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Autore: EvgeniaPsyche Rox    19/06/2012    7 recensioni
«In breve io ho combinato un casino, e il preside, per punizione, mi ha ordinato di farti da tutor.Got it memorized?», accidenti, alla fine si era lasciato sfuggire il suo marchio di fabbrica.
Roxas assottigliò gli occhi, assai perplesso; un pò per la sua affermazione, e un pò per quella domanda finale in inglese.Decise di lasciare perdere, dedicandosi al vero argomento della conversazione.«Mi stai prendendo in giro?»
«No.»
«Non ho alcun problema a scuola, quindi ti risparmio la fatica di perdere tempo.», affermò schiettamente il biondino, spostando lo sguardo verso il suo interlocutore, il quale aveva sospirato.
-
[Questa storia ho iniziato a scriverla quando avevo tredici anni e, contando che adesso ne ho quasi diciassette, è normale che io abbia cambiato modo di scrivere, anche perché mi sto dedicando a generi differenti. Da un lato preferirei eliminarla perché i capitoli, soprattutto i primi, non sono scritti esattamente bene (Almeno, per quanto riguarda la punteggiatura e la grammatica). Ma ragazzi, le recensioni sono tante; questa è la prima long che ho pubblicato e mi sono affezionata.]
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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Tutor And Boyfriend.

 

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15. I missed you 

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«Axel, ma si può sapere perché sei così depresso?», un giovane dagli strani capelli a spazzola e il volto piuttosto preoccupato tentò inutilmente per la quarta volta nel corso della giornata di capire che cosa diavolo avesse l'amico.
Axel si limitò a sospirare per l'ennesima volta con la faccia chinata sul banco, rimurginando qualcosa di incomprensibile tra sé e sé.
«Cos'è successo? Hai finito la lacca e ti sei scordato di comprarne una nuova? Non hai portato i soldi per la merenda? Hai scoperto che la tua vita non ha alcun senso e che sei nato per sbaglio?», continuò ad azzardare ripetutamente il compagno; il fulvo rialzò il volto, lanciandogli un'occhiataccia omicida in risposta.
«Non sparare minchiate, Demyx.»
«Io sono della modesta opinione che abbia problemi in campo sentimentale; molto probabilmente sta iniziando a nutrire forti emozioni per una persona che non avrebbe mai immaginato, la quale però lo ignora bellamente.», al discorso di Zexion il castano spalancò la bocca, nonostante non avesse capito granché; il ragazzo dalle iridi smeraldine sollevò istintivamente un soppraciglio in un'espressione accigliata. «Cos'è, sei diventato un veggente per caso?»
«Uh?», il giovane dal lungo ciuffo ricadente su un occhio alzò appena lo sguardo dal proprio libro. «Stavo leggendo ad alta voce, scusate.»
Demyx si grattò la testa con aria confusa, mentre il rosso tirò un lungo sospiro esasperato, scuotendo la folta chioma; prima che potesse dire altro, il rumore scorrevole della porta fece voltare i tre presenti.
Era piuttosto strano vedere un primino intrufolarsi nelle classi di quelli più grandi durante la ricreazione; figuriamoci poi dei ragazzi di quinta.
«Chissà cosa ci fa qui...», bisbigliò a bassa voce il giovane dai capelli castani, rivolgendosi agli altri due; Zexion annuì appena, tornando alla propria lettura, mentre il fulvo neanche lo ascoltò, troppo intento ad osservare quei disordinati capelli dorati e gli occhi blu saeattare ovunque con aria spaesata.
Axel si alzò così di scatto, attirando l'attenzione del più piccolo che, alla sua vista, spalancò le iridi chiare.
«Roxas, ti devo parlare.», affermò con risoluzione e sicurezza, non ottenendo però il risultato sperato; il diretto interessato si limitò a voltare lo sguardo altrove, ignorandolo tranquillamente.
«Rox-», non riuscì neanche a chiamarlo di nuovo che la squillante voce di una giovane dai lunghi capelli rossi lo interruppe. «Oh, ciao, Roxas! Naminè credo sia andata un attimo in sala professori; la puoi aspettare per i corridoi!», spiegò accennando un largo sorriso Kairi, ottenendo un cenno con il capo da parte dell'altro. «Va bene, grazie.»
Naminè? Possibile che lui fosse venuto solamente per Naminè?
Il diavolo dai capelli fiammeggianti assunse un'espressione amareggiata; vide il biondo osservarlo con la coda dell'occhio per poi scuotere la testa sospirando prima di uscire dalla classe.
«Axel, a proposito...», sentì improvvisamente l'apatica voce di Zexion alle sue spalle. «Perché prima mi hai definito un veggente?»



Effettivamente forse era davvero diventato uno stalker.
Sì, probabilmente doveva farsi vedere da qualche strizza cervelli, proprio come gli aveva consigliato suo fratello che sembrava avere sempre la risposta pronta quando lui finiva nei guai.
Erano passate quasi tre settimane e la maggior parte della scuola sembrava essere al settimo cielo perché erano finalmente entrati nel mese di Maggio; e dico la maggior parte semplicemente perché, al contrario, quelli di quinta stavano contando i giorni che mancavano alla loro fine.
Gli esami di maturità.
«Ma sì, c'è ancora tempo per studiare!», Axel non aveva fatto altro che cinguettare questa frase per tutto l'anno, finchè, improvvisamente, in una tiepida mattina di Domenica, si era alzato dal letto, voltando lo sguardo verso il calendario e lanciando poi un urlo disperato.
«Non è possibile! Non è possibile! No, no, no! Gli esami, cazzo, gli esami! Gli esami!», aveva strillato come un assatanato per quasi un'ora e mezza, rincoglionendo completamente Reno, il quale aveva deciso quindi di uscire e lasciarlo solo con la sua più totale disperazione.
Successivamente era tornato allegro come al solito, sorseggiando una tazza di caffè in un bar, chiacchierando tranquillamente con il cameriere, ripetendo: «Ma sì, c'è ancora tempo per studiare!», ignorando la fredda vocina nella sua testa che nel frattempo sussurrava qualcosa come: «Ma sei scemo o lo fai? Tempo di cosa? Siamo a maggio, coglione! Vuoi arrivare agli orali e fare scena muta?!»
A quanto pare sì,
si rispondeva poi da solo con aria sconsolata.
Terminò di bere e pago velocemente il conto, infilandosi le mani in tasca per poi iniziare a camminare nella caotica città, perdendosi nei propri pensieri; ecco, sì, prima di cadere nello sconforto più totale, stava riflettendo sul fatto di essere uno stalker.
Infatti in quelle tre settimane non aveva fatto altro che seguire il giovane dai capelli dorati; di nascosto gli stava alle calcagne mentre tornava a casa, dopo scuola, oppure cercava in ogni modo di ascoltare ciò che diceva a Naminè, senza ottenere grandi risultati.
Non gli importava neanche più di essere visto, dato che ormai peggio di così non poteva andare.
Solitamente quando qualche personaggio dei film diceva così, scoppiava puntualmente a piovere; alzò velocemente lo sguardo in cielo e tirò un sospiro di sollievo, notando che il sole splendeva ancora nel cielo azzurro.
Non sapeva proprio come fare per rivolgergli nuovamente la parola; le aveva provate tutte, qualsiasi scusa, ogni metodo possibile, ma niente di niente. Lui si limitava a guardarlo freddamente per poi girare i tacchi e andarsene con dignità.
E intanto quel malaticcio del preside continuava a stressarlo con il fatto che i voti orali del ragazzo non cennavano ad alzarsi, il che significava che quel suo maledetto problema d'ansia non era minimamente passato.
Sospirò con fare amareggiato e tirò un calcio ad una lattina di coca-cola, la quale rotolò per qualche metro fino a toccare le scarpe di un ragazzo seduto su una panchina di legno con le braccia distese e l'aria stanca; Axel alzò un poco lo sguardo e incrociò un paio di occhi celesti che lo stavano a loro volta scrutando con estrema attenzione.
«Ma guarda un pò chi si rivede!», lo salutò con aria canzonatoria il diavolo dai capelli fiammeggianti, accennando un largo sorriso a trentadue denti, alzando un poco la mano sinistra.
Riku sollevò il soppraciglio sinistro in un'espressione accigliata per poi sospirare, borbottando. «E io stavo già sperando che non mi vedessi.», a quel dolce inizio l'altro cambiò immediatamente espressione, riducendo gli occhi a due fessure.
«Ah, ah, ah. Davvero molto gentile.»
L'albino si scrollò le spalle mentre sul volto del rosso si dipinse improvvisamente un ghigno ironico. «E' la prima volta che non ti vedo insieme a quel tonto del tuo amico.»
Il sedicenne gli lanciò un'occhiata storta e sibilò qualche insulto come ''stupido pagliaccio'' e ''stronzo'', per poi affrettarsi a rispondere con altrettanto sarcasmo. «E' lui che mi sta sempre incollato. E comunque, tu, piuttosto, ho saputo che ora non stai più molto simpatico a Roxas.»
Axel strinse istintivamente i pugni, sentendo una scarica di rabbia attraversagli il corpo; improvvisamente, però, sbollì di colpo e assunse un'espressione perplessa, ripensando alle parole del suo interlocutore.
'Ho saputo che ora non stai più molto simpatico a Roxas.'
E questo cosa significava? Che forse prima gli stava simpatico? Un pò? Almeno un pò?
O forse era lui che stava semplicemente sognando ad occhi aperti e si stava riempiendo la testa di inutili seghe mentali?
Si tirò una manata sulla fronte per ritornare in sé e sospirò, lanciando una fugace occhiata al cielo sereno prima di prendere tranquillamente posto sulla panchina, ottenendo un'occhiata irritata da parte dell'albino. «E' buona educazione chiedere prima di sedersi su una panchina già occupata.»
Axel rise, rise di cuore perché si accorse che l'atteggiamento cinico di Riku gli ricordava enormemente quello di Roxas; successivamente si ritrovò a sorridere prima di rispondere. «Ma la panchina è un luogo pubblico, perciò non devo chiedere un bel niente.»
Il ragazzo dai capelli argentati roteò lo sguardo da una parte all'altra dell'ambiente circostante con aria scocciata ed esasperata contemporaneamente; sospirò e socchiuse gli occhi dopo aver ripreso la parola. «Allora, che cosa vuoi?»
«Mh?», il più grande lo osservò con fare stralunato, non riuscendo a seguire il suo strano discorso.
«Ti ho chiesto che cosa vuoi. Insomma, se mi hai rivolto la parola e se ti sei seduto accanto a me devo supporre che devi chiedermi qualcosa. Perciò spicciati che non ho tempo da perdere.»
Il fulvo sbattè più volte le palpebre, stupito e divertito al tempo stesso; rise ancora e si infilò una mano tra i capelli fiammeggianti intrisi di lacca. «Non ti sfugge niente, eh.», Riku annuì, nascondendo un'espressione soddisfatta.
«Roxas è davvero così arrabbiato?», a quella domanda l'altro sembrò accennare un mezzo sorrisetto, dato che aveva già intuito l'argomento del rosso prima ancora che avesse aperto bocca.
«Abbastanza. Ma la sua rabbia non dura poi molto, fa solo l'orgoglioso.», spiegò apaticamente con lo sguardo rivolto verso un negozio di jeans di fronte a sé.
«Quindi...», iniziò Axel con aria speranzosa, venendo però immediatamente interrotto dall'albino. «Quindi sì, forse hai ancora qualche possibilità di rimediare al tuo danno. E dico forse perché Roxas è strano e dipende un pò da come gli girano.»
«Sì, questo l'avevo intuito.», rispose il diciottenne ridacchiando appena per poi mormorare: «Potrei provare con un regalo.»
Riku rispose con un'alzata di spalla indifferente. «Non saprei, forse.»
Il rosso schiuse poi la bocca, riprendendo immediatamente a parlare. «E tu sai per caso se c'è qualcuno che...», si interruppe bruscamente e si morse il labbro inferiore, scuotendo la testa e facendo un cenno con la mano. «Nah, niente. Lascia stare.»
L'altro sollevò per l'ennesima volta un soppraciglio e lo guardo con fare confuso, limitandosi poi a sospirare appena, guardando le nuvole galleggianti in alto. «Beh, buona fortuna.»
Axel ridacchiò nuovamente e si alzò di scatto. «Grazie. Credo che me ne servirà davvero molta.», e, dopo aver detto ciò, alzò la mano in segno di saluto, allontanandosi lentamente con aria assorta.
Riku improvvisamente sorrise.
Sorrise perché lui già sapeva.



Rabbrividì a quel contatto e si lasciò sfuggire una smorfia che presto si trasformò in un'espressione rilassata.
Non riuscì a fare a meno di sorridere alla vista dell'immensità del mare di fronte a sé.
Si divertì a schizzare un pò d'acqua con i propri piedi nudi e lanciò la cartella alla propria destra, senza neanche vedere se l'avesse bagnata o meno.
Non gli importava, ecco tutto.
Così come quella mattina non gli era importato del fatto che sua madre lo avesse sgridato per aver indossato dei pantaloncini corti; lui aveva risposto con una scrollata di spalle, spiegando che aveva caldo, molto caldo, nonostante non fosse esattamente così, anzi.
Certo, era primavera inoltrata, ma un leggero venticello soffiava di tanto in tanto.
La verità è che li aveva indossati perché aveva già deciso che dopo scuola si sarebbe recato in spiaggia.
Si chinò e afferrò una pietra accanto ai propri piedi, osservandola attentamente per qualche secondo con aria persa prima di lanciarla con forza davanti a sé; amava il rumore che facevano gli oggetti prima di tuffarsi in acqua.
Splash.
Era piacevole. Lo faceva inspiegabilmente sorridere.
La cosa più bella era che non c'era nessuno stranamente; probabilmente gli studenti si affrettavano a tornare a casa, mentre il resto della città era intenta a chiudere i numerosi negozi.
E lui era lì. Sì, era lì, tranquillo, a sentire la piacevole carezza fresca che gli provocava l'acqua sulle caviglie.
Desiderò solamente svuotare la mente per un momento. Aveva passato una giornataccia. Anche se poi, da quando si era trasferito in quella dannatissima città, non ne aveva passate di così belle.
A quanto pare la professoressa di matematica alla seconda ora era particolarmente infuriata, dato che aveva avuto la fenomenale idea di interrogare di punto in bianco; aveva sentito il proprio cuore battere così velocemente che temeva che anche il resto dei suoi compagni avessero potuto sentirlo.
Fortunatamente non era stato interrogato. Ma l'ansia era rimasta; quel maledetto groppo in gola era rimasto, come impigliato in una morsa, e gli faceva male, davvero male.
Strinse i pugni e si morse con violenza il labbro inferiore, ricacciando le lacrime dentro; scosse velocemente la testa e si chinò nuovamente, afferrando un'altra pietra per poi lanciarla in un punto lontano.
Fece qualche altro passo in avanti e sentì l'acqua accarezzargli le ginocchia, appena sotto i propri pantaloncini celesti; allungò la mano e la immerse completamente, rilassandosi del tutto.
Socchiuse lentamente gli occhi, lasciando che il sole si divertisse a scivolare tra la sua pelle; pensò che in mezzo a quel silenzio interrotto solo dal rumore dell'acqua avrebbe potuto davvero addormentarsi, quando una squillante voce alle sue spalle lo risvegliò completamente.
«Ehi, stai attento: così rischi di bagnarti i vestiti!», a causa dell'improvviso spavento fece un balzo indietro, inciampando su una pietra e cadendo rovinosamente in acqua, ritrovandosi così gli indumenti fradici.
«Ops.», commentò il nuovo arrivato, mettendosi una mano alla bocca. «Come non detto.», commentò sarcasticamente, soffocando una mezza risata divertita.
Roxas ringhiò qualche imprecazione a denti stretti e strinse i pugni con tale forza da infilarsi le unghie nei palmi; si voltò con aria omicida verso il ragazzo dai capelli fiammeggianti che nel frattempo lo stava guardando con un allegro sorriso da deficiente stampato sul volto.
«Brutto coglione!», tuonò dopo aver analizzato per qualche secondo la situazione, «Guarda che cosa hai fatto! Per colpa tua mi sono bagnato tutto!», continuò a strillare con aria infuriata, muovendo ripetutamente le braccia e provocando così numerosi schizzi d'acqua; Axel assunse un'espressione perplessa e dispiaciuta mentre si portò una mano sulla nuca, grattandosela distrattamente.
«Ma veramente era proprio quello che volevo evitare.», spiegò arricciando le labbra in una smorfia contraria, scuotendo la folta chioma rossa per poi proseguire. «Non è colpa mia se ti spaventi facilmente.»
A quell'osservazione gli parve di vedere il volto del biondo colorarsi del medesimo colore dei suoi capelli dalla rabbia; deglutì rumorosamente e si tirò un poco il colletto della maglia, accorgendosi che per scusarsi non aveva utilizzato sicuramente la tattica migliore.
«Suvvia, non c'è bisogno di incazzarsi! Anch'io mi sono bagnato parecchie volte con i vestiti, sai?», si precipitò a mormorare, facendo qualche passo in avanti per poi porgere la mano verso l'altro, cercando comunque di non avvicinarsi troppo all'acqua. «Dai, ti aiuto a rialzarti.»
Poi tutto successe in un attimo e fu stupito dall'agilità del giovane: lo vide allungare velocemente il braccio, afferrando così il suo polso in una stretta sicura prima di tirarlo verso di sé, facendogli perdere in un attimo l'equilibrio e costringendolo quindi a cadere rumorosamente di faccia in acqua.
Chiuse di scatto le iridi all'impatto e, quando li riaprì, sentì gli occhi bruciare a causa dell'acqua salata; si affrettò a tornare in superficie e si accorse solo in quel momento di essere bagnato da capo a piedi.
Ma dei vestiti poco gli importava, in fondo.
Ciò che lo fece gridare fu il fatto che i propri capelli perfetti per i quali dedicava ore ed ore della giornata per sistemarli e acconciarli, ora erano sciupati e cadevano sulle sue spalle, bagnati, tremendamente bagnati.
Come se ciò non bastasse, allungò una mano fino a toccarsi il volto, ripercorrendolo fino a raggiungere gli occhi, guardando inorridito il proprio pollice macchiato di nero.
L'eyeliner. Era. Colato.
Rimase qualche secondo ad osservare il vuoto più totale con aria ambigua, per poi rialzare lentamente lo sguardo con un'espressione inquietante dipinta sul volto, accennando un sorriso estremamente falso. «Tu... Tu hai rovinato i miei capelli. I miei bellissimi capelli e il mio magnifico trucco. Ti rendi conto dell'enorme peccato di cui ti sei macchiato?»
Questa volta fu il giovane dai capelli dorati a deglutire rumorosamente; si alzò in un attimo e si affrettò a raggiungere la riva, quando si sentì afferrare di scatto per il polso, ritrovandosi inspiegabilmente con i capelli biondi immersi nella sabbia e il sadico volto del diciottenne sopra di sé che lo stava squadrando con estrema attenzione.
Socchiuse un occhio a causa dell'improvviso impatto e si massaggiò la testa con la mano libera, sforzandosi in ogni modo di alzarsi, senza ottenere grandi risultati dato che l'altro era seduto tranquillamente su di lui.
«Lasciami, stupido! Anche tu mi hai bagnato, diamine!», sputò non appena si accorse di non avere abbastanza forza per divincolarsi; Axel accennò una risata sinistra e scosse la testa, avvicinandosi pericolosamente al volto del più piccolo che si strinse le spalle, sentendosi improvvisamente a disagio. «Ma tu non hai i capelli perfetti come i miei e, soprattutto, non ti trucchi.»
«Grazie al Cielo, aggiungerei.», commentò ad alta voce il biondo con affilata ironia; il fulvo gli lanciò un'occhiataccia e gli afferrò immediatamente anche l'altro polso, spingendolo contro la sabbia tiepida.
«E con questo che cosa intendi dire?», domandò il rosso sollevando un soppraciglio nella tipica espressione da ''Stai attento a quello che dici''.
«Nulla, semplicemente che truccarsi è da stupidi.», biascicò con aria poco interessata Roxas, voltando lo sguardo altrove; avrebbe voluto ignorarlo, ma, in una situazione simile, era praticamente impossibile.
Era piuttosto sicuro che anche se si fosse chiuso nel suo ostinato silenzio l'altro non l'avrebbe liberato comunque.
«Forse. Ma intanto non sono io quello che si spaventa per le case dell'orrore o perché una persona gli dice di non bagnarsi.», commentò con un ghigno soddisfatto della propria risposta il più grande; il primino sbuffò, soffiandosi via una ciocca di capelli dagli occhi prima di riprendere la parola. «Sei apparso improvvisamente, chiunque si sarebbe spaventato.», sibilò a denti stretti per poi aggiungere: «E comunque, non sono io lo stalker, qui.»
A quell'acida affermazione il fulvo sembrò cambiare improvvisamente espressione e le sue iridi parvero più scure; indebolì un poco la presa sui polsi del giovane e si allontanò di qualche centimetro. «Mi dispiace.»
Roxas si voltò nuovamente, tornando a guardare il ragazzo sopra di sé con aria stupita. «Ti... Ti dispiace?»
L'altro sospirò. «Sì, certo che mi dispiace. E' da settimane che cerco di scusarmi, ma non fai altro che evitarmi.»
«Non farmi passare per il cattivo della situazione.», borbottò storcendo le labbra in un'adorabile broncio il ragazzo dalle iridi blu, facendo scoppiare l'altro in una grassa risata. «Non intedevo questo, Roxas. E' che avresti potuto semplicemente ascoltarmi.»
Il suo interlocutore sbattè più volte le palpebre prima di chiedere: «Mi piacerebbe sapere il motivo per cui mi avevi seguito, Axel.»
E la domanda lasciò per un attimo allibito il rosso.
Allibito, poi, che assurdità. Doveva aspettarsi una domanda del genere; tutti al suo posto l'avrebbero posta.
Il fatto è che lui non sapeva come rispondere. Non sapeva cosa dire, perché quando nella sua testa si formava quella dannata domanda cercava sempre di spostare i pensieri altrove, ignorandola completamente.
«Io credo che...», iniziò finalmente, per poi bloccarsi di scatto, assumendo un'espressione indecifrabile. «Non lo so. Non ne ho la più pallida idea.»
A quella vaga risposta il giovane sollevò istintivamente il soppraciglio sinistro, perplesso; il diavolo dai capelli fiammeggianti si sforzò di sorridere, affrettandosi a cambiare argomento. «Comunque mi perdoni?»
«Se ti togli, forse.», alla schietta risposta il fulvo si lasciò sfuggire l'ennesima risata e si scostò dal biondo che si sedette comodamente sulla sabbia, borbottando un ''finalmente''.
Axel rimase con le gambe distese e gli occhi puntati sul primino, scrutandolo intensamente, analizzando con estrema attenzione ogni suo più piccolo movimento: possibile che quel ragazzino avesse qualche sottospecie di calamita?
E quelle iridi, così intense e terribilmente simili alle profondità marine; probabilmente i suoi splendidi occhi avevano rubato un pò del colore cristallino del mare, non c'era altra spiegazione.
«Allora?», l'improvvisa voce di Roxas e la sua espressione accigliata lo riportò alla realtà, costringendolo a scuotere un poco la testa.
«Eh?», fece lui, confuso.
Il biondo sbuffò, dato che era praticamente la terza volta che riformulava la domanda. «Si può sapere che diavolo ci facevi da queste parti?»
Il diretto interessato si grattò la testa, affrettandosi a trovare una scusa con cui rispondere; non poteva di certo ammettere che lo stava seguendo per l'ennesima volta proprio per evitare un secondo litigio.
Si guardò velocemente attorno e si illuminò. «Beh, abito da queste parti, non ricordi?», chiese retoricamente con un radioso sorriso dipinto sul volto. «Ho parcheggiato un momento la moto per... Perché volevo comprare una cosa e ti ho visto per caso.»
Il primino sembrò crederci perché tornò ad osservare tranquillamente il mare, senza chiedere altro; questa volta l'attenzione di Axel si concentrò soprattutto sui suoi capelli del medesimo colore del grano, ora leggermente bagnati sulle punte.
Lo vide rannicchiarsi improvvisamente e stringersi le gambe al petto, appoggiando il volto sulle ginocchia con aria assorta, quasi volesse proteggersi da qualcosa; lo trovò terribilmente carino in quella posa così fragile ed indifesa, così tanto che ebbe il forte impulso di abbracciarlo.
Proprio per evitare di fare un gesto del genere o qualche altra pazzia, decise di interrompere il silenzio. «Adesso tocca a te scusarti.»
Roxas voltò le iridi blu cobalto verso di lui. «Dovrei scusarmi per aver rovinato il tuo trucco da clown e per aver bagnato i tuoi capelli da porcospino?»
Il fulvo si sforzò di sorvolare sui dolci aggettivi riguardanti il proprio aspetto esteriore. «Esattamente.»
«Allora puoi anche aspettare tutta la vita.», concluse con irritante tranquillità il giovane, ritornando per l'ennesima volta ad osservare l'acqua di fronte a sé; Axel strinse i pugni e si sforzò in ogni modo di evitare di insultarlo a morte, tirando un lungo sospiro per cacciare via la rabbia.
Successivamente sussultò un poco al notare che il primino lo stava osservando timidamente con i suoi grandi occhi blu, sbattendo ripetutamente le palpebre; un lieve sorriso si dipinse sul suo candido volto. «Comunque sei divertente in questo stato.», e ridacchiò appena.
In realtà il diavolo dai capelli fiammeggianti fu indeciso se prenderlo come un insulto o un complimento, ma pensò di lasciare perdere, limitandosi a ricambiare con altrettanta dolcezza l'angelico sorriso di fronte a sé; rise anche lui e gli si avvicinò. «Visto che è colpa tua se mi sono ridotto così, come minimo potresti aiutarmi a togliere il trucco.»
Il biondo arricciò il naso e brontolò qualcosa di incomprensibile tra sé e sé, allungando la mano per afferrare il proprio zaino, estraendo successivamente un fazzoletto profumato, porgendolo poi all'altro che invece scosse la testa.
«Io non riesco a vedere dov'è colato esattamente il trucco e non ho uno specchio. Quindi, si prega sua grazia di alzare il sederino e di venire a togliermi questo casino.», commentò sarcasticamente indicando il proprio volto con un largo sorriso; Roxas lo guardò storto e sbuffò nuovamente, avvicinandosi di malavoglia al diciottenne, facendogli cenno di chiudere le palpebre prima di sfregare lentamente il fazzoletto di carta sulla sua pelle liscia.
Si ritrovò con le gote inspiegabilmente arrossate e fu enormemente grato del fatto che l'altro avesse gli occhi chiusi; strofinò ancora per qualche secondo con delicatezza sulle sue palpebre, stando attento a non fargli male in alcun modo, quando si accorse che il più grande aveva allungato un poco la mano, sfiorando la sua quasi con titubanza.
Si affrettò a ritrarsi e voltò lo sguardo altrove, indietreggiando. «Ecco fatto.», mormorò a fior di labbra mentre Axel aveva già riaperto gli occhi, sorridendogli nuovamente in segno di ringraziamento.
«Beh», ricominciò immediatamente a parlare il giovane dalle iridi smeraldine, «io credo che in questo stato non andremo da nessuna parte. Perché non vieni a casa mia? Così ti darò qualcosa con cui asciugarti.»
Roxas abbassò un poco gli occhi e arricciò le labbra, annuendo; effettivamente stava iniziando a soffiare il vento e sentiva i primi brividi di freddo sulla pelle bagnata.
«Perfetto, allora andiamo.», e, dopo aver annunciato ciò, il fulvo prese delicatamente la mano dell'altro che sussultò.
«Roxas?», lo chiamò poi improvvisamente, iniziando ad incamminarsi.
«Mh?»
«Sai, sono molto contento di essere riuscito a farmi perdonare. Mi sei mancato.»
E sentì nuovamente le proprie guance tingersi di rosso, proprio come i capelli del compagno.
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*Note di Ev'*
E-Ehm... Sì, okey, per l'ennesima volta sono in ritardo, I know ;_; Diamine, sì... Cioè, è estate, okey, ho più tempo libero, ma... Al tempo stesso è come se questo tempo libero venisse rissucchiato via (?)!
Cioè, mpfh', boh. Ho appena terminato di scrivere il capitolo, ecco. Il fatto è che... Stavo cercando di farmi venire un'idea. Solitamente mi viene un'idea, ma questa volta no. Cioè, boh. Avevo parecchie idee, ma... Ma non sapevo come svilupparle, insomma. Mi arrivano ispirazioni per nuove storie, ma qui ero un pò bloccata. Non sapevo in che modo far riappacificare i nostri due cari protagonisti. Inizialmente avevo un'idea del tutto diversa, ma poi ho deciso di utilizzare la spiaggia. Sì, sarà per il fatto che ieri sono stata al mare fino alle 20.30, ma lasciamo perdere.
Poi, quando ho iniziato a scrivere, la storia si è scritta da sé. Quando Axel ha allungato la mano verso Roxas, ero indecisa se permettere a quest'ultimo di afferrarla o meno e poi... Bum! Perché non fare che Roxas si vendichi, una volta ogni tanto?
Insomma, è okey. Credo che non sia uscita una schifezza o qualcosa del genere. Almeno spero.
Mi auguro vivamente che questo capitolo sia stato di vostro gradimento e vi prego di commentare. Insomma, che cosa vi costa?!
Diamine, poi volevo... OH,PORCOCAZZOPINGUINOMAOGGIE'MARTEDì?!
Ma oggi è il giorno in cui dovrei pubblicare ''Months Of Life'' DDDDD: *Corre a suicidarsi*
Oddio, cioè, il capitolo successivo è già pronto, però, va beh, amen, pubblicherò domani DDD: Dannatissima memoria çAAAç *Sbatte la testa contro il muro*
Allora, sì, prima di tornare a dire altre cazzate, volevo chiedere se... Uhm, cioè, se qualcuno mi potrebbe spiegare come si fanno i biscotti al cioccolato, perché domani avevo in mente di farli, sperando di non provocare qualche incendio alla casa come funzionano gli esami di maturità, dato che io sono una povera primina -Anzi, suvvia, a Settembre una secondina èwè-; cioè, per Axel, ecco. Mi fareste un enorme favore :'D
Ora torniamo alle cazzate.
Cioè, fa un caldo boia D: Diamine, io adesso... Vado al mare, sì! Ecco -w-
Ehm, sì... Ohm... Ho passato questi giorni a cercare di riscrivere -Per la millesima volta, oserei aggiungere- la mia presentazione. E adesso sono finalmente fiera, penso che la lascerò definitivamente così. :'D
Allora, sì, chissenefotte, andiamo avanti.
Sto rispondendo alle e-mail, lentamente, e questa sera credo che terminerò. Spero. Oddio, non mi sono scordata di voi, giuro, non vorrei sembrare una fottuta snob o roba del genere, ma ogni volta succede qualcosa che mi impedisce di rispondere!
Basta. Ho detto abbastanza, adesso me ne posso definitivamente andare.
Alla prossima (;
E. P. R.

 

   
 
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