale per rivestire anche il ruolo di assistente e segretaria. La verità era che, dopo che Tony l’aveva esonerata da quei compiti, non aveva neppure tentato di trovare una sua sostituta.
I dipendenti non erano indispensabili, Pepper Potts sì.
Il semidio gli rivolse una di quelle occhiate canzonatorie che riservava a coloro su cui sapeva di avere un qualche vantaggio. «Avevo capito che miss Potts non è più la tua segretaria, nonché assistente personale. Adesso tu e io siamo alleati e non puoi pretendere che io rimanga chiuso qui dentro tutto il giorno. Potrei rivelarmi molto più utile nel tuo ufficio che in casa tua».
Non che non fosse vero, non solo perché Loki sarebbe stato un valido collaboratore, ma anche perché, più lontano Tony l’avesse tenuto dal suo scettro, meglio sarebbe stato per la sicurezza planetaria.
«Va bene, va bene. Diciamo che sei in prova, okay?»
La sua arrendevolezza accontentò il semidio, che si alzò dal divano con noncurante naturalezza e annunciò: «È meglio che scenda alla reception, allora. Steven Rogers sarà qui tra due minuti, ti consiglio di far sparire i bicchieri e lo scotch». Fece una pausa e accennò un sorriso divertito, di quelli che davano i brividi a Tony. «Volevo dire, le consiglio, signor Stark. Abbiamo finito o desidera altro?»
L’uomo batté le palpebre. No, non si sarebbe mai abituato a quella nuova versione di Loki, la segretaria professionale. Avrebbe avuto degli incubi. E voleva dello scotch.
Tuttavia il semidio aveva ragione, come – quasi – sempre.
Tony lasciò il morbido sofà e diede le spalle a Loki per riporre lo scotch nel frigobar e nascondere i bicchieri nella credenza. «Abbiamo finito» lo congedò, senza voltarsi. «Può andare, signor Millark. La chiamerò se avrò bisogno di qualcosa».
Esattamente quarantanove secondi dopo che il semidio era uscito dal loft, la porta si spalancò di colpo e sulla soglia apparve Steve in armatura, lo scudo proteso di fronte a sé in posizione di difesa e una mitragliatrice sottobraccio. Quarantanove secondi, ripeté tra sé Tony, un accenno di riso sulle labbra.
Solo quarantanove secondi, che successivamente Loki aveva dilatato con la propria magia, plasmandoli a proprio piacimento perché durassero quanto gli avrebbe fatto comodo, salvo poi annullare l’incantesimo di propria spontanea volontà, mentre Tony ancora si chiedeva come avrebbe fatto a convincerlo.
Non c’era stato alcun bisogno di pressioni; era bastato un “per favore”.
Steve si rese conto della totale assenza di un pericolo imminente e fece qualche passo cauto oltre l’uscio. Lo fissava con quei suoi penetranti occhi azzurri e Tony capì che stava sforzandosi di capire se Loki l’avesse stregato o se fosse proprio il semidio sotto mentite spoglie.
«Tutto okay?» volle sapere, le spalle contratte, le dita salde sul grilletto della sua arma.
Tutto okay?
Quella domanda era più pregnante di quanto Steve potesse immaginare, considerò tra sé Tony, ironico. Era davvero tutto okay?
«Sì, Steve. Sono io. Sto bene».
E forse era davvero solo quello l’importante.
Finché fosse rimasto se stesso, finché Loki non avesse tentato di controllarlo e Fury non avesse voluto rimpiazzare l’occhio perduto con uno dei suoi, sarebbe stato okay, per quanto confuso e curioso e rinvigorito dall’adrenalina potesse sentirsi ora, perché al pianoterra della Stark Tower Loki Odinson era in prova come suo assistente e segretario personale.
Steve si stava guardando intorno adesso, più rilassato, ma non aveva ancora abbassato le armi. «E Loki?»
Tony esitò. Aveva ancora una possibilità di tornare indietro.
Nel momento in cui avesse deciso di mentire a Steven Rogers, anche quella sarebbe scomparsa e il suo patto con Loki sarebbe stato sancito definitivamente.
Prima che trascorresse un secondo di troppo che sollevasse troppi sospetti, scrollò le spalle.
«Non saprei. È da parecchio che non si vede da queste parti. È bello vedere anche te, comunque».

  
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